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La mancata diffusione dei nuovi disegni del Foro Bonaparte

A seguito dell’edizione bodoniana e quella a nostro avviso successiva edita dai Fratelli Bettalli si colloca un’ulteriore fase. La minuta di una lettera datata 18 settembre 1827 di cui si ignora il destinatario, indica la volontà di Antolini di impegnarsi in una seconda e nuova edizione a stampa del Foro Bonaparte. “Essendo quest’opera ricercatissima, e desiderata universalmente servendo anche di studio in alcune Accademie, fece si che l’autore si occupasse a prepararne una seconda edizione: e perché poi fosse anche più utile, l’accompagnò di un testo ragionato ed istruttivo, a modo di un breve trattato tecnico- pratico dell’architettura di ciascuno degli edifizi compresi in quel vasto concepimento. I disegni ben acquerellati sono ora 26: due di più della prima edizione. 24 geometrici e due prospettici, che rappresentano, uno il Foro andandovi dalla città, l’altro entrando in Milano dalla strada del Sempione […]. Quando a qualcuno piaccia, e sia decisamente disposto di accudire alla compra de’ sopradetti materiali a condizioni ragionevoli e giuste, si troverà modo di soddisfarli”100.

In una ulteriore lettera, priva di data, Antolini precisa la sua intenzione di “fare una nuova edizione nel formato di foglio piccolo che equivalga alla metà della grande, o sia di superficie ¼ di quella” 101. Come sostiene Godoli102 è dunque plausibile che i disegni e i

testi menzionati nelle lettere per questa edizione mai pubblicata siano quelli conservati alla Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna103. I disegni, infatti, corrispondono per

numero, tecnica, grafica e formato ai dati riferiti nelle due lettere. Inoltre la stesura del testo è sicuramente posteriore al 1820 in quanto Antolini menziona i rilievi di un edificio colonico sterrato l’anno 1820. Un’altra lettera datata 30 aprile 1833, indirizzata all’amministratore dell’editore Schieppati, cui Antolini trasmette l’inventario dettagliato del materiale illustrativo approntato per una nuova edizione in folio del Foro Bonaparte: “[…] vengo seco lei sulla nuova edizione del Foro Bonaparte, di cui la ditta Schieppati vorrebbe io gli cedessi i materiali scritti e disegnati, i quali col lavoro e studio di più anni ho per questa preparati […] porto alla conoscenza della ditta gli elementi, che compongono tutta l’opera – incisione

Numero 13 tavole le quali contengono piante geometriche num. 20 Numero 10 tavole, le quali contengono alzati num. 16

Numero 2 tavole, prospettive num. 2 Numero 1 tavola, dettagli num. 1

Somma tav: n. 26 -due di più della prima edizione- figure n.39 Tipografia

Il testo con il quale si descrivono e dà ragionare del concetto in generale, e di tutti gli edifizi in particolare, occuperà circa 70 pagine del predetto formato”104.

Nel testo manoscritto105 che accompagna i disegni del Foro Bonaparte, Antolini non

include più la dedica a Napoleone, ma introduce la descrizione con una prefazione, dove si citano i fori antichi quali modelli della più grande architettura del passato, includendo oltre ai disegni di progetto del Foro alcuni esempi di fori antichi.

Antolini inoltre descrive il luogo dove sarebbe dovuto sorgere il Foro, le vicende relative alla demolizione delle fortificazioni del Castello e la nuova destinazione che avrebbe assunto l’area.

100 Si veda negli apparati doc. I.75 101 Si veda negli apparati doc. I.76

102 R. Fregna, E. Godoli, Una raccolta inedita…, Ibidem, pp. 4-15 103 Si veda negli apparati da doc. II.A 08.00 fino a II.A 08.28 104 R. Fregna, E. Godoli, Una raccolta inedita…, Ibidem, p. 7 105 Si veda negli apparati doc. I.77

Le tavole descrittive dei fori antichi incluse in questo testo inedito riproducono nella prima tavola il foro romano, nella seconda il foro di Nerva, il foro di Augusto in Roma, il foro di Ercolano, il foro di Veleia e il foro di Traiano in Roma, nella terza il foro di Pompei.

