CAPITOLO 2 LE PROVE NEL PROCESSO TRIBUTARIO
2.4 Onere della prova
La regola dell’onere della prova indica al giudice in quale modo decidere la controversia quando un fatto non è provato.
Un fatto non provato, nel processo, è un fatto non accaduto. La decisione risulta così sfavorevole alla parte interessata all’avvalersi del fatto non provato, che era onerata alla prova di quel fatto.
L’onere della prova è disciplinato dall’articolo 2697 del Codice Civile: “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.”
La distribuzione dell’onere probatorio varia in base alla posizione processuale e sostanziale delle parti, ovvero al diritto fatto valere in connessione all’atto impugnato.
Nei processi di impugnazione, come il processo tributario, il criterio posto da questo articolo non va riferito alla posizione processuale delle parti, ritenendo che l’onere della prova gravi sul contribuente in quanto ricorrente, ma va inteso considerando che è in discussione un atto emesso dalla Pubblica Amministrazione per far valere un suo diritto.
Attore sostanziale è, quindi, la Pubblica Amministrazione, essa è perciò onerata alla prova del presupposto del tributo, e non vale a suo favore alcuna presunzione che non sia espressamente prevista dalla legge.
Nel processo tributario, il contribuente può considerarsi attore solo in senso formale, in quanto la pretesa, sin dalla fase di verifica, è avanzata dall’ente impositore.
32
In sede processuale, infatti, sono in discussione, se contestati dal contribuente, i fatti sui quali si fonda l’atto impugnato. L’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di provarli ed il giudice deve decidere la controversia considerando non avvenuti i fatti a base del provvedimento se sono sforniti di prova.
Ciò premesso, è importate che il contribuente fornisca sempre la prova dell’infondatezza della pretesa, posto che sarebbe imprudente confidare in una sentenza di accoglimento del ricorso basata sulla sola violazione dell’art. 2697 c.c.
L’onere della prova acquista particolare rilevanza nell’ambito dei ricorsi contro gli accertamenti presuntivi o induttivi, poiché, date le peculiarità di tali rettifiche, è l’ufficio che deve dimostrare adeguatamente la fondatezza della pretesa.
L’incombenza dell’onere della prova sull’Amministrazione finanziaria ha il suo fondamento nel fatto che quello impugnato dal contribuente è un atto emesso dall’Amministrazione finanziaria, atto che deve essere motivato per la sua validità.
La motivazione deve intendersi realizzata, secondo la giurisprudenza e la dottrina relativamente all’avviso di accertamento, senza che l’ufficio debba necessariamente indicare le prove della fondatezza della pretesa erariale. La motivazione infatti, non deve convincere il contribuente della fondatezza della pretesa erariale, ma deve solo consentire ad esso di ricostruire l’iter logico-giuridico seguito dall’ufficio nella determinazione della sua pretesa e la sua legittimità. In tal caso, però, l’ufficio ha l’onere di provare in giudizio la sussistenza dei concreti elementi di fatto che giustificano la pretesa erariale. Spesso la prova della pretesa erariale è contenuta negli stessi avvisi di accertamento o in altri atti nei quali è racchiusa la motivazione per relationem dell’avviso di accertamento, dal momento che la prova nel processo tributario è essenzialmente documentale.
33
La concreta ripartizione degli oneri probatori in giudizio risentirà della scelta operata dall’Amministrazione finanziaria nella redazione della motivazione dell’atto di accertamento.
In presenza di avvisi di accertamento contenenti già in motivazione le prove utilizzate dall’ufficio, l’onere della prova viene posto a carico del contribuente, dal momento che l’ufficio ha già adempiuto prima del processo il proprio onere dimostrativo nella motivazione dell’atto.
Più propriamente, incombe sul contribuente l’onere della prova contraria. Nel corso del giudizio l’Amministrazione non può cambiare la motivazione dell’accertamento operato allegando fatti diversi da quelli indicati nell’atto impugnato, poiché la pretesa impositiva si cristallizza con l’emanazione dell’accertamento. Altrettanto non può fare il giudice sostituendosi all’Amministrazione Finanziaria per cercare alternative ragioni giustificative della pretesa erariale.
Ciò comporta che, nel processo, la discussione dovrà concernere la debenza del tributo in relazione alle argomentazioni fornite dall’ufficio in sede di emanazione dell’atto, e non con riferimento ad altre ragioni.
Pertanto, se l’accertamento non risulta motivato, sulla base degli elementi indicati nella stessa motivazione e delle prove prodotte in giudizio dall’ufficio, è illegittimo e va annullato.
Nel sistema giuridico sono frequenti i casi in cui la legge pone a carico di una delle parti la prova di un determinato fatto12.
In diritto tributario ciò è spesso attuato mediante il meccanismo della presunzione legale. Ai sensi dell’art. 2728 c.c. “le presunzioni legali dispensano da qualunque prova coloro a favore dei quali esse sono stabilite.” Nelle presunzioni legali relative, l’ente impositore si limita alla dimostrazione del fatto noto del meccanismo presuntivo, e al contribuente spetta fornire la prova contraria. Queste comportano nella sostanza un’inversione dell’onere
34
della prova a vantaggio della Amministrazione Finanziaria in favore della quale opera la presunzione, mentre tocca al contribuente l’onere della controprova.
La loro previsione ha lo scopo di favorire la raccolta della prova contro il contribuente in una situazione in cui, altrimenti, sarebbe particolarmente complesso farlo.
Nell’ordinamento tributario sono presenti anche alcune presunzioni legali di tipo assoluto, contro le quali però non è ammessa la prova contraria.
La giurisprudenza ha individuato alcune fattispecie in cui l’onere della prova deve essere assolto dal contribuente.
Si tratta in sostanza di tutti gli elementi che concorrono alla riduzione del carico fiscale quali, ad esempio, l’inerenza o la sussistenza del diritto di detrazione dell’IVA sugli acquisti.
Al riguardo la Corte di Cassazione ha sancito che il criterio dell’onere della prova «impone al giudice di merito di accertare, in primo luogo, se la pretesa tributaria dedotta in giudizio derivi dall’attribuzione al contribuente di maggiori entrate oppure dal disconoscimento di costi od oneri deducibili esposti dallo stesso, perché solo la esatta individuazione della parte tenuta per legge a dare la prova afferente consente al giudice di porre a carico della stessa le conseguenze giuridiche derivanti dall’accertata inosservanza di detto onere»13.
Anche nelle controversie aventi ad oggetto il rimborso di un tributo, nelle quali la posizione processuale dell’attore formale, cioè chi fa la domanda, coincide con quella sostanziale, l’onere probatorio grava sul contribuente che deve provare l’indebito. Il giudizio in questi casi verte sul silenzio-rifiuto dell’Amministrazione Finanziaria e sulla richiesta di rimborso avanzata dal contribuente a seguito dell’avvenuto pagamento dell’imposta non dovuta.
35
I principi descritti si collocano nel solco della più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, attenta a valutare l’onere della prova in modo da non generare un ingiustificato squilibrio tra le parti, che ha portato all’abbandono della teoria in base alla quale graverebbe solo sull’Amministrazione l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa fiscale.
36