Cesare Castellotti
Fra le aziende automobilistiche che hanno contribuito a rendere famoso nel mondo il nome di Torino vi è certamente la Carroz-zeria Ghia.
La sua fondazione risale al 1915, quando un incidente di gara costrinse il corridore Giacinto Ghia ad abbandonare le corse au-tomobilistiche. Come ripiego, decise di aprire una piccola officina, forte del serio e fecondo apprendistato presso alcuni fra i più affermati costruttori torinesi di car-rozze.
Subito si rivelò particolarmente attratto dalla ricerca del nuovo e del bello, dimo-strando una precisa inclinazione per la co-struzione di grandi vetture di lusso e per arditissime linee sportive. Attorno alla pic-cola fabbrica, quasi una bottega, di Via Tommaso Grossi, si raccolse ben presto una clientela di raffinati amatori della vet-tura sportiva, e all'inizio degli anni Venti anche la Fiat affidò a Ghia una sua vettu-ra, di prestazioni particolarmente brillanti, per la quale il carrozziere sviluppò eleganti e slanciati «siluri» che divennero famosi. Passata dalla produzione sportiva a quella di vetture da turismo, l'attività della Ghia continuò a meritare il favore del pubblico e gli unanimi consensi dei critici grazie ad una produzione improntata ad una tecnica personalissima e ad un elevatissimo livello qualitativo.
Venne la seconda guerra mondiale: anni di stasi, dispersi i frutti di un lavoro paziente e tenace, gli impianti gravemente danneg-giati. Ma la perdita più grave, irreparabile, fu la scomparsa di Giacinto Ghia.
Tuttavia l'azienda venne lentamente resti-tuita alla sua efficienza: furono ricostituite le scorte e soprattutto ripresi i contatti con i clienti, grazie all'intelligente opera del giovane stilista Mario Boano.
L'indirizzo della Ghia rimase immutato, fedele ai principi sui quali il fondatore l'a-veva impostata: una produzione limitata e di particolari caratteristiche, la prevalenza della qualità sulla quantità, vetture ecce-zionali per una clientela di eccezione. Quando, nel 1950, la guida dell'azienda viene assunta da Luigi Segre, nuovi e più ampi orizzonti si aprono alla Ghia con la realizzazione di magnifiche fuoriserie su telai di Case estere famose: Delahaye, Bentley, Talbot. È tuttavia il prototipo di una Plymouth ad attirare l'attenzione dei dirigenti della Chrysler, segnando l'inizio di una attività che porterà la Carrozzeria
Ghia ad una stretta collaborazione con la grande industria di Detroit. Non si tratta soltanto di costruire delle fuoriserie, ma dell'incarico di studiare prototipi che più tardi influenzeranno, oltre ai modelli Chrysler, anche la produzione di altre Case americane. Questi prototipi sono ovvia-mente più importanti delle fuoriserie per-ché la loro progettazione deve tener conto, non solo di criteri estetici, di abitabilità, di eleganza e di confort, ma anche delle esi-genze tecniche di una eventuale realizza-zione sul piano industriale.
Seguono anni intensissimi: la Chrysler K.310; la serie delle «Special», sempre su meccanica Chrysler; il coupé sportivo De Soto, quasi l'anticipo di una formula che avrà più tardi grande favore; la Plymouth Explorer. Nel 1953 due grandi successi: il coupé 2 + 2 su Volkswagen, che verrà co-struito in serie dalla carrozzeria Karmann, e la Fire-Bomb, un cabriolet a 4 posti dal quale discenderà la Dual-Ghia, una lus-suosa vettura sportiva che diverrà famosa negli Stati Uniti con lo slogan: «la Rolls Royce è l'automobile di chi non può per-mettersi una Dual-Ghia».
Anche il coupé Volkswagen esprime una idea nuova: una fuoriserie la cui linea resti valida il più a lungo possibile. La lunga vita di questo modello, costruito e venduto in decine e decine di migliaia di esemplari, confermerà che il difficile risultato è stato felicemente raggiunto. I «dream-cars», le «vetture di sogno» della Ghia dominano incontrastate i saloni dell'automobile, affa-scinando il pubblico. Prosegue intanto la produzione di «supervetture», pezzi unici destinati a clienti di eccezione che vedono le prime applicazioni di frigoriferi, bar, ra-diotelefono.
La ricerca degli stilisti della Ghia si spinge più lontano: la potenza dei motori ha por-tato ad incrementi di velocità che se stili-sticamente invitano a linee più basse e a frontali penetranti, sul piano della funzio-nalità impongono la risoluzione di proble-mi legati alla tenuta di strada.
