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La nuova ondata femminista in Cina Traduzione e analisi di un articolo di cronaca e delle lettere di ringraziamento delle "Feminist Five".

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Corso di Laurea Magistrale in

Interpretariato e Traduzione Editoriale,

Settoriale

Tesi di Laurea

La nuova ondata femminista in

Cina

Proposta di traduzione e analisi di un

articolo di cronaca e delle lettere delle

“Feminist Five”.

Relatore

Ch. Prof. Livio Zanini

Laureanda

Ludovica Gubbiotti

Matricola 870905

Anno Accademico 2019/2020

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Indice

Abstract………7

摘要………...8

Introduzione………...9

1. La questione femminile negli anni Ottanta………9

2. Le questioni degli anni ’90 e del 2000………... 14

2.1. I Problemi sociali causati dalla politica del figlio unico………...14

2.2. I risvolti negativi dello sviluppo economico……….15

2.3 Il matrimonio e la proprietà matrimoniale………...…..16

2.4 L’immagine delle donne nel discorso culturale e nei media……….………18

2.5 L’educazione sessuale……….……..20

2.6 L’omosessualità……….……21

2.7. La Conferenza mondiale sulle donne………..…….21

2.7.1 La legittimazione delle organizzazioni non governative…………22

2.7.2 Il gender training………..……..…25

2.7.3. Le ONG e la Federazione nazionale delle donne cinesi………....27

2.7.4. Yirenping………...…29

3. Il governo di Xi Jinping………...………30

3.1 L’autoritarismo e la sottomissione della donna……….30

3.2 Le nuove politiche di controllo delle nascite……….33

3.3 Aumenta la censura di Internet………..……36

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3

3.5 “Repressione 709”………..….…..39

4. Il nuovo gruppo di giovani attivisti femministi e la vicenda delle Femist Five……..40

4.1. Background e iniziative del nuovo movimento femminista……….40

4.1.1. Il ruolo dei social network……….…42

4.1.2. Il ruolo degli avvocati dei diritti umani………...…..45

4.1.3 Le origini delle Feminist Five……….46

4.2 L’arresto………...…..49

4.3. I 37 giorni di detenzione………...……51

4.3.1. Azioni di supporto……….……….52

4.4 Il rilascio………...……….54

4.4.1. Le conseguenze dell’arresto………..……….56

4.4.2. Le attiviste iniziano ad agire dall’estero……..………..58

5. Dopo le Feminist Five……….60

5.1 Le proteste dei lavoratori………...60

5.2 Il movimento Me Too e la violenza sulle donne………...…………62

5.2.1 Le leggi sulla violenza ……….………..62

5.2.2 Cultura dello stupro e victim-blaming……….64

5.2.3 La censura del governo al movimento Me Too……….…….64

5.2.4 Il 2018 e la versione cinese del movimento Me Too…………..…66

Traduzioni………..68

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4

2. Le lettere delle Feminist Five………..76

Commento linguistico traduttologico……….………..95

1. Commento traduttologico dell’articolo di cronaca………..………95

1.1 Classificazione del testo………..……….95

1.2. Dominante e lettore modello………...……96

1.3. Macrostrategia traduttiva………98

1.4.Microstrategie traduttive e fattori di specificità………...……99

1.4.1 Fattori morfologici e grammaticali……….99

1.4.1.1 Verbi……….99

1.4.1.2 Determinanti verbali………...………106

1.4.2 Fattori sintattici……….……108

1.4.3 Fattori testuali……….…………..114

1.4.3.1 Coerenza e coesione………..……….114

1.4.3.2 Suddivisione in paragrafi e sottoparagrafi……….117

1.4.3.3. Intertestualità……….…118

1.4.4. Fattori lessicali………...….121

1.4.4.1 Nomi propri, nomi di persona, toponimi ………...……121

1.4.4.2 Materiale lessicale straniero………...…123

1.4.4.3. Realia ………123

1.4.4.4. Lessico tecnico………..………127

(5)

5

1.4.4.6. Registro ………...……….130

2. Commento traduttologico delle lettere………..134

2.1 Classificazione dei testi………...………134

2.2 Dominante e lettore modello………136

2.3 Macrostrategia traduttiva……….…………137

2.4 Microstrategia traduttiva e fattori di specificità……….……….137

2.4.1. Fattori morfologici e grammaticali………..137

2.4.1.1. Verbi……….……….137 2.4.1.2. Determinanti verbali ……….…………144 2.4.2. Fattori sintattici………..……..147 2.4.2.1. Organizzazione sintattica………..147 2.4.2.2. Punteggiatura………..…..151 2.4.2.3. Figure sintattiche………..……….154 2.4.3. Fattori testuali………..…………157 2.4.3.1. Coesione e coerenza ………...……..157

2.4.3.2. Suddivisione in paragrafi e sottoparagrafi………..…..168

2.4.3.3. Intertestualità……….168

2.4.4. Fattori lessicali……….……171

2.4.4.1. Nomi propri, di persona, toponimi …………..……….171

2.4.4.2. Lessico tecnico e linguaggi settoriali…………...…….174

2.4.4.3. Regionalismi e materiale lessicale straniero………….179

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6 2.4.4.5. Realia……….185 2.4.4.6. Registro……….190 2.4.5. Fattori culturali……….194 Glossario………...………….200 Bibliografia………..………..206 Articoli online………207 Dizionari online……….……208

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Abstract

This thesis concerns the translation and analysis of six texts regarding the arrest and detention of five Chinese feminists, known as the Feminist Five, in March 2015.

The first text is a news article by the Chinese journalist and activist Zhao Sile, which describes the events that led to the arrest, detention and release of the five feminist activists and also their previous effort in social initiatives in the framework of the re-emerging Chinese feminist activism. It furthermore describes the international and local campaigns of support that spread out after their arrest and that led the authorities to release them after 37 days of detention. The other five texts are five letters of thanks written by the five activists after they had regained their freedom, published by the online newspaper chinadigitaltimes.net, just like the news article.

In order to give further understanding of the topic of this dissertation, the translations are preceded by an introductive chapter that describes the history of the Chinese feminist movement, starting from an excursus on the society’s transformations regarding women’s rights during the 70s and 80s, which is necessary to better comprehend the current situation and the governmental policies about these matters. The chapter than focuses on the changes brought about by the UN World Conference on Women in 1995 and the following growth of non-governmental organizations and then analyses Xi Jinping’s policies in regards to women’s rights as well as the authorities’ censorship. Finally, the chapter describes the background of the Feminist Five, their arrest and its consequences.

The second chapter is dedicated to the translations of the six texts, while the final one consists in a commentary where the translator describes the main characteristics of the texts, the problems of the translation process and strategies adopted in order to solve them. Because the five letters of thanks share the same typology and the same textual genre, they are analyzed all together , while a separated commentary is dedicated to the news article, because of the fact that it responds to more defined stylistic criteria.

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摘要

本论文就关于五名被逮捕的中国女权主义者的六篇意大利文翻译进行了分析。第 一篇文章是中国记者及激进行动者赵思乐的新闻文章, 本篇文章描述了此五名 女权主义者在于逮捕、拘留和释放的事件,以及他们从前在女权活动中付出的努 力, 及国际与本地社会人士为女权主义运动者的支持与贡献,在其他的五篇文 章中诉说的是五位女权主义者在重新获得自由后写作的感谢信。此六篇文章都在 线上杂志“中国数字时代”上出版了。 为了进一步明确阐述本论文的主题,第一章首先介绍中国女权主义运动的历史。 章首阐述着 70 和 80 年代在妇女权利方面的社会转变,以便更好得了解中国现在 当前情况及相关问题的政府政策。文章中阐述 1995 年的联合国世界妇女大会带 来的变化及随其后续非政府组织的增长,然后分析了习近平在于妇女权利以及当 局审查制度方面的政策,最后本章描述了关于女权五姐妹的社会背景、及其被拘 留时期和后续发生。 第二章包括六篇意大利语译本,而最后一章则是针对此翻译文本的评论,其中译 者描述了翻译过程中所遇到的一些特殊性、问题与解决的方案。由于五篇感谢信 具有相同的文本类型,因此译者就此五篇文本一同进行分析,而基于尊重新闻文 本的标准样式的特殊性,对此译者针对新闻文章只使用单独的评论。

