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L’intervento della giurisprudenza: il caso Ferrero Montresor

La vicenda che ha coinvolto la nota azienda dolciaria italiana Ferrero ha avuto una notevole risonanza ed è stata riportata dalla stampa nazionale ed internazionale(593), soprattutto perché la sua sentenza definitiva proviene dall’organo giudiziario più elevato in Cina. In questione è la tutela del c.d. trade dress, inteso come confezione del prodotto

(590) Cfr. M. TIMOTEO, La difesa di marchi e brevetti in Cina. Percorsi normativi in un sistema in

transizione, 2010, op. cit., p. 103.

(591) Zuigao renmin fayuan guanyu shenli sheji chiming shangbiao baohu de minshi jiufen anjian yinyong

falu ruogan wenti de jieshao (1° maggio 2009).

(592) Si pensi alla controversia Shanghai Xingbake Coffee Ltd. v US Starbucks Coffee Co. Ltd., 32/2006, in http://www.ipr.chinacourt.org/public/detail_sfws.php?id=5919 .

(593) Si consultino gli articoli “Cina, Ferrero vince la causa “Stop alle repliche dei Rocher” del 7 aprile 2008 su www.lastampa.it; “Sweet victory for Ferrero against chinese copycat” del 18 aprile 2008 su www.ipworld.com.

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stesso (product packaging), o come sua configurazione (product configuration), ossia la sua forma tridimensionale. I fatti all’origine della questione sono i seguenti.

Il momento di partenza va collocato nel 1984(594), anno che segna l’entrata del prodotto

Ferrero Rocher, il noto cioccolatino marchiato Ferrero, nel mercato cinese. Esportati nella RPC attraverso una delle più celebri società di trading del Paese, la China Grains- Oil & Food Import Export Company, i cioccolatini venivano presentati al pubblico contrassegnati

dal marchio cinese 金沙 Jin Sha. Nel 1986 la Ferrero S.p.A procedeva alla registrazione

del marchio Ferrero Rocher all’interno del bollino adesivo ovale presente sull’incarto del prodotto, presso l’Ufficio Marchi cinese, raggiungendo nel 1993 un grado di rinomanza all’interno del mercato nazionale (dimostrato da un ampio riconoscimento dello stesso da parte della SAIC nel 2000). Tuttavia, la Ferrero non ha debitamente provveduto alla registrazione del marchio Jin Sha, scelta che, come si vedrà, avrà un grande peso nel corso della vicenda.

La Mengtesha Food Co. Ltd (conosciuta con il nome occidentale Montresor) è nata nel 1991 «come joint venture tra la Zhangjiang Milk Products First Factory e la società belga Fitradeal S.a Company Limited[…] Già nel 1990 la Zhangjiang Milk Products First Factory aveva iniziato a produrre cioccolatini proprio utilizzando il nome cinese Jin Sha» e aveva avviato la procedura di registrazione presso l’Ufficio marchi cinese; tuttavia era stato utilizzato su confezioni e configurazioni del prodotto praticamente identiche a quelle dei Ferrero Rocher. Dato che il marchio della contestante vantava una elevata fama e la presenza di due marchi, seppur diversi, sugli stessi o simili prodotti avrebbe sicuramente generato confusione nel pubblico(595), l’opposizione alla registrazione da parte della Ferrero S.p.A è subito stata accolta dall’Ufficio marchi cinese, che ha provveduto a lasciare alla Zhangjiang Milk Product First Factory solo la titolarità del marchio cinese Jin Sha.

Nel 2002 la stessa ha trasferito il marchio alla società controparte, la Montresor, che ha prontamente avviato una cospicua attività di distribuzione dei celebri cioccolatini in Cina con il nome di Jin Sha Tresor Dore ( i caratteri Jin Sha venivano così combinati con i caratteri latini Tresor Dore), subito dopo registrato dalla Montresor nel 2003. I prodotti in

(594) Si deve inoltre precisare che nello stesso anno la confezione del suddetto prodotto, nelle sue varianti da 8, 16, 24 e 30 cioccolatini era stata registrata come marchio tridimensionale presso l’OMPI.

(595) Ricorso proposto da Ferrero S.p.a. contro Mengtesha (Zhangjiagang) Food Co., Ltd e Zhengyuan

Distribution Co., Ltd of Tianjin ETDZ per concorrenza sleale, traduzione di Vittoria Lu, consultabile all’

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questione, caratterizzati dallo stesso packaging( 596 ) dei Ferrero Rocher, venivano così distribuiti attraverso la Zhengyuan Distribution Company di Tianjin, società citata in giudizio con la Montresor nel 2003 davanti alla Seconda Corte Intermedia del Popolo di Tianjin.

