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LA GIURISPRUDENZA POST LEGGE N. 280 DEL 2003 DEL TAR LAZIO: LE DIVERSE SOLUZIONI OFFERTE DAI GIUDICI

L’ARBITRATO NELLA GIUSTIZIA SPORTIVA

6. LA GIURISPRUDENZA POST LEGGE N. 280 DEL 2003 DEL TAR LAZIO: LE DIVERSE SOLUZIONI OFFERTE DAI GIUDICI

esercizio giudiziale avanti i giudici statali, tra l’altro con l’intervento obbligatorio del pubblico ministero148.

Le superiori considerazioni pertanto avrebbero indubbiamente confermato l’assoluta inconciliabilità tra giustizia sportiva ed arbitrato in senso proprio149.

6. LA GIURISPRUDENZA POST LEGGE N. 280 DEL 2003 DEL TAR LAZIO: LE DIVERSE SOLUZIONI OFFERTE DAI GIUDICI AMMINISTRATIVI DI PRIMO GRADO

Già prima che il Consiglio di Stato si fosse pronunciato nei termini sopra descritti, il TAR Lazio era pervenuto ad opposte conclusioni e ciò proprio attraverso la sentenza150 che sarebbe stata successivamente portata, in sede di gravame, all’attenzione dei giudici di Palaz

In primo luogo, i giudici amministrativi di primo grado avevano riconosciuto natura arbitrale (rituale) al procedimento di cui all’art. 12 del precedente Statuto del C.O.N.I.

In secondo luogo, a loro dire, il ricorso a tale procedura, che trovava fondamento in apposite clausole arbitrali inserite negli statuti delle varie federazioni, sarebbe stato solo facoltativo, non potendo atteggiarsi a condizione di ammissibilità del ricorso proposto innanzi l’autorità giudiziaria statale, quale che fosse il giudice competente.

In terzo luogo, l’obiezione per cui le controversie relative alla mancata ammissione ad un campionato, coinvolgendo posizioni di interesse legittimo, non sarebbero state arbitrabili, seppure “condivisibile in linea di mero principio”, nella specie non avrebbe avuto “senso”: la Camera arbitrale, infatti, era “istituita quale

 

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GOISIS, op. cit., Milano, 2007, 367. 149

Così LUBRANO E.,op. ult. cit., in www.studiolubrano.it. 150

TAR Lazio, sez. III, 1° aprile 2004, n. 2987, in Nuovo dir., 2004, 598 e ss., con nota di NAZZARO, I rapporti tra ordinamento sportivo e diritto statuale nella giurisprudenza e nella l. 220/2003, in Nuovo dir., 2004., 598 e ss.

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Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 luglio 2004, n. 5025, in Dir. proc. amm., 2005, 990 e ss., con nota di GOISIS, Le funzioni di giustizia delle federazioni sportive e della camera arbitrale C.O.N.I. cit., in Dir. proc. amm., 2005, 990 e ss.

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organo giudicante d’ultima istanza per la risoluzione di ogni tipo di controversia sportiva che le ven[isse] sottoposta”152.

Conseguiva, che l’impugnazione del lodo reso dalla C.C.A.S. dinanzi al TAR non avrebbe potuto avere ad oggetto i vizi di legittimità espressi nella forma propria dell’impugnazione dei provvedimenti amministrativi, in quanto inidonei, a detta del TAR Lazio, ad integrare i motivi di nullità propri dell’impugnazione di cui all’art. 827 e ss. c.p.c., che ha, viceversa, carattere rescindente e comunque dà luogo ad un giudizio a critica vincolata.

Il TAR Lazio aveva quindi per tal via ricondotto la giustizia sportiva nell’alveo del diritto privato153.

D’altra parte, in seguito all’emanazione della sentenza n. 5025/04 del Consiglio di Stato, i giudici amministrativi di primo grado154 tornarono sui propri passi, conformandosi alla tesi della natura amministrativistica del lodo.

