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BREVE INTRODUZIONE ALLA II PARTE

1. Il ruolo del VKS “Quanto più una propaganda è primitiva…”

L’ ascesa al potere di Hitler nel 1933 allargò la sua influenza oltre i confini della Germania; la sua eco fu recepita anche nel Sudtirolo. Dopo lo scioglimento del Deutscher Verband nel 1926 ad opera del governo fascista, si erano formati gruppi giovanili, associazioni sportive e culturali, anche a carattere politico, di stampo conservatore e patriottico-irredentista. Tra il 1927-1928 tali associazioni si fusero nel Gau Jugend Rat (GJR) il quale, nel 1933 giunse ad abbracciare posizioni nazionalsocialiste. Fu il landesführer del GJR, Rolf Hillebrand, a ribattezzare il movimento “Völkischer Kampfring Südtirol” ( Movimento popolare di lotta Sudtirolese ); prima ancora aveva assunto il nome di “Südtiroler Heimatfront” ( fronte patriottico sudtirolese ). Dal 1935 fu Peter Hofer a guidare il VKS.

Se fino al 23 giugno 1939 il tema del trasferimento dei sudtirolesi rimase una questione diplomatica tra la Germania e l’ Italia, dall’ estate di quello stesso anno il VKS ne fece una questione propria. Leopold Steurer ha evidenziato46 come il VKS fu informato dal Reichsleiter Martin Bormann e dall’ alto ufficiale delle SS Hermann Behrends circa le intenzioni di Hitler sul problema del Sudtirolo; nella volontà del dittatore tedesco c’ era l’ intenzione di risolvere la questione nel senso della trasmigrazione. Inizialmente il VKS respinse l’ idea di un esodo di massa e, come si legge in un comunicato del movimento, quello sarebbe stato l’ unico ordine di Hitler al quale non si sarebbe ubbidito. E’ opportuno riprendere alcuni passi di questo comunicato, riportato da Steurer, per capire meglio le posizioni iniziali del movimento nei confronti del

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piano di Hitler:

“E’ incomprensibile che si sia potuto prendere anche solo in

considerazione un progetto simile, poiché il principio dell’ unità indissolubile del sangue e del suolo rientra fra i

capisaldi dell’ ideologia nazionalsocialista.

Anche nel Reich bisogna tener presente il pericolo di creare un caso di precedenza che, se ripetuto, potrebbe diventare fatale per la politica nazionale del Reich stesso. […] Un popolo che è stato per un millennio baluardo della Germania a Sud e con i suoi uomini in prima linea in tutte le battaglie per lo spazio vitale tedesco, i cui contadini sono rimasti fedeli al maso, spesso in successione diretta dagli avi, per molti secoli, non si trasferirà mai altrove liberamente. […] La rinuncia volontaria ad una zona dello spazio vitale tedesco non è una soluzione accettabile, ma indegna del Reich rinvigorito47.”

Il VKS respingeva chiaramente l’ idea dell’ espatrio, ed anche dopo che fu reso noto l’ accordo stipulato fra i due Stati, la posizione rimase contraria a tale soluzione. La rotta venne invertita alcuni giorni dopo, e non senza suscitare stupore. Leggiamo infatti, sempre da Steurer, che

“il popolo tedesco del Sudtirolo abbandona la patria avita e, per salvare e mantenere il suo carattere nazionale tedesco, si stabilisce in una nuova patria nel grande Reich germanico, per giustificazione di fronte agli avi e per dovere nazionale di fronte ai giovani. Il popolo sudtirolese non è vissuto invano per vent’ anni sotto gli stranieri e sa che dopo il nostro esodo non ci sarà più una vita tedesca sull’ Adige e sull’ Isarco48.”

Per Steurer questo repentino cambiamento delle posizioni del VKS è da ascriversi al c.d. “Modello dei Nibelunghi”, ovvero la “fedeltà germanica dei seguaci di un capo”. Egli respinge così l’ influenza che può aver giocato la propaganda attuata dai nazisti circa la paventata deportazione in Sicilia o, più in

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L. Steurer, Südtirol zwischen Rom und Berlin. 1919-1939, Vienna, 1980, p. 325

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generale, nell’ Italia meridionale e in Abissinia, qualora i sudtirolesi e i ladini non avessero optato per il Reich.

A ben guardare però, dai documenti del Ministero dell’ Interno conservati presso l’ ACS, emerge una realtà

piuttosto inquietante circa gli effetti provocati dalla propaganda nazista tra la popolazione locale. Ritengo invece che si debba prestare maggiore attenzione al lavoro propagandistico dei nazisti. Bisogna ricordare che, mentre il rimpatrio dei cittadini tedeschi era obbligatorio, per gli allogeni l’ opzione tra l’ Italia e la Germania – e quindi il trasferimento nel Reich – doveva essere assolutamente frutto di una scelta libera e volontaria.

Tutto però andò in maniera diversa e l’ esecuzione dell’ accordo rischiò più di una volta di compromettere i

rapporti fra i due Paesi. Leggendo la comunicazione del 5 dicembre 1939, trasmessa dal prefetto di Belluno, Francesco Bellini49, al Ministero dell’ Interno, troviamo conferma di quanto detto:

“Per prevenire possibili incidenti nota questione allogeni e perpetuarsi anormale situazione già segnalata circa propaganda tedesca prego disporre attraverso competenti rappresentanze diplomatiche vengono impartite precise disposizioni alle delegazioni Alto Adige onde loro membri ed emissari si astengano assolutamente dal prendere contatto diretto con nostri sudditi siano o meno di razza tedesca nell’ ambito dei comuni compresi accordi senza previe intese con autorità locali competenti, non essendo ammissibile tale indebita ingerenza straniera in terra italiana.

