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Capitolo V. La questione delle porticus Minucie: storia degli studi e stato dell’arte

V. 1 1883-1884: Rodolfo Lanciani e gli scavi per la realizzazione di Corso Vittorio Emanuele II La questione del Diribitorium

V.1.3 La questione del Diribitorium

Nel 1883 il Lanciani posizionò correttamente i frammenti 32a, b e c della Pianta Marmorea, individuando su di essi sia la rappresentazione templi A e B dell’Area Sacra di Largo Argentina (in quegli anni gli unici due ad essere conosciuti), che dei portici dell’edificio pompeiano e del cosiddetto Hecatostylum.174 Al contrario di quanto si possa

pensare, quando nel 1884 scoprì il grande muraglione in opera quadrata tra via dei Cestari e piazza del Gesù, lo studioso non mise subito le strutture in relazione con i portici della Pianta Marmorea da lui riconosciuti l’anno prima. Nella nota del 1884 apparsa sulle Notizie degli scavi di antichità egli riconosce che le strutture “sono esattamente orientate con l’asse di via Cesarini, o meglio con l’asse degli edifici Pompeiani” ma, allo stesso tempo, non si sbilancia in interpretazioni, concludendo che “a meno che non si ritrovi qualche brano di iscrizione monumentale, non stimo possibile giudicare della loro pertinenza”.175

Solo nel 1893 venne data la prima interpretazione delle strutture ad opera di Giovanni Battista De Rossi e Giuseppe Gatti.176 Gli studiosi misero i resti in relazione con le

173 R.T. VI, p. 190, n. 451 (8-V-1885). 174 LANCIANI 1883,pp. 13-16, tav. AB. 175 LANCIANI 1884A,p. 103.

strutture dell’Hecatostylum sulla Pianta Marmorea riconosciute dal Lanciani nel 1883 e, oltretutto, le collegarono ad una notizia contenuta ne La Vie de saint Ignace de Loyola, edita nel 1891 da Charles Clair, secondo la quale, nel 1541, “Le Père Codacio, procureur de la maison professe, était alors occupé à faire extraire, de la place qui est en face de notre église, de grosses pierres provenant des ruines de l’ancienne Rome”.177 Secondo la

loro ricostruzione dunque il portico dell’Hecatostylum arrivava fino a piazza del Gesù. Nello stesso volume del Bullettino troviamo anche l’articolo dello Hülsen nel quale lo studioso restituisce i Saepta Iulia in un maestoso edificio i cui resti sono visibili al di sotto della chiesa di S. Maria in Via Lata e ricostruisce il Diribitorium come un piano ammezzato della struttura, facendo quindi coincidere i due edifici uno sull’altro (figg. 12 e 13). 178

Figura 13 L'edificio al di sotto di S. Maria in via Lata secondo la ricostruzione dello Hülsen (da HÜLSEN 1893,p. 138)

177 CLAIR 1891,p. 278. Le “grosses pierres”, secondo la notizia, furono vendute per 100 ducati. 178 HÜLSEN 1893,pp. 119-142.

Figura 14 L'edificio dei Saepta Iulia secondo la ricostruzione dello Hülsen (da HÜLSEN

1893,tav. VI-VII)

In questa ricostruzione le strutture scoperte al di sotto di Corso Vittorio Emanuele II vengono poste come prosecuzione ad est dell’Hecatostylum dei frammenti della Pianta Marmorea. Per supportare questa ipotesi ricostruttiva che, come visto, altro non è che l’ipotesi di De Rossi e Gatti, Hülsen fa una scelta ben precisa scegliendo di rappresentare solo il grande muro in opera quadrata e omettendo tutte le altre strutture ritrovate in contesto con esso.

Negli anni che seguirono la maggior parte degli studiosi accettarono per lo più questa ipotesi ricostruttiva,179che fu “monumentalizzata” all’interno della Forma Urbis Romae

del Lanciani del 1901, anche se, in questo caso, lo studioso mostra di non accogliere la precedente interpretazione delle strutture di Corso Vittorio ponendo il colonnato dell’Hecatostylum secondo un orientamento divergente (fig. 14).

Figura 15 L'Area del Campo Marzio centrale nell Forma Urbis Romae di R. Lanciani.

Le strutture scoperte durante i lavori di allargamento di Corso Vittorio rimanevano per il Lanciani ancora senza interpretazione.

Nel 1929 Vihlelm Lundström propose di identificare il Diribitorium con l’edificio al di sotto di S. Maria dei Calderari180 e, nel 1937, Ferdinando Castagnoli e Guglielmo Gatti

rimisero in discussione il posizionamento dei Saepta, proponendo una sua localizzazione nell’area ad est del Pantheon e posizionando il Diribitorium a sud dell’edificio.181

Quest’ultima ipotesi troverà una “ufficializzazione” definitiva all’interno dei lavori del

180 LUNDSTRÖM 1929,pp. 57-88.

1960 sulla Pianta Marmorea. In tale occasione furono riposizionati tutti i frammenti della lastra 35 e, per la prima volta, Lucos Cozza riconobbe la presenza di un Diribitorium, grazie all’integrazione dell’epigrafe DIR[ibitorium] (fig. 15).182

Figura 16 L'area con le strutture del Diribitorium sulla Pianta Marmorea (CARETTONI ET ALII 1960,p. 98).