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INTRODUZIONE

1. La questione femminile negli anni Ottanta1

Dopo il fallimento dell’economia pianificata e della Rivoluzione Culturale volute da Mao Zedong e dopo la morte di questi nel 1976, il leader de facto del Partito Comunista Cinese diviene Deng Xiaoping, vicepresidente del Comitato Centrale del Partito e capo di Stato maggiore dell’esercito. Negli anni Ottanta Deng porta avanti il progetto delle Quattro Modernizzazioni, riguardanti l’agricoltura, l’industria, la difesa nazionale e la scienza e tecnologia. Questo periodo vede uno sviluppo del mercato capitalista, una veloce crescita economica, un’apertura dell’economia al commercio e all’investimento globale e l’emergere del consumismo. Inoltre, il pragmatismo di Deng Xiaoping rifiuta il dominio della politica in ogni aspetto della vita dei cittadini e l’ossessione per la correttezza ideologica tipici della Rivoluzione Culturale degli anni Sessanta, durante la quale il Partito aveva operato una stretta sorveglianza e una politicizzazione della vita privata, incoraggiando le persone ad allontanarsi dai membri delle propria famiglia considerati “di destra” o controrivoluzionari. Nella nuova epoca della “modernizzazione socialista” i cittadini riprendono in larga misura il controllo sulla loro vita privata e sulle scelte individuali e familiari.

Gli anni Ottanta, tuttavia, vedono anche il verificarsi della cosiddetta Primavera di Pechino, con cui si intende il movimento nazionale fatto partire dagli studenti nella primavera del 1989 e volto a richiedere ai leader del Partito più trasparenza politica, la fine del nepotismo e della corruzione e la riabilitazione dei dissidenti politici perseguitati nel decennio precedente. Il movimento nasce in risposta alla forte inflazione e disoccupazione, alle disuguaglianze sociali crescenti e alla corruzione dilagante all’interno del Partito che emergono a partire dalla metà del decennio e al suo apice mobilita più di un milione e mezzo di studenti in tutta la Cina. Il suo epicentro è Piazza Tiananmen, dove studenti e cittadini provenienti da tutte le classi sociali prendono parte alle dimostrazioni, tanto che, il 20 maggio, i leader del Partito istituiscono la legge marziale e, in seguito, inviano le truppe dell’esercito a Pechino per soffocare le

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dimostrazioni. La repressione causa centinaia di migliaia di morti, nonché la una disillusione di massa nel Partito e nella politica. Va notato come la questione femminile non era inclusa nell’agenda di questo movimento. Infatti, anche se milioni di donne si mobilitano nelle dimostrazioni, poche di queste assumono una posizione di leader, fatta eccezione per Chai Ling, una studentessa che diviene vicecomandante degli studenti in Piazza Tiananmen.

Gli effetti delle riforme implementate dal governo di Deng Xiaoping risultano essere diversi per le donne rispetto agli uomini, provocando un netto aumento delle disparità di genere. In primo luogo, il ritorno alla famiglia piuttosto che l’unità di lavoro come unità di produzione e il crescente benessere della popolazione portano ad una nuova divisone discriminatoria del lavoro. Il lavoro delle si restringe all’ambito dell’economia familiare, infatti, mentre gli uomini cercano opportunità di lavoro nel settore della costruzione e in quello industriale, le donne vengono confinate nella gestione delle piccole imprese di famiglia, di piccoli negozi o ristoranti oppure, come accade in molte regioni, una grande quantità di donne si dedica all’agricoltura. Infatti, rispetto agli anni Settanta, quando la partecipazione delle donne delle zone urbane al lavoro era al suo apice, durante i due decenni successivi questa subisce un drastico calo. Questo perché, nel momento in cui inizia lo smantellamento dell’economia programmata, le grandi imprese statali, che garantivano ai lavoratori un posto di lavoro a tempo indeterminato, licenziano milioni di persone, soprattutto donne, le quali sono anche le ultime a essere riassunte in seguito. Pertanto, negli anni Ottanta e Novanta, a causa della crescente disoccupazione femminile, acquisisce popolarità il movimento delle “Donne che ritornano a casa” (nüren hui jia), con il quale si esortano le donne a lasciare i loro posti di lavoro agli uomini.2 Questa discriminazione persiste ancora, com’è provato dal fatto che molti annunci di lavoro sono apertamente rivolti solo agli uomini, oppure a donne che siano sposate con figli e che abbiano una determinata età, un determinato peso e un determinato aspetto. In più, nel 1978 il Concilio di Stato obbliga le donne impiegate nelle industrie intensive ad andare in pensione a

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cinquant’anni, mentre gli uomini a sessanta. La discriminazione sull’età pensionabile rimane tutt’oggi.3

Nel 1979 il governo, al fine di sviluppare una produzione orientata all’esportazione, decide di creare le Zone Economiche Speciali, caratterizzate da tasse e salari più bassi, dall’agevolazione delle infrastrutture e dall’apertura agli investimenti stranieri. Inoltre, per permettere alla classe contadina di spostarsi in queste Zone e, in generale, nelle grandi città, vengono ridotte le restrizioni sulle migrazioni interne. La disparità di genere nella distribuzione del lavoro è evidente anche nel caso di queste aree, nelle quali metà della forza lavoro è costituita da donne, che sono, però, impiegate quasi esclusivamente nelle industrie leggere, quali l’industria elettronica, quella dei giocattoli, dei vestiti e delle scarpe. Si tratta principalmente di giovani immigrate e single, scelte dalle fabbriche per la possibilità di conferire loro salari più bassi, nonché per la loro docilità e destrezza. Molte di loro vivono in dormitori affollati, dotati di scarsa illuminazione e ventilazione.

Nonostante le disuguaglianze nella distribuzione del lavoro, nel 1988 il governo mette in atto una serie di leggi protettive sul lavoro allo scopo di regolare le ore di lavoro, la sicurezza sul lavoro, le ferie obbligatorie e gli straordinari. Da una parte, queste leggi si propongono di garantire alle donne una paga uguale a quella degli uomini per un uguale lavoro e offrire speciali deroghe, come i periodi di riposo e la riassegnazione dei compiti durante il periodo delle mestruazioni, della gravidanza e dell’allattamento. Dall’altra, i provvedimenti descritti incoraggiano le aziende a discriminare le donne nelle assunzioni e nei licenziamenti e a segregarle in occupazioni che tendono ad essere meno pagate4. Il fatto che queste regolamentazioni hanno lo scopo di fornire protezione alle donne lavoratrici in caso di mestruazioni, gravidanza e allattamento è indice di come la cultura consumista perpetui l’idea che i doveri delle donne riguardino il lavoro domestico e la crescita dei bambini.

3 Ibidem.

4Barbara Molony, Hyaeweol Choi, Janet Theiss, Gender in Modern East Asia, Boulder, CO, Westview

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I dati sulla distribuzione del lavoro riguardanti periodo delle riforme di Deng Xiaoping riportati in Gender in Modern East Asia (Molony, Barbara, Choi, Hyaeweol, Theiss, Janet, 2016), evidenziano come, in questo periodo, una grossa fetta delle professioniste negli ambiti degli affari, dei media, delle istituzioni governative, della finanza e dell’educazione sono donne educate provenienti dalle zone urbane, mentre molte delle donne immigrate dalle zone rurali trovano lavoro come baby sitter (professione che in questi anni vede un notevole boom per a causa della politica del figlio unico). Vi sono alcune donne che ottengono notevole successo nel loro ambito lavorativo, ma la maggior parte fa fatica ad arrivare ai livelli più alti del loro settore e guadagna molto meno dei colleghi maschi.

A dispetto delle difficoltà, in questo periodo le donne, in particolare quelle giovani, continuano a cercare lavoro nelle aziende per scappare dal controllo dei genitori e dalla noia. Ciò accade soprattutto per le donne appartenenti alle zone rurali, che vedono il lavoro nelle città come un’occasione per rimandare il matrimonio, poter scegliere il proprio partner e, a volte, avere più indipendenza nella vita matrimoniale.5

In merito all’istruzione, invece, si può notare come negli anni delle riforme le ragazze abbiano continuato a fare progressi nella parità di accesso all’istruzione, classificandosi però sempre dopo i ragazzi, specialmente per quanto riguarda le zone rurali, dove molte coppie di genitori hanno scelto di concentrare le risorse della famiglia sull’educazione dei figli maschi, i quali non avrebbero lasciato la casa dopo il matrimonio. Nelle città, invece, il tasso di ragazze che frequentano il liceo e l’università è stabilmente cresciuto, anche perché l’implementazione della politica del figlio unico, avvenuta negli anni Settanta e Ottanta, ha incoraggiato i genitori a investire a pieno nel successo della carriera delle figlie.