Il 1955 è l'anno della Gilda, dream-car progettato scientificamente secondo conce-zioni aeronautiche e studiato, per la prima volta, alla «galleria del vento» dal Politec-nico di Torino, sia sotto l'aspetto della pe-netrazione, sia sotto quello della stabilità. La Gilda, che segna una tappa importante nella evoluzione della linea dell'automobi-le, influenzerà la produzione americana
(tutte le vetture costruite a Detroit adotte-ranno le pinne stabilizzatrici posteriori) e suggerirà alla Ghia interessanti realizzazio-ni tra le quali il Nibbio li, un siluro da re-cord; la Chrysler A498, il cui coefficiente di penetrazione è molto prossimo al valore teorico di 0,17; un coupé a 2 posti sulla meccanica della Ferrari Superamerica. Il nome della Ghia è ormai indissolubil-mente associato ad una ardita ricerca che si spinge nel futuro dell'automobile. I pro-totipi si susseguono rapidamente: la Flight Sweep; la Plansman, una «station-wagon» di linee modernissime, i cui sedili coman-dati elettricamente si ribaltano trasforman-do l'interno della vettura in un ampio vano di carico; la Norseman che scompare, mentre è in viaggio per gli USA, nell'affon-damento dell'Andrea Doria; e infine la sensazionale Turbo-flite, esposta al salone di Torino del 1961 e destinata allo studio di una vettura Chrysler con propulsione a turbina.
Altre fabbriche di Detroit seguono l'esem-pio della Chrysler e la carrozzeria Ghia è chiamata a realizzare dream-cars per la Ford, la American Motors e la Packard. Intanto, prima nello stabilimento di corso Unione Sovietica, poi in quello più moder-no e capace di via Agostimoder-no da Monfeltro (sede attuale) la Ghia avvia la produzione industriale (in piccola serie) sia di modelli per conto di committenti sia per conto proprio: dalle versioni de luxe della popo-lare 1100. agli originali «Jolly» su Fiat 500, 600 e 600 Multipla. Non viene per questo interrotta l'attività sperimentale: nel 1960 suscita scalpore la Selene, rivolu-zionaria vettura che affronta con schemi nuovi il rapporto fra aerodinamica e abita-bilità.
Nel 1960, per adeguarsi al processo di in-dustrializzazione, la Ghia dà vita alla OSI (Officine Stampaggi Industriali), uno stabi-limento costruito secondo i più avanzati criteri tecnici e destinato alla produzione in serie abbastanza consistenti delle carroz-zerie che escono dal reparto stile della Ghia: lo Spider Innocenti 950, ad esempio, coupé Fiat 2300, la Giardinetta sulla mec-canica della Fiat 1300-1500.
Nel 1963, ad appena 44 anni, scompare improvvisamente Luigi Segre, uno dei per-sonaggi che hanno lasciato una traccia in-delebile nella storia della carrozzeria. Vie-ne nominato direttore geVie-nerale della Ghia Gino Rovere, figura nota nel mondo
auto-Fig. 1 - La «Cokpit». realizzata nel 1981. Disegno tra i più originali realizzati dalla carrozzeria italiana. Fig. 2 - Il Modello « Brezza » è nato nello stabilimento torinese nell'82.
Fig. 3 - La Vignale TSX-4 è una creazione del 1984. È una vettura sperimentale a 4 ruote motrici.
Fig. 4 - La Mustang Ghia Vignale, del 1984. è una delle auto più prestigiose nate nella carrozzeria torinese. È un'auto a trazione integrale, sovralimentata con turbo-compressore
Fig. 5 - Con questa sportivissima vettura, la RS200, di-segnata dalla Ghia, la Ford disputa il campionato mon-diale rally.
Fig. 6 - Anche al design della «Scorpio» hanno colla-borato gli stilisti torinesi della Ghia. La nuova ammira-glia Ford ha ricevuto l'ambito riconoscimento di «Auto dell'anno 1986».
mobilistico internazionale. Ma per un tra-gico destino, nell'estate del 1964, anche Gino Rovere scompare prematuramente. Alla Ghia gli succede Giacomo Gaspardo Moro, già segretario di Segre e stretto col-laboratore di Rovere.
Nel 1967 l'intero pacchetto azionario della Ghia viene acquistato da una società ame-ricana: la Rowan Controller Company di Westminster, e a dirigere l'azienda viene chiamato, come Presidente e Amministra-tore Delegato, Alessandro De Tomaso. Ha inizio un periodo di rinnovamento: vengo-no riorganizzati i quadri dirigenti e ammo-dernati gli impianti, per elevare gli indici di produttività e contenere i costi: impor-tante l'adozione di un nuovo impianto au-tomatizzato per la verniciatura, che con-sente la lavorazione a catena.
