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Capitolo 1. Il controllo di gestione e la sua evoluzione negli obiettivi e negli strument

1.6 Gli strumenti tradizionali del controllo di gestione

Gli strumenti utilizzati per lo svolgimento del controllo di gestione possono essere molteplici e variare in funzione della tipologia di impresa da controllare, piccola o grande che sia. Gli strumenti che si definiscono “tradizionali” si caratterizzano per il fatto che sono strumenti di tipo tecnico contabile che si rivelano imprescindibili per il corretto svolgimento di questa attività (Kaplan et. al, 2002; Ritsert & Rickards, 2018).

Tali strumenti sono:

− contabilità generale: composte da Sato Patrimoniale, Conto Economico, Nota Integrativa e Relazione sulla Gestione, che hanno come obiettivo il calcolo del reddito e del capitale di esercizio. La redazione dei documenti contabili è obbligatoria per qualsiasi tipologia di impresa;

11 Errori gestionali sotto il profilo strategico economico o finanziario, oppure variabili esterne non

34 − analisi di bilancio: sistema che permette di raccogliere in modo sistematico e

continuativo i valori consuntivo-effettivi a livello aggregato dei costi e dei ricavi per il controllo economico, patrimoniale e finanziario dell’azienda. Dopo aver riclassificato le voci di bilancio si procede all’analisi per indici di tipo statico, o a un’analisi per flussi, di tipo dinamico. La prima tipologia di analisi mira ad analizzare il grado di solidità e di redditività dell’impresa, mentre la seconda si concentra sulla misurazione della capacità dell’impresa di generare flussi finanziari;

− contabilità analitica: sistema di valori a consuntivo che rileva costi e ricavi secondo particolari sottosistemi aziendali (prodotti, centri di responsabilità o aree strategiche) sulla base dei dati raccolti dalla contabilità generale o in forma extra- contabile. Rispetto alla contabilità generale nella quale i costi sono classificati per natura (ammortamenti, acquisti di materie prime, stipendi ecc.), nella contabilità analitica i costi vengono classificati per destinazione o per oggetto di riferimento; in questo modo è possibile valutare più facilmente la convenienza economica delle decisioni produttive;

− contabilità preventiva o budget: sistema di valori prospettici che traduce in obiettivi economico-finanziari la strategia dell’impresa. Il documento finale che viene redatto è sostanzialmente un bilancio previsionale. Il budget permette di tradurre in termini economico-finanziari gli obiettivi e i programmi della gestione aziendale, di misurare i risultati in termini di performance economico-finanziarie dell’impresa da realizzare e di effettuare calcoli di convenienza economica durante il processo di programmazione d’impresa (Khin, 2011). Con questo strumento il management dovrebbe essere facilitato nell’attuazione delle politiche operative e direzionali;

Alle rilevazioni contabili, si aggiungono quelle extra-contabili al fine di quantificare altri fenomeni di gestione, non quantificati con i precedenti strumenti, come ad esempio le

35 ore di lavoro, il numero di unità prodotte, il quantitativo di fattore produttivo impiegato, ecc.

Dall’elaborazione e integrazione periodica delle informazioni provenienti dai flussi contabili e dagli altri sub-sistemi informativi, ha origine il reporting o rapporto di gestione. Tale processo e strumento ha la finalità di fornire sistematicamente ai vari livelli gerarchici e funzionali dell’azienda le informazioni necessarie per una razionale gestione della stessa. Fornisce alla direzione d’impresa l’analisi dell’andamento della gestione rispetto agli obiettivi prefissati, al fine di valutarne gli scostamenti e di attuare degli eventuali correttivi, in base alle cause accertate (Lizza, 2007). Viene anche utilizzato nell’esercizio del controllo strategico per poter aggiornare periodicamente gli obiettivi e i piani strategici dell’impresa. Il reporting non assolve solo alla funzione informativa interna, ma serve anche per soddisfare le esigenze informative di tutti i portatori di interesse nella gestione aziendale, esterni all’impresa (Franzoni & Salvioni, 2014). Il reporting istituzionale è quello che fa riferimento all’insieme delle informazioni comunicate periodicamente dall’impresa alle banche, ai fornitori, agli azionisti e a tutti gli altri stakeholder esterni. Le informazioni in questo caso sono principalmente di tipo economico-finanziario, dedotte dai dati di bilancio con cadenza trimestrale e semestrale e quelle previsionali estratte dal budget e dai piani pluriennali. Non è possibile definire un unico sistema di reporting valido per tutte le tipologie di imprese, infatti questo varierà a seconda delle caratteristiche e delle necessità informative di ognuna di esse. Risulta possibile delineare alcune caratteristiche basilari che ogni sistema di reporting aziendale deve avere:

- affidabilità: le informazioni devono rappresentare i fenomeni descritti in modo completo;

- tempestività: le informazioni devono essere predisposte rapidamente per poter permettere una rapida ed eventuale correzione degli errori gestionali;

36 - misurabilità: le informazioni trasmesse devono basarsi su dati tangibili che

permettano una rappresentazione oggettiva dei fatti aziendali;

- significatività: occorre trasmettere solo le informazioni significative. In caso contrario molte informazioni potrebbero confondere i destinatari del report, distogliendo l’attenzione dalle informazioni più importanti;

- contabilità extra contabile: utile per quantificare i fenomeni di gestione in termini di ore lavoro, numero di unità prodotte, ecc.

L’ultimo strumento che rientra in quelli tradizionali del controllo di gestione è rappresentato dal benchmarking, ovvero un’analisi della propria azienda, rapportata con quelle concorrenti del proprio settore.

L’aspetto innovativo di questo approccio sta nel fatto che possono essere intraprese determinate scelte strategiche che non riguardano più solo ciò che può essere riscontrato attraverso un’analisi interna alla propria azienda o con delle rilevazioni statistiche e occasionali dell’ambiente esterno, ma viene analizzata la situazione aziendale, attuando un confronto metodico e prolungato nel tempo con le concorrenti (Scozzese, 2005).

Bendelli, Boulter e Kelly, (1994) indicano come precursori di tale modello i manager giapponesi, che dal secondo dopoguerra fino agli anni Sessanta, si recavano negli USA per osservare i processi manifatturieri e le metodologie di gestione delle imprese americane. I manager giapponesi applicarono le conoscenze e le competenze acquisite, adattandole al contesto delle proprie aziende, riuscendo così a realizzare quella rincorsa allo sviluppo dei vari settori produttivi che caratterizzava gli USA.

Sul piano microeconomico invece, i primi sviluppi del benchmarking si possono ricondurre al contesto di una grande azienda statunitense, la Xerox Corporation, i cui specialisti della formazione e dello sviluppo organizzativo erano alla ricerca di un metodo di valutazione comparativa specifica; questo avvenne nel 1979, alla fine di un

37 periodo in cui la società godeva sostanzialmente del monopolio12 del mercato e in cui si

stava creando un sensibile divario prestazionale nei confronti dei concorrenti.

Negli anni Ottanta, il termine “benchmarking competitivo” iniziava ad interessare professionisti di altre grandi aziende americane, che sviluppavano sperimentalmente (ognuna al proprio interno) diversi iter di analisi (Spendolini, 1996).

L’aumento della concorrenza di mercato, la contrazione del ciclo di vita dei prodotti, l’evoluzione tecnologica, l’accrescimento della valenza del servizio offerto ai clienti, sono solo alcuni dei fattori che influenzano il comportamento gestionale, anche delle PMI (L. Fiori, 1998).

A partire dalla fine degli anni Novanta, si riscontra un radicale mutamento dei fattori critici di successo13 (Fontana & Caroli, 2006), la cui individuazione diviene fondamentale

per un’apposita pianificazione a medio-lungo termine che, per avere successo, doveva essere orientata al miglioramento della qualità, alla riduzione dei costi, all’accrescimento della velocità di innovazione nello sviluppo dei prodotti e dei servizi. Proprio per questo il benchmarking si è rivelato uno strumento di successo, in grado di rafforzare la sua efficacia se adottato continuamente. Inoltre per le aziende non eccellenti (o in posizione non di forza competitiva), il continuo processo di confronto con le concorrenti migliori, è utile a stimolare positivamente la ricerca, l’adozione e la gestione di tecniche e procedure aziendali che possono modificare radicalmente le performance economico-organizzative, assicurando anche un più agevole

12 Condizione di mercato in cui un unico venditore offre un prodotto o un servizio per il quale non esistono

sostituti stretti (monopolio naturale) oppure opera in ambito protetto (monopolio legale). La ragione per cui un monopolista non ha concorrenti è data dal fatto che vi sono determinate barriere (economiche, tecniche, legali) che limitano la possibilità che altre imprese accedano al mercato. A differenza delle imprese che operano in condizioni di concorrenza perfetta, l'impresa che opera in condizioni di monopolio deve soddisfare l'intera domanda di mercato per il suo prodotto.

13 Numero limitato di aree su cui l’azienda deve focalizzare il raggiungimento di risultati positivi per assicurarsi

un rendimento positivo. I fattori critici di successo permettono di costruire uno schema semplificato della realtà competitiva aziendale selezionando le variabili chiave del modello secondo un criterio razionale. Tali criteri possono essere interni o esterni, soggettivi o oggettivi.