L’origine della pianificazione delle nascite risale all’epoca maoista. A metà degli anni Cinquanta, infatti, in risposta alla rapida crescita della popolazione, Mao e i leader del Partito iniziano a pensare alla pianificazione delle nascite su scala nazionale come parte integrante dei successivi Piani Quinquennali. Tuttavia, queste idee vengono

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abbandonate nel periodo del Grande Balzo in Avanti (1958-61), tanto che negli anni Sessanta e nei primi anni Settanta erano comuni le famiglie con più di cinque figli. In seguito, durante la Rivoluzione Culturale, il premier Zhou Enlai sostiene che il controllo delle nascite vada incluso nei quarti Piani Quinquennali come parte del controllo dello stato sulla società e sull’economia. Già dagli anni Settanta, la propaganda inizia ad incoraggiare le coppie ad avere meno figli, finché, nel 1980, viene ufficialmente annunciata la politica del figlio unico. Con questa misura si richiede ai quadri di partito di far rientrare il numero delle nascite nella zona sotto la loro amministrazione entro un certo limite, di monitorare la fertilità delle donne e, se necessario, di obbligarle all’aborto e alla sterilizzazione. Vengono istituite multe e sanzioni per le famiglie con più di un figlio, le quali vanno anche incontro alla perdita dei beni e dei benefici sanitari. La pianificazione delle nascite, quindi, comporta uno stato continuo di intervento nella vita familiare. La politica incontra una forte resistenza nelle campagne, dove le famiglie avevano una spiccata preferenza per i figli maschi, il che porta al verificarsi di un grande aumento degli infanticidi femminili, che erano diminuiti molto nei primi decenni della Repubblica Popolare. L’implementazione di questa politica risulta, però, altamente difficile e molte eccezioni vengono fatte per le famiglie appartenenti a minoranze etniche e per le famiglie contadine il cui primo figlio era femmina. Nonostante ciò il tasso delle nascite cala stabilmente negli anni Ottanta e Novanta, fino a scendere al di sotto del livello di rinnovo generazionale nel 1993.

Un ultimo punto di analisi da considerare in merito alla condizione femminile negli anni della modernizzazione, riguarda la questione del matrimonio e della proprietà. Nell’era delle riforme, le nozioni di affetto, amore romantico e libera scelta del partner introdotte durante il maoismo assumono sempre più importanza. Sia nella Cina urbana che in quella rurale, la scelta del partner, l’organizzare appuntamenti e il sesso prima del matrimonio diventano fenomeni comuni, mentre diminuisce l’autorità dei genitori, l’asse padre-figlio perde la funzione di fondamenta delle relazioni familiari (anche a causa della nuova legge sull’eredità che rafforza i diritti delle figlie femmine) e le giovani donne, in molti casi, si ritrovano ad essere agenti attivi delle dinamiche familiari. Anche la proprietà individuale diviene sempre più importante.6 Tuttavia, questi

6 Barbara Molony, Hyaeweol Choi, Janet Theiss, Gender in Modern East Asia, Boulder, CO, Westview

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cambiamenti non sono avvengono senza conflitti generazionali interni e crescente insicurezza nelle donne e negli uomini più anziani per la loro stabilità in età avanzata, in quanto la norma di pietà filiale viene minata dalla crescente presa di coscienza dei diritti individuali.7

Nonostante le trasformazioni del periodo, il matrimonio continua ad essere un’istituzione patriarcale che privilegia l’uomo, infatti, la Legge sul Matrimonio promossa nel 1980, aumenta l’età minima per il matrimonio a ventidue anni per gli uomini, mentre a solo vent’anni per le donne.

2. Le questioni degli anni ’90 e del 2000.8

2.1. I Problemi sociali causati dalla politica del figlio unico

L’implementazione della politica del figlio unico ha fatto sì che la Cina abbia tra le peggiori proporzione tra i sessi al mondo. Di conseguenza, milioni di uomini, soprattutto poveri, non riescono a trovare moglie, cosa che ha causato una nuova diffusione del traffico di donne. Questi problemi, insieme alle conseguenze economiche dell’invecchiamento precoce della popolazione, hanno portato lo Stato ha iniziato a consentire eccezioni nel controllo delle nascite, prima permettendo ad alcune coppie il cui primo figlio era femmina di provare ad averne un secondo, poi permettendo un secondo figlio alle coppie composte da due figli unici e ancora, nel 2014, consentendo di avere un secondo figlio anche alle coppie di cui solo un componente è figlio unico. Infine, nel 2015 il governo ha annunciato la fine della politica, permettendo ufficialmente a tutte le coppie di avere due bambini. Tuttavia, i sondaggi suggeriscono che mentre le coppie di campagna vedono due figli come l’ideale, quelle di città non vogliono averne un secondo a causa della grande spesa economica che questo comporta.

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Barbara Molony, Hyaeweol Choi, Janet Theiss, Gender in Modern East Asia, Boulder, CO, Westview Press, 2016, p.473.

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2.2. I risvolti negativi dello sviluppo economico

Dagli anni ’90 fino ai primi anni del 2000 si assiste ad un notevole boom economico che comporta da una parte l’esplosione ricchezza e della rivoluzione consumista, ma, dall’altra, l’aumento delle disparità e della corruzione. Si sviluppano, infatti, nuove forme di disuguaglianza, le persone con più capacità e migliori conoscenze, soprattutto quadri del Partito, assumono posizioni sociali e lavorative importanti, mentre gli altri rimangono nella povertà. Aumenta anche il divario della ricchezza tra zone rurali e aree urbane, tra regioni costiere più connesse all’economia globale e zone interne e tra l’etnia maggioritaria Han e le minoranze che vivono in zone isolate. A questo si aggiunge la crisi ambientale e l’aumento delle migrazioni interne, con il numero di migranti che raggiunge quasi i 300 milioni di persone, per la maggior parte disoccupate o sottopagate e prive della registrazione della residenza nelle città, il che li impossibilita ad usufruire delle comodità e benefici delle zone urbane.

In questo clima di instabilità sociale, le donne ottengono diversi benefici, quali il miglioramento dell’istruzione e della qualità della vita, nonché l’aumento delle scelte riguardo il lavoro e la famiglia. Tuttavia, le vecchie forme di discriminazione di genere persistono e ne nascono di nuove.

Ad esempio, la disuguaglianza di genere per quanto riguarda gli stipendi aumenta. Se nel 1990 il salario di una donna di città ammontava mediamente al 77,5% di quello di un uomo, nel 2010 ammonta al 67%, secondo i dati dell’Ufficio Nazionale delle Statistiche Cinese.9 La situazione è addirittura peggiore per le donne delle aree rurali, che nel 2010 guadagnano il 56% di quello che guadagnano gli uomini. Anche la partecipazione delle donne nel lavoro è diminuita. Secondo la Banca Mondiale10, nel 1990 il 73% delle donne cinesi dai quindici anni in su appartenevano alla forza lavoro, mentre nel 2017 si è scesi al 61%. Nell’indice del Global Gender Gap pubblicato in un report del Forum economico mondiale del 2017, la Cina viene posta al centesimo posto su 144 paesi.11

9 H. Fincher (2018), op.cit., pp. 127-128. 10 Ibidem.

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A livello politico, anche se la voce delle donne si fa più prominente nel discorso pubblico, l’autoritarismo ostacola lo sviluppo di un movimento femminile autonomo.

2.3 Il matrimonio e la proprietà matrimoniale

Nel 1990 vengono riviste le disposizioni in materia di divorzio in modo da agevolarne le procedure e rendere più facile per i membri delle coppie ottenere un risarcimento per la bigamia del partner o per la sua coabitazione con una terza parte, per la violenza domestica o per i maltrattamenti e per l’abbandono. A seguito di ciò il tasso dei divorzi si è innalzato significativamente, arrivando al 33% nelle grandi città. La maggior parte di questi divorzi sono iniziati dalle donne.

