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Il Borgo Nuovo a Faenza Il progetto urbano

3. L’architettura del Foro Bonaparte

3.3 Il Borgo Nuovo a Faenza Il progetto urbano

La via Emilia costituisce l’asse viario principale di Faenza. La città è attraversata in direzione est-ovest dall’antica strada romana, che coincide con il decumano massimo. Arrivando da ovest in direzione di Piacenza la strada consolare entra nella città di Faenza in corrispondenza della porta Imolese e prosegue al suo interno attraversando il fiume Lamone in corrispondenza del ponte delle Torri, oggi ponte delle Grazie, fino a varcare in uscita la porta delle Chiavi. Perpendicolare alla via Emilia si trova il cardo, oggi corso Matteotti. L’incrocio tra il cardo e il decumano definiva il luogo deputato ai commerci e alla vita civile ossia il foro, oggi piazza del Popolo.

Nel Settecento nella città definita entro la cinta muraria la maggior parte dei terreni liberi era di proprietà dei conventi, i quali non erano inclini a trasformare gli orti in case e botteghe. Se da un lato non si sviluppava l’edilizia residenziale, dall’altro lungo le strade in uscita dalla città iniziavano a sorgere i primi sobborghi residenziali28. I proprietari

delle fornaci disponevano dei materiali per realizzare edifici in linea con botteghe al piano terra e piccoli appartamenti di una o due stanze destinati alle classi sociali più povere. Dal 1720 al 1730 la fornace Marini costruì una serie di case sul lato destro di corso Garibaldi, fuori porta Ravegnana29. Antolini propose lungo la via Emilia, tra porta

Imolese e l’arco di Trionfo, l’edificazione del Borgo Nuovo, concepito con due schiere contrapposte di abitazioni. Se i quartieri al di fuori di porta Ravegnana si svilupparono spontaneamente senza un piano predefinito e inizialmente senza bisogno di permessi dell’autorità, Antolini nel progetto per il Borgo Nuovo propone un vero e proprio piano di sviluppo e riqualificazione dell’area che permette l’espansione controllata della città in direzione di Bologna, lungo la via Emilia. Nella seconda metà del Settecento nei pressi di porta Imolese, a ridosso delle mura verso la città, sorgeva l’Ospedale degli Infermi nato dalla volontà di unificare i due piccoli ospedali di S. Antonio Abate e di S. Nevolone in un’unica struttura30. Al di fuori della città, verso la campagna, il territorio non risultava

ancora urbanizzato. Nell’area sorgeva il nuovo mercato dei bovini, alcune case, la chiesa parrocchiale di San Savino, il convento del Paradiso e l’arco di Trionfo.

Nella medesima area a poca distanza l’uno dall’altro si fronteggiavano due portali, da un lato l’arco di Trionfo, monumento eretto alla gloria delle nazioni francesi, dall’altro la porta Imolese, soglia e porta d’ingresso della città di Faenza. I due portali, disposti ed allineati sul medesimo asse strutturale, generano tensione, stabiliscono tra loro un dialogo, racchiudono uno spazio di grande fascino e suggestione, offrendo agli architetti l’occasione di misurarsi con un’area di grande interesse.

A seguire si intendono analizzare due soluzioni formali dello spazio racchiuso tra questi due elementi: il progetto di Pistocchi e quello di Antolini. Si tratta di due progetti riferiti alla medesima area, che stabiliscono un dialogo con la città e le sue preesistenze.

Pistocchi dispone i due portali sul medesimo asse, ponendoli ad una distanza ravvicinata l’uno dall’altro. La vicinanza dei due elementi genera una compressione dello spazio. Parallelamente al tracciato delle mura, sono disposte due aree trattate a verde. La continuità, il forte sviluppo lineare, il fronte prospettico generati dai due elementi preesistenti -mura e porta- sono più volte ribaditi nella moltiplicazione dei filari alberati, fino alla definizione ultima del nuovo prospetto della città. Il muro sostituito dal filare alberato e la porta 28 S. Saviotti, I sobborghi di Faenza, Casanova, Faenza 2006, pp. 53-67

29 Idem

30 Nel 1752 Papa Benedetto XIV concesse al vescovo Cantoni la demolizione della Rocca, ormai diroccata ed inutilizzabile e l’anno successivo iniziò la costruzione dell’ospedale su progetto di Giovanni Battista Campidori. La struttura compresa la chiesa annessa dedicata a S. Giovanni di Dio entrò in funzione nel 1763

Fig.66 G. Pistocchi, Sistemazione della zona fuori porta Imolese, 1802

dall’arco di Trionfo forniscono una nuova immagine di Faenza traslando l’ingresso della città in corrispondenza della porta.

