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7. Tipologie e requisiti del marchio

7.3 I requisiti del marchio

Perché un marchio possa essere registrato è necessario che questo si attenga a numerosi requisiti: la rappresentazione grafica, la capacità distintiva, la novità, la liceità e l’esclusività. La principale funzione del marchio è quella distintiva(135). Già le norme della

CUP del 1883 tendevano ad escludere i segni privi di carattere distintivo dalla sfera dei marchi registrabili; infatti, se un marchio è privo di carattere distintivo non risulta conforme a tutti i requisiti richiesti per la sua registrazione. La quantificazione della distintività assumerà, come vedremo, una notevole importanza ai fini del giudizio di contraffazione(136).

Il requisito della capacità distintiva del marchio, espresso dall’art.13 comma 1 c.p.i(137),

permette di individuare altre due categorie di marchio, quella del marchio forte e del marchio debole. Il marchio forte è «costituito da un segno privo di aderenza concettuale con il prodotto che contraddistingue; […] il consumatore medio associa il segno distintivo

al prodotto, prescindendo dal collegamento concettuale»(138). Esso si caratterizza per la sua

originalità e creatività, che dunque determinano una forte capacità distintiva. Al contrario,

(134) Cfr. G. LECCE, Il marchio nella giurisprudenza, 2 ed., in Raccolta sistematica di giurisprudenza

commentata, diretta da G. LEVI, Milano, GIUFFRÈ, 2009, p. 238 ss

(135) Per la legislazione specifica in materia si vedano c.p.i art. 7, 12.1 a, 13.1, 13.2, 13.3, 13.4, 15.1 b; Direttiva Parlamento Europeo e Consiglio 22 ottobre 2008, 2008/95/CE, art. 2, 3.1 b, c, d , (sono rimasti invariati nella Direttiva del Consiglio del 21 dicembre 1988, 89/104/CEE), Regolamento CE Consiglio del 22 febbraio 2009, 207/2009 art. 7, 5. Ed infine TRIPs art. 7.1.

(136) La CGE ha reso noto che «un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa. D'altro canto, poiché il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore, i marchi che hanno un elevato carattere distintivo, o intrinsecamente o a motivo della loro notorietà sul mercato, godono di una tutela più ampia rispetto ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore». CGCE, 29 settembre 1998, nel caso C-39/97, Canon Kabushiki Kaisha c. Metro-Goldwyn-Mayer Inc., in GU UAMI n. 12/98, p. 1407.

(137) Art. 13 comma 1 c.p.i « Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i segni privi di carattere distintivo e in particolare: a) quelli che consistono esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio; b) quelli costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono, come i segni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualita', la quantita', la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l'epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio o altre caratteristiche del prodotto o servizio». Cfr. http://www.altalex.com/index.php?idnot=34794.

(138) Trib. Napoli, 23 giugno 2003, Il mer., 2003, I, p. 44 in A. SIROTTIGAUDENZI, Manuale pratico dei

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il marchio debole è dotato di minore originalità e corrisponde a quel marchio che lascia percepire facilmente quale prodotto contrassegna. I commi successivi dell’art. 13 contengono le disposizioni in tema di secondary meaning e volgarizzazione.

Quando un segno, particolarmente privo di capacità distintiva, mediante un uso ampio da parte del titolare, con l’ausilio commerciale e pubblicitario, perde il carattere generico o descrittivo, aumenta così a dismisura la sua capacità distintiva agli occhi del pubblico e assume un secondo significato più specifico (secondary meaning), introducendo un codice di interpretazione artificiale che spezza così il codice di interpretazione convenzionale(139).

La “conquistata distintività” viene accettata dalla normativa nazionale(140), nella quale era

già stato ammesso che «un marchio valido ma debole potesse con l’uso divenire forte, ed

anche che un marchio originariamente nullo potesse analogamente divenire valido»(141).

Il fenomeno del secondary meaning può essere ricondotto a quello che accade «quando un marchio estende la propria sfera di rilevanza in seguito all’acquisto di rinomanza o di notorietà ed anche alla ipotesi di convalidazione del marchio»(142).

Dato che la capacità distintiva di un segno non è immutabile nel tempo, può anche accadere che un segno avente capacità distintiva, diventi termine comune per indicare una generalità di prodotti o servizi; in questo caso si parla di volgarizzazione, principio secondo il quale il marchio, anteriormente alla registrazione viene privato della sua capacità distintiva, rendendolo quindi nullo; se questa interviene dopo la registrazione si parla di decadenza(143).

(139) La Cassazione ha rilevato che la logica del secondary meaning «suggerisce che proprio perché in origine il segno risultava caratterizzato da una minore capacità individualizzante, una volta pervenuto alla convalidazione dovuta all’uso, abbisogna della protezione più rigorosa che si riconosce al marchio forte, senza la quale anche le lievi modificazioni che il marchio debole deve tollerare nel segno antagonista, frustrerebbero il prodotto risultato dell’uso». Cfr. Cass. Civ., sez. I, 14 marzo 2001, n. 3666, in Giust. civ., 2001, p. 474 inoltre A. SIROTTI GAUDENZI, Manuale pratico dei marchi e brevetti, 4 ed., 2011, op. cit, p. 105, cit. 76.

