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DELLE PRINCIPALI BEVANDE

Nel documento Cronache Economiche. N.001, Anno 1986 (pagine 93-97)

Carlo Beltrame

IL V I N O

Paesi migliaia di hi.

Italia 81.500

Francia 67.894

Germania Federale 13.392

Il «consumo umano» complessivo di vino a livello CEE è stato pari a 121.485 mila ettolitri, così suddivisi tra : i dieci Paesi dei-la Comunità:

Paesi migliaia di hi.

Francia 45.933 Italia 45.701 Germania Federale 15.777 Regno Unito 5.307 Belgio 2.092 Paesi Bassi 2.098 Danimarca 924 Lussemburgo 231 Irlanda 116 Grecia 3.306

Per vedere che cosa «sta dietro» allo «scarto» tra produzione e consumo di vino, ricostruiamo, in base alla documen-tazione di EUROSTAT, le analitiche cifre dei bilanci d'approvvigionamento di Italia e Francia:

BILANCIO

D'APPROVVIGIONAMENTO (migliaia di hi.)

EUROSTAT ha presentato di recente, per i principali prodotti agricoli, i bilanci del-l'approvvigionamento per i singoli Paesi dell'Europa dei dieci e globalmente per tutta la Comunità. Vediamo le cifre relati-ve al vino riferite alla campagna

1983/1984.

La produzione ufficiale di vino della CEE, nella campagna in esame, è stata di

168.243 mila ettolitri, praticamente con-centrata in tre Paesi, nella seguente misu-ra:

Italia Francia Produz. utilizzabile 81.500 67.894

Importazioni 145 6.068

(di cui: dalla CEE) (88) (5.478) Quantità disponibile 81.645 73.962 Esportazioni 14.264 10.988

(di cui: verso la

CEE) (9.859) (7.472)

Stocks finali 19.685 46.799 Variazioni degli stocks -1.743 - 3 8 7 Utilizzazione interna

totale 69.124 63.361

Perdite 270 572

Usi industriali 23.153 16.856 Consumo umano 45.701 45.933 Per il vino il tasso di autosufficienza è pari al 101,0 per cento a livello CEE (ma nella campagna 1982/1983 era del 110,6 per cento), ma si arriva al 117,9 per cento in Italia.

La Francia ha un tasso di autosufficienza del 107,2 per cento, mentre la Germania Federale si attesta sul 72,4 per cento. La Grecia, dal canto suo, è a quota 110,1 per cento.

Vediamo ora i dati del consumo prò capite di vino. A fronte di una media europea di 44,6 litri prò capite, si spazia tra gli 83,9 litri prò capite della Francia (l'Italia segue a ruota con 80,3 litri prò capite) e i 3,3 litri dell'Irlanda. Per gli altri Paesi CEE, abbia-mo la seguente situazione: Litri prò capite Paesi annui Germania Federale 25,7 Paesi Bassi 14,6 Belgio 21,2 Regno Unito 9,4 Danimarca 18,1 Grecia 33,5 Lussemburgo 63,1

EUROSTAT ci fornisce anche il bilancio d'approvvigionamento per i vini VQPRD. Nella campagna 1983/84 la produzione comunitaria di questi vini è stata di 39.518 mila ettolitri, tutta praticamente

concen-trata in tre Paesi: Francia (49,3 per cento), Germania Federale (26,8 per cento), Italia (22,5 per cento).

1 più rilevanti volumi di export di vini VQPRD riguardano la Francia (5.282 mila ettolitri). Seguono l'Italia (3.064 mila etto-litri) e la Germania Federale (2.005 mila ettolitri). E quanto ai consumi umani di questi vini è in testa la Francia (12.026 mila ettolitri), seguita dalla Germania Fe-derale (8.538 mila ettolitri) e dall'Italia (5.949 mila ettolitri).

In termini di consumi annui prò capite, nei tre Paesi citati la situazione è la seguente: Francia 22,0 litri, Germania Federale 13 9 litri, Italia 10,4 litri.

