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Normativa generale 69

3. SOCIAL NETWORK E CIBO: UN SODALIZIO ORMA

3.3   Social eating: il food sempre più digital e sempre più shared 52

3.3.4   Normativa generale 69

Come anticipato nel corso del capitolo precedente, la questione della regolamentazione nell’ambito della collaborative economy è un dibattito molto acceso e aperto, e il social eating non ne è immune, infatti, secondo molti, se la finalità del social eating fosse meramente quella della socialità, ad essa dovrebbe essere totalmente estraneo lo scopo di lucro che, invece, in molti casi è presente. Il discorso potrebbe essere diverso laddove l’organizzatore dell’evento si limitasse a chiedere ai commensali non un corrispettivo, ma solamente il rimborso delle spese vive sostenute.

E questa è anche la critica mossa dalla Fipe, che fa parte di Confcommercio e rappresenta gli operatori della ristorazione, dell’intrattenimento e del turismo. “Se il social eating è a pagamento, allora è un attività commerciale. Sarebbe diverso se ciascun invitato portasse una portata, il primo o il dolce. Ma in questo caso c’è un pagamento: se io pago sono un consumatore, non sono più un ospite.”38

                                                                                                               

37 È il limite delle transazioni che, in un anno solare, possono essere considerate prestazione occasionale. 38 “Social eating vs home restaurant: scontro sulle cene a pagamento”, Corriere dell’Innovazione

Se faccio venire delle persone sconosciute a cena a casa mia e mi faccio pagare una quota, sto svolgendo quindi l’attività di un ristoratore e quindi devo ottenere tutte le autorizzazioni necessarie? La risposta non è scontata.

Tenere distinte le due attività analizzate nel precedente paragrafo, secondo gli operatori del social eating, è molto importante: infatti, nel primo caso, trattandosi di eventi sporadici e riservati, non troverebbe applicazione la precipua normativa dettata in tema di somministrazione di bevande e alimenti mentre l’home restaurant dovrebbe soggiacere, quantomeno, a tale disciplina.

Nonostante l’assenza d’imposizioni da un punto di vista legislativo nel caso di social eating, come riportato nel codice di autoregolamentazione della piattaforma Gnammo si rimanda al senso di responsabilità del cook per il rispetto delle norme igienico sanitarie: “Gnammo e tutta la community si aspettano che siano rispettate le normali norme igieniche che speriamo tu sia abituato ad osservare a casa tua, per te stesso. […]Siamo ancora una volta sicuri, che volendo fare una bella impressione, e magari anche altri eventi, sarai attento ad accogliere i tuoi Gnammers in un ambiente pulito e confortevole”.

Se invece l’attività è quella di home restaurant devono essere soddisfatti i requisiti previsti dalla normativa applicabile: infatti con la Risoluzione n. 50481 del 10/4/201539

il Ministero dello Sviluppo Economico ha chiarito che “si applicano le disposizioni di cui all’articolo 64, comma 7, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i.”, e quindi considera l’home restaurant come un’attività di somministrazioni di alimenti e bevande, e quindi :

• può essere esercitata solo da chi possiede i requisiti di onorabilità e professionalità previsti dall'art. 71 del dlgs n. 59 del 26 marzo 2010;

                                                                                                               

39 https://www.mise.gov.it/attachments/article/2032700/50481sommalibev.pdf - Risoluzione n. 50481del

10/4/2015: “[…] l’apertura e la gestione di un Home Restaurant, ovvero un’attività che si caratterizza per la preparazione di pranzi e cene presso il proprio domicilio in giorni dedicati e per poche persone, trattate come ospiti personali, però paganti […]” ha ritenuto che “[…] la fornitura di dette prestazioni comporta il pagamento di un corrispettivo e quindi, anche con l’innovativa modalità, l’attività in discorso si esplica quale attività economica in senso proprio; di conseguenza, ad avviso della scrivente, non può considerarsi un’attività libera e pertanto non assoggettabile ad alcuna previsione normativa tra quelle applicabili ai soggetti che esercitano un’attività di somministrazione di alimenti e bevande […]” e quindi conclude “[…] Pertanto, ad avviso della scrivente, anche nel caso dei soggetti richiamati nel quesito, considerata la modalità con la quale intendono esercitare, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 64, comma 7, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i.”.

