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BREVE INTRODUZIONE ALLA II PARTE

4. I ladini nell’ accordo e il problema dell’ “etnicamente tedesco”

Per quanto riguarda il problema degli aventi diritto all’ opzione, si pose il problema circa il fatto dell’ essere “etnicamente tedesco”, ovvero, su chi dovesse essere considerato di etnia tedesca e di conseguenza avente diritto a richiedere la cittadinanza tedesca. Il problema si pose nel caso dei ladini: erano da considerare tedeschi o italiani? Mentre, come abbiamo visto precedentemente, Tolomei era un radicale sostenitore dell’ “italianità” dei ladini, i tedeschi erano assolutamente propensi ad estendere anche a loro il diritto all’ opzione ed effettivamente, da un certo punto di vista, i ladini potevano essere considerati con assoluta certezza affini alla cultura tedesco-tirolese.

Durante le trattative italo-tedesche a Berlino, prevalse la posizione tedesca e le valli ladine di Gardena, Badia, Livinallongo furono inserite nell’ accordo. Il già menzionato art. 2 nomina esplicitamente la “Provincia di Bolzano” ed in essa vi erano inserite la Val Gardena e la Val Badia, compreso il distretto di Marebbe, e la “zona mistilingue” di Cortina d’ Ampezzo, ovvero l’ area ladina compresa tra Livinallongo, Colle Santa Lucia e Ampezzo. Sempre riguardo ad Ampezzo, Leopold Steurer ha sostenuto che, anche se la zona era compresa negli accordi di opzione, ci fu un determinato

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intervento delle autorità italiane locali volto ad impedire un regolare svolgimento delle votazioni40.

All’ interno del panorama ladino, l’ unica eccezione era rappresentata dalla Val di Fassa, considerata “italianissima” dall’ amministrazione fascista della Provincia di Trento. Per quanto riguarda il Trentino, solo la Valle dei Mocheni e la località di Luserna, dove si parlava ( e si parla ) un idioma germanico, poterono aderire alle opzioni, ma anche ad esse, così come per la Val di Fassa, non vennero applicate le norme per la stima dei beni. Ho avuto modo di imbattermi, durante la consultazione del materiale documentario conservato presso l’ Archivio della Provincia di Bolzano, in un paio di documenti che registrano due tentativi di opzione da parte di persone residenti od originarie della Val di Fassa. Il primo è un comunicato del podestà di Ortisei, Arturo Tanesini, al comune di Castelrotto: si tratta di una persona nata a Campitello di Fassa ( Trento ), un certo Giovanni Dall’ Acqua, e dipendente del comune di Ortisei in qualità di guardia forestale boschiva. Tanesini annota, a caratteri maiuscoli:

“VI FACCIO NOTO CHE IL DALL’ ACQUA E’ DI ORIGINE E LINGUA ITALIANA, PERTINENTE AD UNA ZONA TRENTINA CHE NON FA PARTE DEL DISTRETTO DI EGNA E QUINDI ESCLUSA DAGLI ACCORDI. PER CUI LA DOMANDA E’ DA CONTESTARSI41

.”

Il secondo è un altro comunicato di Tanesini al comune di Vigo di Fassa ( Trento ), in cui si informava che un certo Rizzi Luigi aveva presentato domanda di opzione presso il comune di Ortisei e si chiedeva se la famiglia Albertini, anch’ essa residente nel medesimo comune, fosse di origine e lingua italiana42, “come presume questo ufficio”. E’ interessante notare che, in questo secondo caso, siamo di fronte ad un esempio di accertamento di “etnicamente tedesco”, ed infatti l’ essere residenti in un comune della Provincia di Bolzano non li rendeva automaticamente soggetti aventi diritto di optare.

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L. Steurer, Historisches zur Ladinerfrage, in Der fahrende Skolast, Bolzano, 1979, p.5

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APB, fondo “Opzioni Val Gardena”, b. 6

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Oggi si direbbe che si aveva il diritto d’ opzione per ius

sanguinis. Mauro Scroccaro fa notare che i 161 fassani residenti

in Sudtirolo vennero segnalati alle questure incorrendo in qualche occasione in provvedimenti di carattere giudiziario e solo 8 furono le domande di fassani rifiutate con la motivazione di non appartenenza ai territori degli accordi; le altre vennero tutte accettate, ma senza la liquidazione dei beni. Complessivamente, tra residenti in valle e non, furono coinvolti nelle opzioni furono 30443.