LO C H A M P A G N E

Lo champagne rappresenta un giro d'affari di oltre 8 miliardi di franchi, oltre 1700 miliardi di lire. Su tutta l'attività prodotta dal settore enologico francese questo vino noto in tutto il mondo (24 bottiglie di champagne nel 1984 sono state spedite persino nel Laos) incide per il 15 per cen-to.

Le spedizioni complessive di champagne hanno raggiunto nel 1984 il nuovo record di 188,0 milioni di bottiglie, al culmine di un quindicennio, dicono a Epernay (capi-tale di questo vino), «movimentato». Ab-biamo avuto in effetti una crescita dal

1970 al 1973 (da 102,2 a 124,6 milioni di bottiglie), poi un crollo nel 1974, quindi una ripresa che è durata fino al 1979 (184,1 milioni di bottiglie), poi ancora un crollo (nel 1982 si era scesi a 146,5 milioni di bottiglie spedite) e quindi la ripresa, fino al record del 1984, che abbiamo visto. L'obiettivo dei 200 milioni di bottiglie di champagne è ora a portata di mano, anche se gli interessati non intendono «spingere» e andare celermente oltre i 25 mila ettari di vigneto oggi in produzione. Su 188,0 milioni di bottiglie spedite nel 1984, un buon 66,6 per cento è restato in Francia, metre il 33,4 per cento è stato esportato. E tra i grandi importatori di champagne (dati 1984) abbiamo, nell'ordine, gli USA (12,8 milioni di bottiglie), la Gran Bretagna (11,9 milioni di bottiglie), la Germania Fe-derale (7,4 milioni di bottiglie), la Svizzera (5,3 milioni di bottiglie), il Belgio (4,9 mi-lioni di bottiglie), l'Italia (4,8 mimi-lioni di bottiglie).

È il caso di rammentare che nel 1973 l'Ita-lia aveva toccato il livello record di 9,8 mi-lioni di bottiglie di champagne importate e che si era restati sopra gli 8 milioni di bot-tiglie tra il 1978 e il 1980, prima della

for-te imposizione fiscale dell'IVA (prima del 35 e poi del 38 per cento). In valore l'im-port italiano 1984 di champagne è, all'in-circa, pari a 60 miliardi di lire. A Epernay hanno anche costruito la graduatoria dei maggiori consumatori di champagne. A parte i francesi (4 bottiglie all'anno prò ca-pite), siamo di fronte ad una graduatoria che vede in testa la Svizzera (una bottiglia ogni 1,2 abitanti), il Belgio (una bottiglia ogni 2 abitanti), la Gran Bretagna (una bottiglia ogni 5 abitanti), la Nuova Zelan-da (stesso consumo della Gran Bretagna), la Danimarca (una bottiglia ogni 7 abitan-ti). Seguono la Germania Federale, l'Au-stralia, i Paesi Bassi e l'Italia (dove siamo a un consumo di una bottiglia di champagne ogni 11 abitanti).

Citiamo cifre di due aziende leader dello champagne. Moet-Hennessy, 27,4 milioni di bottiglie spedite nel 1984, di cui 16,2 al-l'estero, è il numero uno. Dovrebbe passa-re nel 1985 a 30 milioni di bottiglie, vale a dire a quanto di Champagne veniva pro-dotto complessivamente 35 anni fa. Moet-Hennessy è oggi un gruppo alquanto diver-sificato e il suo giro d'affari (6.811 milioni di franchi nel 1984, circa 1.430 miliardi di lire) si suddivide tra un 44,1 per cento di champagne (con le marche Dom Perignon, Moet et Chandon, Mercier, Ruinart), un 31,5 per cento di cognac (Hennessy), un 22,1 per cento di profumi e prodotti di bel-lezza (Dior). Il resto è dato da un nuovo business del gruppo, quello dei fiori. In casa Moet dicono chiaramente che i loro assi di sviluppo sono oggi gli USA e il Pacifico. Da alcuni anni sono