Le revisioni della Legge sul Matrimonio del 2001, invece, consentono di avere una definizione estesa di violenza domestica, che include il picchiare, legare, mutilare e il ridurre la libertà personale così da causare danni fisici o mentali. Tuttavia, la violenza domestica in sé non viene definita un crimine, come anche non viene criminalizzato lo stupro nel matrimonio. Un’altra limitazione importante della legge consiste nel fatto che per far sì che la violenza domestica venga considerata tale, il maltrattamento deve essere persistente e frequente e, anche quando ha queste caratteristiche, a livello pratico è estremamente difficile per le donne ottenere aiuto, in quanto i membri delle famiglie spesso convincono le vittime del fatto che violenza è una pratica comune nel matrimonio e che fare cercare un riscatto porta disonore alla famiglia. Inoltre, anche le autorità locali sono solite dire alle vittime di provare a mediare con il loro aguzzino, rifiutandosi di intervenire.

Un altro problema relativo al matrimonio riguarda la questione della proprietà matrimoniale e della casa. Il divario di genere nell’ambito della proprietà immobiliare si è sviluppato a partire dalla privatizzazione del mercato immobiliare negli anni ’90, quando il Consiglio di Stato ha deciso di porre fine alla distribuzione della casa ai cittadini da parte del governo tramite l’unità di lavoro, il che ha comportato un boom dei beni immobili, come sostiene H. Fincher in Betraing Big Brother (2018). Anche se la revisione del 2001 riconosce la nozione di proprietà matrimoniale comune che va divisa nel momento del divorzio, nel 2011 la Corte Suprema ha emanato una nuova sentenza che stabilisce che la proprietà immobiliare acquistata durante il matrimonio

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appartiene a chi l’ha pagata. Pertanto, se il nome di una donna non è nel contratto, questa non condivide con il marito la proprietà in caso di divorzio. Ciò ha causato un grave problema per le donne, specialmente nelle città, in quanto, per via del boom economico, sempre più persone appartenenti alle classi medie acquistano case e appartamenti e la proprietà immobiliare è diventata un’importante risorsa familiare. Essendo i prezzi delle case molto alti, le famiglie tipicamente devono utilizzare tutte le loro risorse per acquistarne una. Molte donne, anche ben istruite e con una carriera di successo, concedono la loro parte di investimento al marito, permettendo a questi di avere solo il suo nome sul contratto, a causa del senso di fiducia nei suoi confronti e della per la pressione che viene esercitata su di loro da parte dei membri delle proprie famiglie, i quali incoraggiano spesso queste donne a riconoscere all’uomo la prerogativa di essere il possessore della casa. Infatti, i genitori delle mogli contribuiscono meno all’acquisto della proprietà matrimoniale rispetto ai genitori dei mariti, che spesso comprano le case ai loro figli ancor prima del matrimonio, così da aiutarli a trovarsi una moglie nel mercato matrimoniale, che si è fatto più competitivo a causa della carenza di donne. Molte delle donne intervistate da Fincher in Betraying Big Brother (2018) hanno dichiarato di essere disposte a cedere la proprietà della casa ai propri mariti o fidanzati, anche se hanno contribuito loro stesse all’acquisto, perché il messaggio sessista propinato loro dai media e dai propri genitori le ha convinte del fatto che non potranno mai trovare un marito a meno che non giungano a compromessi sia dal punto di vista finanziario che emotivo. Ciò mette in luce la poca consapevolezza che hanno del sessismo le giovani donne urbane tra i venti e i trent’anni e fa sì che, nel momento del divorzio, queste perdano il loro investimento, il che porta molte di loro, anche quelle con una carriera di successo, a portare avanti matrimoni infelici o abusivi.12 Solo ultimamente, per cercare di mantenere la propria autonomia, una piccola ma crescente percentuale di donne che lavorano nelle zone urbane ha iniziato a scegliere di rimanere single nel periodo dei trenta e quarant’anni e, anche per tutta la vita. Tuttavia, secondo Fincher (2018), il problema della proprietà matrimoniale ha fatto perdere alle donne cinesi quello che potrebbe definirsi il più grande accumulo di proprietà immobiliare

12 Leta Hong Fincher, The Leftover Women: The Resurgence of Gender Inequality in China, Zed Books,

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della storia, del valore di 3.3 volte il PIL della Cina ed ha creato un enorme divario di genere per quanto riguarda la ricchezza.

2.4 L’immagine delle donne nel discorso culturale e nei media

Le revisioni del 2001 della Legge sul Matrimonio hanno evidenziato la mancanza di voci femminili in politica e la vasta diffusione di una cultura patriarcale, per cui molte donne hanno accettano il predominio maschile come inevitabile o, addirittura, naturale. Ciò è evidente anche negli annunci pubblicitari che caratterizzano i media ufficiali. Infatti, le pubblicità di beni per la casa, elettrodomestici, cibo e prodotti per bambini sono solite dipingere le donne come casalinghe, a dimostrazione del fatto che, anche se il consumismo viene pubblicizzato come un reame di scelte e di espressione personale, perpetua, tuttavia, l’idea che il lavoro di casa e il crescere i bambini siano doveri delle donne.

I media, inoltre, portano avanti una critica delle donne single o senza figli, facendo pressione, soprattutto sulle donne delle aree urbane, a sposarsi e fare un figlio che sia perfetto e che abbia una carriera di successo. Dal momento che sempre più donne hanno iniziato a rimandare o rifiutare il matrimonio, il governo e i media si sono impegnati a stigmatizzare le donne che non riescono a sposarsi prima della metà dei vent’anni come “donne in avanzo”. Ad esempio, nel 2013 un editoriale statale (fatto circolare, tra l’altro, anche dalla Federazione Nazionale delle Donne Cinesi), sosteneva che

“aspettando il vero amore le donne sprecano la giovinezza. Sono troppo decise e non tollerano la debolezza nel partner, specialmente perché cercano sempre di più le tre altezze: alta educazione, alti risultati professionali e alto guadagno. Quando vogliono sposarsi scoprono che quasi tutti gli uomini che hanno il loro stesso livello di istruzione e la loro stessa età sono già sposati. Invecchiano e sono sempre più sole”.13

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Fincher (2018) sostiene che questa propaganda ha lo scopo eugenetico di “migliorare la qualità della popolazione” per il bene della nazione, in quanto donne “di alta qualità” possono produrre bambini “di alta qualità”.

In alternativa all’immagine della donna come moglie e madre, i media hanno anche iniziato a diffondere l’immagine della donna come oggetto sessuale, per cui si ha una proliferazione di immagini di donne sessualmente attraenti, anche secondo i canoni della bellezza occidentale, che causano una mercificazione della donna come oggetto per il consumo degli uomini. Questa propaganda coinvolge anche le donne appartenenti a minoranze etniche, infatti, mentre lo Stato promuove il turismo come strategia per lo sviluppo economico delle regioni popolate da minoranze, quali quelle dei Miao e Dai nel sudest, i media diffondono deliberatamente un’immagine erotizzata delle donne delle minoranze, ad esempio ritraendole con costumi matrimoniali e abiti diversi da quelli usati di norma per le donne dell’etnia maggioritaria Han.14 Anche se queste

immagini hanno coltivato l’industria del turismo del sesso in molte regioni, ironicamente molte delle prostitute che vi sono coinvolte sono immigrate di etnia Han.15

I media che promulgano certe ideologie sono sempre posti sotto lo stretto controllo delle autorità governative. La censura dei social media, che include un sofisticato controllo su Internet conosciuto come “the Great Firewall of China”, si impegna a contenere o prevenire ogni discussione aperta su qualsiasi tema considerato sensibile a livello politico, come l’indipendenza di Taiwan, la questione dei diritti umani e gli eventi controversi che potrebbero potenzialmente far nascere critiche nei confronti del Partito. Gli strumenti di censura di Internet sono obbligatori per le aziende tecnologiche, le quali devono eliminare dai social ogni che possa essere considerato offensivo nei confronti Partito o che rischi di “disturbare l’ordine sociale”.16

Esemplificativa di ciò è stata la censura di Twitter e Facebbok. Fino al 2009, infatti, Twitter e Facebook erano ancora disponibili per i normali cittadini, così come la

14Barbara Molony, Hyaeweol Choi, Janet Theiss,op.cit., p. 494. 15 Ibidem.