Con le pronunce successive, invece, il TAR Lazio non rinunciò ad affermare – seppure seguendo diverse ricostruzioni non sempre lineari – la natura arbitrale della decisione resa dalla C.C.A.S.155

Il primo argomento addotto a sostegno di tale tesi muoveva dall’art. 3 della legge n. 280 del 2003, il quale faceva espressamente salve le clausole arbitrali contenute negli statuti dei diversi enti sportivi. Pertanto, della validità delle clausole in parola non si sarebbe dovuto dubitare, in quanto direttamente sancita dalla legge.

A ciò doveva essere aggiunto, sempre a detta dei giudici amministrativi, come le posizioni che si correlavano al potere di ammissione ai campionati sportivi sarebbero state di diritto soggettivo, dato il carattere vincolato del potere concretamente esercitato. Con la conseguenza che in ordine all’arbitrabilità delle controversie sportive non si sarebbe posto alcun problema.

Per quanto concerneva poi il rapporto tra C.C.A.S. e C.O.N.I., la prima non sarebbe stata organo del secondo, in quanto detta ipotesi sarebbe stata espressamente

 

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Le espressioni virgolettate sono tratte da alcuni passi della sentenza citata. 153

In dottrina, sul punto si veda VERDE, op. ult. cit., Torino, 2006, 41. 154

TAR Lazio, Sez. III ter, 30 luglio 2004, n. 7550, in Foro amm. TAR, 2004, 2232 e ss., con nota di LUBRANO E., Le sentenze Empoli cit., in Foro amm. TAR, 2004, 2232 e ss.

155

TAR Lazio, Sez. III, ter, 21 gennaio 2005, nn. 526, 527, 528 e 529, in www.giustamm.it, con nota di LUBRANO E., Le sentenze Empoli cit., in Foro amm. TAR, 2004, 2232 e ss.

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esclusa dal regolamento arbitrale. Per tal via, sarebbe venuto infatti a mancare un soggetto pubblico cui imputare il preteso potere amministrativo156.

Infine, la legge n. 280 del 2003 non avrebbe lasciato spazio a dubbi: le clausole arbitrali “fatte salve” avrebbero rappresentato il fondamento negoziale di un arbitrato irrituale157.

Non mancavano poi pronunce158 che, per salvare la validità di clausole arbitrali a fronte del problema della incompromettibilità degli interessi legittimi, affermavano, muovendo dall’art. 11 della legge 241 del 1990, il generale superamento del principio secondo cui le posizioni giuridiche di interesse legittimo non sarebbero state disponibili e quindi arbitrabili159.

Sotto altro e diverso profilo, la giurisprudenza amministrativa di primo grado ripropose, in successive pronunce160, la natura arbitrale del lodo reso dalla C.C.A.S., ponendo l’accento sull’effettività volontarietà del rimedio arbitrale.

L’assunto era il seguente: se è vero che il ricorso a tale strumento discende da previsioni statutarie imposte ai soggetti dello sport, è anche vero che l’ordinamento sportivo è “ad appartenenza volontaria” e la clausola arbitrale costituisce “parte

integrante del vincolo associativo”.

Ma la peculiarità di tale impostazione – che in gran parte ripropone le medesime considerazioni della sentenza del TAR Lazio, sez. III, 1° aprile 2004, n. 2987 – consisteva nel fatto che, secondo i giudici amministrativi, il procedimento arbitrale non avrebbe precluso il consueto sindacato statuale sugli atti amministrativi impugnati unitamente al lodo reso dall’allora C.C.A.S.

Ciò significava che la pronuncia della Camera, anche laddove avesse deciso il merito della controversia, non avrebbe prodotto alcun effetto di accertamento preclusione per il giudice statale, in relazione all’oggetto del giudizio arbitrale161.

 

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In dottrina, LUISO, op. cit., Milano, 1975, passim. 157

In dottrina, così GOISIS, op. cit., Milano, 2007, 23. 158

Amplius si veda GOISIS, op. cit., Milano, 2007, 23. L’Autore richiama la sentenza n. 4362 del TAR Lazio, Sez. III, resa in data 6 giugno 2005.

159

In senso parzialmente conforme si veda VERDE, op. ult. cit., Torino, 2006, 41; VERDE, in AA.VV., Diritto dell’arbitrato rituale, Torino, 2000, 32; VERDE, Nuove riflessioni su arbitrato e pubblica amministrazione, in Rivista dell’arbitrato, 2007, 5.

