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4. Il nuovo gruppo di giovani attivisti femministi e la vicenda delle Femist Five

4.3. I 37 giorni di detenzione

Durante i 37 giorni in cui le attiviste sono state recluse nel centro di detenzione di Haidian a Pechino, alcune di loro sono state private delle cure mediche di cui avevano bisogno. A Wu Rongrong, affetta da epatite B cronica, era stato fatto un esame medico quando era stata catturata ad Hangzhou che aveva dato risultati preoccupanti, ma, poiché nell’ospedale in cui gli agenti l’avevano portata non c’erano posti letto, viene ricondotta al centro di detenzione. Durante la reclusione le vengono negate le medicine e viene costantemente svegliata nel bel mezzo della notte per gli interrogatori, cosa che la priva del sonno ininterrotto di cui necessita per via della sua condizione. Non viene curata finché non interviene il suo avvocato il 16 marzo e, anche dopo essere stata portata in ospedale, era comunque costretta a stare legata al letto per tutta la notte.

Wang Man, invece, era affetta da una condizione cardiaca cronica e, dopo una settimana di interrogatori viene colta da un malore che spinge le sue compagne di cella a chiedere alla guardia di chiamarle un dottore. Per tutta risposta, le viene fatto un esame fisico e le vengono date delle pillole sconosciute e, la mattina seguente, viene portata in ospedale, dove gli agenti la costringono a stare ammanettata al letto e continuano ad interrogarla giornalmente per farla confessare, finché il 20 marzo un dottore avverte gli agenti che i suoi problemi cardiaci sono dovuti ai costanti e aggressivi interrogatori.

Questi interrogatori, durante i quali le attiviste subivano violenza fisica e psicologica, erano volti a farle confessare e a farle dichiarare colpevoli. Wu Rongrong viene insultata e minacciata di stupro di gruppo dagli agenti, i quali minacciano anche la sua famiglia e suo figlio di quattro anni. A Wang Man viene mostrato un video, fatto dalla polizia, in cui sua madre la prega di confessare i suoi crimini. Anche la devozione di Zheng per i suoi genitori viene sfruttata dagli agenti, che minacciano di accusarli di spionaggio e di metterli sotto sorveglianza per tutta la vita. Gli agenti, inoltre, tolgono a Zheng, Wei e Wan gli occhiali così da risultare loro più spaventosi, per il fatto che le tre donne, affette da una grave miopia, non potevano più distinguere i loro tratti facciali.

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Anche i genitori di Li Maizi vengono minacciati e a suo padre viene ordinato di scrivere una lettera in cui sgrida la figlia per il suo comportamento e la esorta ad abbandonare l’attivismo, che Li, però riconosce come falsa. Durante la detenzione dell’attivista, inoltre, gli agenti mettono i suoi genitori agli arresti domiciliari nella casa di una sua zia in una zona rurale distante da Pechino, dove non potevano uscire a fare spesa o cucinarsi cibo ed erano costretti a mangiare ogni giorno pasti pronti che portavano loro le guardie.

4.3.1. Azioni di supporto

La vicenda delle cinque attiviste, grazie ai social, cattura presto l’attenzione internazionale. L’arresto coincideva con i preparamenti del summit dell’ONU sui diritti delle donne che doveva essere tenuto a New York congiuntamente con il presidente Xi Jinping, in memoria del ventesimo anniversario della Conferenza mondiale sulle donne del 1995, il che scatena la reazione indignata di diversi leader mondiali, come nel caso di Hilary Clinton, la quale scrive in un post su Twitter: “Xi che tiene un meeting sui diritti delle donne alle Nazioni Unite mentre perseguita le femministe? Senza vergogna.” Anche il segretario di stato degli Stati uniti e diversi rappresentanti governativi dell’UE, del Regno Unito, del Canada e di altri paesi richiedono al governo cinese di rilasciare le attiviste. L’allora vicepresidente americano Joe Biden scrive su Twitter: “I diritti delle donne e delle ragazze non dovrebbero mai essere soppressi. Esortiamo il leader cinese a mostrare rispetto per i diritti delle donne e a liberare le Feminist Five”, utilizzando l’hashtag “#FreeBeijing20Five”, che si diffonde a livello globale su Twitter, Facebook e Instagram.

In Cina, l’arresto delle femministe porta sempre più giovani donne, alcune anche studentesse delle superiori, a entrare volontariamente a far parte del movimento femminista nascente e ad identificarsi pubblicamente come femministe sui social, obbligando il governo ad utilizzare una censura di Internet ancora più aggressiva per eliminare espressioni di solidarietà online. La parola “femminista” (nüquan zhuyi zhe) diviene subito una parola chiave politicamente sensibile e soggetta a censura.

