D II a 5 Esortazioni, comandi, esclamazioni, enfas
D) II b 1 Patronimici, antroponimi, etnonim
La collocazione in rejet può avere la funzione di sottolineare il carattere evocativo dei nomi, come emerge chiaramente da un passo stilisticamente ricercato quale Aen. VIII 157 ss.
nam memini Hesionae uisentem regna sororis
Laomedontiaden Priamum, Salamina petentem,
protinus Arcadiae gelidos inuisere finis. tum mihi prima genas uestibat flore iuuentas,
mirabarque duces Teucros, mirabar et ipsum Laomedontiaden; sed cunctis altior ibat Anchises:mihi mens iuuenali…
L’ammirazione di Evandro per Priamo è espressa mediante un verso solenne e cadenzato costituito da quattro parole (v.158),174 l’anafora del verbo miror con variazione nell’esposizione all’ictus metrico, e la giustapposizione interstichica ipsum / Laomedontiaden.175 Il successivo rejet del nome Anchises, seguito da forte pausa sintattica, acquista in questo contesto un’enfasi ancora maggiore, come appare chiaro dalla semantica dell’espressione (sed cunctis altior ibat).176 Un simile effetto stilistico caratterizza anche Aen. X 29
muris iterum imminet hostis
nascentis Troiae nec non exercitus alter,
atque iterum in Teucros Aetolis surgit ab Arpis
Tydides.
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174 Cfr. Eden 1975, ad loc. «four-word lines are rare enough to be arresting» e Von Albrecht 2012,
p. 205, che, sottolineando la rilevanza stilistica di tali versi («poiché di regola un esametro latino contiene almeno cinque parole i versi di quattro sole parole appaiono come in scrittura spaziata»), rileva (p. 206) l’enfasi di Evandro nello scandire lentamente il nome dell’eroe e cita per il medesimo effetto stilistico Aen. VIII 103 Amphitryoniadae magno diuisque ferebat, dove il lungo patronimico evidenzia la prestanza fisica di Ercole, e Aen. IV 542 Laomedonteae sentis periuria
gentis («Didone sottolinea il tradimento di Enea sillabando per intero il lungo nome dello
spergiuro antenato dei Troiani»).
175 Sulla particolare ripetizione si veda la sezione “Effetti stilistici del rapporto tra ictus e accento”,
pp. 199 ss.
dove il poeta rende il pathos e il timore delle parole di Venere attraverso una serie di studiati accorgimenti stilistici. La collocazione in fine di verso conferisce un’enfasi particolare al termine hostis, sottolineandone l’idea di pericolo e minaccia (imminet), che appare maggiore in relazione alla debolezza della “neonata” città di Troia. Al verso successivo la giustapposizione dei termini Teucros Aetolis, a ponte della pentemimera, riflette l’opposizione militare dei due popoli,177 mentre al verso 29 il patronimico Tydides, messo in rilievo dal rejet e dalla pausa sintattica,178 evoca nelle parole di Venere paura e terrore: Diomede, l’eroe che ha già combattuto contro la dea, infliggendole dolorose ferite, ora risorge (iterum surgit) dalla terra come un mostro minaccioso.179
In Aen. VII 678 ss.
Nec Praenestinae fundator defuit urbis, Volcano genitum pecora inter agrestia regem inuentumque focis omnis quem credidit aetas,
Caeculus.
la ricercatezza stilistica del passo è evidente nella collocazione del pronome quem, dislocato di dieci parole rispetto all’inizio della relativa (non ci sono casi analoghi nell’Eneide), e del nome Caeculus fortemente posposto e messo in rilievo dal rejet.180
Ancora particolarmente espressivo è il caso di Aen. X 491 s.
‘Arcades, haec’ inquit ‘memores mea dicta referte
Euandro: qualem meruit, Pallanta remitto’
dove la collocazione del nome di Evandro, in rejet e prima di pausa metrico- sintattica, suggerisce una nota di scherno e di crudele ironia (già evidente
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177 Si veda la sezione “Ordine delle parole e Senso”, pp. 306 ss. 178 Cfr. Harrison 1991, ad loc.
179 L’immagine del guerriero che sorge dalla terra richiama Aen. VI 625 exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor.
nell’aggettivo memores): Turno pronuncia con enfasi il nome di colui al quale ha ucciso il figlio “meritatamente” (qualem meruit).181
Stilisticamente rilevanti sono anche i casi in cui un toponimo è messo in rilievo dal rejet, come nell’emblematico Aen. II 325
uenit summa dies et ineluctabile tempus
Dardaniae. fuimus Troes, fuit Ilium et ingens
gloria Teucrorum; ferus omnia Iuppiter Argos transtulit; incensa Danai dominantur in urbe
dove la collocazione di Dardaniae, sottolineata dalla pausa metrico-sintattica, accresce il pathos delle parole del morente Panto.182
Ha una chiara funzione espressiva anche l’ordo verborum di Aen. VII 41
tu uatem, tu, diua, mone. dicam horrida bella, dicam acies actosque animis in funera reges
Tyrrhenamque manum totamque sub arma coactam
Hesperiam. maior rerum mihi nascitur ordo,
maius opus moueo.
dove, in un passo caratterizzato da una serie di anafore (tu-tu; dicam-dicam; maior-maius) il rejet del toponimo sottolinea in un climax l’estensione delle forze in campo: le guerre che il poeta si accinge a cantare riguardano tutta l’Esperia (particolarmente pregnante l’aggettivo totam).