Il “Diribitorio” è dunque rappresentato come un rettangolo orientato grosso modo secondo i punti cardinali con uno stretto spazio che lo separa dai Saepta. Della parte sud conserva solo un puntino che indica una colonna e che è attribuita ad un colonnato interno simmetrico a quello rappresentato sul lato settentrionale. La larghezza totale dell’edificio risulta quindi di circa 43 metri. Il muro in peperino rinvenuto nel 1884, in tale ricostruzione, corrisponderebbe dunque al muro esterno meridionale dell’edificio, la linea del colonnato settentrionale è stata invece messa in rapporto con il muro segnato da Lanciani sotto il lato sud della chiesa delle Stimmate ed, infine, è stato recuperato il tratto di muro (fig. 11, A) tralasciato nella FUR di Lanciani; esso si trova sulla linea del colonnato interno meridionale.

L’edificio assume quindi le caratteristiche con le quali tutti gli studiosi lo riconoscono ancora ai nostri giorni, secondo una forma e una posizione codificata permanentemente dalla voce, a firma di Mario Torelli, del Lexicon Topographicum Urbis Romae.183

L’ultimo lavoro condotto sull’edificio, degno di nota appartiene infine a Maria Pia Muzzioli ed è del 1995184. La studiosa colse l’occasione di uno studio condotto sul

Manoscritto Lanciani 22 per analizzare le strutture dell’edificio alla luce delle note inedite contenute in esso riordinando anche tutti i dati esistenti sull’argomento. Il risultato è una ricerca molto dettagliata affrontata con critica e buon senso fornendo una serie di conclusioni che riporto qui di seguito.185

Secondo la studiosa l’edificio, iniziato da Agrippa e terminato da Augusto nel 7 a.C., aveva perso assai presto l’originale funzione di luogo destinato allo spoglio dei voti dei comizi, dato che lo svolgimento di questi nei vicini Saepta si era interrotto con Tiberio (Tac., Ann., I, 15). Sappiamo poi che Caligola concesse ai senatori, durante la calura estiva, di servirsi del Diribitorio (Dio Cass., LIX, 7, 8). All’epoca l’edifico conservava ancora il tetto per cui andava famoso che da Plinio (NatHist, XXXVI, 24, 102) e dallo stesso Cassio Dione (LV, 8, 3-4) è ricordato come il più ampio conosciuto. Una trave lunga 100 piedi, avanzata durante la costruzione, era stata lasciata da Agrippa nei portici dei Saepta ed era ancora visibile ai tempi di Plinio (NatHist, XVI, 40, 201). Se si considera la pianta marmorea, la misura non si discosta molto da quella della luce centrale tra i colonnati, su cui è da immaginare una grande capriata, mentre spioventi indipendenti dovevano coprire le strette navate laterali. Ai tempi di Cassio Dione invece, dato che la grande copertura, andata distrutta, non era stata più ricostruita, l’ambiente era scoperto. Non si può non collegare la distruzione al devastante incendio dell’80 d.C. che colpì tutta l’area centrale del Campo Marzio fino al Campidoglio e il Diribitorio è ricordato infatti da Cassio Dione tra gli edifici bruciati (Xiph., LXVI, 24, 2).

La rappresentazione della pianta marmorea e i resti scoperti alla fine dell’Ottocento sembrano attestare che lo schema planimetrico dell’ambiente si era conservato: rimasta scoperta tutta l’area centrale, almeno la piccola navata meridionale veniva trasformata in

183 LTVR, pp. 17-18. 184 MUZZIOLI 1995.

un lungo portico, la cui copertura dovette essere rifatta con pendenza invertita, come risulta dalla canaletta sulla pavimentazione a grandi lastre di travertino, che va attribuita anch’essa a questa nuova sistemazione. La quota e le caratteristiche della pavimentazione sembrano da attribuirsi all’intervento domizianeo che si ritrova in tutta l’area adiacente e che si realizzò con un rialzamento di livello abbastanza sensibile. L’assetto domizianeo dovette mantenersi nella sostanza almeno fino ad epoca severiana: sia da Cassio Dione che dalla pianta marmorea risulta che il Diribitorio era un’entità riconoscibile che aveva conservato il proprio nome. Un cambiamento radicale si ebbe con la costruzione del complesso di ambienti curvilinei che si estese nell’area. Secondo la studiosa gli ambienti sono da collegarsi ad un ampliamento delle Terme di Agrippa tardo o postseveriano che non è possibile precisare con sicurezza.186

All’interno di queste conclusioni rimane irrisolto il problema della strada che taglierebbe in due la parte orientale dell’edificio. Fino ad oggi manca ancora una concreta indagine topografica sistematica dell’area, che tenga conto di tutti i resti ancora esistenti nei sotterranei dei palazzi di questa zona. Un lavoro in tal senso è in corso di sviluppo da parte di Alessandra Ten che si sta occupando, all’interno di un progetto di indagine e reinterpretazione dei resti archeologici dell’area del Campo Marzio centrale, di rimettere in discussione l’identificazione degli edifici della zona all’interno dei frammenti della Pianta Marmorea.187 Sono del parere che solo con la presentazione dei risultati di questa

ricerca si potranno definire questioni cardine che stanno facendo discutere gli studiosi da ormai oltre 130 anni.

186 MUZZIOLI 1995,pp. 159-162; contra cfr. GUIDOBALDI 1999,p. 57, n. 28. 187 TEN 2016,pp. 41-76.

V. 2 1926-1932: Giuseppe Marchetti Longhi e le demolizioni