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i sostegni previsti nel Patto per l’Inclusione sociale.

4) POSSIBILI FORME ORGANIZZATIVE E ISTITUZIONALI DEI SERVIZI SOCIAL

4.3 Modelli organizzativi per la gestione associata dei Servizi social

Le dinamiche di governance multilivello non si esauriscono nella programmazione dell’offerta ma in molti casi interessano l’erogazione e la gestione associata a livello intercomunale dei servizi.

La maggior parte delle regioni utilizza la gestione associata intercomunale dei servizi sociali come consueta modalità di gestione dei servizi sociali. Tale orientamento si è concretizzato quasi sempre con legge, proprio per esprimere con autorevolezza la volontà delle regioni di promuovere la gestione associata ed unitaria dei Piani di zona.

Il sistema degli enti locali territoriali è caratterizzato oggi da una maggiore flessibilità di strumenti amministrativi rispetto al passato. Ciò consente di sviluppare nelle varie realtà territoriali processi di auto-organizzazione anche molto diversi ed originali tra loro. Tale pluralismo di forme amministrative se da un lato può rappresentare un vantaggio, perché ne esalta senza dubbio i processi decisionali, dall’altro lato ha portato ad una frammentazione nelle politiche dei servizi sociali. Infatti, nelle politiche di welfare è di fondamentale importanza assicurare un equilibrio tra diritti di cittadinanza e gestione decentrata dei servizi (Ferrario, 2006).

Le leggi degli anni ’90 sull’ordinamento delle autonomie locali, hanno portato importanti cambiamenti nelle politiche locali. Come descritto al capitolo 2 (paragrafo 2.1.), tali riforme si caratterizzavano per una forte responsabilizzazione dei governi locali, assistendo dunque al passaggio da un ordinamento istituzionale e organizzativo omogeneo a livello nazionale ad un complesso di enti locali diversificati tra loro nelle regole di funzionamento a seconda delle peculiarità di ciascun territorio. Il D.Lgs. 267/2000 (TUEL - Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) definiva il principio dell’autonomia degli enti locali, che si poteva esprimere attraverso strumenti auto-organizzativi quali statuti e regolamenti.

Tenendo il focus nel settore dei servizi sociali si possono indicare tre aree cruciali per l’espressione di tale principio: la partecipazione dei cittadini; la frammentazione dei territori delle amministrazioni locali (piccoli, medi e grandi comuni); la gestione amministrativa, ovvero l’organizzazione dei servizi ed i rapporti interistituzionali.

Problema rilevante per l’amministrazione dei servizi a livello locale è l’individuazione di un’adeguata scala gestionale. La legge interviene in questa materia predisponendo una pluralità di strumenti per sostenere le amministrazioni locali.

Il TUEL definisce, inoltre, le procedure amministrative che i piccoli comuni possono utilizzare per unire le proprie risorse, attraverso:

- convenzioni inter-comunali: ovvero accordi amministrativi per lo svolgimento coordinato di funzioni e servizi (art. 30 TUEL);

- consorzi: enti amministrativi per la gestione associata (art. 31 TUEL); - unioni di comuni: nuovi enti derivanti dalla loro unificazione (art. 32 TUEL);

- esercizio associato di funzioni e servizi: ossia incentivi regionali a processi di riorganizzazione sovracomunale dei servizi (art. 33 TUEL);

- accordi di programma: accordi interistituzionali fra vari enti pubblici per la definizione di opere, interventi, programmi (art. 34 TUEL).

E’ facoltà di ciascun comune valutare se aderire o meno a una modalità di gestione ed erogazione associata; la Regione può esprimere delle preferenze, non vincolanti per i comuni.

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Ciascun comune può decidere, altresì, quali servizi offrire in forma autonoma. Quali vantaggi complessivi può portare una gestione associata dei servizi?

Innanzitutto la possibilità di avere una consistente riduzione dei costi (attraverso la razionalizzazione della logistica, degli acquisti, dell’erogazione dei servizi e dell’organizzazione del lavoro); può favorire, inoltre, una maggior equità di accesso ai servizi all’interno di un ambito territoriale e creare le condizioni organizzative per agevolare un maggiore sviluppo delle professionalità degli operatori (condivisione delle competenze, razionalizzazione nell’organizzazione delle risorse umane e nei turni di lavoro). Inoltre, potrebbe consentire il superamento della frammentazione esistente, integrando e armonizzando le politiche di welfare territoriali.