L’omissione della registrazione del marchio cinese Jin Sha da parte della Ferrero lasciava all’azienda un’unica possibilità di far valere i suoi diritti, ovvero attingere alla disciplina della concorrenza sleale, per la precisione all’art. 5 comma 2 della Legge sulla concorrenza sleale(597)della RPC.

Come riferisce la Corte Suprema «il giudice di primo grado, dopo aver riconosciuto che il cioccolatino Ferrero Rocher è un prodotto che ha acquisito notorietà sul mercato cinese negli anni recenti […] era passato ad analizzare la confezione e la decorazione utilizzate per i due prodotti in causa, al fine di determinare il grado di incidenza delle medesime nella identificazione del prodotto Ferrero Rocher e nella determinazione dell’atto confusorio»(598).

La confezione dei Ferrero Rocher è stata definita “generica”, contrariamente alla decorazione del prodotto, già precedentemente in uso dalla nota azienda dolciaria, quindi frutto della creatività dell’impresa titolare del marchio.

Per ciò che concerne la notorietà del marchio, è stata appurata dalla Corte la notorietà di entrambi i prodotti, in quanto ha tenuto in considerazione la continuità dell’utilizzo del marchio della controparte e delle relative società di distribuzione, il cospicuo livello di vendite del prodotto marchiato Jin Sha, nonché i numerosi riconoscimenti ottenuti dalla società (tra questi si ricorda il premio Chinese Famous Products nel 2004). Tuttavia, rimaneva incerto quale dei due avesse raggiunto per primo il grado di notorietà tra il pubblico: la Corte si è espressa in tal senso respingendo la richiesta della Ferrero S.p.A, in quanto l’espansione sul mercato del cioccolatino Jin Sha era diventata tale da renderlo noto su tutto il territorio nazionale prima del 1993, data di partenza della distribuzione diretta dei Ferrero Rocher in Cina (che hanno ottenuto la notorietà sull’intero territorio solo recentemente). Decadeva così l’accusa e il conseguente rischio di confusione per il

(596) Si tratta dell’incarto dorato dei cioccolatini sferici, l’adesivo ovale con bordo dorato apposto sul prodotto con al suo interno il marchio Ferrero Rocher, carta color caffè contenente i cioccolatini, rivestimento in plastica trasparente, nonché la confezione esterna, sempre in plastica trasparente con bollino ovale con bordo dorato contenente la riproduzione grafica del cioccolatino e del marchio.

(597) vd. supra, p. 134.

(598) Cfr. M. TIMOTEO, La difesa di marchi e brevetti in Cina. Percorsi normativi in un sistema in

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pubblico.

IL RICORSO

La ricorrente Ferrero S.p.A ha ritenuto che il giudice, nella prima sentenza, non abbia applicato correttamente la legge, perciò ha richiesto, oltre alla revoca della suddetta decisione, l’addebitamento di tutte le spese del processo a carico della controparte. I motivi che hanno spinto la Ferrero a presentare ricorso sono i seguenti:

«1. la prima sentenza ha erroneamente determinato il tempo di notorietà del cioccolato Ferrero Rocher nel Mainland cinese e il fatto della notorietà del cioccolatino TRESOR DORE nel Mainland cinese; 2. la prima sentenza ha erroneamente considerato che il grado di notorietà all’estero non possa estendersi al mercato interno, ignorando le prove fornite dall’attore concernenti la celebrità del cioccolato Ferrero Rocher nel mondo. In realtà, l’Ufficio Marchi e la Commissione di Revisione e Aggiudicazione Marchi hanno considerato e accettato che il cioccolatino Ferrero Rocher già aveva una vasta fama nei lontani anni ’80, che era proprio principalmente collegata alla sua fama internazionale; 3. la prima sentenza ha erroneamente confermato solo in parte le caratteristiche della confezione e decorazione del cioccolatino Ferrero Rocher, confermando solo tre delle cinque caratteristiche della confezione e decorazione del prodotto Ferrero; 4. la prima sentenza ha stabilito autonomamente dei relativi criteri di determinazione che sono in realtà solo criteri di parte e non conformi ai principi delle relative leggi e normative cinesi; 5. la prima sentenza ha commesso

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errori nell’interpretazione della nozione di pubblico di riferimento che ha condotto all’errata conclusione di considerare che la somiglianza della confezione e decorazione di Ferrero Rocher e TRESOR DORE non determini confusione di prodotti nei consumatori; 6. la Mengtesha Company ha violato i principi di onestà e fiducia, ad esempio ha registrato il marchio “金沙”(Jinsha) per primo e allo stesso tempo ha evidenziato

sull’etichetta del marchio la scrittura “dal 1968”»(599).

