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Porticus Minuciae

V.4.1 Gli anni Sessanta e Settanta

Come detto, quando i resti tornarono in luce, furono immediatamente attribuiti al tempio di Bellona, un’identificazione prematura che cadde definitivamente con la corretta localizzazione del Circo Flaminio e della Crypta Balbi da parte di G. Gatti e, successivamente, del tempio di Bellona nell’area del Teatro di Marcello grazie al lavoro di Filippo Coarelli del 1965233.

Il 1960 fu un anno fondamentale per il settore degli studi di topografia antica; fu infatti pubblicata La pianta marmorea di Roma Antica, uno studio minuzioso in due volumi, realizzato in collaborazione da G. Carettoni, A.M. Colini, L. Cozza e G. Gatti.234 Gli

autori, attraverso approfondite analisi e lucide intuizioni, riuscirono ad identificare e congiungere gran parte dei frammenti della Forma Urbis severiana, aumentando in tal modo le conoscenze topografiche della città e, in particolare, di aree importanti come quelle del Campo Marzio centrale e meridionale. Questa analisi superò tutti gli studi precedenti, come quello della ricostruzione della planimetria della città imperiale di G. Lugli e I. Gismondi del 1949, migliorando le conoscenze di alcuni monumenti e ponendo nuove problematiche che spesso, ancora oggi, rimangono irrisolte.235

Le teorie che rivoluzionarono e rinnovarono la topografia romana sono quelle che Guglielmo Gatti espose il primo luglio del 1960 nel salone d’onore di Palazzo Braschi, pochi giorni dopo la pubblicazione della nuova edizione sui frammenti della Forma Urbis. Le conclusioni a cui arrivò Gatti sulla reale posizione del teatro di Balbo e del Circo Flaminio nella IX Regione della città, ottenute attraverso l’analisi di alcuni frammenti della Pianta marmorea, sconvolsero le conoscenze ritenute fino ad allora acquisite ed indiscutibili, circa l’ubicazione di questi monumenti e provocarono negli anni a venire molte conseguenze. Gatti si preoccupò di pubblicare integralmente il testo della comunicazione esposta a Palazzo Braschi nella rivista Palatino, riservandosi di realizzare successivamente uno studio più completo, che tenesse presente anche una nuova lettura

233 GATTI 1960;COARELLI 1965, p. 37 ss.

234 D’ora in avanti CARETTONI ET ALII 1960 nel testo. 235 LUGLI-GISMONDI 1949.

dei resti del teatro di Balbo, presenti nei sotterranei di palazzo Paganica e quelli della Crypta, nelle cantine degli stabili sul lato sud di via delle Botteghe Oscure.236

Già nella conferenza che aveva tenuto a Palazzo Braschi nel 1960 Gatti indicava l’esistenza di aree problematiche in cui:

(…) ci sono divergenze di opinioni e attribuzioni: anzitutto sui nomi delle divinità alle quali erano dedicati i quattro templi dell’Area Sacra Argentina e l’altro tempio ottastilo scoperto nel 1938 all’angolo tra via Celsa e via Botteghe Oscure: il Lugli lo attribuisce ipoteticamente a Bellona, altri lo negano o propongono l’attribuzione a Diana. L’altra divergenza riguarda l’orientamento del Teatro di Balbo a Monte Cenci che, mentre dal Canina, dal Lanciani, dal Lugli è posto immediatamente a sud e a ridosso dell’edificio situato a via S. Maria de’Calderari (presunta Crypta Balbi) e con la cavea ridotta a nord, dal Marchetti Longhi è ubicato ancora sempre a sud di quella costruzione, ma con la cavea aperta verso oriente e distaccato da quella.237

Attraverso un’indagine basata sull’analisi e il posizionamento dei frammenti della Forma Urbis già noti (n. 39 a e b relativi al teatro di Balbo), il riconoscimento di altri frammenti (n. 398 a/b) e l’osservazione dell’orientamento degli edifici, Gatti dimostrò che l’area fino ad allora attribuita al Circo Flaminio e compresa tra piazza Paganica, piazza Mattei e le vie dei Funari, dei Polacchi e delle Botteghe Oscure, doveva invece essere occupata dal complesso del teatro di Balbo e dalla Crypta Balbi, escludendo così in modo definitivo il suo precedente posizionamento nella zona di Monte dei Cenci. I risultati della sua analisi sono rappresentati nella pianta del 1978 (fig.).

