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I principi della collaborative consumption 31

2. LA SHARING ECONOMY E LA COLLABORATIVE

2.2   I principi della collaborative consumption 31

Secondo Rogers e Botsman, i quattro principi fondamentali della sharing economy sono:

1. Massa critica

Quello di massa critica è un concetto utilizzato in molte discipline, e in maniera generica può essere definito come una soglia quantitativa minima affinché avvenga un determinato mutamento qualitativo.

Nelle scienze sociali Rogers, studiando la massa critica per la diffusione di un’innovazione, la identifica come “un numero sufficiente di adopters di un’innovazione in un sistema sociale in modo che il tasso di adozione diventi autosufficiente e crei un’ulteriore crescita”. Nella collaborative consumption il raggiungimento di tale soglia è quindi indispensabile per due ordini di motivi: il primo riguarda la soddisfazione del consumatore, che infatti deve poter disporre di una varietà di scelta sufficiente per considerare valida l’alternativa proposta dal modello di consumo collaborativo rispetto al tradizionale modello di consumo; il secondo, invece, è dato dalla capacità della massa critica di superare le barriere psicologiche che inibiscono l’adozione di qualcosa di nuovo o diverso, quello che viene definito come riprova sociale (Cialdini, 2005): la soddisfazione dei primi adopters costituisce la prova che tale servizio rappresenta per tutti gli altri potenziali utilizzatori una garanzia, una rassicurazione che costituisca un qualcosa che dovrebbe essere provato, che permettono di vincere le esitazioni iniziali e le barriere psicologiche che normalmente esistono quando un consumatore entra in contatto con nuove abitudine e modelli di acquisto.

2. La capacità inutilizzata

Una delle missioni alla base della collaborative consumption è “the reckoning of how we can take this idling capacity and redistribute it elsewhere” (Botsman e Rogers, 2011, pp.83-34). Il mercato tradizionale, infatti, non riesce a redistribuire la capacità inutilizzata a causa degli alti costi di transazione, ossia tutti quei costi legati all’organizzazione di un’attività e nascono quando si forma l’ipotesi di uno scambio o partecipazione al mercato. Se però alla base del modello di scambio vi è la condivisione ecco che questa esternalità negativa viene eliminata: grazie alle nuove tecnologie

digitali e l’utilizzo di piattaforme interconnesse, infatti, domande e offerta possono essere messe in contatto in maniera rapida ed efficiente .

Il concetto di capacità inutilizzata, però, non è propria solo di prodotti fisici, ma bensì anche fattori intangibili come la conoscenza, lo spazio, le capacità possono essere sottoutilizzate ed essere sottoposte ad azioni di riallocazione e distribuzione.

Se da un lato il concetto di capacità inutilizzata qualifica il consumo collaborativo dal punto di vista costitutivo, in quanto, senza di esso le pratiche collaborative non avrebbero ragione di esistere, dall’altro se si trasla il concetto di capacità inutilizzata dal lato del consumatore, è possibile rintracciare una spinta ideologica che spinge quest’ultimo a partecipare a pratiche di consumo collaborativo: il consumo critico (si veda anche il Paragrafo 2.4). Conscio delle conseguenze che la produzione o l’uso di alcuni prodotti può provocare in termini di violazioni di diritti umani o danni ambientali, il consumatore critico è intenzionato a influenzare l’offerta di mercato tramite le proprie scelte di consumo (De Luca, 2006).

3. Tecnologie abilitanti la cultura della condivisione

Questo terzo aspetto è di stampo culturale e si lega al concetto di produzione paritaria. Il progresso tecnologico ha apportato ei cambiamenti sostanziali nella vita dell’uomo e di conseguenza è stato, ed è tuttora, una fonte di cambiamento culturale: e anche sotto il punto di vista del concetto di commons-based peer production11 ha giocato un ruolo

fondamentale.

Le tecnologie digitali giocano un ruolo fondamentale sui comportamenti dell’uomo moderno, tanto da poterli modificare (Mainieri, 2013), e anche nel caso della condivisone, questa è un’abitudine diffusa grazie alla nascita del Web 2.0, dove l’utente, attraverso l’utilizzo di piattaforme ad hoc, condivide notizie, informazioni, foto, video, e così via.

Dunque si può affermare che le tecnologie siano state in grado di favorire l’emergere e l’affermarsi di una cultura della condivisione, favorendone le pratiche. Le possibilità offerte dalle tecnologie digitali risultano quindi vitali per il consumo collaborativo in quanto aumentano le potenzialità di contatto, facendo uscire la condivisione da una dimensione territoriale, e risultano di fondamentale importanza per la condivisone di                                                                                                                

11 Sistema socio-economico di produzione tra pari. Facilitato dall’infrastruttura tecnica di Internet, la

caratteristica di questo sistema socio-tecnico è la collaborazione tra i grandi gruppi di individui, a volte nell'ordine delle decine o addirittura centinaia di migliaia di persone, che collaborano tra loro in modo efficace per produrre informazioni, conoscenze o di beni culturali (Benkler, 2004).

asset che fino a poco tempo fa era impensabile condividere (case, tempo, competenze, beni durevoli, …).

4. Fiducia tra sconosciuti

Come detto in precedenza, ciò che caratterizza la condivisione tipica della collaborative consumption, è che questa avvenga tra sconosciuti. La condizione necessaria affinché questa tipologia di pratiche possa attivarsi è, dunque, la fiducia nei confronti degli altri utenti. Non si tratta solo di una barriera culturale relativa alla diffidenza verso il prossimo da dover affrontare, ma di una regola fondamentale del modello. E per questo le piattaforme di consumo collaborativo hanno implementato dei meccanismi di reputazione e di trasparenza.

Anche Juliet Schor (2014), ponendo l’accento su come oggi a essere nuova non è tanto la condivisione, ma la condivisione con sconosciuti tipica della collaborative economy (Schor, 2014) che va a contrapporsi con quanto accadeva nelle più antiche forme di condivisone, dove gli scambi erano limitati entro il confine familiare o comunitario e non vi era la partecipazione di estranei (Belk, 2009), individua la questione legata alla fiducia come punto cruciale nelle pratiche di consumo collaborativo.

2.3 Classificazione delle piattaforme di collaborative consumption