• Non ci sono risultati.

Capitolo VI. Analisi delle e videnze archeologiche dell’area VI.1 Il tempio di via delle Botteghe Oscure

IV.2 L’area esterna

VI.2.1 Il lastricato repubblicano

La sistemazione, databile ad età repubblicana, dello spazio aperto presente attorno al tempio è conosciuta interamente solo grazie alla documentazione di archivio degli scavi condotti durante la prima metà del Novecento. Si tratta per lo più di lastre aventi tutte uno spessore compreso tra i 20 ed i 30 cm e una forma rettangolare molto regolare. Purtroppo risentirono molto degli interventi successivi, come l’apertura delle numerose fogne

collegate al piano domizianero dell’area, e, per tale motivo, restituiscono un aspetto complessivo molto frammentario.

All’interno del cantiere “Lamaro Carbone” non sembra sia mai stata raggiunta la quota a cui normalmente si attestano le lastre in tufo del lastricato repubblicano dell’area (circa 10,50 m s.l.m). All’interno del cantiere delle Maestre Pie Filippini (tav. 2, b), invece, tra il gennaio ed il marzo del 1938 il Gatti riconobbe delle lastre di tufo in tre punti del cantiere (tav. 2, nn. 2-4). Nel caso delle lastre al numero 4 esse poggiavano su di una massicciata in calcestruzzo, quelle al numero 3, invece, sembra che poggiassero al di sopra di due filari filari di blocchi di tufo ma è impossibile dire se si tratti di strutture appartenenti ad una fase precedente o contestuali alla pavimentazione. Grazie alle numerose indicazioni riportate da Gatti, è possibile notare che le lastre furono rinvenute ad una profondità compresa tra i 5,70 e i 5,83 metri al di sotto della strada moderna, corrispondenti a circa 10,75/10,62 metri s.l.m.

Una notevole porzione di lastricato fu infine vista nel lato settentrionale del cantiere, nella zona antistante il tempio (tav. 2, n. 2). Si tratta di circa 20 metri quadri di pavimentazione e, al momento, essa è la porzione più grande della pavimentazione repubblicana mai trovata nell’area.

All’interno del cantiere della proprietà Ginnasi (tav. 2, c), il Gatti vide altri cinque lacerti di pavimentazione (tav. 2, nn. 7-11) aventi lo stesso spessore delle precedenti e stanti ad una quota compresa tra i 10,20 ed i 10,50 m s.l.m. Due lacerti (nn. 8 e 9) presentavano un incasso quadrato di 80 x 80 cm. Non è possibile capire se si tratti di tombini, incassi per alloggiamenti o, molto più semplicemente, solo di lastre mancanti. Il lacerto numero 10 ha anch’esso un foro circolare di circa 80 cm di diametro per cui vale lo stesso discorso di cui sopra.

Le due lastre indicate al numero 7 presentano delle particolarità. Anche se la quota di ritrovamento è la stessa delle altre, esse hanno un orientamento leggermente diverso. Inoltre l’archeologo annotò che furono trovate “coperte da una massicciata di cocciopesto”. Si tratta, molto probabilmente, di un rivestimento idraulico da mettere in connessione con la presenza di strutture deputate al contenimento o allo scorrimento di acqua. Una tale destinazione d’uso sarebbe da imputare anche ad un’altra pavimentazione “alla veneziana” trovata dall’archeologo nel cantiere delle Mestre Pie Filippini (tav. 2, n. 6), a circa 34 cm al di sotto della quota delle lastre della pavimentazione. Purtroppo la

struttura fu indagata solo all’interno di un quadrato di scavo realizzato la gettata delle fondazioni di un pilastro del palazzo e, per tale motivo, non si conosce la sua reale estensione. Anche questa pavimentazione presenta un foro circolare al centro, con un diametro di circa 65 cm, da mettere in relazione con un sistema di smaltimento delle acque.

Un’altra serie di lastre furono viste, alla profondità di 6 metri dal piano stradale (10,50/10,80 m s.l.m. ca.) anche all’interno del cantiere per la realizzazione del Condominio Argentina (tav. 2, n. 13). Purtroppo, a causa della grave lacuna all’interno della documentazione di archivio esistente per questo cantiere, si ha solo la notizia che furono trovati due tratti: uno di 5 mq ed uno di 8 mq. Posizione e caratteristiche delle lastre rimangono ignote.

L’ultimo lacerto di pavimentazione è anche, forse, il più interessante fra quelli trovati (tav. 2, n. 16). Fu scoperto nel 1941 da G. Gatti durante i lavori condotti per la realizzazione del collettore fognario di via delle Botteghe Oscure, per il posizionamento del quale si dovette approfondire lo scavo fno al raggiungimento degli strati più antichi dell’area. Nei pressi della scomparsa piazza dell’Olmo, il Gatti trovò un sistema di strutture identificabile con un segmento del muro ovest del portico, che affronteremo nel paragrafo ad esso dedicato. In connessione con queste strutture l’archeologo scoprì, nel settore nord della trincea di scavo, una porzione di un lastricato di tufo (2,70 mq circa) a 4,80 metri dal piano stradale moderno (fig.). La quota di ritrovamento quindi, ipotizzando che la strada dell’epoca abbia avuto la stessa quota di quella attuale (16,05 m s.l.m.), sarebbe di circa 11,20 m s.l.m. Ben 40 cm al di sopra della quota finora riscontrata per tutto il lastricato dell’area anche se è bene prendere il dato con molta cautela. L’unica cosa che si può affermare con certezza è che le lastre avevano uno spessore di 20 cm e che furono, in età imperiale, parzialmente demolite dalla costruzione del muro di fondo di questo lato del portico. È facile ipotizzare quindi che, almeno in questo punto, in età repubblicana non vi era alcun portico o colonnato e che la vasta area scoperta doveva arrivare, come vedremo, almeno fino al limite imposto dal successivo muro di età imperiale.

Figura 88. Sezione delle strutture trovate da G. Gatti in prossimità di piazza dei Calcarari (ACS, CG doc. 3485). Da notare il tratto di lastricato in lastre di tufo in basso a sinistra.

La sezione in figura mostra anche l’unica sequenza stratigrafica documentata in quel periodo per tutta l’area. Lo strato presente subito al di sopra della pavimentazione viene descritto da Gatti come un semplice interro.

All’interno dei cantieri della proprietà Ginnasi e delle Maestre Pie Filippini l’archeologo riconobbe, più o meno alla stessa quota delle lastre di tufo, anche alcune strutture formate da blocchi di tufo (tav. 2, nn. 5 e 12). Per la struttura numero 5 (visibile per circa 1,40m) l’archeologo annota la presenza di un filare di blocchi di tufo alti 50 cm, con la faccia superiore posta alla stessa altitudine delle precedenti lastre e paggiante su uno strato di terreno “vergine”. Per il numero 12 invece non si conserva alcuna misura ed è visibile solo all’interno delle piante del cantiere. A causa dell’esiguità delle informazioni a riguardo è difficile fare delle ipotesi sulla natura di queste strutture. Chiaramente sono pertinenti la fase della pavimentazione repubblicana dell’area in quanto, almeno per la prima, è difficile pensare che una struttura in opus quadratum di una fase precedente abbia potuto avere la quota di spiccato a soli 50 cm al di sotto delle lastre di tufo e, oltretutto, senza avere una fondazione.286