massiccia-mente presenti in California, con vigneti base di partenza per questa nuova espan-sione. Veuve Clicquot è una casa di cham-pagne con più di due secoli alle spalle. Le sue spedizioni di champagne nel 1984 sono costituite da 6,2 milioni di bottiglie per la consociata Veuve Clicquot Ponsardin e da 2,6 milioni di bottiglie per l'altra consocia-ta Canard Duchène. Il grosso delle spedi-zioni della Veuve Clicquot (77 per cento) va all'estero, i Paesi verso cui questo champagne si dirige in prevalenza, sono nell'ordine, l'Italia, la Germania, la Sviz-zera, la Gran Bretagna, l'Australia. Nelle cantine di Veuve Clicquot c'è uno stock di 23,8 milioni di bottiglie di cham-pagne, pari a 3,8 annate di vendita. Anche Veuve Clicquot è diventato un gruppo di-versificato. Produce sì, tradizionalmente e da sempre, champagne (alcune bottiglie vengono suggestivamente intitolate a «La grande dame», la vedova Clicquot), ma da alcuni anni ha aggiunto i profumi (Given-chy) e la commercializzazione di alcuni fa-mosi liquori, come il Calvados di «Pére Magloire». Il giro d'affari 1984 di questo gruppo è di 905 milioni di franchi, circa

190 miliardi di lire.

L ' A C Q U A M I N E R A L E

I più elevati consumi prò capite di acqua minerale (dati del 1982 dell'associazione europea del settore) si hanno, in Europa, in Paesi come la Francia (44 litri), il Belgio (54 litri), la Germania Federale (46 litri), la Svizzera (44,2 litri). In Italia, nel decennio 1972-1982, si è passati da 21 a 29 litri prò capite, una progressione molto lenta, ri-spetto, ad esempio, a quella della Germa-nia Federale, che nel decennio in

questio-k

»

ne, è balzata da 15 a 46 litri prò capite. Per quanto riguarda l'Italia e con riferi-, mento alla produzione di acqua minerale

naturale, vediamo che tra il 1975 e il 1984 si sale da 1.089 a 2.650 milioni di litri. È un mercato molto frazionato, fatto di circa 280 marche appartenenti a circa 200 ' aziende. E le prime dieci aziende del

setto-re non vanno oltsetto-re il controllo del 57 per cento del mercato italiano delle acque mi-nerali.

» Le fonti sono largamente concentrate lun-go le Alpi e gli Appennini, dove, tra l'al-tro, il nostro Paese conta circa 400 stazioni termali (naturalmente dal diverso peso e t dal diverso prestigio). Una mappa del

Groupement Européen e dell'Union Euro-péenne des Sources et des Eaux Minerales relativa alle fonti italiane, presenta lungo

$ tutto l'arco alpino (cominciando da sud-ovest), nomi come Coralba, San Bernardo, Lurisia, S. Michele, Bognanco, Crodo, S. Antonio Nord Chiarella, San Pellegrino, Bracca, Gaverina, Pineta Prealpi San Car-i lo, LevCar-issCar-ima, BoarCar-io, San SCar-ilvestro,

Val-lio, Tavina, Lissa, Dolomiti, Recoaro, Pejo, Surgiva, San Benedetto, Levico, S. Vigilio, Goccia di Carnia...

In Francia la produzione di acque minerali è fortemente concentrata in poche mani. Evian, Contrexeville e Vittel (i tre grandi), insieme ad altre cinque aziende (Perrier, Volvic, Saint-Yorre, Badoit e Vichy-Etat) , contano per il 90 per cento del mercato. In Germania, siamo invece di fronte ad azien-de di non granazien-de taglia, se occorre mettere insieme il 15 per cento delle aziende per , fare il 50 per cento della produzione.

IL W H I S K Y i

Il whisky scozzese, uno dei distillati più noti nel mondo, ha come base orzo e lievi-to, ma soprattutto l'acqua e l'aria della * Scozia, insieme a tutto quel raffinato know

how costituito dal processo di distillazione e di invecchiamento, nonché di miscelazio-ne (il cosiddetto blending) dei diversi whi-» skies (anche cinquanta). La Scotch Whisky

Association di Edimburgo ha pubblicato di recente il suo «statistical report» relativo al 1984, che ci fornisce le grandezze

fonda-( mentali di un business di enorme impor-tanza per la Scozia.

