• Non ci sono risultati.

(366) Come cita l’art. 124 comma 1 c.p.i «l’inibitoria e l’ordine di ritiro definitivo dal commercio possono essere emessi anche contro ogni intermediario, che sia parte del giudizio ed i cui servizi siano utilizzati per violare un diritto di proprietà industriale». Cfr. http://www.altalex.com/index.php?idnot=34555#capo3. (367) Art. 124 comma 3 c.p.i. Ibidem.

(368) Cfr. G. SENA, Il diritto dei marchi. Marchio nazionale e marchio comunitario, 4 ed., 2007, op. cit., p. 216; inoltre si veda. B. SASSANI, Lezioni di diritto Processuale Civile, Napoli, SCRIPTAWEB, 2005, p. 66. (369) Art. 124 comma 5 c.p.i.

(370) Cfr. M. SCUFFI, M. FRANZOSI, A. FITTANTE, Il Codice della Proprietà Industriale, Decreto

Legislativo 10 febbraio 2005 n. 30, Commento per articoli coordinato con le disposizioni comunitarie e internazionali, 2005, op. cit, p. 567.

102

Il fenomeno della contraffazione del marchio prevede numerose conseguenze negative, dirette e indirette sia per le imprese, andando a colpire i settori di ricerca e creatività e alterando le dinamiche del mercato concorrenziale; sia per i consumatori ingannati da una scorretta informazione riguardo la veridicità dei marchi apposti sui prodotti; e sia per lo Stato, a causa degli ingenti fenomeni di evasione fiscale che provocano danni significativi alle finanze dello stesso, mettendo in ginocchio l’intero sistema produttivo; e last but not least per i cittadini che, sfruttando prodotti contraffatti, possono mettere a repentaglio la loro incolumità fisica, basti pensare ai prodotti farmaceutici contraffatti.

Come anticipato, il D.lgs. n. 140/2006 (la c.d. direttiva enforcement) ha rivisto molte delle norme del codice della proprietà industriale(371).

Nel processo di contraffazione il risarcimento del danno (372) è una componente ineludibile

perché «mira alla reintegrazione della posizione patrimoniale del soggetto leso»(373). Esso è

fondato sull’entità dei danni che il titolare del diritto sul bene immateriale ha subito, ovvero sull’indebito arricchimento di cui ha beneficiato il contraffattore. E’ la difficoltà di quantificazione del danno risarcibile il problema di maggior rilievo nelle cause di contraffazione, ma per ottenere il risarcimento, è necessario prima dimostrare la sussistenza del danno, il c.d. an. Pertanto prima di procedere nell’analisi degli elementi che influenzano il calcolo del risarcimento danni, è opportuno soffermarsi su questo aspetto che rappresenta la premessa maggiore dell’applicazione dell’istituto. Quindi affinché un danno possa essere risarcito è necessario che tra la contraffazione ed il danno vi sia un nesso di casualità.

(371) In particolare l’art. 17 del d.lgs. 140/2006 aveva previsto la sostituzione della precedente versione dell’art. 125 c.p.i. con una nuova cos’ come dettato dall’art. 13 della direttiva enforcement recante “misure per il risarcimento del danno e della restituzione dei profitti dell’autore della violazione” infatti l’attuale art. 125 c.p.i. così cita: «1. Il risarcimento dovuto al danneggiato è liquidato secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227 del codice civile, tenuto conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno, del titolare del diritto leso, i benefici realizzati dall'autore della violazione e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione. 2. La sentenza che provvede sul risarcimento dei danni può farne la liquidazione in una somma globale stabilita in base agli atti della causa e alle presunzioni che ne derivano. In questo caso il lucro cessante è comunque determinato in un importo non inferiore a quello dei canoni che l'autore della violazione avrebbe dovuto pagare, qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso. 3. In ogni caso il titolare del diritto leso può chiedere la restituzione degli utili realizzati dall'autore della violazione, in alternativa al risarcimento del lucro cessante o nella misura in cui essi eccedono tale risarcimento». Cfr.http://www.altalex.com/index.php?idnot=34555#capo3.