Già dal giorno dopo l’arresto, gli altri attivisti iniziano campagne di solidarietà su Weibo e Wechat, come quella in cui postano per ogni giorno di detenzione una foto di

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donne che girano liberamente per dei luoghi pubblici indossando delle maschere con le facce delle cinque femministe. La prima foto, in cui cinque donne attraversano le strisce pedonali sul modello della copertina dell’album Abbey Road dei Beatles, viene postata con la didascalia “7 marzo: arresto delle femministe – giorno 1”. Il secondo giorno viene postata una foto fuori da dei bagni pubblici, per ricordare l’iniziativa “Occupa i bagni dei maschi” e, un altro giorno, compare una foto di alcune donne in una stazione della metro, ognuna con in mano una tazza di tè, a simboleggiare la pratica comune della polizia di contattare gli attivisti per “invitarli a bere un tè”, un eufemismo per gli interrogatori. Su richiesta degli attivisti, anche altre persone postano le loro foto su Weibo e Wechat, spesso rimanendo anonime e, a volte, inserendo le facce delle donne arrestate sopra le loro con Photoshop, per non incorrere in problemi con la polizia.

Significative sono anche le azioni in sostegno di Wu Rongrong e della sua salute. Infatti, dopo che l’avvocato dell’attivista avverte che che la donna necessitava di urgenti cure mediche e il rilascio della sua cartella clinica da parte del marito marito, a Pechino un dottore esamina la cartella di sua volontà e avvisa che senza cure Wu Rongrong potrebbe incorrere in un’insufficienza epatica. A questo punto, 16 sostenitori mandano una lettera al centro di detenzione di Haidian in cui richiedono cure mediche per Wu e, nonostante queste vengano detenute per un giorno, la pressione fatta sulle autorità funziona e l’attivista viene portata in ospedale.

Nonostante la censura abbia cancellato molti post e articoli di cronaca che menzionavano esplicitamente le Feminist Five, non ha potuto bloccare totalmente i post femministi sui social, perciò alcuni messaggi e alcune foto di solidarietà da parte di studenti, lavoratori, studiosi e attivisti dei diritti umani sono riusciti a circolate. Ad esempio, un’operaia ha postato una foto di se stessa con scritto “Possiamo combattere le molestie! Non molestateci! Supporto!”, mentre un operaio di Xiamen pubblica foto in cui tiene un cartello con su scritto: “I lavoratori di Xiamen supportano Wu, Li, Wang, Zheng, Wei”. L’attuale marito di Zheng, l’attivista Wei Lizhi, ha poi raccolto alcune di queste foto su libcom.org.

A favore delle Feminist Five sono state, inoltre, organizzate diverse petizioni, come quella inviata al centro di detenzione e all’Ufficio per la Sicurezza di Haidian e alla Federazione nazionale delle donne cinesi, che raccoglieva più di 1100 firme, o

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quella firmata da circa cento avvocati per i diritti umani. La maggior parte delle petizioni viene organizzata dagli studenti universitari, che vanno, però, incontro alla repressione da parte delle autorità. Ad esempio, un gruppo di studenti dell’Università di Sun Yat-sen firmano una petizione aperta per supportare le cinque attiviste e la postano su Weibo e WeChat e, quando questa viene cancellata, la circolare tramite canali criptati. La petizione raccoglie quasi 100 firme prima che l’Università si accanisca contro i firmatari tramite note di demerito sui loro curriculum accademici e tramite la convocazione da parte degli ufficiali universitari.53 Inoltre, la polizia e gli agenti della sicurezza nazionale si recano nei campus per interrogare e intimidire gli studenti che avevano postato messaggi di supporto per le Feminist Five o che avevano si erano proposti come volontari nelle campagne. Ad esempio, una studentessa dell’Università Zhejiang di Hangzhou, Zu Xixi, che aveva nascosto una scatola di stickers contro la violenza sessuale nella sua stanza del dormitorio universitario, viene convocata sia dal consulente del Partito Comunista54 della sua università sia da un agente della sicurezza

di Stato che la interrogano per chiederle chi avesse organizzato l’iniziativa dell’8 marzo, rilasciandola solo dopo averle fatto firmare una dichiarazione in cui confessa di essere coinvolta. Zhu scopre in seguito che la polizia stava interrogando ogni studente che era stato coinvolto in una qualche iniziativa femminista negli ultimi anni e, in un seguente colloquio con il consulente, la ragazza viene minacciata di espulsione se continua a rifiutarsi di cooperare.

Non sono solo gli studenti ad esprimere solidarietà nei confronti delle cinque donne, ma anche dei lavoratori che erano stati precedentemente aiutati da Zheng. Ad esempio un operaio posta su Weibo una sua foto a torso nudo con scritto sulla schiena: “Coniglio gigante, sono fiero di te! I proletari di supportano!”.