(140) Con l’inserimento dell’art. 47-bis nella legge marchi, «il marchio non può essere dichiarato nullo se prima della proposizione della domanda principale o riconvenzionale di nullità, il segno, a seguito dell'uso che ne è stato fatto, ha acquistato carattere distintivo». Cfr. G.U. 29 agosto 1942, n. 203. Oggi l’art. 233, comma 2 c.p.i esprime tale principio.

(141) Cass. Civ., sez. I, 29 gennaio 1999, n. 697, in Giust. civ., 1999, I, pag. 1665; A. SIROTTIGAUDENZI,

Manuale pratico dei marchi e brevetti, 4 ed., 2011, op. cit, p. 106, cit. 80.

(142) Cfr. G. SENA, Il Diritto dei marchi. Marchio nazionale e marchio comunitario, 4 ed., 2007, op. cit., p. 98.

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Il secondo dei requisiti di validità del marchio è la novità(144) intesa come «diversità di un

segno rispetto ad altri segni distintivi ed essenziale ai fini di soddisfare la capacità distintiva, la cui sussistenza deve essere valutata, in linea di principio, all’atto dell’acquisto del diritto»(145).

Il requisito della novità è la condizione primaria affinché si possa parlare di marchio, l’art 12 c.p.i tratta questo tema non definendo il concetto di novità ma disponendo quali segni non possano essere definiti “nuovi”, poiché carenti di questo requisito. Tale requisito richiede che vi sia distinzione tra il marchio oggetto della registrazione e qualsiasi altro marchio anteriore(146). Il requisito della novità è fondamentale affinché non si riscontri un

rischio di associazione tra due segni e di confusione per il pubblico. La lettera a) dell’art. 12 fa riferimento al marchio cosiddetto noto, quel marchio cioè che «esplica una funzione

individuativa di un determinato prodotto/servizio nell’immaginario del pubblico»(147)

Dopo aver esposto i requisiti della capacità distintiva e della novità è necessario citare il terzo elemento essenziale, quello della liceità. Ai sensi dell’art. 14 c.p.i (148) le classi di

illiceità sono tre: i) la contrarietà alla legge, ordine pubblico o buon costume; ii) ingannevolezza; iii) violazione di diritto d’autore o di brevetto o disegno o altri diritti esclusivi. Il requisito della liceità oltre a sussistere al momento della registrazione, deve essere tale per tutto il periodo di vigenza del marchio.

La lettera b) dell’art. 14 dispone il divieto di uso ingannevole del marchio, chiamato divieto di recettività, «evitare che il marchio ingeneri uno scarto sensibile di una parte rilevante di pubblico tra l’obbiettiva natura, qualità e provenienza del prodotto e il

(144) L’art. 12.1 b, c, d, e, f, g, h, c.p.i fa riferimento al concetto di novità, mentre l’art. 25.1 a del Codice chiarifica che nel caso in cui il segno manchi di novità, viene disposta la nullità del marchio.

(145) Cfr. A. VANZETTI, V. DICATALDO, Manuale di diritto industriale, 2003, op. cit., p.143.

(146) Secondo la Suprema Corte «il carattere di originalità, ai fini della tutela del segno distintivo come marchio, non consiste necessariamente nella individuazione e nell’utilizzazione di un termine o di una espressione del tutto nuovi, potendo, al contrario, ammettersi anche l’uso di una espressione ricavata dalla storia, dalla letteratura o dalla tradizione popolare, anche se divenuta di comune conoscenza, purché l’accostamento della espressione al prodotto rappresenti applicazione di un’idea originale, e non rievochi nel medio consumatore un collegamento con prodotti dello stesso genere di quello che si intende contrassegnare». Cass., 18 febbraio 2000, n. 1820, in Giur. it., 2001, I, 89. Cfr. S. COPPOLA, Manuale breve

di diritto dei marchi, 2011, op. cit., p.24 ss.

(147) Ibidem. La protezione del segno noto nel nostro ordinamento avviene a prescindere dalla sua registrazione, poiché è la sua funzione distintiva ad assicurarne la tutela grazie al suo uso costante e prolungato. Questa disposizione, dopo la riforma del 2010 è stata trasposta all’art. 13 sulla capacità distintiva (vd. supra, cit. 134).

(148) Art. 14, comma 1 c.p.i «1. Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa: a) i segni contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume; b) i segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi; c) i segni il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore, di proprietà industriale o altro diritto esclusivo di terzi»

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messaggio evocato dal marchio»(149), tale per cui un marchio può essere considerato nullo

per illiceità solo se comunica informazioni poco veritiere sul prodotto che contrassegna(150).