(372) Sull’argomento A. G. RENOLDI, L’incidenza economica della contraffazione e la misurazione del

danno, in Il Diritto Industriale, n. 3, 1999, Milano, IPSOA,1993; A. VANZETTI, La “restituzione” degli

utili di cui all’art. 125, n.3, CPI nel diritto dei marchi, in Il Diritto Industriale, 2006, Milano, IPSOA, 2006.

(373) Cfr. M. SCUFFI, M. FRANZOSI, A. FITTANTE, Il Codice della Proprietà Industriale, Decreto

Legislativo 10 febbraio 2005 n. 30, Commento per articoli coordinato con le disposizioni comunitarie e internazionali, 2005, op. cit., p. 570.

103

Secondo autorevole dottrina la prova del rapporto casuale deve essere sempre fornita(374),

ma altri orientamenti hanno lasciato intendere che siano sufficienti anche prove indiziarie. Perciò chi agisce in giudizio per chiedere il risarcimento del danno da contraffazione deve dimostrare l’esistenza di un danno riconducibile alla contraffazione stessa. Il solo fatto della contraffazione, di per sé, non è ritenuto sufficiente a dimostrare un nocumento. Oltre al nesso casuale, occorre che l’autore della violazione abbia agito con dolo o colpa (375),

affinché il danno possa essere risarcibile a sensi dell’art. 2043 c.c.

Per danno emergente si intende l’aumento dei costi sopportati dall’azienda, che vanno a pesare sull’economia di gestione interna alla stessa; in sostanza le spese che il danneggiato è costretto a sostenere per contrastare la contraffazione, quindi quelle per richiedere l’accertamento dell’illecito; inoltre le spese per la costituzione di parte civile in un parallelo processo penale; l’annacquamento del marchio(376); i costi sostenuti per gli

investimenti pubblicitari e le spese per la circolazione di messaggi mediatici che diffidano il consumatore dall’acquisto dei beni contraffatti. Diverso è il caso del “lucro cessante”, ossia il guadagno che il danneggiato da contraffazione avrebbe potuto conseguire se non si

fosse verificata la violazione del suo diritto di esclusiva sul marchio

.

Volto alla risoluzione del problema della indeterminatezza dei criteri di liquidazione del danno da contraffazione e dell’insufficiente tutela sotto il profilo risarcitorio, l’art. 125 c.p.i. contiene alcune precisazioni sulle modalità di liquidazione del danno ed è frutto di

(374) Il giudice può senza dubbio respingere la domanda di risarcimento del danno quando abbia riconosciuto la sussistenza di una violazione del diritto assoluto[…] L’attore, che chiede il risarcimento per il danno subito, non può dunque limitarsi a provare od offrire di provare che violazione del diritto vi sia stata; deve pure almeno indicare- ove limiti la sua richiesta ad una condanna generica- quali potrebbero essere state le conseguenze negative sul proprio patrimonio del comportamento avverso». Trib. Bologna, 19 febbraio 1980; Trib. Torino, 28 febbraio 1989.

(375) «Il tribunale di Monza ha ritenuto che il fatto che un imprenditore riproduca un marchio altrui senza accertarsi della liceità di tale operazione costituisce quanto meno grave imperizia o negligenza, proprio con riferimento alla qualifica di imprenditore». Trib. Monza, 8 giugno 1994, in Giur. ann. dir. ind., 1994, p. 775, in A. SIROTTIGAUDENZI, Manuale pratico dei marchi e brevetti, 4 ed., 2011, op. cit.,p. 140.

