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LA LIQUIDAZIONE DEI BEN

2. Le condizioni economiche e sociali dei ladin

Ma quali erano le reali condizioni economiche e sociali degli optanti? Da quanto emerge dalle cartelle degli optanti che ho potuto visionare78, risulta che la maggior parte di coloro che affidarono i loro destini al Reich erano per la maggior parte nullatenenti, contadini con proprietà indivisa tra fratelli, con redditi quindi piuttosto modesti, persone con debiti contratti per

migliaia di Lire. Il numero di coloro che scelsero la via dell’ espatrio risultò assai elevato ( come vedremo meglio nel

capitolo successivo ) e ritengo che questo dato debba essere valutato anche tenendo conto delle condizioni economiche, sociali e culturali di chi ripose le speranze di una vita più prospera nella Germania hitleriana. Pochi furono i benestanti che optarono per la cittadinanza tedesca; chi tra di loro compì questa scelta, lo fece per lo più ( in questo caso sì ) per ragioni ideologiche e non per la necessità di migliorare le proprie condizioni materiali. Nelle valli ladine, che per la condizione orografiche risultano essere quasi dei microcosmi per le loro

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ASB, fondo “Uffici dell’ amministrazione statale ed uffici giudiziari dopo il 1919”, sottocategoria “Opzioni”. Nella cartella contenente la domanda di Opzione di un singolo o di una famiglia, si doveva dichiarare i beni in possesso da alienare.

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peculiarità ed i contatti tra le realtà confinanti non erano né rapidi né immediati, l’ economia era volta a soddisfare principalmente l’ immediata esigenza di sopravvivenza. Gli insediamenti non accentrati, ma sparsi in prossimità di luoghi coltivabili, avevano i loro effetti sulla vita sociale: era favorito un certo individualismo, le occasioni di discussione erano infrequenti – se si esclude l’ unico incontro collettivo che era costituito dalla messa domenicale - e le riunioni tra i capi famiglia dei masi trattavano problemi economici al massimo del loro gemeinde di appartenenza; non vi erano dunque occasioni di dibattito e di confronto su problemi di portata più ampia.

Come abbiamo visto in precedenza, anche in virtù di queste ragioni, l’ ideologia fascista trovò scarsa adesione tra la popolazione delle varie valli ladine. Non bisogna dimenticarsi della nostalgia filoasburgica mai sopita e la maggiore affinità percepita verso la popolazione sudtirolese di lingua tedesca

rispetto a quella italiana; tuttavia, torno a sostenere che l’ elemento decisivo, anche se forse non è il principale o l’ unico, che spinse i ladini e, più in generale, i sudtirolesi a deliberare per una emigrazione nel Terzo Reich fu in molti casi il desiderio di migliorare le proprie ( precarie ) condizioni di vita. In una realtà in cui l’ indipendenza economica del singolo era spesso sacrificata all’ interesse della famiglia d’ origine, è comprensibile che l’ idea di avere una proprietà per sé ed una vita indipendente dal punto di vista economico nel benessere promosso dal Reich, costituisse un forte elemento di attrazione per molti. D’ altronde il regime fascista aveva fatto del suo meglio per non attirare i favori della popolazione ladina: l’ abolizione dell’ istituto millenario del geschlossener Hof ( o

viles in ladino, ovvero il maso chiuso ) e delle vicinie fodomo –

ampezzane costituiva un ricordo ed una ferita ancora viva. Ci sono poi degli elementi che emergono dalle relazioni dei prefetti, i quali ci permettono di notare una differenziazione dell’ atteggiamento della popolazione delle valli ladine ( seppur con qualche eccezione ) rispetto al gruppo etnico tedesco della Provincia di Bolzano. Infatti, se è vero che la Ladinia è sempre stata legata al Tirolo storico e le affinità culturali sono evidenti, tuttavia non sempre c’ è stata identità di vedute sugli eventi in

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corso , né nel periodo antecedente alle Opzioni, né nel periodo successivo. Già al momento dell’ Anschluß e della visita in Italia di Hitler nel maggio 1938, la reazione politica delle due popolazioni a questi eventi appare divergente. Se per le valli ladine non si registrarono manifestazioni apertamente filonaziste ( con l’ unica eccezione della Val Gardena, storicamente più incline a recepire le influenze del mondo di lingua tedesca ), altrettanto non può dirsi per i sudtirolesi di lingua tedesca: nelle relazioni conservate all’ interno del fondo archivistico del Ministero dell’ Interno, si denuncia nella Provincia di Bolzano, nel maggio 1938, molte manifestazioni di anti italianità ed al contempo di simpatia nei confronti di Hitler. A proposito di questo, la relazione di Mastromattei del 31 maggio 1938 ne costituisce un esempio:

“La cameriera L.G. grida ripetutamente “Heil Hitler” in un pubblico esercizio. Ammonita. Sono numerose […] le manifestazioni di ragazzi e bambini che tracciano croci uncinate naziste con gesso furtivamente sulle lavagne, banchi delle scuole, e sui perimetri delle chiese, che emettono grida di

“Heil Hitler” quando avvistano in transito auto con guidatori

tedeschi, che esprimono i loro sentimenti tedeschi nello stesso svolgimento dei temi scolastici”79

.

Anche il prefetto Bellini, nella relazione del 20 aprile 1940, riportava analoghi episodi nella zona di Livinallongo; qui infatti, il 1 febbraio 1940, “nove contadini optanti per la

cittadinanza tedesca, in unione al non optante V.P., rivelatosi nell’ occasione di sentimenti anti-italiani, emettono grida offensive verso l’ Esercito Italiano, davanti alla Caserma degli Alpini”80

.

Tale differenza tra le due popolazioni rilevata negli anni 1938 – 1940, era probabilmente dovuta alla mancata identificazione con la Germania di Hitler di un gruppo etnico che iniziava a percepire il senso di appartenenza ad una comunità distinta da quella germanofona; si percepiva “ladina” in senso pieno e non “tedesca”.

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ACS , MI, DGPS, DAGR, 1941, b. 49

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3. L’ Ufficio per l’ Alto Adige, l’ Ente Nazionale Tre