4 Fasi di approssimazione al lavoro sul campo 4.1 L'osservazione partecipante agli eventi organizzati dalla comunità
4.2. Le esperienze di lavoro con le associazioni di migranti peruvian
Tra il 2011 e il 2013 ho contribuito alla realizzazione e partecipato a Milano a due corsi di formazione destinati all'empowerment di associazioni peruviane in tema di cooperazione internazionale. I percorsi finanziati dal Comune di Milano e dalla Fondazione Cariplo erano pensati al fine di rafforzare le esperienze di cosviluppo, in cui i migranti contribuiscono economicamente e/o socialmente alla definizione dei processi di sviluppo locale dei territori da cui provengono. Dalle interviste che ho realizzato nel 2011 con i presidenti di alcune delle associazioni di peruviani operanti in Lombardia, per il monitoraggio condotto dalla Fondazione Ismu all'interno del progetto Due Sponde (di cui ho già parlato nel secondo capitolo), emergeva un grande interesse verso la possibilità di realizzare iniziative di cooperazione con realtà omologhe del Perú. Fatta eccezione però per un'iniziativa concreta di progettazione per la creazione di un centro di aggregazione e di formazione professionale a sostegno del ricongiungimento famigliare all'estero in un quartiere periferico di Trujillo, l'interesse per il cosviluppo non era supportato da specifiche competenze. Le esperienze pregresse nella maggior parte dei casi si limitavano a raccolte fondi periodiche o in occasione di emergenze e all'invio di materiali e di strumentazione sanitaria. I percorsi didattici si sono proposti dunque di rispondere ai bisogni formativi espressi dai rappresentanti delle associazioni, connessi alla necessità di rafforzare le capacità di gestione di progetti con finalità sociali. Ci si è concentrati soprattutto sulla costruzione di linee progettuali coerenti con le necessità espresse dai territori in cui si opera, sulla gestione finanziaria, sul reperimento delle risorse economiche tramite la partecipazione a bandi pubblici e l'organizzazione di eventi, e la strutturazione di partenariati con enti locali ed associativi.
Partecipare a questi percorsi formativi mi ha consentito di conoscere da vicino il mondo delle associazioni di migranti peruviane, di condividerne i problemi e i progressi e di comprendere le difficoltà, ma al tempo stesso il bisogno, di buona parte degli associati di conciliare i tempi della vita associativa con i tempi dedicati al lavoro e alla famiglia. Operare attivamente all'interno di un'associazione per molti migranti costretti a duri lavori spesso squalificanti rispetto alle competenze acquisite in patria significa mettere a frutto a fini sociali quelle abilità e capacità personali che
restano latenti in un mercato del lavoro che raramente dà loro la possibilità di emergere. L'associazionismo migrante non risponde dunque solo alla necessità di rafforzare l'integrazione sociale ma anche all'esigenza di riconoscimento sociale dei suoi associati, che spesso resta non soddisfatta in altri ambiti pubblici. Successivamente, sempre all'interno del progetto Due Sponde, ho ideato e condotto come facilitatrice un percorso di analisi swot53 con alcune associazioni di migranti
peruviane interessate ad effettuare una valutazione interna dei diversi aspetti connessi alla loro vita associativa. Il lavoro è stato dedicato ad un'analisi condivisa tra i soci dei singoli gruppi su quattro questioni prioritarie: i punti di forza interni al gruppo di lavoro, i punti di debolezza dell'associazione, le opportunità offerte dal contesto in cui lavorano e le minacce rappresentate dall'esterno. Si è giunti così alla costruzione di uno schema interpretativo condiviso dei meccanismi interni e del contesto esterno di riferimento da cui partire per avviare o consolidare, a seconda dei casi, una strategia d’azione delle associazioni coinvolte, attraverso incontri di formazione ad hoc sui temi ritenuti preminenti. Le priorità individuate nel percorso laboratoriale andavano in due direzioni distinte ma complementari. Alcune associazioni hanno espresso la necessità di un inquadramento legislativo che le aiutasse ad orientarsi meglio nella complicata burocrazia connessa alla costituzione e allo sviluppo di enti associativi senza fini di lucro in Italia. Altre, invece, si sono concentrate sulle dinamiche di organizzazione interna della vita associativa, per potenziare le risorse umane e materiali già presenti all'interno, favorendo la partecipazione e la corresponsabilità dei diversi componenti, partendo da un bilancio di competenze interne e da modelli di leadership meno centralizzati di quanto non siano quelli praticati attualmente.
L'attività sopra presentata mi ha permesso di addentrarmi nella vita associativa di alcune realtà peruviane di Milano per coglierne le modalità organizzative e le dinamiche relazionali interne, consentendomi anche di verificare il livello di partecipazione e la distribuzione di ruoli tra rappresentanti di diverse generazioni della comunità migrante. Senza considerare per ora le associazioni prettamente giovanili, di cui si parlerà nel prossimo paragrafo, nel lavoro di osservazione
53 L'analisi S.W.O.T. è uno strumento di pianificazione strategica per il lavoro in gruppo, il cui
nome deriva dalle iniziali delle parole inglesi Strengths (punti di forza), Weaknesses (debolezze), Opportunities (opportunità) e Threats (minacce), che indicano i temi su cui si concentra l'analisi.
partecipante ho potuto soffermarsi sui diversi gradi di coinvolgimento della componente giovanile. Dal monitoraggio complessivo delle associazioni peruviane della Lombardia del 2011, era emerso che in oltre la metà dei casi (19 su 37) la presenza di soci con meno di 26 anni era nulla o trascurabile. Al tempo stesso si era registrato però come in un numero minore ma comunque significativo di casi (9 su 37) i giovani erano la componente maggioritaria o rappresentavano all'incirca la metà degli associati. Sebbene si possa ipotizzare una limitata capacità di coinvolgere i giovani da parte delle associazioni di stampo tradizionale, nell'ultimo periodo di osservazione partecipante ho notato un'inversione di tendenza, che andrà confermata o smentita in futuro. Negli ultimi due anni ho assistito, infatti, a processi di ricambio generazionale nei direttivi di alcune associazioni socioculturali e religiose peruviane di lungo corso. In taluni casi, il passaggio di consegne è stato espressione di una volontà dichiarata dei direttivi di “svecchiarsi” e di dare spazio sia alle esigenze che alle competenze della seconda generazione. In altri casi, il ricambio è avvenuto spontaneamente, non per effetto di una programmazione a priori, ma per il naturale evolversi delle cose e la sempre più pressante esigenza di affidarsi a chi fosse in grado di orientarsi meglio, rispetto alla prima generazione di migranti, negli spazi e nei tempi della vita pubblica milanese. Tutto il lavoro condotto in tema di associazionismo è stato utilissimo per indirizzare il successivo lavoro d'indagine e per iniziare ad individuare alcuni dei soggetti che hanno preso parte alla ricerca sulla transizione all'età adulta in un contesto migratorio.