Il Circo Flaminio, del quale all’epoca si conosceva un solo frammento con didascalia, a questo punto poteva posizionarsi nell’unica area rimasta libera da edifici sulla lastra 31, compresa tra i Portici di Ottavia e Filippo e il Tevere. Già nel 1960 Gatti si era reso conto che questa scoperta avrebbe messo in discussione molte questioni: prima fra tutte la stessa limitazione delle zone “in campo” ed “in circo”.238

236 GATTI 1960,pp. 3-12. 237 GATTI 1960,p. 3. 238 GATTI 1960,p. 4.

Un nuovo capitolo della storia degli studi in merito alla questione delle porticus Minuciae, si inaugurò in seguito alla composizione dei frammenti riferibili alla lastra 35 della Pianta e, in particolare, nel riconoscimento del tempio di via delle Botteghe Oscure nella planimetria rappresentata sul frammento 35dd e dell’angolo sud-orientale del suo portico nel frammento 35ee (fig.).239

Nel 1968 gli studi sulla Forma Urbis marmorea portarono L. Cozza ad un ulteriore progresso: l’accostamento al frammento n. 35ee, con il quale aveva individuato nel 1960 la pianta del tempio di via delle Botteghe Oscure, con un altro piccolo frammento, il n. 322 (=35ff) dove si conserva l’iscrizione MINI[…], che lo studioso integra in MINI[CIA] (figg. 29-30).240 Questa ricomposizione, generalmente accettata da tutti gli studiosi, ci

restituisce il nome del portico al cui interno il tempio era collocato. Si tratterebbe di una delle due Porticus Minuciae testimoniate dalle fonti.

239 CARETTONI ET ALII 1960, pp. 97-102. 240 COZZA 1968,pp. 9-20.

Nella sua ricostruzione (fig. 30), frutto anche della raccolta della documentazione d’archivio allora disponibile, la Porticus Minucia si presenta come una vasta area scoperta ad est dell’Area sacra di Largo Argentina, circondata da un duplice colonnato;241 si

estende approssimativamente per 145 m in senso E-O e per 115 m in senso N-S. Gli angoli sono movimentati da avancorpi a tre colonne, come testimoniato dal fr. 399=35dd, nel quale è rappresentato l’angolo sud orientale del portico. La sua posizione in quel punto resta convalidata proprio dal collegamento con i frammenti della sovrastante lastra del Teatro di Balbo.

Appartengono all’area della porticus varie porzioni di platee in travertino, corrispondenti al piano di calpestio del portico, trovate in vari punti e testimoniate tra l’altro nelle notizie dei Registri dei Trovamenti.242 La grande piazza inoltre doveva essere

dotata di un sistema di fontane come dimostra il ritrovamento di tre sottovasche marmoree di forma quandrangolare (a). Una di queste sottovasche è attualmente presente nell’area archeologica presso il tempio di via delle Botteghe Oscure.

Secondo l’ipotesi di Cozza il portico apparteneva al rifacimento dell’imperatore Domiziano seguito al grande incendio che devastò il Campo Marzio nell’80 d.C. Sorgeva

241 Cozza, nel suo lavoro, lamenta più volte l’idisponibilità delle “schede Gatti”. Cfr. ad esempio COZZA

1968,p. 17, n. 15.

242 R.T. 1937-38.

nella zona probabilmente occupata in precedenza dalla Villa Publica, e confinava a nord con il Diribitorium e a sud con il complesso di Balbo.

