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LA GUIDA BLU TOSCANA

GLI SCULTORI PISANO

Nicola Pisano (c. 1200-80) ebbe una profonda influenza sullo sviluppo dell’architettura italiana. Le sue opere segnarono una rottura con l’arte medievale, e presentano un nuovo realismo gotico e uno stile narrativo che indicò la strada da percorrere fino al Rinascimento. Nicola era probabilmente originario della Puglia, ma visse per la maggior parte della sua vita a Pisa, da cui prese il suo cognome, e dove la sua prima opera nota è il pulpito del battistero. Le altre due uniche sculture sicuramente realizzate da lui sono il pulpito della cattedrale di Siena (1268) e la Fontana Maggiore (1278) a Perugia.

Per queste due ultime commissioni venne aiutato dal figlio Giovanni Pisano (1245-1320), che successivamente scolpì due altri pulpiti di pregevole fattura, uno nella chiesa di Sant’Andrea a Pistoia (1301), e l’altro, il più sontuoso di tutti, nel duomo di Pisa (1302-11). Anche a Giovanni, che ha lavorato per circa dieci anni come scultore nella cattedrale di Siena, si riconosce di aver avuto un’influenza fondamentale sulla scultura italiana.

Più tardi, nel XIV secolo, altri due importanti scultori di nome Pisano (senza alcun legame di parentela con Nicola e Giovanni) lavorarono in Toscana: Andrea Pisano (circa 1270-1348/49), che realizzò dei capolavori per il campanile e il battistero di Firenze, e i suoi figli Nino e Tommaso Pisano, che operarono principalmente a Pisa. Opere degne di nota sono la Madonna col bambino nella chiesa di San Nicola e la Madonna del Latte in Santa Maria della Spina.

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IL CAMPOSANTO

I lavori per il camposanto, o cimitero, vennero iniziati nel 1278 dall’architetto della Torre Pendente, Giovanni di Simone, e vennero completati nel XV secolo. Le mura esterne in marmo chiaro presentano un affascinante porticato con archi a sesto acuto e sono prive di decorazioni in maniera spettacolare, a eccezione del tabernacolo gotico posto in alto sul tetto al di sopra di una delle porte.

Camminando tra il battistero e il duomo, potete osservare sulla sinistra le mura merlate che racchiudono la parte nord e ovest di Piazza del Duomo. Vennero forate nel XIII secolo dalla Porta del Leone, che prende il nome dal leone in stile romanico qui conservato (all’opposto della parte ovest del Camposanto). Attraverso i cancelli di legno chiusi è possibile intravedere parte del cimitero ebreo, che venne spostato qui nel XVI secolo e circondato da un alto muro nel 1801.

L’interno del Camposanto ha la forma di un chiostro oblungo, illuminato da delle graziose finestre traforate (mai state riempite con il vetro). Circonda un prato che si suppone sia situato sopra un luogo di sepoltura per il quale l’Arcivescovo Ubaldo Lanfranchi (1108-78) portò cinque navi piene di terra dalla Terra Santa. Venne usato come cimitero per illustri cittadini pisani fino al 1779, e lungo le passeggiate, esposte al freddo in inverno, vennero eretti nel corso dei secoli dei monumenti funerari. Vi si trovano anche numerose tombe nei pavimenti, e le pietre vengono ancora usate tutt’oggi per incidere i nomi e le azioni delle personalità pisane più importanti.

A partire dal XIV secolo le gallerie vennero decorate con sculture romane, inclusa un’enorme collezione di sarcofagi, che rappresenta una delle più importanti collezioni di opere classiche in Europa del primo Rinascimento. Molti sono stati distrutti o rimossi, altri sono stati danneggiati durante la guerra, ma una notevole serie di 84 sarcofagi, risalenti per la maggior parte al terzo secolo a.C., è sopravvissuta.