L’ origine etnica di una persona o di una famiglia era riportata anche sulla scheda di domanda di opzione ed in proposito, ho notato che sulle schede degli optanti provenienti dalle valli ladine, non sempre è presente il timbro recante la dicitura “E’

di origine e lingua ladina”, come sarebbe normale aspettarsi.

Ci sono delle differenze che variano da valle a valle. Solitamente vengono contrassegnate “di origine e lingua ladina” soltanto le schede degli optanti della Val Badia e di Marebbe. Curiosamente, i gardenesi vengono identificati come “di origine e lingua tedesca” ed i fodòmi come “di origine e lingua italiana”44

. La ragione di questo probabilmente è da individuarsi dalla percezione che avevano di queste valli le amministrazioni locali fasciste: la Val Gardena era tra tutte quella più “tedesca”, in virtù dei frequenti ed intensi rapporti commerciali con il mondo tedesco e austro-ungarico; questo pertanto aveva portato ad una conoscenza assai diffusa della lingua tedesca, parlata ormai da quasi tutta la popolazione gardenese. Anche i costumi e le usanze presentano molte più affinità a quelle del Tirolo tedesco rispetto alle altre valli ladine. Per Livinallongo si può spiegare la presunta “italianità” con la vicinanza al Veneto ( di lingua italiana ) ed alle storiche relazioni con la Repubblica di Venezia, fatto questo che ha determinato una maggiore somiglianza del ladino fodòmo all’ italiano.

In generale, il comportamento tenuto dai ladini delle singole vallate durante il periodo fascista, ritengo che sia stato dovuto, come appena detto, ai differenti vincoli economici e culturali con il mondo austriaco o italiano. In virtù di questo, ci furono

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Cfr. M. Scroccaro, De Faša ladina. La questione ladina in Val di Fassa dal 1918 al 1948, Trento, 1990

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esiti differenti di opzione tra valle e valle. Quello che in generale si riscontra, era un sentimento di indifferenza al mondo italiano e di ostilità al regime fascista. Era costante il confronto tra l’ apparato amministrativo italiano con quello austriaco antecedente alla guerra. Il fatto che ai ladini fosse stato concesso il diritto di optare, nonostante fossero ufficialmente ritenuti italiani dal regime, venne ritenuto un errore di portata storica da parte di Ettore Tolomei. Come abbiamo visto all’ inizio di questo lavoro45

, Tolomei riteneva la questione ladina “una gonfiatura creata e sostenuta dai

pangermanisti”; ed infatti, a ben guardare, l’ accordo Hitler-

Mussolini menziona sempre cittadini germanici e allogeni tedeschi, ma non compare mai “allogeni ladini”. Tale questione provocò molte polemiche nel governo italiano, mentre per i tedeschi il fatto di includere anche i ladini era coerente con il loro scopo di ottenere un ampio plebiscito.

E’ doveroso far notare che il regime fascista solo in un secondo momento decise di porre fine al disorientamento generale, per evitare un esodo troppo massiccio dall’ Alto Adige verso il Reich; tuttavia l’ iniziativa non fu molto utile e per di più giocò a sfavore il fatto che era stata presentata in ritardo. Il 17 novembre 1939 la Presidenza del Consiglio dei ministri presentò una documentazione dal titolo “Chiarimenti alle

norme per il rimpatrio dei cittadini germanici e per l’ emigrazione di allogeni tedeschi dall’ Alto Adige in

Germania”, le quali, come vedremo in seguito, toccheranno aspetti riguardanti la libertà di optare senza condizionamenti o pressioni esterne. La realtà fu ben diversa e pochi vennero a conoscenza di tali chiarimenti. I ladini furono senza dubbio il gruppo che più si trovò disorientato di fronte alla scelta di opzione: l’ alternativa era, come abbiamo visto, tra “tedesco o italiano”. Se per i sudtirolesi era ( in linea teorica, si badi bene ) relativamente scontato quale scegliere, i ladini, non riconosciuti né come popolo né come minoranza, si videro di fronte alla scelta radicale tra due macrogruppi etno-linguistici, nessuno dei quali li rappresentava pienamente.

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II

LA PROPAGANDA

1. Il ruolo del VKS. “Quanto più una propaganda è