Figura 35: La Porticus Minucia e il tempio di via delle Botteghe Oscure secondo la ricostruzione di Lucos Cozza. (da COZZA 1968, f. 2)

Secondo il Cozza nel portico andrebbe individuata la porticus Minucia vetus e, di conseguenza, il tempio al suo interno sarebbe quello dedicato ai Lari Permarini. La sua opinione è stata sostenuta e seguita successivamente da Castagnoli,243 da Rickman,244 e

da Richardson.245

Secondo F. Castagnoli si tratterebbe di due porticus distinte e il portico frumentario sarebbe stato costruito dall’imperatore Claudio per le frumentazioni. Lo stesso ha anche proposto l’idea che i due portici non fossero neanche topograficamente connessi. Secondo lo studioso la vetus circondava il tempio dei Lari Permarini analogamente ai portici trionfali di Metello e di Filippo presenti nella stessa zona ed ambedue circondanti un tempio.

Nello stesso anno della pubblicazione del Cozza, un’altra ipotesi fu proposta da F. Coarelli, riportando in auge le teorie degli studiosi degli anni ’30 della scuola svedese: B. Wall e B. Wijkstroem e successivamente Van Berchem.246 La teoria di F. Coarelli parte

dal presupposto che quando fu costruita la porticus frumentaria, ossia in piena età imperiale, fosse estremamente difficile se non impossibile attribuirle il nome di un personaggio della famiglia dei Minucii che, se pur con una importante storia alle spalle, non aveva alcun legame con la famiglia imperiale. Partendo da questo assunto secondo F. Coarelli il nome Minucia deve essere passato dalla vetus alla frumentaria secondo un concetto di contiguità topografica. Lo studioso quindi identifica la vetus con un portico a tre bracci circondante l’Area Sacra di Largo Argentina sarebbe da identificare con la Minucia vetus, riconoscendo invece la frumentaria nel portico di via delle Botteghe Oscure contiguo ad est. Pertanto il tempio dei Lari Permarini andrebbe cercato tra uno dei quattro templi dell’Area Sacra di Largo Argentina (secondo lo studioso il tempio D). C.Nicolet e C Virlouvet hanno avanzato nuove ipotesi basate su analisi di tipo storico a sostegno di questa teoria, fino a proporre di identificare nel tempio di via delle Botteghe

243 CASTAGNOLI 1984, pp. 520-526. Già nel 1947 lo studioso identificava la vetus in una zona delimitata

nel lato est dal condotto dell’amnis Petronia e nel lato ovest da una strada (condotto e strada sarebbero paralleli); per la frumentaria proponeva invece l’identificazione con i resti dei portici lungo la via Flaminia, precedentemente attribuiti ai Saepta (CASTAGNOLI 1947, pp. 178-180).

244 RICKMAN 1983, pp. 105-108. 245 RICHARDSON 1992, pp. 315-316. 246 COARELLI 1997, p. 310.

Oscure quello delle Ninfe in campo, sede degli archivi dei beneficiari delle frumentationes.247

Per quanto riguarda il problema dell’attribuzione del nome Minucia ad un portico imperiale, A. Momigliano cercò una soluzione per comprendere come sia stato possibile che in piena epoca imperiale si sia scelto di denominare una porticus, così importante per ottenere il consenso della plebe come la frumentaria, con il gentilizio di un personaggio che non aveva alcun legame con la famiglia imperiale;248 lo storico inquadra l’evento

durante il regno dell’imperatore Claudio, che si è occupato della riorganizzazione dell’annona e che avrebbe voluto rievocare i fasti di una famiglia di antica nobiltà, i Minucii che, sin dal V secolo, vengono citati da numerose fonti storico-epigrafiche sempre in connessione con i rifornimenti granari. Tant’è vero che nell’ambito dei conflitti tra plebei e patrizi della prima età repubblicana, correlati indissolubilmente con la penuria di derrate alimentari, ritroviamo l’attività di L. Minucio, primo “prefetto dell’annona” che, una volta sconfitto Spurio Melio riuscì a risolvere la carestia che affliggeva la plebe urbana.249 La teoria di Momigliano è stata accolta da un largo seguito ed è molto

importante constatare che quest’ultima toglie del tutto significato all’idea per la quale il nome Minucia si sarebbe trasmesso dalla vetus alla frumentaria per contiguità topografica. In seguito C. Nicolet ha svilpuppato ulteriormente la questione ipotizzando che la notizia riguardante Servio Tullio come primo creatore degli ostia della frumentaria in numero pari ai suoi anni di regno sia una notizia elaborata nel clima erudito degli anni dell’imperatore Claudio.250