4 Fasi di approssimazione al lavoro sul campo 4.1 L'osservazione partecipante agli eventi organizzati dalla comunità
4.4. I focus group incentrati sulla questione giovanile
In occasione del monitoraggio sulle associazioni peruviane in Lombardia era stato chiesto ai rispondenti, in base al punto di vista e all'esperienza delle rispettive associazioni, quali fossero i principali problemi dei cittadini peruviani residenti nella regione. É emersa così, seppur collateralmente rispetto al focus dell'indagine, un'attenzione particolare rispetto al tema del disagio giovanile, dimostrando come l'associazionismo migrante rappresenti, almeno in potenza, un attore chiave nei processi d'integrazione. Un attore che si interroga e cerca soluzioni sulle problematiche che percepisce come importanti per la comunità di cui si fa portavoce, a prescindere dalle note questioni su quanto le associazioni riescano ad offrire una rappresentazione effettiva dell'universo variegato delle comunità migranti.
Ho voluto perciò approfondire la questione, anche sulla base della mappatura delle aggregazioni giovanili peruviane, presentata poco sopra. Ho organizzato quindi alcuni focus group dedicati, a cui hanno partecipato tre gruppi portatori di interessi ed esperienze differenti sul rapporto tra giovani ed associazionismo migrante. Il primo incontro è stato orientato alla raccolta delle percezioni e dei punti di vista dei leader e dei rappresentanti di associazioni peruviane di stampo tradizionale attive nella città di Milano. Al secondo incontro hanno preso parte i giovani che partecipano a quelle stesse associazioni. Il terzo focus group ha coinvolto, invece, i giovani che hanno costituito proprie associazioni e/o gruppi informali. Le discussioni si sono articolate intorno ad alcune questioni prioritarie: le difficoltà dei processi d'inserimento dei figli dei migranti, i problemi di costruzione di un'identità personale, il ruolo delle associazioni migranti e le opportunità ed i rischi di un coinvolgimento giovanile nel mondo associativo.
“Dov’è questa famosa integrazione?”: sintetizzando si potrebbe dire che la discussione nel gruppo dei leader adulti delle associazioni peruviane si sia articolata intorno a questa domanda. È stata ribadita più volte la preoccupazione per il futuro: “il problema è l’inserimento sociale, l’autostima”. Secondo i partecipanti, la difficoltà ad essere accettati si affronta sia nel campo dell'inserimento scolastico sia quando i giovani si affacciano al mondo del lavoro. Si è fatto riferimento ad una sorta di razzismo istituzionale che talvolta prende il sopravvento e complica il percorso di transizione all'età adulta dei giovani d'origine peruviana, che già spesso si trovano a
gestire situazioni famigliari complesse. Si rischia così di alimentare un processo di autoesclusione. È emersa chiara la volontà delle associazioni di lavorare per un migliore inserimento e per favorire l'espressione delle potenzialità dei giovani nella società d'accoglienza: “questo concetto si sintetizza nell’essere orgoglioso di essere in Italia ma al tempo stesso di essere peruviano. Tutti i valori positivi di entrambe le società devono essere attivati”. Per affrontare il problema dell'accesso al lavoro dipendente, ad esempio, qualcuno ha sottolineato l'importanza della formazione professionale in collegamento col Paese d'origine: “occorre connettere le due sponde, trovare il modo attraverso cui i giovani si possano collegare con il Perú nell’area imprenditoriale”. Ragionando di partecipazione dei giovani al mondo dell'associazionismo, alcuni hanno riflettuto sul fatto che la realtà dei giovani peruviani a Milano sia ampia e variegata e che solo una piccola parte di essi sia effettivamente coinvolta nelle attività socioculturali di gruppi formali e/o informali. Nel secondo focus group la scarsa partecipazione è stata connessa alla difficoltà di conciliare i tempi della vita privata e lavorativa con quelli della vita associativa. Per esemplificare, secondo gli intervistati è più facile che chi sta iniziando a formare delle nuove famiglie ed è alla ricerca di un'autonomia economica e/o di posizioni lavorative all'altezza delle proprie aspettative si rinchiuda in una dimensione privata. In controtendenza, si registra però la diffusione sempre maggiore nell'area metropolitana milanese di gruppi di giovani che promuovono le danze folkloriche. Nel corso delle discussioni tale dato è stato interpretato in maniera duplice. Da un lato, si ritiene che sia un modo per rafforzare il legame con le tradizioni del Paese d'origine, dall'altro, diviene lo strumento con cui fare gruppo con persone che vivono le stesse problematiche e vincere il senso d'isolamento: “il ballo è un po’ una scusa per ritrovarsi”. Ciò è confermato anche dal secondo focus group, i cui partecipanti ritengono che il ballo folklorico sia usato come una sorta di terapia, che garantisce un'opportunità in più di socialità. Con i giovani che operano nelle associazioni peruviane di stampo tradizionale il discorso si è concentrato poi sulla necessità di avviare percorsi d'orientamento che sappiano guidare i ragazzi nell'accesso allo spazio pubblico. “Occorre aprire gli occhi”, favorire la conoscenza e la circolazione delle informazioni in modo che i ragazzi, attraverso il lavoro associativo, possano cogliere le opportunità di apprendimento formali e/o informali. Scarso a detta loro è infatti lo scambio di notizie sulle attività portate avanti dalle associazioni. Per chi fa
già parte di gruppi culturali, serve riflettere e formarsi sul tema della leadership, in modo da incidere realmente sull'opinione pubblica ed evitare i rischi della dispersione e della duplicazione del lavoro. I giovani che hanno costituito associazioni proprie, di natura varia, seppur accomunati dal desiderio di valorizzare la cultura peruviana in Italia, hanno espresso visioni e mission diverse. In effetti, nella descrizione che fanno di sé i gruppi di danza, che rappresentano la maggior parte delle realtà giovanili mappate, è stata utilizzata spesso la parola “famiglia”. C'è chi dice che “siamo una famiglia, condividiamo pensieri, idee e problemi”, chi dice che il fatto di sentirsi in famiglia “è un input importante e ci dà la carica per migliorare la nostra identità” e così via. La danza diviene allora non solo il pretesto attraverso cui praticare forme nuove di mutuo aiuto con cui affrontare le asperità della vita quotidianità in una realtà in cui non si sentono pienamente accettati, ma anche il luogo degli affetti in cui ritrovarsi. Diversamente le associazioni che operano in uno spettro culturale più vasto sono indirizzate a fornire servizi all'esterno più che ai propri associati, mostrandosi esplicitamente più attivi nello scambio col contesto d'accoglienza, ben consci della ricchezza che da ciò si può generare. È il caso, ad esempio, dell'associazione di studenti che opera per l'orientamento universitario dei giovani latinoamericani, promuovendo la reciproca conoscenza. Dicono di sé: “conosciamo bene due realtà, la realtà d'immigrato e la realtà di studenti e ne traiamo due visioni. Siamo un potenziale: vogliamo realizzare nuovi progetti, conosciamo bene le due lingue, conosciamo bene due culture”.