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7. Tipologie e requisiti del marchio

7.1. I segni utilizzabili come marchio

Come anticipato il marchio d’impresa, precedentemente regolato dal r.d. n. 929 del 21

giugno 1942, oggi viene disciplinato dal d.lgs. n. 30 del 10 febbraio 2005 e dagli artt. 2569 e ss. del codice civile(99).

Sia la legge nazionale che il Regolamento sul marchio comunitario fanno riferimento a norme che definiscono la categoria dei segni idonei a costituire un valido marchio(100); la

(97) M. RICOLFI, I segni distintivi. Diritto interno e comunitario, 1999, op. cit., p. 16 ss. Per approfondimenti sulle norme internazionali self- executing, cioè quelle norme che non hanno bisogno di essere integrate dagli organi di produzione di norme nazionali ma semplicemente da procedimenti speciali (“ordine di esecuzione”) si consulti B. CONFORTI, Diritto internazionale, 4 ed., Napoli, EDITORIALE SCIENTIFICA, 2010, cit. 283 ss.

(98) Si aggiunga che i regolamenti comunitari sono direttamente applicabili, non accade lo stesso per le direttive, che, limitatamente a determinate disposizioni che lo richiedano espressamente, diventano applicabili direttamente una volta decorso il termine di attuazione.

(99) Art. 2569 c.c., «chi ha registrato nelle forme stabilite dalla legge un nuovo marchio idoneo a distinguere prodotti o servizi ha diritto di valersene in modo esclusivo per i prodotti o servizi per le quali è stato registrato». Cfr. http://www.altalex.com/index.php?idnot=34794 .

(100) L’art. 7 c.p.i e l’art. 4 reg. m. c specificano quali sono le tipologie di marchio d’impresa che possono essere oggetto di registrazione. Per approfondimenti si vedano M. SCUFFI, M. FRANZOSI, A. FITTANTE,

Il Codice della Proprietà Industriale, Decreto Legislativo 10 febbraio 2005 n. 30, Commento per articoli coordinato con le disposizioni comunitarie e internazionali, 2005, op. cit; G. LAVILLA, B. GUIDETTI, I

marchi di impresa, in AA. VV., Brevetti, Marchio, Ditta, Insegna, vol. 1, Torino, UTET, 2003, p. 670; A. SIROTTIGAUDENZI, Manuale pratico dei marchi e brevetti, 4 ed., 2011, p. 75.

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mancanza di idoneità prevede il rifiuto di registrazione da parte dell’ Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM), e in caso di avvenuta registrazione, ciò comporta la nullità assoluta del marchio (art. 25.1 lett. a c.p.i).

Come anticipato, la regola generale enunciata dall’art. 7 c.p.i, «consente la registrazione come marchio di tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, purché atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese»(101).

Il marchio denominativo, viene definito tale se costituito solo da parole( 102 ). La

giurisprudenza nazionale riconosce «capacità distintiva al marchio denominativo composto da più parole (anche se prive di carattere individualizzante), qualora la composizione dei termini dia luogo ad un sintagma autonomo, che imprima al marchio una novità e una capacità distintiva tali da renderlo registrabile»(103).

Il marchio figurativo, è costituito, invece, esclusivamente da «figure, lettere o numeri»(104).

Qualche problema si riscontra per ciò che concerne i marchi costituiti da singole lettere dell’alfabeto, cifre, suoni, colori e odori. La Corte di Cassazione ha evidenziato la mancanza dei requisiti che dovrebbero garantire la titolarità del marchio, per marchi composti da una sola lettera dell’alfabeto(105). Le condizioni ai fini della tutela sono

circoscritte alla loro rappresentazione grafica, la quale dovrebbe essere peculiare e

(101) Si deve però precisare che la rappresentabilità grafica è intesa riguardo esclusivamente al procedimento di registrazione, e non riguarda la natura e l’uso del segno, «che può essere costituito dalla forma del prodotto, da suoni, ecc., da segni cioè che, pur essendo rappresentabili graficamente, non sono segni grafici». Cfr. G. SENA, Il Diritto dei marchi. Marchio nazionale e marchio comunitario, 4 ed., 2007, p. 78 ss. (102) In questo senso si è espresso il Trib. Cagliari, 16/11/2000. Inoltre si veda S. COPPOLA, Manuale breve

di diritto dei marchi, Padova, EXEO, 2011, p.10.

(103) Trib. Napoli, 30 agosto 2002, in Giur nap., 2002, p. 410. Il Tribunale ha legittimato il marchio “Ciao Ristorante” anche se la prima delle due parole non ha portata individualizzante e la seconda fa solo riferimento generico al servizio messo a disposizione. Viene riconosciuta tale legittimità in quanto marchio dotato di originalità. Inoltre si consulti; S. COPPOLA, Manuale breve di diritto dei marchi, 2011, op. cit., p. 11.

(104) Esempio di marchio figurativo può essere il coccodrillo verde del marchio Lacoste oppure il cane del marchio Harmont & Blaine. A. SIROTTIGAUDENZI, Manuale pratico dei marchi e brevetti, 4 ed., 2011, op.

cit, cit. p. 83.

