• Non ci sono risultati.

In caso di evento trombotico acuto, le opzioni terapeutiche variano dal semplice follow-up laboratoristico ed eventualmente ultrasonografico, al trattamento anticoagulante (da un minimo di 3 mesi ad un tempo indefinito), fino ad una trombolisi locale trans-catetere. La scelta del tipo di approccio, dell’eventuale farmaco anticoagulante e della durata della terapia dipendono da vari fattori quali localizzazione del trombo, presenza di fattori di rischio o TVP idiopatica, neoplasia maligna, eventuale terapia anticoagulante già in atto e rischio emorragico del paziente.

Scelta del farmaco anticoagulante

➢ Pazienti non neoplastici

• NAO come prima scelta (grado 2B)

Gli studi RE-COVER I e II (61, 62), EINSTEIN (63), AMPLIFY(64) e HOKUSAI-VTE (65)

hanno dimostrato che NAO e AVK hanno un’efficacia simile nel trattamento del TEV acuto sintomatico e nella riduzione del rischio di tromboembolismo recidivante e che non vi sono sostanziali differenze fra i diversi NAO. Il rischio emorragico è invece risultato significativamente minore per i NAO, sia per le emorragie maggiori (↓63% emorragie cerebrali, ↓64% emorragie fatali) che per quelle minori clinicamente rilevanti (↓27%), in particolare per l’apixaban, come evidenziato da studi di confronto indiretti e meta-analisi (66, 67). Nel 2014, un’analisi combinata ha confermato i risultati

di questi studi (68).

Ad oggi non ci sono studi che confrontino in maniera diretta i diversi NAO tra di loro in termini di efficacia e sicurezza nel trattamento del TEV e i dati che abbiamo a disposizione derivano solo da meta-analisi. A tal proposito, è attualmente in corso il DANNOAC-VTE 20, uno studio danese, randomizzato.

• Come seconda scelta è consigliato l’uso di AVK rispetto all’EBPM

Sono migliori in termini di modalità di somministrazione, costi e prevenzione delle recidive e sono simili in termini di efficacia terapeutica e rischio emorragico.

➢ Pazienti neoplastici (si rimanda la trattazione al capitolo successivo)

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Tabella 15: Fattori che possono influenzare la scelta dell'anticoagulante per il trattamento iniziale e a 3 mesi del

tromboembolismo venoso.

[Tratto da: C. Kearon et al., Antithrombotic Therapy for VTE Disease: CHEST Guideline and Expert Panel Report. Chest 149, 315-352 (2016).]

LMWH, Low Molecular Weight Heparin; VTE, Venous Thromboembolism; VKA, Vitamin K Antagonist; NOACs, New Oral Anticoagulants; INR, International Normalized Ratio; CrCl, Creatinine Clearance; UFH, Unfractionated Heparin.

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Tabella 16: Fattori di rischio per sanguinamento in corso di trattamento anticoagulante e stima del rischio di emorragia

maggiore (basso, moderato, elevato).

[Tratto da: C. Kearon et al., Antithrombotic Therapy for VTE Disease: CHEST Guideline and Expert Panel Report. Chest 149, 315-352 (2016).]

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Durata del trattamento

La durata del trattamento va da un minimo di 3 mesi (long-term therapy) fino ad un tempo indefinito, la cui durata è a discrezione del clinico (extended therapy). In caso di trattamento a tempo indefinito, non è necessario cambiare il farmaco anticoagulante utilizzato nella long- term therapy, a meno che il paziente non manifesti eventi avversi, intolleranza o scarsa compliance al trattamento.

Il dabigatran è l’unico anticoagulante orale diretto ad essere stato oggetto di studi di confronto randomizzati sia con il placebo che con il warfarin (RE-SONATE e RE-MEDY (69)), per

valutarne efficacia e sicurezza nella extended therapy del VTE. Rivaroxaban e apixaban sono stati invece confrontati con il solo placebo (EINSTEIN-EXTENSION (63, 70) e AMPLIFY-EXT (71)), mentre per l’edoxaban è stata eseguita soltanto un’analisi a posteriori dello studio

HOKUSAI-VTE (72).

Gli studi di confronto col placebo hanno evidenziato che i NAO sono più efficaci nel prevenire le recidive tromboemboliche e non determinano un incremento del rischio di emorragie maggiori. Nello studio RE-MEDY, il dabigatran e il warfarin hanno mostrato un’efficacia simile nel prevenire gli episodi di TEV recidivante e il rischio emorragico è risultato significativamente minore per il dabigatran.

➢ Pazienti non neoplastici

• TVP prossimale degli arti inferiori associata a chirurgia: si raccomanda terapia anticoagulante per 3 mesi.

• TVP prossimale degli arti inferiori associata a fattori di rischio transitori non- chirurgici (terapia estrogenica, gravidanza, traumi degli arti inferiori): si raccomanda terapia anticoagulante per 3 mesi.

• TVP idiopatica isolata degli arti inferiori (prossimale o distale): si raccomanda terapia anticoagulante per almeno 3 mesi con successiva rivalutazione ed eventuale prolungamento.

• TVP idiopatica prossimale degli arti inferiori come primo episodio trombotico: o Rischio emorragico basso o moderato: si suggerisce terapia a tempo indefinito. o Rischio emorragico elevato: si raccomanda terapia anticoagulante per 3 mesi.

Nei pazienti a rischio elevato, il sesso e i livelli di D-dimero dopo un mese dalla sospensione della terapia potrebbero guidare la scelta di sospendere il trattamento o protrarlo a tempo indefinito. Il sesso maschile ha un rischio di recidiva maggiore del 75% ed i pazienti con D-dimero positivo sono gravati da

- 78 - un rischio doppio.

Tuttavia non sussistono ancora valide raccomandazioni terapeutiche basate su questi due fattori predittivi.

• Secondo episodio di TVP idiopatica degli arti inferiori:

o Rischio emorragico basso: si raccomanda terapia anticoagulante a tempo indefinito.

o Rischio emorragico moderato o elevato: si suggerisce terapia anticoagulante per 3 mesi.

• TVP acuta distale e isolata degli arti inferiori:

o Assenza di sintomi gravi o di rischio di estensione prossimale del trombo: si suggerisce follow-up ecografico settimanale per 2 settimane, con successivo trattamento anticoagulante in caso di evidenza di estensione prossimale del trombo (solo il 15% delle trombosi distali infatti tende ad estendersi prossimalmente e a causare embolia polmonare).

o Presenza di sintomi gravi o fattori di rischio per estensione prossimale del trombo: si suggerisce trattamento anticoagulante per 3 mesi.

In caso di elevato rischio emorragico è preferibile comunque eseguire il follow- up ecografico.

I fattori di rischio per estensione prossimale del trombo sono: positività del D- dimero, trombosi estesa (lunghezza> 5cm o multivasale o diametro > 7mm), trombosi vicina alle vene prossimali, assenza di fattori scatenanti reversibili per TVP, cancro in fase attiva, storia di tromboembolismo.

o TVP acuta distale e isolata degli arti inferiori in pazienti già in terapia anticoagulante: si raccomanda lo stesso trattamento della TVP acuta prossimale.

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Gestione delle recidive tromboemboliche nei pazienti in terapia