Durante il processo d’appello, la Corte si è concentrata su due questioni. La notorietà di un

determinato prodotto all’estero può considerarsi esteso al mercato interno qualora l’ individuazione della notorietà del marchio faccia riferimento sia al mercato domestico

(ancora in misura maggiore), che estero. Il secondo punto in questione riguardava la confezione e la decorazione dei cioccolatini, nonché la loro capacità distintiva; anche in questo caso la Corte ha favorito la Ferrero, ritenendo che i Ferrero Rocher fossero contrassegnati da forme precise e da specifici elementi di design, contrariamente a quelle presentate dalla Montresor. Infatti, quest’ultima non ha potuto dimostrare di aver ideato confezioni e decorazioni, e nemmeno di aver utilizzato le stesse prima della Ferrero S.p.A, in quanto tale utilizzo risale al 1990, da parte della Zhangjiagang MIlk Products First Factory.

La richiesta di appello della Ferrero ha spinto la Corte Superiore del Popolo di Tianjin a precisare che «la legge applicabile al caso di specie è la legge cinese sulla concorrenza sleale e che, in base ai Principi generali di diritto civile, in caso di difformità fra tale legge e la Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale prevale quest’ultima»(600), ai sensi dell’art. 142 dei Principi generali di diritto civile che dispone la

prevalenza delle norme di Convenzioni ratificate dalla Cina rispetto alle norme interne. La decisione della Corte Suprema del 10 maggio 2006 non poteva che prevedere che, ai sensi degli artt. 1, 2 e 5, comma 2 della Legge sulla concorrenza sleale e dell’art. 10 comma 2 e 3 della CUP, la società Montresor veniva invitata alla sospensione immediata dell’uso di tali confezioni e decorazioni, nonché della vendita dei cioccolatini Tresor Dore, con l’obbligo di risarcire alla controparte una cifra pari a 700.000 RMB.

(599) Ricorso proposto da Ferrero S.p.a. contro Mengtesha (Zhangjiagang) Food Co., Ltd e Zhengyuan

Distribution Co., Ltd of Tianjin ETDZ per concorrenza sleale, traduzione di Vittoria Lu, consultabile al-

l’ indirizzo http://www.leggicinesi.it/giurisprudenza/Sentenza_Ferrero.pdf.

(600) Il testo dei Principi generali di diritto civile della RPC è consultabile in lingua inglese all’ indirizzo http://www.leggicinesi.it/view_doc.asp?docID=4.

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La cassazione integrale della sentenza di secondo grado richiesta dalla Montresor non si è rivelata favorevole per l’azienda cinese dato che, dopo cinque anni di battaglie legali di Ferrero in Cina, nel 2008, la Corte Suprema si è pronunciata sulla legittimità della sentenza emessa dalla Corte d’appello intervenendo anche sul risarcimento dei danni, che doveva essere stabilito sulla base dei criteri sussidiari della LM, quindi ad un massimo di 500.000 RMB. Naturalmente è stata prevista la cessazione definitiva della commercializzazione dei cioccolatini Jin Sha Tresor Dore.

ALCUNE CONSIDERAZIONI

Il Giudice di terza istanza della RPC, l’equivalente della nostra Cassazione ha quindi dichiarato che, costituisce atto di concorrenza sleale ai danni della Ferrero, la produzione e la vendita da parte della Montresor delle praline al cioccolato Jin Sha Tresor Dore.

Alla luce della descrizione dei fatti sopra esposta, l’aspetto della decisione forse più rilevante da sottolineare è la tutela delle confezioni e degli altri elementi decorativi dei Ferrero Rocher concessa all’azienda piemontese in conformità con la Legge cinese contro la concorrenza sleale, sebbene questi non fossero stati in precedenza registrati come marchi. Tale decisione, se risulta scontata in Italia, che vanta una grande esperienza nell’applicazione della materia, non è affatto scontata per la Cina, in cui la tutela del marchio contro l’imitazione richiede l’elemento formale della registrazione.

Le possibilità di ottenere tutela per un marchio non registrato in Cina sono abbastanza limitate e, grazie all’ evidente adeguamento della legge cinese sulla concorrenza alle esigenze di un mercato concorrenziale, la situazione è nettamente migliorata. Ai sensi della Legge sulla concorrenza sleale e della CUP, «è prevista la cancellazione del marchio identico o imitativo rispetto ad un altro marchio anche non registrato, ma è necessaria la prova – non semplice da raggiungere su un piano di fatto - della malafede altrui»(601). Il caso Ferrero mostra i grandi passi avanti delle procedure amministrative e giudiziarie della RPC, tuttavia, nonostante il tentativo di allineamento del sistema cinese a quello

(601) Cfr. 30 risposte alle domande più frequenti sul diritto della RPC per chi si affaccia sul mercato cinese all’indirizzo http://affari.leggicinesi.it/qea.asp?lnk=8 .

