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4. ANALISI DI ALCUNI CAS

4.3 IL CASO “ENGINEERING LTD”

Nel paragrafo 1.4 ci siamo focalizzati sulle problematiche relative all’implementazione del management control system in una knowledge-intensive firm, in particolare è stato affermato che un modello di controllo di gestione classico (quindi che fa uso principalmente di strumenti economico-finanziari tralasciando gli aspetti più soggettivi) mal si adatta ad un contesto dinamico ed in continua evoluzione come quello in cui sono inserite le knowledge-intensive firms.

In particolare avvalendosi degli studi svolti insieme dall’Università di Udine, la Virginia Commonwealth University (USA) e la Florida Gulf Coast University (USA) abbiamo visto come un cattivo utilizzo di uno strumento fondamentale come il controllo di gestione all’interno di una knowledge-intensive firm possa produrre effetti negativi, finendo per non riuscire a contrastare le barriere (nel paragrafo 1.4 abbiamo parlato di barriere personali, conoscitive e tecnologiche) che possono sorgere in un’azienda di tale tipo, bloccando il trasferimento delle conoscenze, ovvero l’aspetto principale su cui si basa l’attività di un’impresa di questo tipo. Continuiamo ad utilizzare il contributo di questo studio (Massaro, Pitts, Zanin, Bardy, 2014) per analizzare un caso di studio che ci permette di vedere come uno controllo di gestione non innovativo non sia in grado di far fronte alle tante barriere che possono sorgere all’interno di una knowledge-intensive firm, bloccando quindi la condivisione conoscitiva.

L’utilità di questo studio è legata alla possibilità di fungere da monito per chi si occupa di management control system, mettendone in luce le problematiche in questo contesto, e con la speranza che studi futuri riescano a ideare forme di controllo di gestione sempre più all’avanguardia che superino tali problematiche.

L’utilizzo anche in questa situazione di un caso di studio pratico è particolarmente importante, in quanto i dati che vengono raccolti durante uno studio di questo tipo permettono di comprendere meglio lo svolgimento di certe scelte decisionali in azienda, capire l’importanza che può essere associata a determinate relazioni che si vengono a costituire, fare un confronto con le teorie pregresse.

L’azienda oggetto di esame nello studio che analizziamo (Massaro, Pitts, Zanin, Bardy, 2014) è un’azienda leader a livello mondiale nel campo della consulenza ingegneristica, chiamata “Engineering Ltd” (anonimamente), la quale vanta addirittura oltre 10,000 dipendenti. L’azienda ha assunto una connotazione globale in seguito ad una serie di

operazioni di fusione ed acquisizione, finalizzate ad aumentare la sua rilevanza all’interno del mercato di riferimento. A seguito di una domanda in costante crescita, e della necessità di dover aumentare il proprio fatturato, l’azienda ha deciso di concentrare la propria attenzione sul tema della gestione e condivisone della conoscenza. L’approccio metodologico usato dai ricercatori delle università sopra menzionate, i quali hanno condotto questo studio, è basato su un attento esame del piano strategico dell’azienda (questo perché al suo interno è contenuta una sezione specifica riguardante il tema della condivisione conoscitiva) ed altri documenti interni, sull’utilizzo delle interviste ai membri dell’azienda.

Gli ostacoli derivanti da comportamenti o percezioni individuali generano l’esistenza delle cosiddette barriere personali; in "Engineering Ltd” lo studio condotto tramite interviste ha ravvisato l’esistenza di barriere personali tra alcuni individui, le quali di fatto impediscono una efficace condivisione conoscitiva.

Una barriera di questo tipo che viene ravvisata è la mancanza di tempo, cioè la condivisione conoscitiva risulta essere un aspetto che va oltre la routine aziendale, i dipendenti hanno la tendenza a concentrare i loro sforzi esclusivamente nel processo produttivo aziendale che si ferma alle “ore fatturabili”, ovvero le ore retribuite sulla base del tempo materiale che i dipendenti passano in azienda a lavorare; la condivisione conoscitiva (che dovrebbe partire proprio dai dipendenti) non avviene semplicemente perché non è abitudine dei dipendenti, si tratta quasi di una carenza a livello culturale dei dipendenti di “Engineering Ltd”; si parla di mancanza di tempo intesa come una vera e propria carenza di tempo dedicata a quella che dovrebbe essere invece l’attività fondamentale di un’azienda ad alta intensità di conoscenza. Un’altra barriera personale riscontrabile all’interno dei dipendenti è una sorta di timore reverenziale riscontrato nei confronti dell’operazione di condivisone delle conoscenze, il che è un totale controsenso per una knowledge-intensive firm quale “Engineering Ltd” è; tale timore si fa risalire ad una paura legata alla possibilità di condividere conoscenze errate. Gli strumenti classici diagnostici di management control system (ad esempio un report) non sono efficaci per neutralizzare tali barriere, perché di fatto non eliminano il rischio di condividere informazioni sbagliate, tanto meno non possono influire psicologicamente in senso positivo sul soggetto che decide di condividere le proprie conoscenze, il quale sarà conscio dei limiti di tali mezzi.