Prego telegrafarmi se possa poi procedersi fermo e perquisizione elementi stranieri che debbano eventualmente considerarsi agenti provocatori non solo per tutela ordine e sicurezza ma anche e soprattutto per il prestigio della nostra sovranità.

Prego infine di interessare Prefetto Bolzano per vigilanza […], identificazione ed eventuali perquisizioni persone sospette

[…]50”.

49 Francesco Bellini, nato a Cecina ( Livorno ) il 5 gennaio 1899, aderisce ai Fasci di Combattimento il 10

gennaio 1920. Venne nominato prefetto di II classe il 22 agosto 1939 e di I classe il 16 giugno 1943. Ricopre l’ incarico di prefetto di Belluno dal 3 agosto 1939, quando è ancora ispettore del P.N.F., al 1 febbraio 1943.

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E’ chiaro, da ciò che emerge dalla documentazione di archivio, che i tedeschi, mirassero a fare delle opzioni un sorta di plebiscito e questo si evince anche da un precedente rapporto, datato 20 agosto 1939, inviato dal prefetto Mastromattei al Ministero dell’ Interno. Mastromattei afferma:

“Desider[i]o da parte germanica che emigri nel Reich il maggior numero possibile di allogeni. I tedeschi considerano necessario per il loro prestigio che tutti gli allogeni obbediscano al richiamo del Führer e della Patria e nessuno, per interessi egoistici, rimanga sotto il dominio straniero. A tale scopo i vecchi caporioni nazisti fanno circolare in provincia tutte quelle voci relative ai provvedimenti di esodo forzato in Africa e di oppressioni diverse che il regime fascista adotterebbe nei confronti degli allogeni che rimanessero in Alto Adige51”.

Se ne deduce che Mastromattei avesse intuito la tattica dei tedeschi volta a far optare per il Reich il maggior numero di sudtirolesi e ladini; probabilmente neppure il prefetto fu in grado di prevedere l’ ampiezza è l’ intensità dell’ azione messa in atto dalla propaganda tedesca che ebbe inizio già nell’ estate del 1939, per mano di cosiddetti “turisti” tedeschi presenti in Sudtirolo. Con l’ appoggio dell’ ADO ( la Arbeitsgemeinschaft

Der Optanten, ovvero l’ Associazione degli Optanti52 ), che aveva il compito di dare supporto agli emigranti e di fatto fu l’ associazione dei residenti di lingua tedesca della provincia di Bolzano che scelsero di emigrare nel Terzo Reich, fu avviata un’ azione capillare per indurre tutti gli allogeni ad optare per la Germania; ed infatti abbiamo una prima testimonianza di attività propagandistica del maggio 1939. Si tratta di una comunicazione dell’ Ispettore generale di Pubblica Sicurezza a Bolzano, Commissario Peruzzi, al Ministero dell’ Interno:

“Trovano largo consumo nella zona altoatesina, con evidenti finalità irredentistiche, delle scatole di fiammiferi, tipo svedese, sulle quali sono impresse a grossi caratteri le seguenti frasi: Ein Volk – Un popolo

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ACS, MI,DGPS, DAGR, fasc. A6, b. 1

56 Ein Reich – Un Regno Ein Führer – Un Capo

Dette scatole vengono importate sia dai numerosi germanici che frequentano la zona, e sia dagli allogeni in occasione dei ripetuti viaggi che fanno oltre frontiera53.”

Allegato al documento vi è pure la suddetta scatola dei fiammiferi. Da parte tedesca infatti si ricorse ad esortazioni e notizie false ed allarmistiche come quelle viste poco sopra, circa un trasferimento a Sud del Po, nonchè ad intimidazioni, violenze e al boicottaggio contro gli indecisi e chi aveva optato per l’ Italia. Lascio che siano le parole del prefetto Bellini a descrivere ancora una volta, in un altro comunicato al Ministero degli Interni, la situazione nella valle ladina di Livinallongo:

“[…] Da vari giorni l’ Arma CC.RR. di Livinallongo venne a conoscenza che nella popolazione era stata sparsa la voce che coloro i quali non avevano optato per la Germania, sarebbero stati inviati forzosamente in Sicilia, in Albania e nell’ Impero. Quantunque questa falsa notizia sia stata più volte, durante il periodo delle opzioni, subdolamente diffusa e prontamente neutralizzata, il risorgere di essa a Livinallongo, dopo che gli animi in generale si erano da qualche tempo rasserenati, causò un certo orgasmo nella maggioranza degli abitanti che, essendo rimasti legati all’ Italia e al Regime, vedevano il pericolo di dover lasciare la propria terra.

Ad aggravare l’ orgasmo dei non optanti contribuiva anche il contegno spesso canzonatorio degli optanti ancora non partiti, alcuni dei quali, tardivamente ed invano pentiti, cercano sfogo al loro senso di disagio, col deridere coloro che hanno preferito rimanere italiani54”.

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ACS , MI, DGPS, DAGR, 1939, b. 1/M

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