Non è casuale che il medesimo effetto stilistico sia suggerito dalla figura a pochi versi di distanza, in Aen. VII 55
multi illam magno e Latio totaque petebant
Ausonia; petit ante alios pulcherrimus omnis Turnus, auis atauisque potens, quem regia coniunx
adiungi generum miro properabat amore; !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
181 Per il chiaro parallelismo anche di tipo formale tra questo passo e Aen. II 547 ss. (le parole
dissacranti di Pirro a Priamo morente) e per il motivo già omerico della derisione dei parenti della vittima si veda Harrison 1991, ad loc.!!
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dove ancora un climax culmina nel rejet del termine Ausonia: Lavinia è desiderata non solo nel Lazio, ma addirittura in tutta l’Ausonia (si noti il simile iperbato dell’aggettivo tota nei due passi esaminati).183 La figura in entrambi i casi è impiegata per sottolineare, contrariamente all’evidenza storica, la portata della guerra del Lazio.184
Merita, invece, una trattazione particolare Aen. III 523
cum procul obscuros collis humilemque uidemus
Italiam. Italiam primus conclamat Achates,
Italiam laeto socii clamore salutant.
dove il rejet, associato alla ripetizione lessicale, e alla sinalefe a ponte della pausa sintattica, suggerisce, con un chiaro valore mimetico, il passare di bocca in bocca della parola Italia.185
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183 La reminiscenza catulliana dell’incipit multi illam (cfr. LXII multi illum pueri, multae optauere puellae) contribuisce a rendere leggendarie le nozze con la regale Lavinia, agognate da tutti i
popoli limitrofi. Su questo formal echo vedi Horsfall 2000, ad loc. e Wills 1996, pp. 280 s.
184 Cfr. Horsfall 2000, ad loc. sottolinea il «V’s systematic enlargement of the scale of the
conflict».
185 Per l’analisi del passo si veda p. 144 ss. Sulla particolare sinalefe a ponte della pausa sintattica
si veda anche p. 140 ss. Un effetto per certi versi analogo è riscontrabile in Aen. XI 139 s. Et iam
Fama uolans, tanti praenuntia luctus, / Euandrum Euandrique domos et moenia replet, dove la
sinalefe associata alla ripetizione del nome Evandro sembra essere mimetica del susseguirsi incalzante delle voci.
D) II b 2 Vocativi !
Il rejet può mettere in rilievo un vocativo (nome proprio, aggettivo o aggettivo sostantivato),186 conferendo solennità o pathos alla dizione.
Un caso emblematico è Aen. XI 173 ss.
tu quoque nunc stares immanis truncus in armis,
esset par aetas et idem si robur ab annis,
Turne. sed infelix Teucros quid demoror armis?
dove il termine in rejet è ulteriormente messo in rilievo dall’iperbato (tu ... Turne): Evandro, disperato per la morte di Pallante, pronuncia con enfasi e odio il nome dell’uccisore del figlio.187
Il carattere enfatico della figura è spesso rimarcato dall’interiezione o come nel ricercato caso di Aen. VII 594 ss.
‘frangimur heu fatis’ inquit ‘ferimurque procella! ipsi sacrilego pendetis sanguine poenas,
o miseri. te, Turne, nefas, te triste manebit supplicium, uotisque deo uenerebere seris.
dove il rejet evidenzia la semantica di miseri, suggerendo una nota di compassione nelle parole di Latino. Al periodo successivo la sequenza Turne nefas, dinamizzata dalla ribattuta e messa in rilievo dalla eftemimera, è incorniciata dall’anafora del pronome te dal valore deittico o patetico, mentre l’ulteriore rejet mette in rilievo il termine supplicium.188 Un valore chiaramente patetico ha la ancora la figura in Aen. IX 428
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186 L’elemento caratterizzante di questa tipologia è la funzione di vocativo, a prescindere dalla
categoria grammaticale del termine in rejet. Nei casi in cui il vocativo è sintatticamente indipendente dal contesto (ovvero quando non presenti aggettivazione nel verso precedente), la sua collocazione in rejet non comporta spezzatura di sintagma, ma ha comunque un’evidente funzione di messa in rilievo.