Nel XIV e nel XV secolo ciascuna delle mura del Camposanto vennero decorate con degli affreschi estremamente significativi, realizzati da Taddeo

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Gaddi, Andrea di Bonaiuto, Antonio Veneziano, Spinello Aretino, Piero di Puccio e Benozzo Gozzoli. Queste opere sono state tuttavia gravemente danneggiate durante la seconda guerra mondiale, quando il tetto cadde, e sono state anche rovinate dall’esposizione alle intemperie. Sono state tutte quante rimosse nel tentativo di preservarle: le sinopie che sono state rinvenute al di sotto sono oggi conservate nel Museo delle Sinopie (vedere sotto). Gli affreschi stanno venendo lentamente trasferiti sulle mura, sebbene molte di esse siano stati danneggiate in maniera irreparabile.

Monumenti nella galleria sud

Questa galleria, alla quale si accede tramite la porta d’ingresso, è adornata di sarcofagi del II e III secolo e monumenti neoclassici. Tra i più importanti troviamo delle iscrizioni di decreti per le onoranze funebri a Caio e Giulio Cesare, nipoti di Augusto; pietre miliari risalenti al II secolo; un sarcofago con vittorie alate che sorreggono un medaglione, sul quale venne successivamente scolpito uno stemma di casata medievale; un altro sarcofago con vittorie alate, con un’iscrizione riportante il nome di Lucio Elio Seiano, un liberto romano; due sarcofagi ovali decorati con leoni che attaccano la loro preda. È presente inoltre un sarcofago con una porta socchiusa, che simboleggia l’entrata nell’oltretomba. Un sarcofago con il coperchio decorato con un letto matrimoniale con marito e moglie riporta anche delle scene di caccia che illustrano il mito di Meleagro e le stagioni. Il grande monumento sepolcrale all’estremità (a sinistra dell’entrata) è quello dell’intellettuale Francesco Algarotti (morto nel 1764), un amico di Voltaire e un protégé di Federico II di Prussia, che commissionò questo monumento.

Monumenti nella galleria ovest

Le imponenti catene dell’antico Porto Pisano, vinte dai genovesi nel 1342, furono appese qui, quando fecero finalmente ritorno nella città nel 1860. La

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tomba dello scienziato Ottaviano Fabrizio Mossotti (morto nel 1863) presenta una figura femminile, opera di Giovanni Dupré, semi-coperta da un drappo e reclinata su di una pila di libri in una posizione ben poco studiosa. Sulle mura potete osservare i chiodi e parte della preparazione usata per l’intonaco degli affreschi. I monumenti funerari includono quello di Francesco Vegio, realizzato da Francesco Ferrucci (II Tadda), con i resti degli affreschi del XVI secolo di Agostino Ghirlanda intorno ad esso. Dietro ad un sarcofago romano con figure di geni (III secolo) si trova la tomba dei conti Bonifazio e Gherardo della Gherardesca, attribuiti ad uno scultore pisano e datati 1330-40. Il sarcofago è decorato con nicchie porticate con una Pietà e santi, mentre la figura del defunto è affiancata dall’Angelo Annunciatore e dalla Vergine Annunciata. Nel centro della galleria, passando dietro al modesto monumento funebre di Selvaggia Borghini, con il profilo realizzato da Enrico van Lint (1829), si trova l’imponente monumento a parete di Bartolomeo Medici (1573), con un busto e un obelisco attribuiti a Niccolò Tribolo. Il sarcofago romano con festoni (uno dei più antichi del Camposanto) è la tomba di Bellicus Natalis, console nell’anno 87 d.C.. Sul muro si trova anche il monumento funerario del pittore Giovanni Battista Tempesti, con una figura femminile seduta realizzata da Tommaso Masi (1804), e alla fine della galleria nord si trova il grande monumento a Francesco Sanseverino Murci di Francesco Mosca, decorato con marmi policromi. Alla fine del muro si trova il monumento al fisico Lorenzo Pignotti (morto nel 1817), con un rilievo di Stefano Ricci. Una colonna di granito funge da base per un cratere marmoreo del I secolo a.C.. Gli affreschi qui presenti (tardo XVI - inizi del XVII secolo) sono opere di Aurelio Lomi (Ester e Aussero) e Paolo Guidotti (Giuditta

e Oloferne).

