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i sostegni previsti nel Patto per l’Inclusione sociale.

CONTEGGI FINALI RISORSE UMANE AL 30/06/2019 SOCIALE SENZA

6. RISORSE ED OSTACOLI NELLA RIORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI SOCIALI DELL’AMBITO BELLUNESE

6.4 Identificazione delle soluzion

Rispetto alla riflessione su possibili soluzioni o strategie da mettere in campo, si sono sintetizzati i contenuti a seconda dei livelli di governance a cui sono state associate le proposte e, infine, si sono raccolti degli spunti utili per ripensare all’attuale modello di welfare e adottare buone prassi metodologiche.

6.4.1 Governance regionale

Gli intervistati auspicano ad una governance regionale più decisa e incisiva, sia a livello istituzionale che organizzativo, che permetta di garantire omogeneità nella gestione degli interventi e delle misure previsti per la lotta alla povertà.

Di Marzo puntualizza come si sia in attesa dalla Regione di una riforma dei servizi in linea con un disegno istituzionale innovativo in grado di sviluppare un Piano sociale regionale autonomo, che valorizzi il ruolo degli ambiti territoriali.

“Dalla Regione è attesa una riforma del Sistema dei Servizi sociali coerente con una strategia di innovazione istituzionale, che tenga conto della opportunità di sviluppare un autonomo Piano sociale Regionale, che contenga gli Ambiti Territoriali sociali quali livelli gestionali delle politiche sociali dei Comuni e degli indirizzi regionali (CAL); la funzione istituzionale, le forma di governance territoriale e i sistemi di rappresentanza della cittadinanza; la struttura dell'ambito e la funzione di programmazione e progettazione, integrazione interistituzionale e comunitaria (sanitaria, educativa, del lavoro); i sistemi di finanziamento delle politiche sociali dei Comuni.”

E’ molto interessante leggere come la funzionaria regionale Casson comprenda e supporti la richiesta avanzata dagli ambiti veneti di ottenere un loro riconoscimento formale, oltre che a prevedere forme di incentivazione alla gestione associata; ciò non solo a fronte delle difficoltà amministrative e contabili che incombono sull’ente capofila, ma anche per la necessità di costruire un progetto graduale di sviluppo che superi i confini comunali.

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“Questo rappresenterebbe un importante cambio di passo perché, oltre ad agevolare i territori da un punto di vista amministrativo, non sconvolgerebbe il sistema delle deleghe sociali e sociosanitarie. Si aggiunga al riguardo che la Regione Veneto non ha mai ritenuto di seguire la scelta assunta da altre Regioni che hanno riservato delle risorse (come per esempio una quota del fondo nazionale per le politiche sociali), per la promozione della gestione associata. Si ritiene in primo luogo essenziale preservare il modello dell’integrazione sociosanitaria così come è stato costruito in molti territori, pur rendendosi necessario, come espresso dal piano regionale per il contrasto alla povertà, allargarne la visione all’integrazione socio - lavorativa e con le altre politiche (casa, scuola, trasporti, ambiente, etc…).

La riforma sanitaria regionale, inoltre, introdotta con la scopo di migliorare l’efficienza e l’efficacia di alcuni servizi anche attraverso una loro “armonizzazione”, ha però, dalle testimonianze raccolte, aumentato la distanza tra questi e i cittadini. Si ritiene importante pertanto, in materia sociale, riconoscere con atto formale il livello organizzativo dei 21 Ambiti territoriali e promuovere una gestione associata non limitata all’esercizio della funzione fondamentale, ma anche di singoli servizi ed interventi, mantenendo la loro vicinanza alla comunità.”

Inoltre Casson auspica che a livello politico regionale si venga a creare un indirizzo unitario per la costruzione di un modello organizzativo ed istituzionale omogeneo e riconosce nella stesura in corso dei POR (Programmi Operativi Regionali) per la programmazione 2021- 2027, un’importante occasione per dare corso ad un pieno riconoscimento e rafforzamento dell’articolazione regionale in Ambiti omogenei.