38 raggiungimento di equilibri economico-reddituali e permettendo di controllare che la gestione si stia svolgendo secondo criteri di economicità (Vedovato, 2007).

Occorre precisare che il confronto derivante dall’applicazione del benchmarking, non deve essere inteso dai manager come strumento di valutazione dell’individuo, ma come tecnica per individuare le inefficienze nei processi e nelle prestazioni al fine di ottenere i vantaggi competitivi necessari. Da qui emerge quello che potrebbe essere il problema principale del benchmarking, ovvero l’ostruzione all’introduzione del cambiamento e dell’innovazione perché spesso generata all’esterno dell’impresa.

Porre rimedio a questa limitazione non è semplice, alcuni14 suggeriscono di legare i

risultati raggiunti tramite il benchmarking, con il sistema degli incentivi, favorendo così una migliore accettazione ed assimilazione di quanto fatto “esternamente”, in maniera tale da accumulare quella particolare esperienza alla propria.

La rilevazione delle inefficienze e dei gap di prestazione rispetto al benchmark stimola una sequenza di attività che vanno dalla ricerca delle cause, alla creazione di nuovi piani d’azione, per ristabilire la corrispondenza con il termine di confronto, favorendo così l’elasticità e la flessibilità al cambiamento15.

Gli eventuali svantaggi che questo approccio potrebbe arrecare sono legati a:

− un errato impiego dello strumento, che potrebbe ridursi ad una semplice analisi degli indicatori di performance, basandosi dunque su una cultura manageriale non opportunamente stimolata, senza generare le necessarie spinte verso un’analisi penetrante dei fenomeni e dei processi osservati e delle cause che li

14 Watson G.H. , 1995, Il benchmarking. Come migliorare I processi e la competitività aziendale adattando e

adottando le pratiche delle imprese leader, Franco Angeli Editore, Milano.

15 Il benchmarking rappresenta un graduale processo di apprendimento dall’esterno assieme a quanto

avviene dall’interno dell’azienda. Per anni la ricerca dell’efficienza e dell’efficacia è stata un’attività esclusivamente svolta all’interno delle aziende, consolidando così nei manager una sensazione/convinzione di superiorità, rafforzando le barriere al cambiamento (Sargiacomo, 2000).

39 hanno provocati, dalle quali ricavare i contributi indispensabili per rivedere i propri atteggiamenti e le proprie prassi;

− una mancanza di costanza nell’utilizzo di questo strumento: l’analisi per essere efficace necessita di essere rivista costantemente, in un processo di progressivo apprendimento e la corretta ottica di intervento non deve essere eccessivamente limitata ma nemmeno esageratamente vasta;

− mancanza di tempo, visto che spesso il management cerca dei risultati immediati: la fretta rischia di ridurre il benchmarking a un inutile spreco di sforzi e di impegno;

− il processo di benchmarking non manifesta tutta la sua efficacia se prima non è stato attentamente progettato un adeguato sistema di comunicazione nell’ambito dell’organizzazione e se non si è creato il necessario consenso da parte della direzione anche nell’intero management, verso il progetto di “confronto”.

Queste limitazioni non devono scoraggiare il management perché è possibile riscontrare molti più vantaggi che svantaggi nell’implementazione del benchmarking:

− individuazione di standard di performance che spingono l’azienda verso l’innovazione sia delle attività di servizio che a quelle di prodotto, sempre più orientate ai fabbisogni del cliente (Patterson, 1997).

− contributo alla creazione di consenso nella formulazione di obiettivi quali- quantitativi di realistico raggiungimento, in quanto basati sul confronto con le migliori aziende operanti sul mercato, le quali hanno già concretizzato quegli obiettivi o altri similari;

40 − constante e sistematica revisione delle prassi e delle operazioni aziendali che

favorisce la ridefinizione del disegno strategico in un quadro più organico dal quale si individuano e traspaiono le strategie autenticamente vincenti16.

− diminuzione della resistenza al cambiamento da parte del management, maggiormente disposto a adottare prassi e standard probabilmente non individuabili senza il confronto con l’esterno;

− determinazione di un equilibrio permanente tra stabilità, rinnovamento e orientamento del sistema-impresa verso un cambiamento costruttivo; studiando come le organizzazioni hanno realizzato i loro processi e funzioni, individuando sia le informazioni per il cambiamento, che i dati che dovrebbero essere lasciati intatti per assicurare il raggiungimento del successo;

− creazione di un processo di apprendimento che si autoalimenta anche nelle aree e nei processi dove non si interviene direttamente, ma alle quali si fa pervenire la semplice comunicazione della presenza di un processo di benchmarking in atto in azienda.