Vediamo i dati essenziali del rapporto scozzese. Lo scorso anno la produzione di whisky è stata pari a 253,4 milioni di litri • (espressi in puro alcool), contro 239,0

mi-lioni di litri del 1983. Si tratta di cifre no-tevolmente «sotto» a quelle raggiunte nel corso degli anni Settanta e fino al 1980

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(quando si superarono spesso i 400 milioni di litri, fino a toccare il record di 476,3 mi-lioni di litri nel 1974). Gli stocks di whi-sky, dato anche il lungo processo di invec-chiamento in fusti di quercia, sono assai elevati, 2.662,0 milioni di litri a fine 1984, ma tra il 1979 e il 1980 si erano superati i 3 mila milioni.

Gran parte dello Scotch Whisky viene esportato. L'export del 1984 è stato di 231,2 milioni di litri, per un valore di circa 2.250 miliardi di lire. La progressione è stata lenta e, tutto sommato, regolare, fino al 1978, quando si toccò la cifra record di 274,0 milioni di litri. Nel 1960 si era anco-ra a quota 60,0 milioni di litri. Il grosso delle esportazioni si è diretto verso il Nord America e l'Europa, ma rilevanti quote hanno riguardato anche il Giappone, il Sud Africa, il Brasile. Ecco comunque la lista dei maggiori importatori di whisky (con il nostro Paese tra i primi):

Paesi Milioni di litri

USA 68,10 Giappone 21,59 Francia 19,99 Italia 12,23 Spagna 8,79 Sud Africa 8,38 Germania Federale 7,75 Australia 7,30 Seguono, nell'ordine, Belgio-Lussemburgo

(6,02 milioni di litri), Canada (5,31 milioni di litri). Paesi Bassi (4,66 milioni di litri), Brasile (4,26 milioni di litri).

Per quanto riguarda l'Italia le importazioni di whisky, tra il 1983 e il 1984, sono salite da 11.018.661 a 12.225.232 litri in quanti-tà (11 per cento) e da 54,2 a 64,8 milioni di sterline in valore (20 per cento). 11 valo-re del 1984 corrisponde, all'incirca, a oltvalo-re 150 miliardi di lire.

L'export di Scotch Whisky raggiunge, na-turalmente, anche parecchi altri Paesi oltre ai grandi bevitori di whisky già citati. Nel 1984, 39.274 litri (ragioniamo sempre in termini di litri di puro alcool) sono giunti persino in Afghanistan, 4.784 litri nelle re-mote Isole Falklands, 7.295 litri nella Città del Vaticano. La Cina Popolare ha impor-tato lo scorso anno 50.730 litri di whisky, contro i 249.313 litri dell'Unione Sovieti-ca. Si sono invece azzerate le importazioni in Albania, mentre ancora nel 1983 ben 44.494 litri di whisky erano giunti nel pic-colo Stato adriatico.

LE CIFRE ESSENZIALI DEL WHISKY SCOZZESE

Migliaia di litri

Produzione di puro alcool

1975 394.264 1976 362.265 1977 393.558 1978 459.299 1979 459.009 1980 415.870 1981 267.981 1982 247.670 1983 239.081 1984 253.448

Esportazioni Migliaia di litri

1975 234.274 1976 238.302 1977 243.632 1978 274.072 1979 262.420 1980 249.916 1981 244.239 1982 251.277 1983 227.844 1984 231.286 LA BIRRA

I tedeschi restano in assoluto i più grandi bevitori di birra d'Europa, ma incrementa-no, anche notevolmente, i consumi di altre bevande, a cominciare dal vino. Tra il

1970 e il 1983 il consumo di birra è salito da 141,1 a 148,3 litri prò capite, ma per il vino si è passati da 15,3 a 22,4 litri (all'ini-zio degli anni Cinquanta si era sotto ai 5 li-tri prò capite) e per l'acqua minerale da

13.6 a 53,5 litri.