Antolini, a differenza del Pistocchi, allontana sensibilmente i due portali. L’asse strutturale e portante non è identificato questa volta nelle mura, ma nello sviluppo lineare della via che conduce alla città. Lungo quest’asse sono disposte le abitazioni con il portico, il viale alberato con il passeggio scoperto, il giardino, la piazza, i due casini di piacere e l’arco di Trionfo. Il tratto principale della via Emilia è rafforzato dalla giustapposizione di un ulteriore secondario percorso pedonale, che fiancheggia ambedue i lati della strada. Questo asse principale permane come costante lungo l’intero sviluppo del progetto, mentre nel percorso secondario i due elementi, albero e colonna, caratterizzano e variano la successione dei luoghi. Nel progetto di Antolini il viaggiatore che percorre la via Emilia da Imola verso Faenza in prossimità di quest’ultima è accompagnato in città da un viale alberato. In corrispondenza della piazza si trova nel centro l’arco di Trionfo che emerge come monumento isolato. Al di qua e di là della piazza i due casini di piacere e proseguendo lungo il percorso un doppio filare di alberi segna il passeggio scoperto e l’origine del giardino. La sequenza continua e la passeggiata scoperta diventa coperta, caratterizzata da un porticato che disimpegna gli ingressi alle abitazioni e infine giunge alla soglia della città, identificata in porta Imolese. Il monumento e la porta nella proposta di Antolini permangono come elementi autonomi della composizione.

Concorrono in una medesima idea di progetto ben più ampia, che qualifica, controlla e definisce la nuova espansione della città. Il segno inciso dalla via Emilia sull’intero territorio si riflette nel progetto di Antolini confermando e riconoscendo nel collegamento viario un elemento strutturale del territorio e della città.

Nella realizzazione delle due schiere di abitazioni è previsto l’acquisto di una fascia di terreno da parte della municipalità, larga 30 piedi faentini31 da cedere a chiunque volesse

fabbricare, a condizione di mantenere per il fronte esterno il disegno prefissato della facciata.

L’area di intervento si estende per una lunghezza di circa 470 metri lineari. Il progetto, 31 Un piede faentino corrisponde a circa 48 cm

a differenza dello sviluppo circolare che successivamente sarà dato al Foro Bonaparte, presenta un andamento lineare. Il segno circolare e il tracciato nella loro precisione geometrica restituiscono nei rispettivi caratteri il principio della grande forma. Non un’architettura ampliata a dismisura, ma una strada e una piazza, due vuoti, due luoghi urbani definiti dall’architettura.

Dopo aver individuato nel percorso l’elemento strutturale del progetto, Antolini procede nella definizione del disegno d’insieme attraverso la giustapposizione di parti. Nel progetto si individuano cinque parti che si succedono e costituiscono il sistema architettonico del Borgo Nuovo.

La prima parte è individuata nella sistemazione della porta Imolese. Le mura, quale limite definito dell’estensione della città, sono interrotte in corrispondenza dei principali accessi. L’intersezione tra strada e muro è marcata dalla porta che annuncia al viaggiatore l’ingresso alla città. Il tracciato stradale oltrepassa le mura e si estende nel cuore della città, trasformando un limite (il muro) in un passaggio (la porta). Davanti alla preesistente porta Imolese delle sedute a forma di mezzaluna, trasformano il luogo del passaggio in una sosta.

La seconda parte è individuata dalle due schiere di abitazione contrapposte. Ognuna delle due è composta da un colonnato in stile dorico, sovrapposto da un attico destinato alle abitazioni. Nello spazio del colonnato si trova il percorso coperto e gli ingressi alle case. Il percorso principale lungo la via Emilia è affiancato dai due percorsi coperti che corrono paralleli a questa.

