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Espressione di citochine infiammatorie

3.5 Trattamento della TVP nel paziente neoplastico

3.5.1 Terapia raccomandata

Profilassi primaria

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• Assenza di ulteriori fattori di rischio tromboembolici: è sconsigliata la profilassi farmacologica routinaria con EBPM o ENF a basse dosi (grado 2B) e quella con AVK (grado 1B).

• Soggetti con tumore solido e con ulteriori fattori di rischio trombotici ed a basso rischio emorragico: si suggerisce profilassi con EBPM o ENF a basso dosaggio (grado 2B).

• Soggetti con catetere venoso centrale: è sconsigliata la profilassi farmacologica routinaria (grado 2B).

Terapia dell’evento acuto e profilassi secondaria

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Scelta del farmaco anticoagulante

• EBPM come prima scelta (grado 2C): risulta migliore rispetto agli AVK in termini di efficacia, prevenzione delle recidive, rischio emorragico (per la difficoltà di mantenere l’INR stabile nei pazienti neoplastici), modalità di somministrazione (spesso la via orale è preclusa nei pazienti tumorali) e gestione di eventuali interventi chirurgici. • Come seconda scelta non ci sono preferenze tra AVK e NAO (grado 2C).

Durata del trattamento anticoagulante

• Rischio emorragico non elevato: si raccomanda terapia anticoagulante a tempo indefinito (grado 1B).

• Rischio emorragico elevato: si suggerisce terapia anticoagulante a tempo indefinito (grado 2B).

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3.5.2 Strategie terapeutiche

Profilassi primaria

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Nella scelta di impostare una profilassi primaria nei pazienti tumorali, è imprescindibile un’accurata valutazione del rapporto rischio trombotico/rischio emorragico. Bisogna inoltre considerare l’effettivo beneficio sulla qualità di vità del paziente in relazione alla sua aspettativa di vita (specialmente per il trattamento eparinico sottocutaneo).

Il vantaggio di una profilassi primaria, con EBPM o fondaparinux, in pazienti tumorali non chirurgici ricoverati per evento acuto, è stato valutato in una revisione sistematica del subset di pazienti neoplastici inclusi in diversi trial clinici randomizzati.

In generale, tra i pazienti neoplastici ospedalizzati, in quelli con ridotta mobilità è raccomandata una profilassi primaria con EBPM o fondaparinux. Nei pazienti non allettati invece, la scelta di un’eventuale profilassi anticoagulante va valutata in base al rischio tromboembolico associato alla neoplasia. Per tutti i pazienti è comunque condizione necessaria l’assenza di emorragie in atto e di controindicazioni al trattamento anticoagulante. In caso contrario, è preferibile ricorrere ad una profilassi meccanica.

Nei pazienti tumorali non ospedalizzati, non è in genere raccomandata una profilassi anticoagulante routinaria. In questi pazienti infatti, il rischio tromboembolico complessivo è minore rispetto a quello dei soggetti ospedalizzati. Non ci sono inoltre raccomandazioni sulla durata della profilassi in questi pazienti.

Tra i pazienti neoplastici in comunità, è opportuno considerare una profilassi anticoagulante primaria in quelli affetti da mieloma multiplo (soprattutto se in trattamento con talidomide o lenalidomide), in quelli con un punteggio ≥ 3 nello score di Khorana e nei pazienti con una storia di tromboembolismo idiopatico non correlato al tumore.