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principale piattaforma cinese di microblogging, Fanfou. Nel giugno del 2009, il governo cinese, per per anticipare il torrente di tweet e articoli di cronaca politicamente sensibili in vista del ventesimo anniversario del massacro di piazza Tiananmen, ha chiuso temporaneamente Twitter Il mese successivo, a causa dello scoppio di una rivolta nella regione nordoccidentale dello Xinjiangtra tra la minoranza musulmana Uyghur e l’etnia maggioritaria Han che aveva causato 156 morti e più di 1000 feriti, il governo, cercando di controllare le reazioni dei cittadini riguardo quanto accaduto e impedire la diffusione di informazioni, ha chiuso tutti i servizi Internet nella capitale dello Xinjinag, Urumqi e in altre parti della regione e, successivamente, ha velocemente bloccato l’accesso a Twitter e Facebook in tutta la Cina. Poche settimane dopo, viene lanciato Sina Weibo, una piattaforma social cinese dotata di un complesso sistema interno di censura operata sia da persone fisiche che da un apposito software.17

Nonostante queste censure, il governo è solito concedere ai cittadini la possibilità di tenere discussioni e dibattiti su molti temi e ha permesso lo svilupparsi di un vibrante settore culturale che produce musica, arte, film e letteratura famosi in tutto il mondo. Ciò è dimostrazione di come il Partito abbia creato un modello di autoritarismo per cui viene imposto monopolio politico ma viene anche concesso abbastanza spazio al discorso pubblico e alla vita privata, quel tanto che basta per sostenere la crescita economica e diminuire il potenziale di opposizione politica. Infatti, a parte la non trascurabile eccezione costituita dalla politica del figlio unico, rispetto all’epoca Maoista lo Stato si è ha diminuito di molto la sorveglianza sulla vita privata.

2.5 L’educazione sessuale

Un altro punto importante per definire il quadro della situazione dei diritti delle donne negli anni ’90 e ‘2000mè quello dell’educazione sessuale. In questo si riscontra, in questi anni, una carenza di programmi che siano basati sul rispetto dei diritti umani, nonché una forte politicizzazione del comportamento sessuale delle donne. Ciò si traduce, a livello pratico, in un’ignoranza diffusa sui rapporti sessuali, anche perché la maggior parte dei genitori evitano di parlare di questi argomenti ai figli, in un aumento delle infezioni di AIDS e in un alto tasso di aborti, per via dello scarso uso di

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preservativi. Inoltre, molti libri sull’educazione sessuale presuppongono doppi standard sessisti e misogini, come nel caso di un libro sull’educazione sessuale per gli studenti delle scuole medie pubblicato dal Dipartimento dell’Istruzione della provincia dello Jiangxi nel 2004, Educazione Sessuale Scientifica per gli Studenti delle Scuole Medie, in cui le ragazze che fanno sesso prima del matrimonio vengono definite “degenerate”, così come i ragazzi che le conquistano. Quando, nel 2016 un insegnante ha postato degli estratti del libro sulla piattaforma social Weibo, ha ricevuto talmente tanti commenti indignati che l’editore del libro è stato costretto a scusarsi pubblicamente e a promettere di farlo ritirare dal commercio.

2.6 L’omosessualità

Un ultimo fattore da analizzare è la visione dell’omosessualità in Cina. A questo proposito fa fatto notare che, mentre in età maoista l’omosessualità veniva mai menzionata, dopo questo periodo i media hanno iniziato a dipingerla spesso cme una reazione aberrante al maltrattamento maschile o come una forma di malattia mentale, causata dalle influenze della sessuologia occidentale penetrate in Cina durante il periodo repubblicano.18 Tuttavia, nel 2001 l’omosessualità è stata rimossa dalla classificazione

ufficiale delle malattie mentali e, anche prevale ancora una visione negativa, sta aumentando lo spazio per la discussione e dibattito sulle questioni LGBT e per le rappresentazioni simpatetiche dei membri di questa comunità in ambito culturale.

2.7. La Conferenza mondiale sulle donne19

Nonostante tutte le problematiche sviluppatesi in questi anni riguardo la questione femminile, un’importante svolta positiva in questi anni è stata la Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne tenutasi a Pechino nel 1995, che può considerarsi uno spartiacque nella storia del movimento femminista cinese.

18Barbara Molony, Hyaeweol Choi, Janet Theiss, op.cit., p. 496.

19 Tratto da Wang Zheng, Ying Zhang, Global Concepts, Local Practice: Chinese Feminism since the Fourth UN Conference on Women, Feminist Studies, 2010, 1, 36, pp. 40-70.

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2.7.1 La legittimazione delle organizzazioni non governative.

In occasione della Conferenza il governo cinese acconsente alla formazione di alcune organizzazioni non governative (ONG) per i diritti delle donne, in cambio del privilegio di essere il paese ospitante.20

Prima delle conferenza era estremamente difficile istituire un ONG indipendente dal Partito, in quanto, nei primi anni novanta, a seguito della Primavera di Pechino, il governo aveva ridotto l’attivismo organizzato non collegato ad organizzazioni governative. Vi erano comunque delle eccezioni, come nel caso di Li Xiaojiang, una studiosa della Zhengzhou University nell’Henan che nel 1985 aveva fondato il primo istituto di ricerca sulle donne indipendente, il Centro di Studi sulle Donne dello Henan, che ospitava conferenze, pubblicava libri, e aveva istituito dei corsi incentrati sullo studio della situazione femminile.21

La Conferenza del 1995 e il successivo forum delle ONG, però, danno ufficialmente alle femministe cinesi l’opportunità di legittimare le ONG in Cina e di rendere queste organizzazioni per la prima volta popolari. A questo scopo, le attiviste pubblicano numerosi articoli nei media ufficiali, specialmente nel giornale della Federazione nazionale delle donne cinesi, il Chinese Women’s Daily, tramite il quale forniscono informazioni in merito alle ONG per i diritti delle donne presenti nel mondo e cercano cautamente di spiegare che non si tratta organizzazioni antigovernative, presentandole come una pratica comune a livello internazionale nei paesi sviluppati che ha lo scopo di far nascere l’attivismo spontaneo nei cittadini e dipingendole come uno strumento per connettere la Cina ai trend globali. La Conferenza dell’ONU permette alle femministe cinesi di scoprire il femminismo transnazionale e il concetto di genere, come anche quelli di sviluppo sostenibile incentrato sulle donne e di empowerment. Ciò consente loro di focalizzarsi sul concetto di genere invece che su quello di classe e di scoprire un nuovo modo di vedere la parità di genere.

20 Leta Hong Fincher (2018), op. cit., p.108.

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Inoltre, durante l’evento, donatori internazionali come la Ford Foundation22

forniscono alle femministe dei finanziamenti per il loro attivismo e permettono loro di interagire con altre attiviste straniere. I fondi internazionali hanno costituito il principale supporto finanziario per le ONG femministe in Cina e sono stati cruciali per il loro sviluppo. Infatti, negli anni ‘90, quando i donatori internazionali iniziano a dare maggiore attenzione ai progetti di sviluppo in Cina, molte femministe che avevano precedentemente iniziato delle ricerche sulla situazione delle donne decidono di focalizzare le loro attività sul genere e sui progetti di sviluppo, come nel caso di Gao Xiaoxian, fondatrice dell’ Associazione dello Shaanxi per la Ricerca sulle Donne, sul Matrimonio e sulla Famiglia, la quale negli anni dopo la conferenza organizza insieme ai suoi colleghi moltissimi workshop di gender training,23 la formazione sulle questioni

di genere (shehui xingbie peixun), dedicati a ufficiali governativi, ricercatori e attivisti delle ONG relative a diversi livelli amministrativi di molte province. Questi incontri formativi focalizzavano su temi quali lo sviluppo rurale, la povertà, i bambini, l’educazione, la salute, l’AIDS, la violenza domestica, l’ambiente e la partecipazione delle donne nella politica. L’organizzazione di Gao Xiaoxian ha sviluppato, in tal modo, una serie di metodi per adattare i progetti di gender training alle specifiche comunità. Per questo motivo, a Gao è stato richiesto tenere questo tipo di incontri per tutta la Cina, allo scopo di aumentare la consapevolezza di genere tra vari gruppi sociali. L’attivista, che aveva lavorato per la sezione provinciale dello Shaanxi della Federazione delle donne sin dal 1982, aveva iniziato a vedere il cambiamento dell’ambiente politico per quanto riguarda l’attivismo spontaneo per i diritti delle donne già nel periodo di preparazione alla Conferenza del 1995. Nel 1993, infatti, aveva partecipato al primo workshop femminista tenuto congiuntamente da studiose femministe cinesi e da membri della Società Cinese per gli Studi sulle Donne, un’organizzazione con base negli Stati Unit, durante il quale aveva scoperto per la prima volta il concetto di genere e incontrato femministe provenienti da altri paesi. L’incontro la spinge a decidere di di tenere, con l’aiuto della studiosa di legge Sharon Hom, membro della Società Cinese per gli Studi sulle Donne, un workshop per la formazione legale in prospettiva femminista a livello nazionale, dedicato a chi lavora per i diritti delle donne nella legislazione a livello