Egitto, pur riconoscendo il contributo positivo che una presa di posizione più decisa da parte della Regione potrebbe apportare, evidenzia come le imposizioni dall’alto non vengano mai prese in maniera ottimale; comprende dunque l’agire della regione la quale, pur avendo dettato riferimenti importanti, sta validando differenti forme di organizzazione degli ambiti e ciò continuerà a creare difformità tra i diversi territori. Di Marzo, infine, fa emergere come, nella complessità di tale contesto, un errore molto frequente possa essere quello di ridurre e semplificare troppo le “storie complesse”, correndo così il rischio di adottare soluzioni precarie, parziali e poco incisive. E’ richiesta invece una convergenza a più livelli: Regione, Comitato sindaci, Dirigenti e Responsabili di sistemi e servizi, operatori.

6.4.2 Governance locale

A livello locale la dott.ssa Di Marzo sostiene come il Comitato Sindaci dovrebbe incidere su una revisione dei processi di programmazione locale e sull'esercizio della titolarità delle funzioni sociali a sostegno dei diritti di cittadinanza, nonché incentivare la gestione associata tra i comuni e promuovere principi solidaristici di sviluppo territoriale.

Dello stesso parere è l’assistente sociale Egitto che riconosce l’importanza di “spingere i comuni” verso una gestione associata di ambito, trasferendone anche le risorse finanziarie necessarie. Tale spinta necessita di un paziente lavoro di coinvolgimento delle singole amministrazioni, per far loro comprendere come la parte di lavoro svolta dall'ambito

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possa agevolare gli impiegati comunali, garantendo la semplificazione amministrativa di alcune procedure (ottimi esempi in questo senso sono stati il RIA, il fondo povertà educativa, il progetto Sostegno all'abitare).

Anche la funzionaria regionale si allinea con i contenuti degli operatori bellunesi e inoltre osserva che dovrebbe essere consentito agli amministratori locali degli ambiti di avere una piena gestione di tutte le risorse sociali e socio sanitarie provenienti sia dal livello statale che regionale. Questo agevolerebbe il superamento della frammentazione nella programmazione sociale e aiuterebbe a far maturare in loro una piena consapevolezza rispetto ai bisogni della propria comunità e degli strumenti a disposizione per farvi fronte, deleghe comprese.

6.4.3 Metodologia operativa

Verdozzi riporta come gli operatori dei diversi servizi ed enti abbiano comunque nel tempo maturato positive esperienze di collaborazione; tali modalità costituiscono un buon antidoto ai conflitti ed alle criticità che da sempre accompagnano gli addetti ai lavori. Di Marzo afferma come la componente tecnica dovrebbe ambire a modelli di gestione efficaci, promuovere l'integrazione delle risorse, tendere ad omogenizzare processi e metodologie di lavoro per rafforzare i Servizi sociali, favorendo una qualificazione “forte” dei servizi perché possa integrarsi con altre aree su piani paritetici.

Casson invita a ripensare al modello di welfare generativo, portando attenzione a creare forme istituzionali nuove, capaci di strutturare processi di mutualità e solidarietà locale invece che concentrarsi sui tagli della spesa, la razionalizzazione dei servizi e delle prestazioni.

Riprende poi una significativa definizione di “rete”, quale “strumento prezioso per favorire nuovi e più avanzati equilibri, sostenere e interconnettere le tante potenzialità […] e per rendere concretamente possibile un atteggiamento di piena corresponsabilità nella soluzione dei problemi” (Giaccardi e Magatti, 2014).

E’ determinante quindi la capacità di generare alleanze capaci di affrontare insieme le sfide emergenti poste ai servizi e di ridare alle persone il senso e il valore di una comunità, senza mai perdere di vista la propria identità territoriale.