I dati relativi al beneficio di una profilassi primaria nei pazienti neoplastici non ospedalizzati, derivano da una serie di studi clinici randomizzati in cui la EBPM è stata messa a confronto con il placebo. In generale, la maggior parte di questi trial ha mostrato una riduzione complessiva di TEV sintomatico del 5%. Lo studio PROTECHT (nadroparina vs placebo) ha mostrato una minore incidenza degli episodi tromboembolici (arteriosi e venosi) nei pazienti trattati con EBPM ed un’incidenza simile degli eventi emorragici nei due grupi di pazienti. Nel gruppo trattato col placebo, l’incidenza degli eventi tromboembolici è risultata maggiore nei pazienti con cancro polmonare e pancreatico. Nello studio SAVE-ONCO la semuloparina, un’eparina a bassissimo peso molecolare (ULMWH – Ultra Low Molecular Weight Heparin) è stata confrontata con il placebo. Nei pazienti trattati con semuloparina si è osservata una

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minore incidenza di TEV sintomatico, mentre l’incidenza degli episodi emorragici, come pure la sopravvivenza globale, è risultata simile nei due gruppi.

Per quanto riguarda la scelta dell’anticoagulante, le EBPM e il fondaparinux sono i farmaci di prima scelta, sebbene non ci siano studi che abbiano dimostrato l’effettiva superiorità dell’eparina rispetto agli AVK nella profilassi primaria del TEV nei neoplastici. Il warfarin è in genere meno utilizzato, specialmente nella profilassi per brevi periodi di tempo, a causa del ritardo nell’insorgenza dell’effetto anticoagulante e per la necessità di monitorare frequentemente l’INR nel primo periodo di trattamento.

Data la scarsità dei dati attalmente a disposizione, non è raccomandato l’utilizzo dei NAO per la profilassi primaria nei pazienti tumorali. Lo studio AVERT 25, attualmente in corso, ha

come scopo primario valutare l’efficacia preventiva dell’apixaban rispetto al placebo nei confronti del TEV sintomatico.

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Terapia dell’evento acuto e profilassi secondaria

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Le indicazioni e le controindicazioni al trattamento anticoagulante nei pazienti tumorali con TEV acuto, come pure gli obiettivi della terapia sono sostanzialmente gli stessi dei pazienti non tumorali. Il trattamento del tromboembolismo nei neoplastici è reso tuttavia complesso dal maggior tasso di recidiva e dal maggior rischio emorragico. La maggior incidenza di emorragie nei neoplastici è infatti del 6,5-18%, molto superiore rispetto a quella dei soggetti non tumorali e non correlata ad un over-treatment con anticoagulanti. D’altra parte, bisogna considerare anche le implicazioni prognostiche negative derivanti da un mancato trattamento: 50% di rischio di EP in pazienti con TVP sintomatica non trattata e 30% di mortalità in quelli con EP non trattata. Per questi motivi, la scelta di sottoporre un paziente tumorale a terapia anticoagulante, richiede un attento esame del rapporto rischio/beneficio, specialmente nei soggetti con rischio emorragico intermedio/alto e in quelli con scarsa aspettativa di vita.

In generale, tutti i pazienti tumorali con TEV acuto andrebbero sottoposti a terapia anticoagulante, a meno che non presentino controindicazioni assolute quali emorragia in atto, recente intervento chirurgico, diatesi emorragica pre-esistente, piastrinopenia (PLT < 50000/µL), coagulopatie. Nei pazienti in cui il trattamento anticoagulante risulti controindicato, bisogna considerare l’inserimento temporaneo di un filtro cavale, per prevenire l’embolia polmonare. In ogni caso, i pazienti neoplastici in terapia anticoagulante devono essere attentamente monitorati, per individuare precocemente l’eventuale insorgenza di emorragie.

Tabella 20: Fattori di rischio per emorragia nei pazienti neoplastici.

[Tratto da: Kenneth A. Bauer, Treatment of venous thromboembolism in patients with malignancy. UpToDate®,

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Terapia iniziale

Per quanto riguarda la terapia dell’evento acuto, in una meta-analisi di 16 studi clinici randomizzati eseguiti su pazienti neoplastici, il trattamento iniziale con EBPM si è associato ad una lieve riduzione della mortalità a 3 mesi e a nessun incremento del rischio emorragico, rispetto a quello con ENF. L’eparina non frazionata è da preferirsi nei pazienti con ridotta funzione renale, nei pazienti in cui è necessario uno stretto monitoraggio delle dosi di anticoagulante e in quelli per cui è prevista la necessità di dover interrompere o antagonizzare l’anti-coagulazione. Un’analisi a posteriori di due studi randomizzati, in particolare, ha dimostrato la superiorità dell’enoxaparina rispetto al fondaparinux nel trattamento iniziale del TEV acuto nei pazienti neoplastici (maggior tasso di recidiva in quelli trattati col fondaprinux).