• esige la presentazione di una SCIA "qualora si svolga in zone non tutelate, o previa richiesta di un'autorizzazione, ove trattasi di attività svolta in zone tutelate";

• mentre sul tema della sorveglianza, richiamando la nota n. 557/PAS/U/015816 del 14 ottobre 2016 del Ministero dell'Interno sull'applicabilità del D.M n. 564 del 1992, riporta "che l'assoggettamento dell'attività in questione alla disciplina della somministrazione di alimenti e bevande comporta, in linea di principio, la soggezione ai controlli e agli eventuali poteri sanzionatori e interdittivi dell'Autorità di pubblica sicurezza comuni a tutti gli esercizi pubblici.”

Al di là della risoluzione n. 50481 del 10/4/2015, sono stati diversi i progetti di legge sull’home restaurant. Quello dell'onorevole Minardo, il n. 3258 del 28/07/2015 unitamente ai disegni n. 3337-3725-3807 era stato approvato il 17 gennaio 2017 dalla Camera nel testo unificato n. 264740. Poi però resta arenato in Senato, anche a causa della bocciatura dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato41, che dopo aver osservato che: "Il legislatore intende introdurre nell'ordinamento giuridico italiano una disciplina dell'attività di ristorazione in abitazione privata (home restaurant), la quale, nell'ambito dei servizi partecipati che compongono la sharing economy, risulta essere in forte espansione anche nel nostro Paese, per la forte propensione, soprattutto delle nuove generazioni, ad aprire la propria casa e a condividere la cultura enogastronomica nostrana", ha sollevato critiche ben precise.

Secondo il Garante per la Concorrenza, però, nel disegno di legge n. 2647 il legislatore "introduce limitazioni all'esercizio dell'attività di home restaurant che non appaiono giustificate":

• prima di tutto, prevedendo l'utilizzo "delle piattaforme digitali come unica modalità per lo svolgimento dell'attività di home restaurant" in quanto le transazioni debbono avvenire esclusivamente online, si "riduce l'offerta dei                                                                                                                

40 http://www.camera.it  

servizi di ristorazione per i clienti meno avvezzi all'uso di sistemi digitali/elettronici di acquisto" e si "crea una discriminazione con i ristoratori tradizionali, che, oltre a poter promuovere la propria attività e ricevere prenotazioni mediante siti internet, mantengono la possibilità di avere un contatto diretto con la clientela.";

• "Analoghe considerazioni valgono rispetto all'obbligo di fatto imposto di pagare la prestazione prima di averne beneficiato" vincolato dall'onere di ricorrere alle piattaforme digitali citato pocanzi;

• Ingiustificata anche la "quantificazione normativa del numero massimo di coperti che possono essere allestiti e del reddito annuo che l'attività in esame può generare", limitato il primo a 500 coperti e il secondo a € 5000,00, che contrasta con i principi di libertà economica sanciti dal D. Lgs. n. 59/2010, dai successivi decreti di liberalizzazione, e dall'art. 41 della Costituzione, che tutela libera iniziativa economica e la concorrenza;

• "Infine, appare ugualmente priva di motivazioni e ingiustificatamente restrittiva l'esclusione delle attività di B&B e Case Vacanza in forma non imprenditoriale e della locazione dalla possibilità di ampliare l'offerta di servizi extralberghieri con quella del servizio di home restaurant."

A dimostrazione della volontà di dare delle regole ai ristoranti in casa, il 12 luglio 2018 è stato presentato un nuovo progetto di legge ordinaria. Il titolo del disegno di legge è "Disciplina dell'attività di home restaurant", ma l’iter in Parlamento è tutt’oggi ancora in fase embrionale.