Dal punto di vista istituzionale e organizzativo le soluzioni sono numerose. Troviamo infatti: i patti di collaborazione amministrativa; la delega a enti di natura pubblica preesistenti o costituiti ad hoc; la delega a enti di natura privata costituiti ad hoc.

a) La gestione associata attraverso patti di collaborazione amministrativa

Questa categoria include la gestione associata dei servizi svolta direttamente dagli enti partecipanti. Non vi sono deleghe a terzi, bensì una suddivisione dei compiti gestionali tra gli enti aderenti ai patti.

Nel quadro di una convenzione, ad esempio, i comuni assegnano le deleghe per la gestione di un’attività a uno di essi (tendenzialmente il Comune capofila); in questo comune si possono costituire degli uffici specifici.

b) La gestione associata mediante la delega a enti pubblici

L’elemento caratterizzante è il principio per il quale la gestione associata non viene svolta direttamente dai comuni dell’ambito ma viene da questi delegata a un ente terzo di natura pubblica. La terzietà dell’ente gestore offre alcuni vantaggi: permette uno sgravio del lavoro amministrativo ai comuni e consente di individuare una struttura che acquisisca una specializzazione in termini gestionali; rende inoltre più equilibrati i rapporti tra i vari comuni.

La delega della gestione può essere assegnata alternativamente: - a un ente già esistente e polivalente;

- a un ente pubblico creato ad hoc e dedicato esclusivamente alla gestione associata dei servizi socioassistenziali.

Nel primo caso rientrano le situazioni che prevedono una delega delle funzioni di gestione associata a enti quali l’ASL o una comunità montana/di valle. Si tratta di soluzioni che coniugano i vantaggi derivati da una gestione associata dei servizi ai potenziali vantaggi offerti dalla possibilità di operare con maggiore flessibilità.

c) La gestione associata mediante delega a enti privati

Questa categoria si distingue in quanto le funzioni di gestione associata vengono affidate a un ente di natura privata anziché pubblica (fondazioni e imprese private). Questa scelta accentua le potenzialità di flessibilità gestionale e amministrativa in quanto le fondazioni sono tipologie di organizzazioni che non mostrano tratti burocratici caratteristici delle pubbliche amministrazioni. Ciò consente loro un più elevato grado di autonomia.

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La delega della gestione associata a un ente privato presenta tuttavia alcune criticità, in quanto l’affidamento delle responsabilità dei processi decisionali in merito all’utilizzo di risorse pubbliche a un ente rispetto al quale i cittadini hanno minori possibilità di esercitare delle forme di vigilanza (Rossi, 2014).

Le ragioni che spingono verso una gestione associata costituiscono i suoi stessi obiettivi: garantire in modo efficace ed omogeneo i Livelli essenziali delle prestazioni sociali in tutto il territorio, dare maggiore efficienza al sistema e ricercare una migliore integrazione con il comparto sanitario, il cui distretto coincide, di norma, con l’ambito sociale.

I comuni possono quindi utilizzare diverse forme gestionali, anche se non mancano iniziative e sforzi di miglioramento, come è accaduto con l’azienda di servizi sociali di Bolzano e con le aziende pubbliche di servizi alla persona del Friuli Venezia Giulia. Questi due esempi sono indicativi del bisogno di una rettifica della normativa sulle forme associative dei comuni, davanti alla necessità di creare aziende pubbliche di servizi sociali in grado di coniugare assenza di lucro, direzione politica, efficienza aziendalistica e partecipazione intercomunale.

Purtroppo però la forma di gestione ottimale e universale non esiste: vi sono aspetti, storie, particolarità locali, di cui non si può non tenere conto. Sono inoltre determinanti gli obiettivi definiti dai soci pubblici e privati che vi partecipano, la tipologia dei servizi da gestire e la dimensione del bilancio.

Tuttavia, vi sono dei criteri che possono agevolare le probabilità di successo della gestione associata, tra cui: la possibilità che siano i comuni ad individuare in autonomia la forma associativa più appropriata e che coinvolga tutti i comuni afferente all’ambito; la forma gestionale scelta mantenga in capo ai comuni il potere di indirizzo politico e di controllo diretto e infine il fatto che le società di capitali siano poco adatte alla gestione dei servizi sociali nel loro complesso (Pesaresi, 2006).