(105) Era principio consolidato in giurisprudenza che le lettere dell’alfabeto ed i numeri non potessero in sé costituire oggetto di valido marchio e che, conseguentemente, se registrati dessero luogo ad un marchio nullo. Tale orientamento sembra scomparire prima degli anni ‘50 affermandosi così la piena legittimità della registrazione come marchi delle lettere alfabetiche e dei numeri. Alla fine degli anni 50 è riemersa la tesi secondo la quale i marchi costituiti da lettere dell’alfabeto e da numeri dovevano considerarsi diversi dagli altri, in quanto servivano a formare le parole, quindi l’uso doveva restare libero a tutti. In questo senso si è espressa la Cassazione nella sentenza Ferragamo-Fendi (vd. Cass.7 maggio 1983, n. 3109, in GADI, 1983 (1595)). Con la riforma della legge marchi del ’92, in attuazione della Direttiva 89/104/CEE, anche nell’ordinamento italiano è stata inserita una norma che menzionava le lettere e le cifre come possibili oggetti di registrazione come marchio.

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«connotata da un carattere sufficientemente individualizzante»(106). Solo una forte capacità

distintiva può rendere un marchio composto da una sola lettera alfabetica, che di natura dovrebbe essere considerato debole, un marchio forte(107).

Quindi, con l’evoluzione dottrinale e giurisprudenziale, successiva alla riforma del 1992, va riconosciuta l’idoneità del segno costituito da una lettera alfabetica o numero a costituire oggetto di valido marchio(108).

I marchi di forma sono costituiti dalla forma del prodotto o dalla sua confezione. Vengono pacificamente ammessi (anche dall’art. 7 c.p.i) quelli comunemente definiti marchi tridimensionali(109), ad eccezione dell’ipotesi enunciata dall’art. 9 c.p.i(110). Si aggiunga che

può costituire un marchio la forma del prodotto, o la sua confezione solo quando queste svolgano prevalentemente una funzione distintiva e non è possibile confondere la mera forma di qualsiasi prodotto con la forma che costituisce un segno distintivo, altrimenti si arriverebbe a concludere che qualsiasi prodotto (dotato di una sua forma) sia il marchio di sé stesso (inteso come marchio di fatto)(111). L’art. 7 c.p.i consente inoltre la registrazione di

(106) Cfr. ex multis Cass., 19 novembre 1994, n. 9827, in GADI, 1994 (3029).

(107) La capacità distintiva può, per esempio, derivare dall’ acquisizione del carattere di marchio forte a livello intrinseco, o per effetto del secondary meaning acquisito. Cfr. Trib. CE, 12 luglio 2006, in causa T-

277/04, Vitakraft c. Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli)(UAMI), II –

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(108) A. VANZETTI, Marchi di numeri e di lettere dell’alfabeto, in Riv. Dir. Ind. 2002, I, p. 640-651. Se può essere riconosciuta la validità di marchi come «LV» per Louis Vuitton, «C» di Chanel, «H» di Hermès, «V» di Valentino, non può essere negato il riconoscimento di capacità distintiva a marchi costituiti da un solo numero, come per esempio «5» utilizzato sia per una linea di profumi Chanel, sia come simbolo dell’emittente televisiva «canale 5».

(109) Sul tema si vedano: G. FOGLIA, Brevi considerazioni sul marchio di forma, in Dir. ind., 2001, II., p. 243; S. GIUDICI, Alcune riflessioni sui marchi di forma, alla luce della nuova disciplina dei disegni e

modelli, in Riv. dir. ind., 2002, II, p. 174. Ricca è la giurisprudenza comunitaria relativa al marchio di forma:

Trib. di I grado CE, 3 dicembre 2003, Nestlé Waters France c. UAMI, causa T-305/02, in Racc., 2003, p. II,II-5207, in cui «il Tribunale di primo grado ha annullato una decisione della Commissione di ricorso con cui si era respinta la domanda di registrazione di un marchio tridimensionale di una bottiglia contenente alcuni elementi i quali risultavano, presi singolarmente, privi di carattere distintivo.[…] Il giudice comunitario ha rilevato come il prodotto, per essere registrato come marchio, dev’essere analizzato nella sua globalità». Cfr. A. SIROTTIGAUDENZI, Manuale pratico dei marchi e brevetti, 4 ed., 2011, op. cit, cit. p. 85.

(110) Art. 9 c.p.i «Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, o dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto» in cui con «forma

imposta dalla natura stessa del prodotto» si fa riferimento alla sua forma naturale quindi priva di capacità

distintiva, per «forma necessaria per ottenere un risultato tecnico» ci si riferisce alla sua forma funzionale , quindi stabilita da ragioni di utilità tecnica, non monopolizzabile, mentre con «forma che dà un valore

sostanziale al prodotto» la forma il cui pregio incide sull’apprezzamento del prodotto. Cfr. A. VANZETTI,

V. DICATALDO, Manuale di diritto industriale, ed. 4, 2003, op. cit., p. 149-150. Si veda il testo del c.p.i sul sito http://www.altalex.com/index.php?idnot=34554#capo2.

