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4. Innovazione del posizionamento e dell’immagine

4.2 I vettori innovativi nelle politiche di posizionamento

Un posizionamento in linea con quello ideale è alla base della costituzione del vantaggio competitivo dell’impresa, che permette di conseguire quello stato di “isolamento competitivo” fondamentale ai fini della sua sopravvivenza futura. Le politiche di posizionamento consentono di sviluppare la fedeltà del cliente all’insegna e possono essere implementate per colmare il gap tra preferenze e percezioni o per coprire i vuoti di offerta non efficacemente presidiati dalle imprese commerciali preesistenti sul mercato. Nel primo caso, i distributori possono ridurre il gap attraverso politiche di riposizionamento che agiscono su quelle variabili latenti/tradizionali: l’assortimento (es. inserire nuovi reparti ), la localizzazione, la politica dei prezzi, l’ambientazione, il layout ed il display, l’orario di apertura, i servizi accessori, etc. L'’insegna viene percepita dal cliente con un posizionamento simile a quello ideale e assolutamente differente rispetto a quello delle catene distributive presenti sul mercato. In tal caso, l’innovazione risulta essere incrementale.

Nel secondo caso, i distributori possono decidere di competere su dimensioni inedite e mai considerate prima. In tal caso, la politica di posizionamento innovativa risulta essere radicale e difficilmente imitabile dalla concorrenza e al

contempo stesso in grado di generare una sorta di monopolio spaziale. L’innovazione di posizionamento radicale è implementata agendo su tali dimensioni che chiameremo “vettori innovativi” (Castaldo, 2005).

I vettori principali di sviluppo dell’innovazione nelle politiche di posizionamento

radicale sono afferenti a:

- l’estensione dei bisogni soddisfatti sul piano della complementarietà funzionale;

- l’astrazione dei rapporti di complementarietà (dal livello funzionale a quello valoriale e simbolico);

- l’arricchimento della componente immateriale (di servizio) dell'offerta che determina un'astrazione dell’immagine aziendale.

Tale articolazione concettuale merita un seppur rapido approfondimento.

4.2.1 L'estensione dei bisogni soddisfatti sul piano della

complementarietà funzionale

Il primo vettore di innovazione del posizionamento dell’insegna commerciale è riconducibile allo sviluppo di nuovi distributivi che si basano sull’offerta di un assortimento che possa assolvere ad un grappolo di bisogni espressi da specifici segmenti di clientela e non singoli bisogni espressi dal mass market. Per tale motivo, è fondamentale progettare un assortimento che soddisfi bisogni simili sul piano della complementarietà del processo di consumo e del processo di acquisto.

L’analisi approfondita dei processi di consumo e di acquisto della clientela ha condotto numerose insegne europee a definire o rivedere in modo “originale” il proprio sistema d’offerta: il mix di categorie da trattare (e spesso anche di servizi aggiuntivi di natura non strettamente commerciale da erogare) è stato selezionato in base ai rapporti di complementarità e sostituibilità (Pellegrini, 1997 e 2000).

In altre parole, si tratta di sfruttare le complementarietà su due piani fondamentali:

• i processi di acquisto: complementarietà d'acquisto “pura”;

• i processi di consumo: complementarietà d'acquisto “derivata” da quella di consumo.

La figura 2.5 consente di sintetizzare le logiche di fondo nella definizione del sistema d’offerta complessivo.

Figura 2.5 - Le logiche sottese alla definizione del sistema complessivo d’offerta Complementarità d’acquisto “pura” Complementarità d’acquisto “derivata” da quella di consumo Complementarità di consumo C o m pl e m e nt ar it à d’ a c q ui st o si no no si

Fonte: Premazzi K., Le tendenze innovative nella gestione dell'assortimento nel

retailing Europeo, 8th International Congress Marketing Trends, 2000.

La definizione del sistema d’offerta complessivo si basa sul presupposto di presentare le categorie di prodotto all’interno di un dato punto di vendita in modo “congiunto” (esclusione dei quadranti in basso in figura 2.5). Dal lato della

domanda questo significa che la catena mezzi-fini sottesa all’acquisto di quelle categorie sono compatibili in quanto hanno in comune attributi (servizi logistici, inivi, accessori), benefici, valori ricercati nell’approvvigionamento (Guttman,

1982; Olson e Reynolds, 1983, Reynolds e Gutman, 1984; Busacca e Castaldo, 2000). E’ così richiamato il concetto di complementarità d’acquisto “puro” (quadrante in alto a destra in figura 2.5). In altri casi, i consumatori sono disposti ad acquistare i prodotti nello stesso negozio, anche se richiedono un mix (dosi) di

servizi informativi, logistici e accessori (es. differenti tecniche di vendita) differente da contesto a contesto, semplicemente perché il bisogno di consumo si manifesta contestualmente per più categorie (Premazzi, 2000). Tale sembra essere il caso

della complementarità d’acquisto “derivata” da quella di consumo (quadrante in alto a sinistra in figura 2.5).