Galleria nord: gli affreschi

Nel 1952 venne costruita un’ampia sala, appena fuori dalla galleria nord, per ospitare gli affreschi rimossi dalla galleria sud. Questi includono le superbe scene (1336-41) del Trionfo della Morte (parete sinistra), ritraenti demoni che

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fanno cadere bambini/infanti nelle bocche di cadaveri, angeli e demoni che disputano sopra i corpi, e un aristocratico a cavallo che si tappa il naso per le esalazioni provenienti da tre tombe scoperte. Il Giudizio Finale (parete di fondo e parete destra) ritrae San Michele mentre separa i salvati dai dannati. A sinistra i salvati, con lo sguardo rivolto al paradiso, ammirano il Cristo e la Vergine, mentre San Michele ordina a un angelo di portare un uomo lassù assieme a loro. Un altro angelo trascina un frate sventurato verso la schiera dei dannati. La scena continua sulla destra con le figure stravolte dei condannati, mentre vengono spinti a forza con i forconi verso il tormento eterno di voragini piene di serpenti e fornaci ardenti. Gli affreschi delle Storie degli Anacoreti (parete destra) mostrano degli eremiti mentre affrontano i loro demoni in deserti remoti. Queste opere sono state variamente attribuite a Orcagna, Francesco Traini, Vitale da Bologna e a un maestro sconosciuto del XIV secolo, nominato Maestro del Trionfo della Morte a causa degli affreschi, ma sono stati attribuiti in situ a Buffalmacco. Nel 1839 il pianista e compositore Franz Liszt si fece ispirare da queste scene per la creazione della sua Totentanz (vide gli affreschi durante un soggiorno vicino Pisa con la compagna, la Contessa d’Agoult, sulla costa del Gombo).

Galleria nord: monumenti

Sulle pareti esterne si trovano dei sarcofagi risalenti al III secolo, compreso quello del console romano Larcius Sabinus (metà del II secolo d.C.). Sulla parete interna si trova la tomba della liberta Rafidia (I secolo d.C.).

A destra della porta all’interno della Cappella Ammannati, sulla parete esterna, sono presenti due sarcofagi, rispettivamente del II e III secolo, riutilizzati in epoca medioevale. Un grande sarcofago ritraente il mito di Fedra e Ippolito venne utilizzato nel 1076 per Beatrice, madre della Contessa Matilda di Canossa. La Cappella Aulla presenta un’Assunzione in terracotta policroma, attribuita a Giovanni della Robbia (danneggiata). A destra della porta, poco oltre ai sarcofagi del III secolo, ne è presente uno decorato con satiri e menadi e scene

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dionisiache sul coperchio, tra cui una ritraente il mito di Meleagro mentre dà la caccia al cinghiale di Calidone. Sulla parete interna si trovano molti sarcofagi di bambini. A pochi passi ci sono due grandi sarcofagi di pregio, uno con una scena di battaglia tra romani e barbari (molto danneggiato), e uno con nicchie con figure delle Muse (e sul coperchio un letto coniugale con moglie e marito).

Galleria est

A ridosso della parete est è presente un monumento funerario all’avvocato Filippo Decio, realizzato da Stagio Stagi, commissionato prima della morte di Decio nel 1535. Il monumento a Giovanni Francesco Brunacci è sormontato dalla famosa ‘Inconsolabile’, una figura femminile addolorata di notevole bellezza, dello scultore neoclassico Lorenzo Bartolini. La Cappella del Pozzo, con una cupola, venne costruita in fondo al Camposanto nel 1594. Qui sono esibiti altri affreschi staccati, inclusi Caino e Abele, l’Arca di Noè, e l’Inondazione di Piero di Puccio.