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europeo(602), per ciò che concerne la notorietà del marchio, la disciplina della concorrenza

sleale in Cina rimane caratterizzata da requisiti molto stretti e difficili da soddisfare per

un’impresa italiana(603). La tutela del marchio non registrato, se riconosciuto come rinomato

nella RPC, prevede una procedura più agevole, ma anche meno frequente, data la difficoltà nel soddisfare i criteri di cui all’art. 14 della LM e all’art. 3 del Regolamento SAIC sui marchi rinomati. La registrazione del marchio e anche delle confezioni dei prodotti rappresenta certamente la via più semplice.

Nella vicenda dei Ferrero Rocher l’imitazione delle confezioni viene identificata quale atto di concorrenza sleale, dato «l’uso non autorizzato di una confezione o di decorazioni uguali o simili a quelle caratteristiche (peculiar, nella traduzione inglese della legge) di un altrui prodotto rinomato (well known), in modo da indurre i consumatori a confondere i

prodotti del contraffattore con quelli rinomati»( 604 ).

La vittoria del Made in Italy, con la sentenza dei Ferrero Rocher, rappresenta un momento storico per le aziende straniere in Cina riguardo la difesa della proprietà intellettuale, in quanto per la prima volta è una multinazionale estera ad essere protagonista di un simile e

(602) Infatti, secondo il Considerando 10 del Preambolo alla Direttiva Europea 89/104 sui marchi afferma che «è fondamentale, per agevolare la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione dei servizi, procurare che i marchi di impresa registrati abbiano ormai negli ordinamenti giuridici di tutti gli Stati membri, la medesima tutela: che ciò non priva tuttavia gli Stati membri della facoltà di tutelare maggiormente i marchi di impresa che abbiano acquisito una notorietà». Cfr. http://eur- lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31989L0104:it:HTML . La disciplina europea sui marchi associa il riconoscimento del carattere distintivo alla probabilità di confusione di un marchio, infatti, l’elevato carattere distintivo derivato dal grado di conoscenza del marchio tra i consumatori, avrà sempre un effetto positivo sulla valutazione della probabilità di confusione.

(603) Per questo motivo, le società estere che operano in Cina registrano i marchi anche nella loro “traslitterazione” (o meglio, traduzione) in cinese. Alcune imprese d’oltreoceano hanno scelto perfino di combinare i loro marchi occidentali (solitamente notori) con la loro versione cinese, come ha fatto la Ariston. In questo modo, rendono più facile per i consumatori cinesi identificare e ricordare i loro segni distintivi, che è il primo passo per acquisire reputazione (secondo una sentenza del 2008 della Corte Suprema del Popolo di Pechino, la reputazione estera di un marchio ha solo poco peso nel determinare se il marchio sia o meno notorio, dal momento che il riferimento dovrebbe essere fatto al suo riconoscimento tra gli utenti cinesi). (604) Cfr. F. ROSSI, Diritti riconosciuti grazie ai Ferrero Rocher Per la “Suprema Corte del Popolo” cinese

l’imitazione della confezione dei “Ferrero Rocher” costituisce atto di concorrenza sleale, in Trentino

industriale online, marzo 2009, consultabile all’indirizzo

http://www.confindustria.tn.it/confindustria/trento/TnInd.nsf/webview/BA2DAAC66DB7E284C125758B00 52EE97?OpenDocument. Tale norma è stata recentemente oggetto di un provvedimento giudiziale di interpretazione estensiva, «in cui la Suprema Corte cinese – recependo l’impostazione dettata dai c.d. accordi Trips […] e pacificamente seguita nei Paesi dell’Unione Europea – ha precisato che la “confusione” ricorre a fronte non solo del rischio che il pubblico scambi il prodotto contraffattorio con quello rinomato (pericolo di confusione tra prodotti), ma anche del rischio che i consumatori credano che il secondo prodotto provenga dal produttore di quello rinomato (pericolo di confusione sulla fonte d’origine imprenditoriale dei prodotti)». Ibidem.

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così tanto atteso verdetto nell’ambito di una disciplina così accidentata come quella della contraffazione.

Tuttavia la Ferrero non è esente da ulteriori preoccupazioni, infatti a distanza di poco tempo dalla vittoria definitiva contro i Tresor Dore, la nota azienda piemontese si è trovata a dover affrontare un ulteriore attacco da parte dei contraffattori cinesi verso i celebri cioccolatini Ferrero Rocher: si tratta dell’esposizione delle nuove imitazioni, in alcuni empori nel quartiere di China Town a New York, stavolta contrassegnate dal marchio “Ferrari Rocher”.