187 Cfr. Horsfall 2003, ad loc. Sulla collocazione di un vocativo trocaico in rejet cfr. Winbolt 1903,
p. 11.
188 Cfr. Horsfall 2000, ad loc. Sulla ribattuta si veda la sezione “Sillaba ribattura ed espressività”,
me, me, adsum qui feci, in me conuertite ferrum, o Rutuli!
dove il pathos e l’urgenza delle parole di Niso, che disperato vuol salvare il compagno, è resa mediante la ripetizione del pronome personale me (nei primi due membri suggestivamente privo di reggenza grammaticale), la doppia sinalefe, e il rejet del vocativo.189 L’anafora è associata al rejet anche in Aen. XII 75
ne, quaeso, ne me lacrimis neue omine tanto
prosequere in duri certamina Martis euntem,
o mater; neque enim Turno mora libera mortis
dove è messo in rilievo l’appellattivo onorifico mater.
Meritano una trattazione a parte due passi altamente patetici e stilisticamente rilevanti in cui il rejet enfatizza suggestivamente la semantica del termine crudelis. In Aen. IX 483
hunc ego te, Euryale, auspicio? tune ille senectae sera meae requies, potuisti linquere solam,
crudelis? Nec te, sub tanta pericula missum
lo sconforto della madre di Eurialo dinanzi al corpo irriconoscibile del figlio è reso al verso 481 mediante la giustapposizione dei pronomi ego te, che sottolinea lo stretto rapporto emotivo (in questo caso parentale),190 dal raro uso del pronome dimostrativo hic riferito ad una seconda persona, e dalla serie di sinalefi che suggerisce l’emotività dell’allocuzione.191 Il pathos emerge ancora chiaramente, qui come altrove in Virgilio, oltre che nel rejet, anche nell’apposizione: senectae / sera meae requies.192 L’altro caso di crudelis in rejet è Aen. IV 311
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189 Hardie 1994, ad loc. Per questo tipo di “pathetic elysion” si veda p. 162 ss. 190 Per questo tipo di giustapposizione si veda pp. 315 ss.
191 Cfr. Hardie 1994, ad loc.
192 Cfr. Aen. XII 57 s. spes tu nunc una, senectae / tu requies miserae; Aen. VIII 581 care puer, mea sola et sera uoluptas. Per le apposizioni con valore patetico si veda nota n. 79.
quin etiam hiberno moliri sidere classem et mediis properas Aquilonibus ire per altum,
crudelis? quid? si non arua...
nell’aspro ed amaro rimprovero di Didone ad Enea, che si appresta a lasciarla persino a costo di affrontare i pericoli del mare d’inverno.193
Oltre al pathos il rejet del vocativo può conferire solennità alla dizione, come appare evidente in Aen. XI 5 ss.
ingentem quercum decisis undique ramis constituit tumulo fulgentiaque induit arma, Mezenti ducis exuuias, tibi magne tropaeum
bellipotens,
e in Aen. XI 785 ss.
‘summe deum, sancti custos Soractis Apollo, quem primi colimus, cui pineus ardor aceruo pascitur, et medium freti pietate per ignem cultores multa premimus uestigia pruna, da, pater, hoc nostris aboleri dedecus armis,
omnipotens’.
dove la figura contribuisce ad enfatizzare gli altisonanti composti bellipotens e omnipotens.
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D) II b 3 Rejet + apposizione !
In alcuni casi il sostantivo in rejet non è messo in rilievo dalla fine del periodo, ma da un’apposizione, che generalmente si estende fino alla fine del verso. Un esempio emblematico è Aen. I 279 ss.
quin aspera Iuno, quae mare nunc terrasque metu caelumque fatigat, consilia in melius referet mecumque fouebit
Romanos, rerum dominos gentemque togatam.
dove l’enfasi delle parole di Giove, che profetizza il futuro di Roma, è evidente oltre che nel ritmo spondiaco ad inizio di esametro, anche nella collocazione del termine Romanos, che, messo in rilievo dal rejet e dalla pausa metrica, è dilatato in una duplice apposizione. Un caso simile è Aen. I 357 ss.
tum celerare fugam patriaque excedere suadet auxiliumque uiae ueteres tellure recludit
thesauros, ignotum argenti pondus et auri
dove il ritmo dattilico, che dice l’urgenza della fuga (notevole in tal senso il dinamismo suggerito dalla ribattuta in clausola tellure recludit),194 è in evidente contrasto con l’insistita serie di spondei, che al verso 359 convergono con il rejet del sostantivo e con l’apposizione, sottolineando le dimensioni e il valore del tesoro.
Un valore marcatamente patetico ha il rejet seguito dal termine reliquiae in apposizione come in Aen. I 29 ss.
his accensa super iactatos aequore toto
Troas, reliquias Danaum atque immitis Achilli,
arcebat longe Latio, multosque per annos errabant acti fatis maria omnia circum. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!