(376) Si tratta di quella «volgarizzazione, che arreca all’impresa un danno all’immagine, ed al suo prestigio, producendo un effetto “screditante e di disturbo”». Trib. Milano 14 aprile 1986, GADI 2033/7. Il fenomeno dell’ annacquamento o diluition può essere analizzato sotto il profilo del danno emergente, in quanto esso costituisce un danno per l’impresa arrecato dall’imitatore fraudolento che, allo scopo di trarre vantaggio da un marchio che gode rinomanza, utilizza tale segno distintivo per contraddistinguere delle imitazioni a costi ridotti. Per concludere, qualora l’accertamento dell’effettiva perdita economica subita dal soggetto danneggiato risulti complicato, rendendo impossibile il riconoscimento della liquidazione a titolo di lucro

cessante, l’ orientamento giurisprudenziale prevalente ha optato per l’utilizzo del criterio del danno emergente sotto il profilo dell’ annacquamento del marchio tutelato. Per approfondimenti si vedano A. VANZETTI- V. DI CATALDO, Manuale di diritto industriale,2000, op.cit., p. 227; R. FRANCESCHELLI,

Sui marchi d’impresa, 1988, op.cit., p. 398. Tra la giurisprudenza Trib. Milano, 24 luglio 2003, in Giur. ann. dir. ind., 2003, p. 1133, 4589; Trib. Firenze, 31 gennaio 2000, in Giur. ann. dir. ind., 2000, 4131.

104

numerose modifiche che hanno contrassegnato la stesura in parallelo dell’art. 13 della Direttiva Enforcement 2004/48/CE(377).

L’art. 125 c.p.i., così sostituito dall’art. 17 del D.lgs 16 marzo 2006, n. 140, consente al titolare del diritto leso il «Risarcimento del danno e restituzione dei profitti dell’autore della violazione»(378), secondo «le disposizioni degli artt. 1223, 1226 e 1227 del codice

civile, tenuto conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno del titolare del diritto leso, i benefici realizzati dall’autore della violazione e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto della violazione»(379).

Il secondo comma dello stesso articolo fa riferimento al criterio di liquidazione della royalty presunta, secondo la quale l’ammontare del danno derivante da contraffazione di marchio (o di brevetto) deve essere commisurata alle royalties «che l’autore della violazione avrebbe dovuto pagare, qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso»(380). Degno di nota è inoltre il terzo comma dello stesso articolo (che dà

attuazione dall’art. 45 TRIPs) il quale prevede che “in ogni caso” il titolare del diritto leso possa chiedere la restituzione degli utili realizzati dal contraffattore «in alternativa al risarcimento del lucro cessante o nella misura in cui essi eccedono tale risarcimento»(381). Si

parla in questo caso della c.d. “retroversione degli utili” che ha il suo precedente nel

(377) Così dispone l’art. 13 Direttiva n. 2004/48/CE:«1. Gli Stati membri assicurano che, su richiesta della parte lesa, le competenti autoritá giudiziarie ordinino all’autore della violazione, implicato consapevolmente o con ragionevoli motivi per esserne consapevole in un’attivitá di violazione, di risarcire al titolare del diritto danni adeguati al pregiudizio effettivo da questo subito a causa della violazione. Allorché l’autoritá giudiziaria fissa i danni: a) tiene conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno subito dalla parte lesa, i benefici realizzati illegalmente dall’autore della violazione, e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione; b) oppure in alternativa alla lettera a) puó fissare, in casi appropriati, una somma forfettaria in base ad elementi quali, per lo meno, l’importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti qualora l’autore della violazione avesse richiesto l’autorizzazione per l’uso del diritto di proprietá intellettuale in questione. 2. Nei casi in cui l’autore della violazione è stato implicato in un’attivitá di violazione senza saperlo o senza avere motivi ragionevoli per saperlo, gli Stati membri possono prevedere la possibilitá che l’autoritá giudiziaria disponga il recupero dei profitti o il pagamento di danni che possono essere predeterminati». Il testo è consultabile anche in lingua inglese all’indirizzo http://www.wipo.int/wipolex/en/text.jsp?file_id=126986

(378) Si veda l’art. 125 c.p.i. Cfr. http://www.altalex.com/index.php?idnot=8075. (379) Art. 125 comma 1 c.p.i. Ibidem.