(111) Per meglio comprendere questa delicata distinzione sarà meglio citare qualche esempio: la forma di una poltrona, di un portafoglio, di una lampada, di una borsa, non possono essere considerati marchi di forma,

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marchi che siano «combinazioni» o «tonalità» cromatiche; il marchio di colore viene regolato dalla legge con l’art. 16 l.m.(112), nel quale si indicano come marchio le combinazioni e le tonalità cromatiche, purché traducibili in segno grafico. La Cassazione si è pronunciata in questo senso affermando che «la questione della monopolizzazione dello sfruttamento di un colore come marchio si pone in termini analoghi, come la dottrina più autorevole ha notato, alla questione del cosiddetto marchio di forma, e dunque facendo riferimento al colore del prodotto, e non a quello utilizzato nel marchio in quanto tale […] il colore del prodotto che ripetuto nel marchio può dare luogo a pericoli di monopolio ingiustificato […]. Non si pone siffatto problema laddove, come nel caso di specie, il giudice del merito ha accertato che il collegamento tra il colore ed il prodotto è arbitrario, e rappresenta il dispiego di una attività creativa»(113).

Anche la registrazione del marchio di suono è possibile semplicemente trasferendone sul pentagramma suddiviso in battute la composizione musicale. La sequenza di suoni può quindi essere registrata purché avvenga con la rappresentazione grafica del segno fedele(114).

Più controversa è invece la situazione dei marchi olfattivi in virtù del fatto che risulta indispensabile che il segno possa essere rappresentato graficamente e in modo completo ed inequivocabile, in modo da essere individuato con esattezza, attraverso immagini, linee o caratteri.

perché costituiscono meramente la forma del prodotto;, la forma del cioccolato KitKat, la forma della bottiglia della Coca Cola, i tessuti usati da Gucci, Burberry, Vuitton, Etro per i loro diversi prodotti, sono invece considerati marchi, «perché svolgono una funzione distintiva e sono in qualche modo estrinseci al prodotto». Cfr. G. SENA, Il Diritto dei marchi. Marchio nazionale e marchio comunitario, 4 ed., 2007, p. 82- 83.

(112) L’ art. 16 l.m così cita «Possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i nuovi segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese». Cfr. A. VANZETTI, C. GALLI, La nuova legge marchi. Commento articolo per articolo della

legge marchi e delle disposizioni transitorie del d.lgs. n. 480/92, ed. 2 Milano, 2001, op. cit., p. 107 ss.

(113) Cass., 14 marzo 2001, n. 3666, in Foro it., 2001, I, col. 2539.

(114) Con la sentenza C-283/01, la Corte di Giustizia CE si è appunto occupata della possibilità di registrare segni sonori come marchi ed ha sostenuto che «i segni che di per sé non possono essere percepiti visivamente […] per essere registrati come marchi, devono soddisfare alcuni requisiti. In primo luogo, essi devono consentire di distinguere i prodotti o servizi di un’impresa da quelli di altre imprese. Inoltre devono poter essere oggetto di rappresentazione grafica, in particolare attraverso immagini, linee o caratteri, che sia chiara, precisa, di per sé completa, facilmente accessibile, intellegibile, durevole ed oggettiva» Corte Giust. CE, 27 novembre 2003, causa C-283/01, Shield Mark BV c. Joost list, in Dir. Ind., 2004, p. 213, nonché A. SIROTTI GAUDENZI, Manuale pratico dei marchi e brevetti, 4 ed., 2011, op. cit, p. 87-88.

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Il marchio quindi può essere composto da un solo segno (tra quelli elencati nell’art 7 c.p.i e nell’ art. 4 reg. m.c.) oppure da una combinazione di diversi segni, ognuno dei quali dotato di capacità distintiva. I primi sono definiti marchi semplici, gli ultimi invece, marchi complessi. Nell’ipotesi in cui vi sia concorso di più elementi, di cui uno distintivo e gli altri meramente descrittivi, dunque non caratterizzanti, non si può parlare di marchio complesso. Il marchio di insieme, al contrario, presenta una completa mancanza di elementi distintivi, «essendo i vari elementi tutti singolarmente mancanti di distintività, ed essendo soltanto la combinazione cui tali elementi danno vita, ovvero appunto il loro insieme, che può avere, per come viene percepito dal mercato, un valore distintivo più o meno accentuato»(115).

L’art. 8 c.p.i, risultato dell’attuazione della direttiva 89/104/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988, regola la registrazione dei ritratti di persone come marchi, specificando i casi in cui questi non possano essere utilizzati come tali(116); il secondo comma fa

riferimento all’uso dei nomi di persona come marchi, «purché il loro uso non sia tale da ledere la fama, il credito o il decoro di chi ha diritto di portare tali nomi»(117) e non vieta

all’avente diritto al nome di «farne uso nella ditta da lui prescelta»(118).