Secondo Antolini le belle arti dovettero aspettare il XV secolo, per ritrovare la bellezza che l’antichità aveva mostrato con tanta magnificenza. Ripercorrendo la storia cita le architetture più meritevoli e individua i periodi oscuri in cui le arti cadono in oblio. La descrizione dell’opera segue a grandi linee la descrizione pubblicata nell’edizione bodoniana; alcune parti sono completamente riscritte, come ad esempio la prefazione e la descrizione relativa al teatro, ma il contenuto di queste non si discosta sostanzialmente dalla precedente pubblicazione106. In questa raccolta sono state aggiunte nuove

rappresentazioni: la pianta del piano terra della dogana e delle terme, la pianta in dettaglio del Castello e infine la pianta delle caserme. Particolarmente interessante è la descrizione del teatro che subisce un’implementazione e una significativa modifica. Il testo chiarisce ancora meglio la posizione di Antolini nei confronti dei teatri moderni, esplicitando i principi che l’architetto dovrebbe sempre osservare. Secondo Antolini ogni edificio deve posseder un proprio carattere, per poter distinguersi dagli altri, mostrare solidità e ordine nella disposizione delle parti, sottostare alla comodità, e inoltre essere ordinato secondo la regola della simmetria, euritmia e del decoro. Il carattere dell’edificio che nello specifico caso del teatro risiede nella giustapposizione di una linea retta destinata al palco ed una curva destinata agli uditori -così Antolini nel suo testo descrive le due parti di cui si compone il teatro- non deve perdere la propria forma nello sviluppo dell’alzato 106 Si veda negli apparati da doc. II.A 08.00 fino a II.A 08.28

Fig.30 G.A. Antolini, Piante di alcuni Fori Romani antichi, i più rinomati. Tratto dalla raccolta di disegni conservata presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna

Fig.31 G.A. Antolini, Pianta della Dogana al livello dell’acqua (a sinistra) e Pianterreno del fabbricato maggiore

delle Terme o dei Bagni (a destra). Tratte dalla raccolta di disegni conservata presso la Biblioteca dell’Archiginnasio

di Bologna

Fig.32 G.A. Antolini, Caserme (a sinistra) e Pianta dell’Edificio di mezzo (a destra). Tratte dalla raccolta di disegni conservata presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna

ed esteriormente la sua massa deve far riconoscere ciò che vi è nell’interno. Antolini legge negli antichi teatri greci e romani una coerenza e una verità nella distribuzione della pianta che si manifesta anche nello sviluppo in alzato. Quando si riferisce alla solidità intende denunciare la mancata coerenza e la finzione, presente nelle opere di architettura e in particolare fa riferimento alle grandi volte presenti nei teatri, che sembrano sorrette da esili piedritti, traforati dall’alto al basso per accogliere le singole logge. Antolini descrive la composizione adottata nel suo teatro e specifica che rispetto ai teatri antichi si aggiunge una grande volta che copre e ripara lo spazio interno; la volta a lunette adottata nel teatro ha la qualità di spingere meno e di mostrarsi come una leggerissima vela che appoggia sopra salde colonne piantate a terra. Per quanto riguarda l’ordine e la disposizione delle parti, Antolini denuncia nuovamente i teatri moderni di servirsi dei palchetti a scapito dell’acustica e della visibilità, in quanto il punto di vista dello spettatore seduto nei palchetti nella parte più alta, rischia di ottenere una visione distorta dell’attore e della decorazione scenica. Anche la platea risulta un luogo infelice, a causa del suo andamento pressoché orizzontale, che impedisce la vista della scena, quindi torna a rivendicare la supremazia del modello antico fatto di gradinate, che permette ad ogni spettatore di godere a pieno della scena. “Quanto si è perduto nella parte del teatro moderno, in ciò che concerne l’uditorio, altrettanto si è guadagnato nell’altra, che è destinata al palco scenario”. Antolini riconosce nella costruzione delle moderne scene una supremazia rispetto alle antiche. Il testo presenta la descrizione relativa alla tavola dedicata ai dettagli e specifica che i profili delle cornici, che devono reggere qualche parte, devono avere membri robusti e forti, ovoli, gole rovesce mentre i gentili sgusci e le gole dritte le riserva alle parti, che non devono sopportare grossi carichi, precisando inoltre che non devono essere accostate tra loro parti rette e curve, ma queste devono essere sempre alternate, affinché siano distinte, variate fra loro, risultando di forte impressione a chi le osserva. Nella conclusione del testo descrittivo, Antolini dichiara di voler utilizzare il solo ordine dorico e ognuna delle colonne deve essere isolata a sostenere la trabeazione evitando di utilizzare pilastri, lesene o colonne incastrate nei muri. A seguire conclude individuando a Milano il luogo più adatto per la costruzione di tale Foro, perché centro di un territorio ricco di cave e di canali, che facilitano il trasporto dei materiali. Questo testo fornisce un maggior numero di informazioni sugli edifici, sebbene le tavole che implementano la raccolta siano soltanto due. Per la prima volta è rappresentato il piano terra delle terme e della dogana, la pianta del Castello e le piante delle caserme. Individuiamo in questa raccolta la formulazione precisa di tutte le parti che compongono l’opera attraverso nuovi e inediti elaborati grafici.

Va segnalata infine un’ulteriore raccolta di disegni relativi al progetto del Foro Bonaparte. L’insieme intitolato Disegni del Foro Bonaparte107, è privo di data ed è composto di 16

tavole di cui una mancante ed un opuscolo manoscritto contente l’indice. I disegni ben acquerellati sono firmati da Antolini inventore e da Luigi Viganò disegnatore. Secondo Maria Giulia Marziliano in ragione della particolare conformazione dei caratteri alfabetici impiegati nella descrizione del frontespizio la raccolta potrebbe riferirsi al 1830108.

L’immagine del frontespizio restituisce la complessità dell’effimero architettonico, allestito da Bargigli per la solenne cerimonia pubblica, celebrata in occasione della posa della prima pietra, avvenuta il primo maggio 1801. La raccolta a differenza delle precedenti pubblicazioni presenta un nuovo impaginato. I monumenti di prima classe sono rappresentati ognuno in due tavole: in una è rappresenta la planimetria, mentre nell’altra 107 Si veda negli apparati da doc. II.B 27.00 fino a doc. II.B 27.15

sono riportati prospetti e sezioni. I restanti monumenti sono descritti ognuno in un’unica tavola, composta di piante, prospetti e sezioni. Si ripropongono le due prospettive: dalla città verso il Foro e dalla strada del Sempione verso il Foro e inoltre è raffigurato il fronte del Castello, una prospettiva della colonna monumentale, la planimetria delle abitazioni e i dettagli costruttivi. Ciò che contraddistingue questa raccolta è la struttura complessiva dell’impaginato, che subisce una significativa revisione. Sebbene gli edifici e le loro rappresentazioni non subiscono variazioni sostanziali, l’impaginato è completamente rivisto e presumibilmente con questa finalità è revisionata la quantità di elaborati necessari a descrivere i singoli fabbricati. Conclusa l’analisi dei regesti grafici editi ed inediti relativi al Foro Bonaparte, si affronterà nel paragrafo successivo lo studio compositivo del progetto antoliniano.

Fig.33 G.A. Antolini inventore e L. Vigano disegnatore, Disegni del Foro Bonaparte, frontespizio della raccolta dei disegni, circa 1830