La terza parte del sistema è costituita dal viale alberato e dal giardino ideale prosecuzione del colonnato. Il viale alberato mutato in colonnato suggerisce la metamorfosi, allusione della nascita della colonna dall’albero e quindi dell’architettura dalla natura32. La presenza

dell’elemento naturale si manifesta anche nel giardino, ubicato oltre il viale alberato. La quarta parte del sistema è definita dalla piazza. Il viale alberato prosegue il suo tracciato per definire la sagoma circolare della piazza con al centro l’arco di Trionfo e 32 F. Bertoni, G. Gualdrini, Ville Faentine, University press Bologna, Imola 1980, pp. 75-76

Fig.67 Schema assonometrico del Foro Bonaparte a Milano (a sinistra ); schema assonomentrico del Borgo Nuovo a Faenza (a destra)

Fig.68 Le cinque parti del progetto per il Borgo Nuovo a Faenza: 1. La sistemazione della porta imolese; 2. Le due schiere di abitazioni contrapposte; 3. Il viale alberato e il giardino; 4. La piazza; 5. Il viale al- berato; PARTE 1 PARTE 2 PARTE 3 PARTE 4 PARTE 5

ai lati i due casini33. Sull’asse trasversale alla via Emilia, su cui sono disposti i casini e

l’arco, Antolini traccia un sentiero che giunge al giardino. Sebbene tale percorso si allinei rispetto all’asse della piazza, il giardino, il viale, le abitazioni e la porta Imolese risultano parti autonome del sistema.

Nella quinta parte il viale alberato che da doppio filare diventa singolo prosegue a segnare il tracciato della via. In questo passaggio è sancito il principio del percorso, che inizia in corrispondenza della piazza per terminare con la porta Imolese.

Il percorso principale identificato nella strada e il percorso secondario individuato dal doppio filare alberato e dal colonnato costituiscono la struttura portante del progetto, che lega le parti ad un denominatore comune che conferma la dimensione colossale del progetto.

L’innovativa proposta progettuale che mira alla restituzione di uno spazio esteso alla dimensione colossale attraverso la giustapposizione delle parti trova nell’asse strutturale della strada e nell’elemento albero-colonna il limite di applicazione della regola, che sarà sviluppata ulteriormente nel progetto per il Foro Bonaparte. L’asse viario e il ricorso all’elemento albero-colonna formano l’unitarietà d’insieme del progetto e le premesse per l’articolazione della grande forma.

33 La villa a destra dell’arco è qualificata con un corpo cilindrico in aggetto circondata da un colonnato secondo F. Bertoni verrà usata come modello dallo stesso Antolini per il primo progetto della villa il Prato e su di esso lavorò Laderchi quando si accinse a stendere il progetto sommario, redatto poi dallo steso architetto della villa La Rotonda. Si veda F. Bertoni, G. Gualdrini, Ville…, Ibidem. Si veda negli apparati doc. II.A 19

Il progetto architettonico

Nel progetto per il Borgo Nuovo oltre allo studio della composizione urbana basata sul principio della giustapposizione delle parti, risulta altrettanto interessante la composizione architettonica delle due schiere contrapposte di abitazioni.

L’edificio impostato su una sequenza seriale di moduli abitativi è interrotto da tre padiglioni. Due padiglioni sono disposti alle estremità dell’edificio, mentre il terzo è al centro, in corrispondenza dell’asse di simmetria. L’edificio ha una scansione ritmica del tipo: B-A-A-A-A-A-A-A-C-A-A-A-A-A-A-A-B. Dalla scansione ritmica si possono individuare tre moduli A, B e C impostati su una griglia geometrica di dimensioni pari a 10,5 per 10,5 piedi faentini, che caratterizzano il disegno planimetrico ed altimetrico dell’abitato. Il primo modulo A ha dimensioni pari a 21 per 31,5 piedi faentini; il B, sottomodulo del primo, è circa 10,5 per 31,5 piedi faentini; il modulo C di dimensioni pari a 42 per 31,5 è risultante della combinazione del modulo A e B.

Il modulo A è destinato alle abitazioni: sul fronte principale si trova il percorso pubblico coperto e gli accessi agli alloggi, mentre nella parte retrostante è posizionato lo spazio privato dedicato ad orti e giardini. All’architettura e al giardino -che chiameremo- pieno e vuoto è assegnata la medesima superficie. Il pieno in affaccio sulla strada è costituito dal colonnato e dall’abitazione, mentre in corrispondenza del vuoto vi sono gli orti. Un piccolo vestibolo, dalla forma allungata, funge da filtro tra il portico e il giardino e accoglie al suo interno il collegamento verticale, che conduce al piano superiore. Un muro di cinta definisce la sagoma e l’estensione dell’orto, includendo lo spazio all’interno dell’abitato. Il portico che caratterizza il modulo A è costituito da quattro colonne doriche, senza

Fig.70 I moduli A-B-C nelle abitazioni del Borgo Nuovo

Fig.71 Modulo, variazione, ripetizione e giustapposizione nelle abitazioni del Borgo Nuovo

MODULO A MODULO B

LA VARIAZIONE DEL MODULO A LA VARIAZIONE DEL MODULO B

LA RIPETIZIONE

basamento, che sostengono la trabeazione e sorreggono le abitazioni poste superiormente. Il modulo B si configura come pieno e accoglie al suo interno prevalentemente ambienti di servizio. Nella parte antistante, affacciato verso la strada, si manifesta il portico, costituito da pilastri, elementi compositivi che sorreggono gli archi a tutto sesto.

