CAPITOLO 5 LE PROVE ESCLUSE
5.1 Il giuramento e la prova testimoniale
Nel processo tributario sono esclusi il giuramento e la testimonianza, in quanto il processo tributario è un processo essenzialmente scritto e documentale. L’esclusione di questi mezzi di prova è stata riprodotta al comma 4 dell’art. 7 del D.lgs. 546/92.
In questo comma è, quindi, inserita l’unica espressa e specifica disposizione sulle prove. Con una scelta quantomeno singolare non vengono disciplinate le prove ammesse, bensì quelle escluse, il giuramento e la prova testimoniale. Nel processo tributario non si applicano dunque le norme del codice civile e del codice di procedura civile in materia di testimonianza e di giuramento. Il giuramento, disciplinato agli articoli 2736 - 2739 del codice civile, è un mezzo di prova, il cui esito fa prova piena in quanto rinviene da prova legale. È prova tipica del processo civile, non ammessa per espressa disposizione quanto si tratti di diritti non disponibili, di fatto illecito e di atto per cui sia richiesta la forma scritta ad substantiam.
Le ragioni dell’esclusione nel processo tributario, quindi, appaiono evidenti e sono generalmente condivise dalla dottrina poiché correlate con la indisponibilità delle situazioni soggettive oggetto del processo.
La testimonianza, disciplinata agli articoli 2721 - 2726 del c.c., è la narrazione di fatti della controversia compiuta da un terzo innanzi al giudice nel contraddittorio delle parti. È prova tipica, ammessa, anche nel giudizio civile, solo in casi specifici e su richiesta di parte.
Questa limitazione prevista nel processo tributario è stata ed è oggetto di critiche, benché sia generalmente giustificata, sia dalla natura delle situazioni soggettive coinvolte, sia dal fatto che la prova testimoniale tipica trova la sua
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ragion d’essere soltanto in un sistema imperniato sull’oralità, mentre il processo tributario è prevalentemente scritto e documentale. In realtà le ragioni di tale esclusione sembrano risiedere più in motivi di opportunità, tenuto conto della delicatezza degli interessi da tutelare e dei rischi di possibili manipolazioni strumentali di questo mezzo di accertamento della verità.
L’esclusione del giuramento e della prova testimoniale prevista dall’art. 7 del D.lgs. 546/92, era già indicata nell’art. 35 D.P.R. n. 636/1972, come modificato dal D.P.R. n. 739/1981.
Tali disposizioni rendono evidente la perpetuazione del legislatore nel mantenere tale essenziale caratteristica documentale del processo tributario, ma che ormai non è più condivisa dalla dottrina maggioritaria che richiede da tempo un allineamento ed adeguamento del processo tributario al pari delle altre giurisdizioni, soprattutto per il monito autorevole e sovraordinato della Corte di Giustizia dell’Unione europea e della CEDU49.
La CEDU, nel caso “Jussila”, ha evidenziato che l’assenza di pubblica udienza od il divieto di prova testimoniale sono sì compatibili con il principio del giusto processo, ma a condizione che da siffatti divieti non ne derivi un grave pregiudizio alla posizione processuale dell’interessato sul piano probatorio, ponendosi altrimenti in contrasto con i principi del Trattato UE che ostano a meccanismi che rendano impossibile od eccessivamente gravoso l’esercizio del diritto di difesa.
La Corte Costituzionale si è pronunciata varie volte sulla legittimità dell’art. 7 D.lgs. 546/92 che esclude l’applicazione del giuramento e della prova testimoniale al processo tributario, ed ha sempre rigettato la questione, essendo che tale divieto non contrasta con la Costituzione e, in particolare, con gli articoli 3, 24 e 53.
49Per la giurisprudenza della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, ha assunto un rilievo fondamentale
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Sulla conformità agli articoli 3, 24 e 53 della Costituzione del divieto legale di ammissione della prova testimoniale e del giuramento nel processo tributario si è pronunciata, con particolare attenzione, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 18/2000.
Era stata sospettata di illegittimità costituzionale la scelta del legislatore di escludere la prova testimoniale in quanto limitativa del diritto di difesa del contribuente e della parità di armi tra le parti, data la possibilità dell’amministrazione finanziaria di poter utilizzare dichiarazioni rese da terzi nell’istruttoria amministrativa.