(380) Art. 125 comma 2 c.p.i :«La sentenza che provvede sul risarcimento dei danni può farne la liquidazione in una somma globale stabilita in base agli atti della causa e alle presunzioni che ne derivano. In questo caso il lucro cessante è comunque determinato in un importo non inferiore a quello dei canoni che l’autore della violazione avrebbe dovuto pagare, qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso». Ibidem. (381) Art. 125 comma 3 c.p.i. Ibidem.

105

disgorgement tipico del diritto americano(382). La misurazione dell’utile del contraffattore

risulta semplice se si tratta di marchio notorio ed il contraffattore si è servito di un marchio identico o simile rendendo molto più semplice il processo di individuazione delle mancate vendite rapportate a quelle del soggetto che ha violato il diritto. di conseguenza. L’utile derivante dalle vendite del contraffattore rappresenterà l’utile da restituire al soggetto leso. Quando invece sussiste una violazione del diritto di marchio da parte del contraffattore, attraverso l’utilizzazione di marchio identico o simile, ma per prodotti diversi oppure di marchio identico o simile per prodotti omogenei, ma che per le differenze qualitative e di

prezzo si escluda il rischio di confusione, non si riscontra alcun calo delle vendite e perciò

alcun danno all’imprenditore. Gli utili realizzati dal contraffattore non saranno attribuiti al titolare del diritto violato(383).

Per tale motivo lo si può considerare «un istituto che consente in ogni caso di vedere restituire gli utili realizzati dal contraffattore, può evitare che il contraffattore ricavi un guadagno dall’illecito posto in essere»(384). Infine l’art. 124, comma 6, c.p.i. dispone che

non è possibile disporre la rimozione o la distruzione dei beni contraffatti, quando questi vengano utilizzati ad uso personale o domestico in buona fede. In sostanza, la sentenza si applica ai soggetti che, in malafede, ne dispongono a fini commerciali.

Per concludere è inoltre possibile che «l’autorità giudiziaria possa ordinare che l’ordinanza cautelare o la sentenza che accerta la violazione dei diritti di proprietà industriale sia pubblicata integralmente o in sunto o nella sola parte dispositiva, tenuto conto della gravità dei fatti, in uno o più giornali da essa indicati, a spese del soccombente»(385).

A conclusione del giudizio di merito, una volta accertata la responsabilità del

contraffattore, le misure citate assumeranno la forma di sanzioni civili

.

(382) Per approfondimenti si veda R. PARDOLESI, La retroversione degli utili nel nuovo codice dei diritti di

proprietà industriale, in Dir. Ind., 2005, n.1, p. 37, cit. in A. SIROTTI GAUDENZI, Manuale pratico dei

marchi e brevetti, 4 ed., 2011, op. cit., cit. 41, p. 467.

(383) A. VANZETTI, La “restituzione” degli utili di cui all’art. 125, n.3. , 2006, op cit., p. 324.

(384) Cfr. M. SCUFFI, M. FRANZOSI, A. FITTANTE, Il Codice della Proprietà Industriale, Decreto

Legislativo 10 febbraio 2005 n. 30, Commento per articoli coordinato con le disposizioni comunitarie e internazionali, 2005, op. cit., p. 580ss.

(385) Art. 124 comma 6 c.p.i. Cfr. http://www.altalex.com/index.php?idnot=8075. Di particolare rilevanza è il caso trattato dal Tribunale di Ferrara riguardo la contraffazione del marchio “Elle”, infatti «l’Autorità giudiziaria ha disposto, la pubblicazione del dispositivo della sentenza, per una volta, sul quotidiano Corriere

della Sera e, per due volte, sul periodico Marie Claire con caratteri di stampa doppi del normale, a cura e a

spese della convenuta, ed entro i trenta giorni dalla notifica della decisione». Trib. Ferrara, 23 marzo 2001, cit. in A. SIROTTI GAUDENZI, Manuale pratico dei marchi e brevetti, 4 ed., 2011, op. cit., cit. 9, p. 138.

106