Specializzazione e despecializzazione dell’assortimento tendono così a essere stabilite non più secondo la logica tipicamente industriale delle categorie merceologiche, ma secondo quella dei processi di consumo della clientela

(Premazzi, 2000).

La progettazione di una nuova proposta di assortimento ha spesso ricadute anche sulle modalità di svolgimento delle altre funzioni tipiche dell’impresa commerciale (informativa e logistica). Ciò comporta di consueto la nascita di nuove formule distributive e concept di punto vendita oppure di un posizionamento differente da quello implementato dalle formule distributive esistenti sul mercato.

Complementarità d’acquisto “pura”

Il posizionamento dell’impresa commerciale sul piano funzionale può essere

ottenuto agendo sul piano della complementarietà di acquisto (Pellegrini, 2000).

L'utilità per il consumatore è generalmente sintetizzabile nella capacità di ottimizzare il tempo impiegato nell’attività di approvvigionamento. In altri casi, invece, l’utilità può essere generata grazie alla possibilità di usufruire nella stessa shopping expedition di servizi a costo zero (es. intrattenimento, baby sitting, etc.). L’assortimento è progettato per sfruttare le sinergie che derivano dall’offerta di prodotti complementari sul piano del processo di acquisto. E’ possibile verificare che i prodotti e servizi spesso non sono correlati nel processo di consumo ma lo sono sotto quello della shopping expedition perché hanno la stessa frequenza o urgenza di consumo. Basti pensare ai convenience store presso le stazioni di servizio o ai life style store (vedi life store ). Il cliente della stazione acquista prodotti assolutamente non complementari sul piano del bisogno da assolvere (vale a dire fare rifornimento), ma complementari nel processo di acquisto (es. tabacchi,

chewing gum) e spesso ritenuti di emergenza per via dell’estensione dell’orario di apertura.

I forecourt convenience store sono dunque le formule distributive localizzate nei pressi delle stazioni di rifornimento carburante facilmente raggiungibili e aperti 24 ore su 24 (utili per gli acquisti d’emergenza). In passato, trattavano un assortimento di prodotti e servizi legati strettamente alla fruizione dell’auto (olio, manutenzione, pezzi di ricambio, etc.). Negli ultimi anni, i forecourt convenience store hanno subito un profondo processo di riposizionamento, tanto che l’offerta commerciale risulta essere ampliata. E’ possibile acquistare categorie di prodotti di ogni genere, dagli alimentari (es. confezionati), alle bibite, ai prodotti per l’igiene personale e della casa, etc. In tal modo, il consumatore che periodicamente fa benzina, può acquistare alcuni prodotti che avrebbe acquistato presso altri punti vendita e conseguire economie di tempo.

Un altro esempio di complementarità d’acquisto “pura” legata alla ricerca di valori comuni nell’approvvigionamento di diverse categorie di prodotto è quello che afferisce ai di “commercio equo e solidale” che sono entrati con prepotenza nel contesto distributivo. I valori a cui si rifanno sono la solidarietà e la giustizia sociale che si traduce nell'offerta dei servizi di preselezione (prodotti provenienti da paesi in via di sviluppo) e nella commercializzazione di prodotti ad un prezzo equo.

Complementarità d’acquisto “derivata” da quella di consumo

La complementarità d’acquisto “derivata” da quella di consumo è rappresentata in diverse occasioni da specializzati per un particolare processo di consumo o da despecializzati per processi di consumo. Nel primo caso, l'obiettivo è di soddisfare tutti i bisogni specifici di un determinato macro-bisogno, oppure solo quelli connessi a una o più occasioni di consumo. Aurgi, ad esempio, ha creato un reparto ah hoc per soddisfare tutte le necessità che possono rilevarsi a causa del bisogno generico di “muoversi” nella particolare situazione “in auto”. Le concessionarie al di là della vendita delle auto, possono offrire dei servizi complementari (assicurazione, manutenzione, finanziamento, etc.); analogamente i punti vendita

che commercializzano abiti da sposa posso erogare un insieme di servizi accessori: noleggio auto, confetti e bomboniere, servizi di acconciatura ed estetica, catering e ristorazione (Premazzi, 2000).