22 La Ford Foundation è una fondazione no-profit statunitense con scopi sociali e umanitari. 23 Wang Zheng, Ying Zhang, op.cit., p.51.

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provinciale e finanziato dalla Ford Foundation. Tuttavia, la federazione delle donne non approva il suo progetto e Gao opta, quindi, per organizzarne uno a livello provinciale collegato alla sua associazione dello Shaanxi, in operazione già dal 1986. È così che inizia la carriera di questa attivista, che negli anni seguenti continua la ricerca di fondi internazionali grazie ai quali attua molte iniziative locali per i diritti delle donne, come l’istituzione di una linea diretta e di servizi di aiuto legale per le donne. Inizia anche un fondo per l’istruzione delle donne delle zone rurali grazie a un progetto d’arte, la Fenice Rossa e porta avanti progetti di sviluppo che focalizzati sulla salute e sulla partecipazione alla politica delle donne delle campagne. Così facendo rende la sua associazione una delle più importanti ONG della Cina occidentale, tanto che nel 2009 arriva a lavorare con un fondo di più di 10000 yuan l’anno e uno staff di venti persone.

In generale, le attività che le attiviste femministe iniziano a portare avanti dopo la Conferenza del 1995 si focalizzano principalmente su proteste contro la violenza domestica, sulla promozione dell’aiuto legale per le donne, sull’aumentare la consapevolezza in merito ai divari di genere, sul fornire incontri di incontri formativi alle donne delle zone rurali e di città senza lavoro,sull’istituzione corsi di studio sulle questioni di genere nelle università e sull’organizzare produzioni culturali relative a questi temi, come la messa in scena della versione cinese di The Vagina Monologues.24

Un altro merito della Conferenza sulle donne è quello di aver fornito un contesto concettuale per le attiviste che volevano allontanarsi dalla teoria marxista di parità tra uomo e donna tipica del socialismo cinese. Nel periodo socialista la teoria marxista della liberazione delle donne ha fornite lo basi per un “femminismo di Stato” che ha monopolizzato la definizione di “parità tra uomini e donne” (nannü pingdeng), termine approvato dal Partito Comunista Cinese (PCC) sin dalla sua fondazione nel 1921, in quanto la disuguaglianza tra uomini e donne era considerata un’espressione della disuguaglianza tra classi sociali. Secondo quest’ideologia, la proprietà privata era la radice dell’oppressione femminile perché reminiscenza del feudalesimo. La parità andava, quindi, raggiunta attraverso una pari partecipazione delle donne nella

24 The Vagina Monologues è un’opera teatrale di Eve Ensler del 1996, vincitrice di un Obie Award, in cui

erano recitati i monologhi di varie donne che condividevano esperienze riguardanti la loro vagina con il pubblico, divenuta molto famosa e rappresentata anche dalla HBO.

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produzione pubblica. queste trasformazioni oltre che dalla conferenza del 95 sono state rese possibile dal cambio generazionale: giovani femministe che non hanno mai sperimentato i concetti di femminismo della RC e della costruzione dello stato socialista, ora costituiscono la forza principale del femminismo.

Va comunque detto che queste trasformazioni sono state rese possibili, oltre che dalla Conferenza dell’ONU, anche dal cambio generazionale. Infatti, le giovani femministe che non hanno mai sperimentato i concetti di femminismo tipici della Rivoluzione Culturale e della costruzione dello stato socialista, ora costituiscono la forza principale di questo movimento.

2.7.2 Il gender training

La pratica di fornire una formazione riguardo alle questioni di genere, definita da Wang e Ying (2016) come gender training, si sviluppa grandemente nel decennio dopo la Conferenza, ma già dagli anni ‘90 molte organizzazioni femministe nazionali e cinesi avevano cercato, tramite la “formazione di genere”, di istruire i leader del governo e delle istituzioni in merito alle questioni di genere. L’ONU promuove il gender training collegato al gender mainstreaming,25 che consiste nel valutare l’impatto delle politiche

su donne e uomini. Le femministe cinesi hanno trasformato il gender training in una forma innovativa di attivismo introducendo, tramite questi incontri formativi, i concetti femministi sia al pubblico che agli ufficiali governativi. L’implementazione delle direttive della Conferenza del 1995 ha consentito di migliorare la condizione delle donne e garantire che la parità di genere in ambito sociale ed economico iniziasse ad essere misurata con precise statistiche e comparata con quella di altri paesi.

Un esempio d formazione di genere è il Gruppo Oriente Incontra l’Occidente, fondato dall’attivista Ge Youli nel 1992 a Pechino e focalizzato sul tradurre articoli riguardanti i movimenti femministi globali per le riviste rivolte alle donne cinesi. Il gruppo forniva formazione sulle questioni di genere alle donne che vi lavoravano, le quali sono poi diventate negli anni successivi figure importanti di diverse organizzazioni femminili. Tra loro vi sono Liu Bohong, vicedirettore dell’Istituto di

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Ricerca della Federazione nazionale delle donne cinesi e Zhang Lixi, presidente dell’Università della federazione. Nel 1997, mentre lavorava per il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite, Ge si dedica alla compilazione di un manuale, poi largamente usato, sul gender training in cinese, allo scopo di popolarizzare questa pratica.

Liu Bohong, invece, ritenendo una sua responsabilità l’educare gli ufficiali governativi sullo sviluppo di genere in chiave femminista, si è occupata di molti progetti di ricerca orientati al genere e di sessioni di gender training per gli ufficiali governativi. Ha tenuto tali incontri formativi anche per il progetto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro riguardo al gender mainstreaming in Cina, rivolgendosi sia a ufficiali governativi che ai membri dei sindacati, delle associazioni dei lavoratori e della Federazione nazionale delle donne cinesi. Questo progetto includeva anche un manuale guida su come praticare formazione di genere nei diversi livelli amministrativi della Cina.

Un’altra attivista che si è occupa di gender training è stata Cheng Mingxia, una studiosa di legge, la quale ha lavorato con Ge Xiaoxian in un progetto contro la violenza domestica in Cina nel 1998, durante il quale ha partecipato al primo programma di

gender training obbligatorio per il progetto durante il quale iniziando ad acquisire una

prospettiva femminista. Ciò dimostra come il focus sulle questioni di genere ha permesso alle studiose e alle attiviste come Chen di riesaminare le disuguaglianze con un approccio diverso rispetto a quello del femminismo di Stato dell’epoca maoista. Il progetto di Chen e di Ge si conclude con la creazione della più grande ONG per i diritti delle donne in Cina, la Stop DV Networks, impegnata in battaglie contro la violenza domestica su diversi fronti, come l’organizzazione di workshop sul gender training a livello nazionale nelle agenzie governative. In seguito, nel 2002, Chen fonda anche il Centro di Ricerca sul Genere e la Legge presso l’Accademia Cinese delle Scienze Sociali, la più importante istituzione per gli studi legali della Cina, tramite la quale organizza molti incontri per la formazione sul genere dedicati agli studiosi di legge e agli attivisti coinvolti in processi legali relativi ai diritti delle donne. Nel 2004, poi, organizza il primo workshop legale femminista. In generale, i suoi progetti di gender

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il dialogo con i leader delle comunità che vogliono sviluppare metodi migliori per gestire i casi di violenza domestica e anche dibattiti con studiosi delle università e degli istituti di ricerca sulle teorie legali in prospettiva femminista.