E forse il caso di osservare che, all'interno della Germania Federale, Baviera e Nord-rhein-Westfalen contano, insieme, per il 56.7 per cento della produzione di birra del Paese e nei due Laender si hanno i più elevati livelli di consumo. Ma allarghiamo la nostra analisi all'Europa nel complesso, per costruire la graduatoria dei consumi prò capite di birra (nel 1983):

litri. Il Portogallo, nel periodo in esame, è balzato addirittura da 3,0 a 37,0 litri. In Italia le aziende che producono birra sono 12, con un totale di 29 stabilimenti e una occupazione complessiva di 5.310 ad-detti. Nel 1983 quasi il 15 per cento dei consumi italiani di birra sono stati «ali-mentati» dalle importazioni.

IL C O G N A C

Tra tutti i liquori e distillati, il cognac ha un peso, nel mondo, di solo l'uno per cen-to (contro, ad esempio, il 25 per cencen-to del whisky, il 25 per cento della vodka, il 26,3 per cento del rhum), ma in Francia si ca-ratterizza per essere l'attività a più elevata quota di export. Il 90 per cento del cognac prodotto in Francia (a Nord di Bordeaux in una regione che ha come capitali Co-gnac, Saintes e Angoulème) viene in effetti esportato.

E così i più forti consumatori di cognac non sono i francesi, magli americani USA e gli inglesi. Prodotto su una superficie di 86.000 ettari (articolati in crus: si scende dal Grande Champagne ai Bois ordinaires), questa attività dà lavoro a circa 60 mila fa-miglie di 22.000 produttori e 200 nego-zianti. Le vendite complessive di cognac si sono moltiplicate per quattro in trent'anni e nel 1984 sono state pari a 127 milioni di bottiglie. Occorre ricordare che gli stocks, rapportati alle esigenze di invecchiamento

oltre che all'assorbimento del mercato, a fine 1983 erano pari a 1.021 milioni di bottiglie, cifra stazionaria in questi primi , anni Ottanta.

Le prevalenti destinazioni delle spedizioni di cognac sono state le seguenti: 29,4 mi-lioni di bottiglie agli USA, 14,3 mimi-lioni di bottiglie al Regno Unito, 11,4 milioni di bottiglie restate in Francia, 11,3 milioni di bottiglie alla Germania Federale, 9,8 mi-lioni di bottiglie al Giappone. Poiché a Hong Kong nel 1984 sono state spedite 8 «

milioni e mezzo di bottiglie di cognac, si ritiene, fra i produttori francesi, che sia stata aperta una importante porta verso il

mercato cinese. , La cifra d'affari per l'export di cognac

dal-la regione che lo produce è di un certo ri-lievo: 5.122 milioni di franchi, pari a oltre mille miliardi di lire. Ricaviamo tutte que-ste informazioni dal numero uno dei prò-duttori di cognac, la società Hennessy.

Paesi Litri prò capite

Germania Occ. 148,3 Danimarca 138,8 Belgio-Lussemburgo 128,0 Regno Unito 110,5 Austria 109.4 Irlanda 108,0 Paesi Bassi 87,5 Svizzera 71,0 Finlandia 57,2 Norvegia 45,3 Svezia 45,0 Francia 43,7 Portogallo 37,0 Italia 20,7

Tra il 1960 e il 1983 l'Italia è passata da un consumo prò capite di 5,1 litri di birra a un consumo di 20,7 litri, ma nello stesso tempo altri Paesi hanno registrato progres-si altrettanto clamoroprogres-si. E il caso dei Paeprogres-si Bassi, dove il consumo prò capite di birra, tra il 1960 e il 1983, è salito da 23,8 a 87,5 GRAND COGNAC I

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OTTIMI SALAMI CON LA CARNE

Nel documento Cronache Economiche. N.001, Anno 1986 (pagine 93-97)