In questo modo, le imprese commerciali non assolvono solo alla funzione di preselezione dei prodotti, ma forniscono consulenza informativa sulle soluzioni più adatte a soddisfare più efficacemente il bisogno. In altre parole, le imprese commerciali da intermediari di beni, diventano anche intermediari di servizi (agenzie viaggi, sistemi bancari, etc.).

Nel secondo caso, è assai frequente che siano le scelte strategiche di segmentazione e posizionamento a condurre all’inclusione in assortimento di categorie complementari nel consumo e, di conseguenza, nell’acquisto (Premazzi, 2000). E'

possibile includere in tale categoria tutte le insegne che individuano un target specifico per stile di vita (es. amante della natura per Nature et Decouverte, spiritualista per Oibibio, biker per Harley Davidson, amante degli animali domestici per Petsmart) che concentrano ogni prodotto atto soddisfare i bisogni che ne derivano (vedi format mirati a specifici segmenti).

Da quanto detto, si evince che numerosi retailer siano entrati nel settore distributivo, attraverso “originali” dal punto di vista delle categorie di prodotto commercializzate e di servizi che i clienti vi possono trovare. Dalla identificazione dei processi di consumo e di acquisto del proprio target di clientela è possibile definire il sistema d’offerta in grado di assecondare le loro esigenze al fine di creare un vantaggio competitivo sul mercati d’origine che è consolidato esportando la formula innovativa in altri contesti geografici.

4.2.2 L’astrazione dei rapporti di complementarietà sul piano simbolico e valoriale

L’innovazione della posizione aziendale può essere perseguita come abbiamo visto in precedenza sul piano funzionale fra prodotti e servizi che assolvono ad un bisogno complementare. Non solo, l’innovazione può avvenire agendo su vettori che esulano da fattori tangibili ma afferiscono all’astrazione dei bisogni sul piano

della complementarietà a livello simbolico e valoriale. Tale innovazione di posizionamento si traduce nell’attuazione di politiche di “store image extension” che portano l’impresa commerciale ad estendere i suoi confini competitivi e sviluppare nuove competenze specialistiche. Le insegne commerciali che ampliano il proprio asset di servizi accessori e complementari, come ad esempio l’erogazione di servizi finanziari o assicurativi o l’opportunità di usufruire del servizio di baby- sitting all’interno del punto di vendita accrescono la concorrenza con nuovi attori e determinano la necessità di aggiornare le proprie conoscenze.

L'estendibilità dell'immagine del punto vendita da un lato ai prodotti in assortimento e, dall'altro, a business più o meno correlati (ristorazione, banking, travel, ecc.), attua quella che è stata definita una condivisione di immagine (Vicari,

1989). In altre parole, alcune insegne sfruttano la forza della store image per diversificare la propria attività nell'offerta di servizi complementari (es. servizi bancari, finanziari, ecc.) o sfruttano la store image dell'insegna (grazie al rapporto di fiducia che si instaura tra consumatore e insegna commerciale) al fine di sostituire l'insegna alla marca industriale come elemento di garanzia del prodotto 80

(Pellegrini, 1990).

4.2.3 L’arricchimento della componente immateriale dell'offerta

Un terza innovazione delle politiche di posizionamento avviene attraverso l’astrazione dell’immagine aziendale su componenti valoriali che da la spinta per l’introduzione di nuovi distributivi. Le insegne che focalizzano il loro assortimento, le caratteristiche strutturali, lo spazio di vendita in funzione del sistema di valori (es. tutela del consumatore e dell’ambiente) di cui si fanno promotori sono degli esempi di politiche di astrazione della store image.

In altre parole, tali insegne devono progettare le leve del retailing mix in coerenza del proprio sistema di valori; in particolare nella comunicazione che assume un ruolo centrale nel trasmettere l’immagine aziendale.

L’insegna diventa intermediario commerciale e consulente d’acquisto nella scelta dei prodotti più adatti ad ogni specifica esigenza del cliente. Ciò si traduce in un fattore critico di successo del ed elemento incontrastabile di creazione della store loyalty