Uno dei risultati migliori della formazione sul genere incoraggiata dopo la Conferenza del 1995 è stato la lotta alla violenza domestica. Prima della Conferenza molte donne non avevano neanche idea di cosa significasse la violenza domestica,26 gli attivisti delle ONG femministe e della federazione delle donne hanno lavorato insieme a diversi livelli amministrativi per far crescere la consapevolezza su questo argomento tra le persone comuni e tra chi lavora in ambito legale, sfidando la concezione diffusa che la violenza domestica sia una norma all’interno delle famiglie. Grazie al loro impegno, la nuova Legge sul Matrimonio del 2004 ha sancito che che la violenza domestica è proibita e dallo stesso anno ventidue province e governi municipali hanno emanano statuti locali contro la violenza domestica.

Anche il Network Anti Violenza Domestica, co-fondato da Feng Yuan nel 2000, ha svolto un importante ruolo nella lotta alla violenza, facendo pressione sul governo affinché emanasse la Legge del 2016 contro la violenza sessuale. Il gruppo attualmente è stato chiuso, perciò Feng Yuan ha fondato un’altra ONG nel 2014, Parità (Wei

Ping).27

2.7.3. Le ONG e la Federazione nazionale delle donne cinesi

Negli anni ’90, la Federazione nazionale delle donne cinesi ha subito una grande espansione, arrivando a raggiungere ogni livello dell’amministrazione statale anche nei villaggi, pur non avendo i poteri amministrativi tipici di un organo governativo. È stata proprio la Federazione ad organizzare il Forum sulle ONG nel 1995.

Anche quest’istituzione si è trasformata per adeguarsi ai movimenti femministi del mondo, dedicandosi all’integrazione e alla normalizzazione della politica di genere, ma ha sempre evitato il termine “femminismo”, che è visto dal Partito come un concetto occidentale e borghese. Al posto di questo termine si preferisce utilizzare “parità di genere” o “teoria del genere”.

26 H. Fincher (2018), op.cit., p. 126. 27 Id., p. 159.

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La Federazione, a partire da questi anni, ha giocato un ruolo sempre più complicato. Da una parte, opera come un organo del Partito Comunista e, pertanto, è soggetta a delle restrizioni su quanto può insistere sulla questione dei diritti delle donne. Dall’altra, però, è stata fondamentale nel portare di fronte all’attenzione pubblica questioni difficili come l’infanticidio femminile, la violenza sulle donne, il riemergere del suicidio femminile e varie forme di discriminazione, nonché nel motivare il governo a prendere provvedimenti a riguardo. Inoltre, la Federazione ha condotto importanti ricerche sulla questione femminile e ha promosso l’entrata delle donne nel mondo imprenditoriale e ha lottato con successo per la concessione delle ferie per maternità, per le protezioni sul posto di lavoro e le revisioni delle leggi sul matrimonio e sulla violenza domestica .28

Molte delle ONG sui diritti umani nate negli anni ’90 e all’inizio del 2000 erano affiliate alla Federazione e mai completamente indipendenti, ma hanno comunque aperto la strada agli attivisti indipendenti di oggi.29 Il rapido sviluppo delle ONG negli

anni ‘90 non ha creato una demarcazione rigida tra queste e le organizzazioni governative come la Federazione nazionale delle donne cinesi ma, piuttosto, è nata tra queste una collaborazione su più livelli e su diversi fronti. Non è un caso, infatti, che le attiviste femministe impiegate in queste ONG nella maggior parte dei casi siano donne di città che spesso hanno lavorato all’interno delle istituzioni statali. La Federazione ha notevolmente aiutato le organizzazioni indipendenti nel comunicare con lo Stato, divenendo un canale che ha consentito al femminismo di infiltrarsi in diversi livelli dell’amministrazione grazie alla sua ambiguità tra l’essere un organo ufficiale e non ufficiale e grazie al fatto che, in quanto organizzazione statale, ha avuto il potere di introdurre la questione femminile nell’agenda politica. Inoltre, come sostiene Chen Mingxia, è necessario fare una distinzione tra la sede centrale della Federazione e quelle locali, che hanno una migliore comprensione dei problemi locali delle donne. Negli anni ’90, le donne della classe urbana che lavoravano nelle ONG negli anni 90 non sarebbero state in grado di portare avanti progetti rivolti a le fasce più basse della

28 Barbara Molony, Hyaeweol Choi, Janet Theiss, op.cit., p. 496. 29 H. Fincher (2018), op.cit., pp. 126-27.

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popolazione, se non avessero avuto la possibilità di appoggiarsi alla Federazione, che era in grado di raggiungere i villaggi rurali e le periferie urbane.

Un ostacolo a questa collaborazione, tuttavia, è stato il tabù del concetto di classe sociale che ha caratterizzato la Cina post socialista. Nonostante le ONG e la Federazione abbiano aiutato le donne licenziate e le immigrate lavoratrici, ad esempio fornendo formazione lavorativa o aiuto legale, non era concesso loro di parlare di classe sociale, in quanto questo termine era stato screditato negli anni ‘80 dal Partito perché utilizzato come base teorica dai persecutori politici dell’era maoista. L’assenza del concetto di “classe” come categoria per analizzare i fenomeni sociali è la dimostrazione di come il femminismo di questi anni non riesca, nonostante i suoi progressi, ad uscire dai confini dell’ideologia politica del Partito.

Sono comunque anni di profonde trasformazioni dal punto di vista dei diritti delle donne, come si evince dal fatto che il termine “parità di genere” entra a far parte dei discorsi dei politici cinesi, tanto da apparire anche nel discorso tenuto dal Presidente Hu Jintao in occasione della conferenza nazionale del 2005 in commemorazione del decimo anniversario della Conferenza sulle Donne.

2.7.4. Yirenping

Come descritto in Fincher (2018), Yirenping (il cui nome significa “interesse pubblico, umanità, uguaglianza”) è una delle ONG nate nei primi anni del 2000, particolarmente importante perché è divenuta uno dei riferimenti principali del nuovo gruppo di attivisti femministi, di cui fanno parte le cinque attiviste arrestate nel marzo del 2015 conosciute come le Feminist Five.

L’organizzazione viene fondata 2006 da Lu Jun a Pechino e nel 2009 grazie alla collaborazione con l’avvocato Chang Boyang, ne viene aperta una filiale a Zhengzhou, nello Henan. Poiché non vi sono, in teoria, fondazioni cinese che donano fondi alle ONG impegnate nella difesa dei diritti dei cittadini, gran parte dei fondi di Yirenping viene dalla fondazione statunitense National Endowment for Democracy.

Fincher (2018) spiega come, inizialmente, Yirenping si sia occupato principalmente delle discriminazione sul lavoro nei confronti delle persone affette da

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epatite B, dei diritti dei consumatori e delle discriminazioni verso le persone affette da AIDS. L’ufficio di Pechino ha inizia ad occuparsi anche dei diritti delle donne quando l’attivista Wu Rongrong, una delle Feminist Five, ne è entrata a far parte nel 2007. Nel 2009 Wu ha organizzato la prima campagna rilevante di Yirenping sui diritti delle donne, occupandosi del caso di Deng Yujiao, una donna che aveva pugnalato un ufficiale governativo che la stava violentando. Per mostrare solidarietà nei suoi confronti Wu, insieme a degli studenti universitari di Pechino, mette in scena una performance provocatoria di arte comportamentale, nella quale gli attivisti sdraiano a terra una donna imbavagliata, legata con delle lenzuola bianche e circondata da cartelli con su scritto “Potremmo essere tutte Deng Yujiao”. Come parte della campagna decine di studentesse firmano una petizione in cui chiedono comprensione per il dramma di Deng e che i diritti delle donne vengano rispettati. La vicenda si è conclusa nel giugno del 2009 con una vittoria legale per cui la corte ha rilasciato la donna, dichiarando che soffriva di un disturbo dell’umore.