In questi anni il prestigioso elenco dei pro-totipi Ghia, la maggior parte dei quali pas-sata alla produzione di serie, si è arricchi-to. Citiamo: la Berlinetta Vallelunga svi-luppata per la De Tomaso; la 450 SS su meccanica Chrysler; il coupé Mangusta a motore posteriore, che più tardi verrà rea-lizzato come spider; la Vanessa, originale idea di auto per la donna, realizzata su meccanica Fiat 850; il Ghibli, che influen-za profondamente la linea dei coupé spor-tivi; la Fidia Iso, una delle «quattro-porte» più eleganti e veloci del mondo. Un cenno a parte merita la Rowan, prototipo di vet-turetta elettrica da città esposto al salone torinese del '67, e che dimostra ancora una volta la funzione anticipatrice della Ghia in materia di linee e di formule stilistiche. In seguito, la Ghia produce carrozzerie per Maserati (Ghibli Coupé e Spider), per ISO-Rivolta (Fidia), per De Tomaso Automo-bili (Mangusta Coupé).
Nel 1970 la Ghia progetta e presenta un coupé sportivo con motore centrale, la Pantera, che è di grande importanza per la storia dell'azienda. De Tomaso firma in-fatti un accordo con la Ford per la produ-zione in serie della vettura, con telaio De Tomaso e motore Ford. La Pantera ottiene un successo enorme e diventa la vettura sportiva con motore centrale più venduta nel suo periodo.
Ormai la Ford ha avuto sufficientemente occasione di convincersi della qualità e della tradizione del design e dei prototipi Ghia, e nel maggio 1970 acquista l'80% delle azioni della Rowan Controller. De Tomaso mantiene il 20% e rimane
dente della Società, con la collaborazione di John Head, inviato dalla Ford of Eu-rope.
Con la fusione con Ford incomincia il pe-riodo più intenso della storia della Ghia. La produzione della Pantera sale improv-visamente da 70 unità nel 1970 a più di mille nel '71, e nel '72 la produzione rag-giunge 2500 vetture.
Nel '73 De Tomaso lascia la presidenza e viene sostituito da Head. La Ford acquista le rimanenti azioni e la Italian Design Stu-dio, operante già dal 1970 a Torino per la Ford, si fonde con Ghia e aumenta cosi il potenziale di design e produzione. Filippo Sapino, direttore della Italian Design Stu-dio, diventa manager design della Ghia: una scelta felice, per la Società, che sotto la guida di Sapino riceve nuovo impulso. A partire da questo momento la gestione si concentra sulla riorganizzazione dell'a-zienda e sul miglioramento dei prototipi costruiti per la Ford.
Mark I, un berlina di lusso su chassis Gra-nada, e Mustela II, un coupé 2 + 2, sono i primi risultati della Ghia ristrutturata. Nel '73 viene presentato al management Ford il prototipo Wolf, l'idea base della linea Fiesta, e poco dopo la Mustang li, nuova versione del famoso modello americano, con una forte impronta del design Ghia. Quest'ultima viene venduta con molto suc-cesso.
Nel 1974 nasce la Coins, vettura che viene anche definita «la Capri degli anni 80». La crisi economica del settore automobili-stico alla fine del '74, ed il suo effetto sui programmi di produzione trovano la Ghia ben preparata per la richiesta massiccia della Ford di vetture «nuove, più piccole». Tutte le forze vengono impegnate in que-sto compito e non si producono vetture per saloni. Nel gennaio '76 cambia la direzio-ne Ghia: Head lascia, e De La Rossa di-venta presidente della Società, mentre Fi-lippo Sapino viene nominato Vice Presi-dente e Direttore Generale.
Dato il miglioramento della situazione economica, si decide di riaffacciarsi ai sa-loni. A Ginevra la Ghia è presente, giusto all'inizio della crisi energetica, con alcuni modelli, fra cui la «Urban Car», soluzione del problema del traffico nelle città di do-mani.
Nel '78 si registra un altro avvicendamento ai vertici Ghia: presidente diventa Donald Kopka. Si continua con sempre maggior
entusiasmo a produrre prototipi, in media 15-20 programmi all'anno, e tutti i proget-ti per Ford, di cui molproget-ti non pubblicaproget-ti. Ulteriori prove tangibili del potenziale del centro stile Ghia sono vetture come Quick-silver, Cockpit, Brezza, Trio, Probe IV, Barchetta.
Ultimo grande successo degli stilisti torine-si della Ghia: la Scorpio, favolosa ammira-glia Ford, proclamata «auto dell'anno» per il 1986.
Oggi, la Ghia ha un organico di 80 persone altamente qualificate, e con esperienza nel-le specializzazioni necessarie per la proget-tazione e costruzione di un modello e di un prototipo funzionante. Stilisti, ingegneri, modellatori, specialisti battilastra, verni-ciatori, operai di selleria e finizione lavora-no per creare la vettura che sarà usata nel Duemila da tutti.
La Ghia guarda al futuro. Anche se per il mondo dell'automobile l'orizzonte non è proprio sereno, c'è la sicurezza che il buon design dell'azienda torinese sarà sempre apprezzato.