Le EBPM maggiormente studiate ed utilizzate in clinica sono enoxaparina, dalteparina e tinzaparina. Tuttavia non esistono studi in cui queste molecole siano state confrontate tra loro, in termini di efficacia e sicurezza, nei pazienti neoplastici.

Long-term therapy

Nei pazienti non ad alto rischio emorragico il trattamento anticoagulante andrebbe proseguito per almeno 3-6 mesi (long-term therapy).

Anche in questo setting terapeutico, le EBPM sono i farmaci di prima scelta, con tassi di mortalità, recidiva ed emorragia variabili tra le diverse eparine, secondo quanto riportato da alcuni studi randomizzati retrospettivi e meta-analisi. Non sono tuttavia disponibili studi prospettici comparativi che dimostrino la superiorità di una delle EBPM tra di loro (enoxaparina, dalteparin, tinzaparina) e rispetto al fondaparinux nella long-term therapy. Cinque studi randomizzati condotti tra il 2002 e il 2015 hanno messo a confronto EBPM e warfarin nel trattamento del TEV acuto nei pazienti neoplastici. Due trial (CLOT e MAIN- LITE) hanno dimostrato la superiorità del trattamento eparinico (rispettivamente dalteparina e tinzaparina) nel ridurre gli episodi tromboembolici ricorrenti, senza influire sul rischio emorragico e sulla mortalità (90, 93). In due studi (CHANTANOX e ONCENOX) non sono state

evidenziate differenze rilevanti tra EBPM (enoxaparina) e Warfarin per quanto riguarda sia gli episodi di TEV ricorrenti che il rischio emorragico e la mortalità (91, 94). Lo studio più

recente (CATCH, 2015) ha mostrato una riduzione non significativa negli episodi tromboembolici ricorrenti, nella mortalità e nel tasso di emorragie maggiori e un minor rischio di emorragie minori clinicamente rilevanti nei pazienti trattati con EBPM (tinzaparina)

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Nei pazienti con scarsa compliance per la modalità di somministrazione sottocutanea, l’utilizzo di anticoagulanti orali è preferibile, come seconda scelta, rispetto al non eseguire alcun trattamento.

Ad oggi, non esistono tuttavia studi randomizzati che confrontino l’efficacia e la sicurezza dei NAO rispetto agli AVK o alle EBPM, nel trattamento del TEV nei pazienti neoplastici. È stata eseguita solo una meta-analisi degli studi RE-COVER I e II, EINSTEIN, AMPLIFY e Hokusai-VTE, che ha valutato i sub-set di pazienti neoplastici inclusi in questi trials. I risultati non hanno mostrato significative differenze fra NAO e AVK né nel tasso di TEV recidivante (3.9 vs 6 %; odds ratio [OR] 0.63; 95 % CI, 0.37 – 1.10), né in quello di emorragie maggiori (3.2 versus 4.2%; OR 0.77; 95 % CI, 0.41-1.44). Bisogna però sottolineare che i pazienti neoplastici inclusi in questi trial, per le loro caratteristiche non sono rappresentativi della popolazione tumorale generale: i pazienti non erano infatti in trattamento chemioterapico, né in radioterapia e alcuni di essi avevano solo una storia pregressa di malattia neoplastica. Questi studi quindi, avendo incluso soprattutto pazienti neoplastici a basso rischio di TEV ricorrente, sono gravati da un bias di selezione che ne limita l’interpretazione dei risultati.