Il modulo B, posto all’estremità dell’architettura e al centro, presenta tre differenti configurazioni: nel primo caso è contraddistinto da un portico a tre campate, nel secondo e nel terzo caso il portico è ridotto ad un’unica campata, mentre una sala occupa la parte retrostante.

Oltre alla variazione, anche la combinazione altera la sistematica articolazione modulare. Attraverso la combinazione modulo A-modulo B prende forma l’edificio centrale, che si distingue rispetto all’abitato individuando l’asse di simmetria.

Il processo aggregativo dei moduli, opportunamente variati e combinati, risiede nella ripetizione e giustapposizione. Il modulo A delle abitazioni è ripetuto in serie a costituire la spina dorsale della composizione, poi i moduli B, variati e composti, sono giustapposti. La planimetria complessiva nella sua costruzione geometrica risponde al principio di

Fig.72 Il percorso pubblico coperto al piano terra Fig.73 L’accesso al giardino e i collegamenti verti-

cali alle abitazioni

Fig.74 Il giardino Fig.75 Le abitazioni al piano primo

simmetria. Attraverso la combinazione dei moduli A e B è isolato l’elemento centrale della composizione. Il principio e la fine delle abitazioni è indicato, marcando l’asse di simmetria e giustapponendo all’estremità il modulo B alla serie modulare.

In corrispondenza del modulo A e B è possibile individuare nel prospetto due diversi linguaggi. La facciata a cui corrisponde il modulo è composta al piano terra da una successione di colonne, che sorreggono una trabeazione e al di sopra un attico. Ogni modulo, caratterizzato da un analogo disegno planimetrico e di facciata, mantiene al tempo stesso anche il medesimo volume. L’alzato corrispondente al modulo B si caratterizza al piano terra e al piano primo da archi sorretti da pilastri. Sebbene il modulo B nell’articolazione planimetrica complessiva subisca alcune variazioni, il disegno di facciata permane con gli stessi caratteri. Il prospetto non si configura come un fronte, vale a dire un elemento giustapposto ed autonomo rispetto allo spazio, ma piuttosto si integra restituendo un volume. La corrispondenza tra planimetria, prospetto e volume nasce da una scelta progettuale che trova nella giustapposizione di elementi il principio alla base della composizione. Colonne libere sovrapposte da architrave formano il portico, pilastri ed archi restituiscono volte a botte e a crociera mentre le cornici segnano i marcapiani. Dalla composizione modulare prende forma la schiera delle abitazioni.

L’attenzione e l’interesse di Antolini verso la dimensione colossale tipica della forma urbana della città si riflette nella composizione architettonica. L’organizzazione planimetrica derivante dalla giustapposizione e dalla ripetizione seriale di elementi non è solo un enunciato dei valori di eguaglianza alla base della nuova società come sostenuto dalla Scotti34 ma rappresenta in termini compositivi anche un nuovo metodo progettuale.

L’individuazione di moduli ripetuti in serie permette ad Antolini di pensare il progetto architettonico alla grande dimensione, senza ricorrere alle “superbe masse”35 anteponendo

ai progetti fondati sulle enormi masse un disegno dell’architettura esteso alla dimensione urbana della città. Questo tipo di metodo compositivo per poter essere applicato su più vasta scala necessita una variazione modulare affrontata e definita nel progetto del Foro Bonaparte.

34 A. Scotti, Il Foro…, Ibidem

35 “Già si disse, che le masse enormi, e gli ornamenti messi alla rinfusa non formano la bellezza. Questi edifici, che godono queste semplici prerogative, essendo prodotti piuttosto dal capriccio, dalla follia, che dall’avvedutezza, e dalla ragione, muovono semplicemente la meraviglia nell’ignorante, mentre fanno compassione nell’animo del savio, e dell’inteligente, i quali trovano il bello, non in queste superbe masse, o frivole idee, ma nelle buone proporzioni delle parti fra loro, e di queste col tutto.” G.A. Antolini, Il tempio di Minerva in Assisi confrontato colle tavole di Andrea Palladio, Destefanis, Milano 1803, p.17

3.4 Il Foro Bonaparte