4 Fasi di approssimazione al lavoro sul campo 4.1 L'osservazione partecipante agli eventi organizzati dalla comunità
4.3. La mappatura delle associazioni giovanili peruviane di Milano
Nel percorso di progettazione coordinato dall'ong Fratelli dell'Uomo per la valorizzazione delle esperienze di cosviluppo della comunità peruviana residente a Milano, ad un certo punto, nell'intento di allargare il panorama dei beneficiari degli interventi formativi, si è iniziato a guardare alle forme di vita associativa autonome sviluppate dai giovani peruviani al di fuori dal circuito delle associazioni di migranti di stampo tradizionale. Ho avuto così l'opportunità di realizzare, nella primavera del 2012, prima dell'avvio del lavoro d'indagine per la mia tesi di dottorato, una prima mappatura delle esperienze associative giovanili, realizzata grazie al supporto e all'intermediazione di una giovane donna di origine peruviana. Sebbene il lavoro condotto non possa dirsi esauriente dell'orizzonte dell'associazionismo giovanile peruviano a Milano, offre sicuramente delle indicazioni interessanti sulla propensione associativa della seconda generazione, andando oltre al cliché che vorrebbe le pandillas come l'espressione predominante della socialità giovanile nel mondo latinoamericano migrante.
Negli ultimi anni, infatti, il tema delle pandillas o gang latine, si è imposto, all'attenzione dei media e degli analisti che guardano con sempre più clamore e preoccupazione ai fenomeni di devianza ad esse connesse. “L’operazione mediatica su questo è stata abbastanza precisa. Ha sfruttato l’isomorfismo per scaricare su un’intera generazione di giovani lo stigma della banda. Ma se i gruppi di strada sono la manifestazione più visibile e, per alcuni aspetti, esemplare di un contesto giovanile e delle tensioni che lo attraversano, forse varrebbe la pena fare un’operazione di segno contrario. Smontare lo stigma per affrontare in termini di politiche di intervento e di promozione i temi centrali della condizione giovanile” (Bugli, Meola e Milanesi, 2008: 13).
Secondo i dati raccolti dal progetto di ricerca Latinos. Interventi per l'integrazione
sociale di giovani latinoamericani (AA.VV, 2012) nel 2011 presso il Tribunale dei
Minori di Milano erano 123 fascicoli processuali a carico di minori sudamericani su un totale di 1420 (poco meno del 9% del totale). Il numero, seppur contenuto, è in crescita rispetto agli anni precedenti, fatto che secondo Massimo Conte (AA.VV, 2012: 13) potrebbe essere spiegato da due effetti concorrenti, ancora da dimostrare: un effettivo aumento della delittività e un più stringente controllo sociale.
Come però affermano Bugli, Meola e Milanesi: “Non è consentito generalizzare. Bisogna ricordare ancora il fatto che stiamo parlando di una parte delle migliaia di giovani e adolescenti di origine latinoamericana. La maggioranza, in un modo o nell’altro, riesce a stare dentro percorsi di inclusione sociale fatti di scuola e lavoro, attività culturali o sportive, buone relazioni familiari e di integrazione. Quello che vogliamo sottolineare è che i gruppi di strada esprimono una specifica forma di aggregazione giovanile, ma che per il resto dei propri consumi culturali, per il resto delle proprie vite sono in tutto e per tutto identici a molti dei propri coetanei che vivono le stesse tensioni e difficoltà nei percorsi di inclusione sociale” (2008: 13). Nelle interviste condotte, nei focus group realizzati e nelle chiacchiere informali avute in questi anni di ricerca all'interno della comunità peruviana dell'hinterland milanese, il fenomeno delle pandillas non si è mai palesato come problema realmente percepito ma piuttosto come spauracchio da allontanare e rischio da evitare, come si vedrà anche nel prossimo paragrafo. Ciò potrebbe essere connesso anche a due mutamenti intervenuti negli ultimi tempi nell'universo milanese delle bande di strada. Innanzitutto vi è stato un graduale cambiamento delle provenienze degli aderenti che ha visto, da un lato, un aumento considerevole di giovani salvadoregni e dominicani e, dall'altro, una maggiore diversificazione dei componenti indipendentemente dalla loro origine latina americana. D'altro canto, si è assistito negli anni ad un sensibile abbassamento dell'età dei ragazzi coinvolti che oggi si aggira tra i 15 e i 19 anni (Bugli in AA.VV. 2012) mentre il focus della mia indagine guarda ad una fascia d'età più alta.