Non ci sono quindi raccomandazioni nella scelta di uno specifico anticoagulante orale e, in ogni caso, la scelta tra AVK e NAO dovrebbe essere fatta sulla base delle caratteristiche del singolo paziente. Ad esempio, in soggetti che non tollerano le iniezioni sottocutanee e/o che presentano una ridotta funzione renale, il warfarin rappresenta la miglior alternativa terapeutica, nonostante le criticità legate al mantenimento dell’INR nel range terapeutico. D’altra parte, i NAO hanno il vantaggio di poter essere somministrati in dose fissa giornaliera, di non richiedere un monitoraggio terapeutico routinario, di determinare l’effetto terapeutico nell’arco di poche ore dall’ingestione e di avere una breve emivita d’azione.

Nella pratica clinica, data la difficoltà nel mantenere un TTR adeguato, la prescrizione di AVK nel paziente tumorale è più infrequente del previsto. Ecco che l’utilizzo dei NAO in questa categoria di pazienti potrebbe fornire una valida alternativa terapeutica.

Gli studi CARAVAGGIO 26, CANVAS 27, e Hokusai VTE-cancer 28, attualmente in corso,

hanno lo scopo di confrontare l’efficacia di NAO ed EBPM nel trattamento del TEV, valutando, come outcome primario, l’incidenza degli episodi tromboembolici recidivanti.

26 Studio CARAVAGGIO, https://clinicaltrials.gov → numero identificativo: NCT03045406 27 Studio CANVAS, https://clinicaltrials.gov → numero identificativo: NCT02744092

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Uno studio di fase III 29, attualmente in corso, ha come scopo primario il confronto

dell’incidenza di emorragie maggiori in pazienti con TEV acuto, trattati con apixaban o dalteparina.

Extended therapy

La decisione di intraprendere una terapia a tempo indefinito nei pazienti neoplastici deve essere attentamente valutata in base al rapporto rischio/beneficio per il singolo paziente, tenendo conto anche di fattori quali tipo di neoplasia, durata della malattia, chemioterapia in atto, desideri del paziente ed aspettativa di vita. Una extended therapy dovrebbe essere presa in considerazione nei pazienti con neoplasia in fase attiva, in particolare in quelli che sviluppano trombosi recidivanti anche durante il trattamento anticoagulante.

Una terapia a tempo indefinito può essere eventualmente proposta anche a pazienti considerati ad elevato rischio di recidiva per altri fattori, quali allettamento prolungato, sviluppo di trombosi estese, ipotensione al manifestarsi dell’evento tromboembolico. I pazienti sottoposti ad extended therapy andrebbero comunque sottoposti a rivalutazione periodica (almeno annuale).

Le EBPM sono i farmaci di riferimento e, in generale, è consigliabile ricorrere allo stesso anticoagulante utilizzato per il trattamento dell’evento acuto, a meno che il paziente non sia andato incontro a complicanze. La scelta delle EBPM in questo setting terapeutico è inoltre avvalorata dai benefici in termini di sopravvivenza, dovuti all’intrinseca attività anti- neoplastica di queste molecole.

In ogni caso, considerata la scarsità degli studi clinici a riguardo, al momento attuale non è raccomandato l’utilizzo dei NAO nel trattamento dei pazienti neoplastici con tromboembolismo recidivante.

Follow-up

Nei pazienti tumorali sottoposti a terapia anticoagulante è necessario rivalutare periodicamente e frequentemente il rapporto rischio/beneficio del trattamento, in relazione alla condizioni cliniche, allo stato di malattia, all’eventuale terapia anti-tumorale e all’aspettativa di vita. Fattori che possono indurre a non proseguire il trattamento sono interazioni farmacologiche con gli agenti chemioterapici, sviluppo di insufficienza renale e/o trombocitopenia e peggioramento della prognosi.

29 Apixaban or Dalteparin in Reducing Blood Clots in Patients With Cancer Related Venous Thromboembolism,

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