Yirenping è stata anche soggetta a repressione da parte del governo. A luglio 2009, infatti, la polizia si è recata nell’ufficio di Pechino per perquisirlo, anche se Lu Jun si è rifiutato di farli procedere. A maggio 2014, poi, Chang Boyang è stato arrestato per aver rappresentato un cliente che aveva organizzato una veglia in memoria del venticinquesimo anniversario del massacro di Tiananmen e l’ufficio di Zhengzhou è stato chiuso. Secondo Lu Jun,30 il governo ha iniziato una repressione delle ONG finanziate da fondazioni straniere e, nel caso di Yirenping, ha usato come protesto le iniziative per la difesa dei diritti delle donne.

3. Il governo di Xi Jinping31

3.1 L’autoritarismo e la sottomissione della donna

Il clima di autoritarismo in Cina è nettamente peggiorato dopo che Xi Jinping è diventato Segretario generale del Partito nel 2012 vice e Presidente della Repubblica Popolare Cinese (PCC) nel 2014. L’11 marzo 2018, poi, legislatura cinese ha abolito i limiti del mandato presidenziale, consentendo in pratica a Xi di essere dittatore a vita.

30 Id., p. 161.

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Secondo Fincher (2018), Xi vede il patriarcato come la base per la sopravvivenza del Partito. In altre parole, la subordinazione delle donne è un elemento fondamentale per la dittatura del PCC. È questa la ragione per cui il governo si è

particolarmente accanito sugli attivisti che sostengono la parità di genere, colpevoli di

essere organizzati in modo indipendente dal Partito e di aver fatto leva sullo scontento delle donne cinesi, sviluppando un alto livello di influenza sull’opinione pubblica inusuale per i movimenti sociali in Cina. Le autorità hanno, pertanto, chiuso aggressivamente alcune ONG che lavoravano per i diritti delle donne, specialmente quelle finanziate dall’estero, hanno inviato la polizia a controllare e ed intimidire le singole attiviste, ristretto i controlli ideologici sugli studi di genere nei programmi universitari e censurato gli account femministi sui social media. Ciò di cui i femministi vengono accusati è di essere soggiogati dalle forze occidentali, come è evidente nella nota chiamata “Documento n° 9”, fatta circolare all’interno del Partito nel 2013, in cui si avvisavano gli ufficiali di fare attenzione alle infiltrazioni pericolose dell’ideologia occidentale, in particolare ai sette concetti occidentali chiamati i “sette innominabili”: valori universali, democrazia costituzionale, società civile, libertà di stampa e gli errori storici del Partito Comunista. A maggio 2017, inoltre, il People’s Daily online, rivista associata al Partito, ha pubblicato un annuncio di Song Xiuyan, la presidentessa della Federazione nazionale delle donne cinesi, la quale dichiarava che le forze occidentali ostili stavano usando il femminismo occidentale per attaccare la visione marxista cinese delle donne e le politiche governative basate su la parità di genere.

L’enfasi che pongono il governo e lo stesso Xi Jinping sul maschilismo è evidente in un discorso pronunciato poco dopo la nomina di questi a Segretario del PCC nel 2012, in cui spiega come il collasso dell’Unione Sovietica sia stato dovuto al fatto che nessuno è stato abbastanza uomo per resistere al crollo del Partito Comunista. In questo modo egli ha implicitamente dichiarato di essere abbastanza uomo per difendere il PCC.

Anche i media ufficiali vengono sfruttati per diffondere un’immagine iper mascolina di Xi, come si evince dal fatto che per i primi anni della sua presidenza i media si riferivano a lui come “Xi Dada”, “Padre Xi”, al fine di costruire un culto della sua personalità come simile a quello costruito intorno alla figura di Mao durante la Rivoluzione Culturale, celebrando Xi per la sua mascolinità e dipingendolo come il

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difensore della famiglia patriarcale e il padre della nazione cinese. Di fatti, nel 2016 il partito gli assegna il titolo di “leader fondamentale”, un termine prima usato solo per Mao Zedong, Deng Xiaoping e Jiang Zemin e nel 2017 lo elevano allo stesso stato di Mao definendolo fondatore della Repubblica Popolare. Inoltre, le sue idee vengono inserite nella costituzione del partito sotto il titolo di “Pensieri di Xi Jinping per la Nuova Era del Socialismo con Caratteristiche tipicamente cinesi”.

Anche nella musica pop il Presidente viene idolatrato come padre e come marito ideale, come dimostrano canzoni quali “Si uomo come Padre Xi” e “Se vuoi sposarti, sposa qualcuno come Xi Dada”. Questo culto personale ipermascolino viene recepito come troppo estremo addirittura da degli ufficiali del Partito, che nel 2016 impongono ai media di abbandonare il termine Xi Dada. La nazione continua, tuttavia, ad essere rappresentata come una grande famiglia dominata da un forte e mascolino come il patriarca Xi.

Il culto della figura di Xi Jinping non nasconde, però, i grandi problemi economici sviluppatisi nel periodo della sua presidenza. L’economia cinese, infatti, è in fase regressiva e la nazione è nel pieno di una demografica dovuta all’invecchiamento della popolazione e alla diminuzione della forza lavoro; inoltre, vi è il problema della fuga di capitali e del debito pubblico in aumento per via degli eccessivi investimenti dello Stato. Conseguentemente, mentre il governo promette standard di vita in continuo miglioramento, cresce l’insoddisfazione in molti settori della società, insoddisfazione a cui il governo risponde aumentando il controllo ideologico. Questo perché, dal momento che il PCC non può più essere legittimato sulla base della rapida crescita economica, si cerca di farlo tramite altri mezzi, che in questo caso consistono nel concetto, proprio della tradizione confuciana, secondo cui la famiglia tradizionale, basata sul matrimonio tra un uomo virtuoso e una donna obbediente, è la base di un governo stabile. Nel 2017, l’agenzia di stampa ufficiale del Partito Xinhua pubblica un articolo intitolato “Dopo il Diciottesimo Congresso del Partito,32 Xi Jinping ha detto la

sua riguardo i valori della famiglia”, in cui si asserisce che Xi dà importanza ai valori della famiglia tradizionale (jiafeng) perché strettamente legati ai valori nazionali (guofeng), in quanto la famiglia è la versione ridotta della nazione, perciò i valori

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dell’una equivalgono ai valori dell’altra. Nell’articolo vi è una citazione del discorso di Xi in cui egli sostiene che “ogni ufficiale deve dare importanza ai valori della famiglia, essere onesto […] avanzare richieste rigorose verso il proprio coniuge, bambini e colleghi vicini” e viene ripetuta la tipica frase secondo cui la famiglia è l’unità fondamentale della società”.33 Un altro articolo pubblicato dalla Xinhua riporta un

discorso di Xi in cui egli afferma che “le donne svolgono un ruolo attivo nel coltivare i valori della famiglia tradizionale… I valori sono preziosi tesori per la promozione dell’armonia familiare, della stabilità sociale e del benessere della prossima generazione”. In questo caso, il Presidente si focalizza sugli obblighi della donna nella famiglia, che consistono soprattutto nel prendersi cura dei bambini e degli anziani, evidenziando come le tradizioni e i valori familiari cinesi devono far sì che i giovani crescano in salute e che ci si prenda cura degli anziani. Nel 2018 la sezione Zhenjiang (nella provincia del Jiangsu) della Federazione delle donne, su sponsorizzazione del governo, dà inizio ad una serie di corsi volti a migliorare la qualità delle giovani donne, insegnando loro come incrociare le gambe, sedersi, inginocchiarsi e truccarsi come vere signore, secondo le regole della “cultura tradizionale”.

Il fatto che il governo ritiene che il compito principale della donna debba essere quello di moglie, madre e casalinga, è evidente anche dal fatto che non ci sono mai state donne nel Comitato Permanente del Politburo e che ad oggi solo una donna è presente tra i 25 membri dello stesso. La percentuale di donne nel Comitato Centrale è del 4,9% e, nel 2017, non vi era nessuna donna a capo delle 31 amministrazioni provinciali della Cina, secondo la Brooking Institution.34

3.2 Le nuove politiche di controllo delle nascite

I tanti anni di implementazione della politica del figlio unico hanno causato un collasso del tasso di fertilità che nel 2015 ha spinto il governo non solo a consentire alle coppie di avere due figli, ma anche ad esortare la popolazione a riprodursi per il bene della Cina.

33

Fincher (2018), op. cit., p. 168.

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