La mappatura realizzata attraverso il campionamento a valanga ha permesso di censire 10 gruppi organizzati di giovani peruviani attivi nella città di Milano e nei comuni limitrofi. Si dividono equamente tra associazioni legalmente costituite e gruppi informali. Nella maggior parte dei casi si tratta di gruppi misti, sia in relazione al genere che alle provenienze dei partecipanti, anche se non mancano le esperienze che raggruppano esclusivamente persone d'origine peruviana. Mediamente l'età dei partecipanti va dai 15 ai 35 anni. Anche il numero degli aderenti è molto vario, si va dai 5 ai 40 componenti, a seconda della tipologia associativa. Le realtà che aggregano un maggior numero di aderenti sono quelle dedite alla promozione dei balli folcloristici peruviani. Sul totale sono state individuate ben 7 associazioni di questo tipo che si pongono ufficialmente l'obiettivo
di diffondere la cultura latinoamericana in Italia attraverso la danza. Dalle parole dei referenti intervistati, si evince come la danza folclorica rappresenti più propriamente lo strumento per raggiungere fini d'inclusione sociale e di rivendicazione identitaria. Il gruppo di danza diventa un luogo figurato in cui ritrovarsi e condividere gioie e dolori. Soprattutto è un luogo in cui il fatto di essere peruviani o originari del Perú è riconosciuto come valore. Delle tre restanti aggregazioni giovanili, una ha finalità culturali ed è dedita alla promozione della musica, una è calcistica e promuove l'integrazione tra diverse nazionalità attraverso il calcio e l'altra si occupa di orientamento universitario. Quest'ultima esperienza è particolarmente interessante. Si tratta di un'associazione di studenti universitari latinoamericani, di cui la stragrande maggioranza peruviani, che si è costituita con l'obiettivo preciso di favorire l'accesso all'istruzione universitaria dei ragazzi d'origine latina che vivono a Milano. Hanno rappresentanti nelle diverse università di Milano ed offrono ai giovani che terminano le scuole superiore incontri di orientamento e motivazione, oltre ad organizzare eventi culturali e a partecipare a progetti per l'integrazione sociale. L'impegno profuso risulta però necessariamente altalenante, dal momento che i volontari si destreggiano tra impegni di studio e di lavoro per garantire un minimo di continuità alle attività realizzate. Guardando alle difficoltà maggiormente sentite dalle associazioni giovanili peruviane milanesi, emerge come, oltre alla classica carenza di risorse economiche, che accomuna le aggregazioni di giovani peruviane alla quasi totalità delle associazioni con finalità sociali, diffuso è lo scontento per la scarsa attenzione loro dedicata da parte tanto delle istituzioni italiane quanto da quelle peruviane e soprattutto per l'assenza di spazi in cui ritrovarsi. Non avendo a disposizione delle vere e proprie sedi, i gruppi finiscono per diventare nomadi all'interno della geografia cittadina. Si ritrovano all'interno di bar, centri commerciali o luoghi all'aperto. Vi sono gruppi di ballo che provano le coreografie nei parcheggi sotto i ponti dell'autostrada, ritagliandosi un proprio spazio in zone dimenticate dalla frenesia della metropoli, e lezioni di danza improvvisate nel mezzanino della stazione della metropolitana di Porta Venezia, qualche metro al di sotto della via dello shopping milanese per eccellenza, che durano il tempo garantito dalla tolleranza dei controlli che via via si susseguono.