160

TAR Lazio, Sez. III ter, 7 aprile 2005, n. 2571, in Giorn. dir. amm., 2005, 958 e ss., con commento di GOISIS, Il lodo arbitrale irrituale cit.; TAR Lazio, sez. III ter, 31 maggio 2005, n. 4284, in Foro amm. TAR, 2005, 4284 e ss., con commento di DE PAOLIS, Cartellino rosso per il giudice amministrativo cit., in Foro amm. TAR, 2005, 4284 e ss.

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Si sarebbe quindi trattato di un onere che doveva essere soddisfatto dal cittadino ricorrente per poter successivamente adire, in caso di soccombenza, il giudice amministrativo162.

Di recente, il TAR Lazio è tornato a pronunciarsi163 sul tema dei limiti della giurisdizione statale nei confronti delle vertenze che insorgono all’interno dell’ordinamento sportivo, riflettendo, in particolare, sulle sanzioni disciplinari e sulle loro conseguenze al di fuori del mondo dello sport.

Ai fini che qui interessano, tali pronunce non hanno evidenziato nulla di nuovo nella parte in cui hanno affermato che: a) il divieto di sottoporre alla verifica giurisdizionale del giudice statale la sanzione irrogata dai giudici sportivi “non appare

operante nel caso in cui la sanzione non esaurisce la sua incidenza nell’ambito strettamente sportivo, ma rifluisce nell’ordinamento generale dello Stato”; b) la

giurisdizione in tale ambito deve essere radicata dinanzi al giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 280 del 2003164.

Tuttavia, appare invece interessante, il tentativo delle medesime di dar luogo ad una lettura costituzionalmente orientata della citata legge165, in forza della quale tutti i passaggi effettuati attraverso i procedimenti endofederali rappresentato un “filtro all’azione”166 con finalità deflattiva.

Tirando le fila del discorso, svariate erano le posizioni non solo dottrinarie, ma anche giurisprudenziali in ordine alle problematiche sin qui descritte167.

 

162

Amplius si veda GOISIS, La giustizia sportiva cit., Milano, 2007, 25; Critico VERDE, op. ult. cit., Torino, 2006, 41.

163

SANDULLI, Giustizia sportiva e giurisdizione statale cit., da Relazione sul convegno di studi “La riforma del sistema sportivo, attori, istituzioni e processi”, organizzato dal dottorato di ricerca in Critica storica, giuridica ed economica dello sport, 6 novembre 2008, Atri (TE), 6 novembre 2008. L’Autore cita le seguenti sentenze: TAR Lazio n. 2472 e 9547 del 2008.

164

In senso conforme: Tar Lazio, 21 giugno 2007, n. 5645, in Foro Amm. Tar 2007, 2084 e ss.; Tar Lazio, 22 agosto 2006, n. 7331, in Foro Amm. TAR 2006, 2967 e ss.

165

AULETTA, “Le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime cit., in Rivista dell’arbitrato, 2002, 89.

166

SANDULLI, Giustizia sportiva e giurisdizione statale cit., da Relazione sul convegno di studi “La riforma del sistema sportivo, attori, istituzioni e processi”, organizzato dal dottorato di ricerca in Critica storica, giuridica ed economica dello sport, 6 novembre 2008, Atri (TE), 6 novembre 2008. L’Autore rileva che tali “filtri all’azione” altro non sono che condizioni di proseguibilità dell’azione, già presenti nei settori dell’ordinamento processuale, quali ad esempio il rito del lavoro, il rito societario ed il rito agrario.

167

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E ciò a causa, probabilmente, dei limiti tecnici dei diversi legislatori che si sono succeduti negli anni, i quali hanno contribuito a mettere in piedi un sistema di norme farraginose e incoerenti168.

Ciò finiva inoltre per ripercuotersi sulla certezza del diritto che, non solo non usciva rafforzata dalla riforma del 2003, ma rischiava di vedere ribaltate decisioni di giustizia sportiva nel passaggio da una grado all’altro della giurisdizione statale169.

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