L’eccezione di incostituzionalità del divieto della prova testimoniale è stata ritenuta infondata dalla Corte Costituzionale, la quale ha ritenuto che l’esclusione della testimonianza nel nuovo processo tributario sia giustificata dal carattere documentale del processo tributario e dalla specificità di questo rispetto al processo civile ed a quello amministrativo.
Più precisamente, per quanto riguarda l’art. 3 Cost., che sancisce il principio di uguaglianza e, quindi, in ambito processuale, il principio della parità delle armi, la Corte non lo ritiene violato in quanto «il divieto della prova testimoniale trova giustificazione, sia nella spiccata specificità dello stesso rispetto a quello civile ed amministrativo, correlata alla configurazione dell’organo decidente e al rapporto sostanziale oggetto del giudizio; sia nella circostanza che esso è ancora, specie sul piano istruttorio, in massima parte scritto e documentale; sia, infine, nella stessa natura della pretesa fatta valere dall’Amministrazione finanziaria attraverso un procedimento di accertamento dell’obbligo del contribuente che mal si concilia con la prova testimoniale». In merito, invece, alla violazione dell’art. 24 Cost., secondo la Corte, tale divieto non sarebbe lesivo del diritto di difesa, poiché «il solo fatto dell’esclusione di un mezzo di prova come quello della testimonianza non costituisce di per sé violazione del diritto di difesa».
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Infine, non può ritenersi in contrasto neppure con il principio della capacità contributiva, di cui all’art. 53 Cost., riguardando tale principio la disciplina del sistema tributario e non la disciplina del processo.
Da ultimo, con l’ordinanza 23.11.2007 n. 395, la Corte Costituzionale ha affermato che l’esclusione della prova per testi è frutto di una precisa scelta legislativa «giustificata dalla peculiarità della materia tributaria e dalla sostanziale inutilità di una prova priva della attendibilità della prova documentale», rientra nella discrezionalità del legislatore «limitare i singoli mezzi istruttori con una scelta non irragionevole, peraltro operata anche nell’ambito del processo civile, ove, in relazione a determinati fatti o rapporti, la prova può essere fornita solo per iscritto».
Gran parte della dottrina, però, continua a dubitare della legittimità costituzionale del divieto della prova testimoniale, soprattutto in relazione al novellato articolo 111 della Costituzione dove si afferma il fondamentale principio del giusto processo.
Da più parti si propone da tempo di eliminare dal contenzioso tributario il divieto di testimonianza per parificare il ruolo del processo a quello degli altri giudizi.
L’apertura a questo mezzo orale garantirebbe appieno il rispetto del principio di effettività e pienezza della tutela giurisdizionale per evitare sospetti di incompatibilità europea della norma.
L’esigenza di riequilibrare il processo tributario mediante l’introduzione della prova testimoniale consentirebbe di superare quel divario probatorio che si verifica rispetto al processo penale tributario.
Nel processo penale, infatti, è possibile accertare l’esistenza di un’evasione fiscale mediante prove testimoniali acquisite direttamente dinanzi al giudice che deve emettere la relativa sentenza, ma nel processo tributario è possibile introdurre solo dichiarazioni scritte raccolte da una delle parti del procedimento.
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Nel processo penale la difesa ha gli stessi diritti e facoltà probatorie dell’accusa, ma nel processo tributario vi è un evidente disparità a favore della parte pubblica per i maggiori poteri istruttori attribuiti, e ciò determina spesso diversi ed opposti risultati probatori che non si possono giustificare in ragione delle diverse finalità dei due procedimenti.
I mezzi di prova orale sono del resto ammessi a pieno titolo nel processo amministrativo che ha gli stessi connotati cartolari del processo tributario. Eventuali abusi dell’istituto potrebbero poi essere agevolmente impediti con il controllo di ammissibilità e rilevanza della prova orale che il giudice andrebbe ad ammettere solo quando fosse impossibile o estremamente oneroso produrre la prova documentale.
È auspicabile, dunque, un deciso intervento legislativo sul punto tanto più che, sia pur indirettamente, la Suprema Corte50 ha più volte richiamato il principio per cui, laddove il contribuente dimostri l’incolpevole impossibilità di produrre un documento rilevante ai fini del processo (come in caso di furto o smarrimento), può sempre trovare applicazione la regola generale dell’art. 2724 n.3 c.c., che autorizza il ricorso alla prova testimoniale51.