ore spese a condividere le informazioni, totalmente assente ed esclusa completamente da qualsiasi documento.

Inoltre c’è una scarsa considerazione relativamente all’utilità di condividere le conoscenze, aspetto non ritenuto congeniale a permettere miglioramenti di carriera; quindi sostanzialmente la condivisione se avviene, c’è solo perché accade per routine, non c’è dietro tutto ciò una reale convinzione della sua utilità.

L’utilità del piano strategico è molto limitata, sebbene ci sia una sezione al suo interno che gestisca la condivisione conoscitiva, non esistono strumenti che invece permettano una misurazione di questo aspetto. La scarsa considerazione di questo strumento rappresenta un aspetto decisamente negativo in un’azienda ad alta intensità di conoscenza, ed è un aspetto che si fa risalire sostanzialmente al ruolo negativo svolto dai meccanismi di controllo, i quali svolgono un compito prevalentemente coercitivo (quindi imponendo regole, limiti da rispettare senza che ci sia un coinvolgimento dei dipendenti in questi aspetti decisionali) piuttosto che abilitante della cultura della condivisione conoscitiva, scoraggiandola di fatto.

Infine in “Engineering Ltd” sono riscontrabili delle barriere tecnologiche; sebbene l’azienda abbia sviluppato un forte senso di relazioni sociali ed abbia spinto molto sull’evoluzione del proprio social networking, tutto ciò ha creato un effetto inverso sull’azienda. Il grande uso fatto di piattaforme sociali e blog come strumenti per condividere le conoscenze è legato prevalentemente alla imperterrita ripetizione dei soliti flussi informativi, trascurando invece quello che dovrebbe essere l’obiettivo aziendale di creazione e diffusione della conoscenza. Il tempo e le risorse spese nel ripetere continuamente aspetti ormai consolidati ha di fatto tolto la possibilità che queste fonti potessero essere impiegate nello sviluppo di nuove strade di successo, generando spese per ottemperare alla ridondante diffusione di notizie.

La stessa capacità di progettare strumenti tecnologici viene posta in dubbio, in quanto gli strumenti utilizzati non creano nei dipendenti quel senso di motivazione che li spinge a comportamenti orientati verso la condivisione conoscitiva. Le barriere tecnologiche hanno un ruolo anche particolarmente negativo per quanto riguarda la non efficace condivisione della conoscenza tacita, la quale non può essere formalizzata all’interno di documenti elettronici.

Secondo il contributo appena esaminato (Massaro, Pitts, Zanin, Bardy, 2014) il controllo di gestione in sé è insufficiente per il trasferimento delle conoscenze; la connessione tra management control system e capitale umano non è positiva, infatti sorgono una serie di

barriere di vario tipo che ostacolano il trasferimento della conoscenza. Infatti secondo Massaro, Pitts, Zanin e Bardy (2014) tale connessione dovrebbe invece essere positiva, in quanto entrambe le componenti concorrono al trasferimento della conoscenza (ci dovrebbe essere maggiore coordinazione): la conoscenza esplicita può essere facilmente rilevata dagli strumenti del controllo di gestione, invece quella tacita, per la cui rilevazione è necessaria l’esperienza, viene in considerazione il ruolo del capitale umano come unico strumento in grado di farne tesoro e che quindi può permetterne anche la diffusione nelle aziende ad alta intensità di conoscenza. La carenza imputata al controllo di gestione quindi è la scarsa capacità di includere individui o gruppi di persone nel processo di condivisione delle conoscenze, investendo e valorizzando poco le risorse del capitale umano.

Nel contributo appena analizzato viene evidenziato come il controllo di gestione dell’azienda “Engineering Ltd” non possa non tenere di conto del contributo prezioso e complementare delle risorse umane, pena la generazioni di barriere di vario tipo che impediscono il trasferimento conoscitivo. Ecco perché seguendo le indicazioni di Massaro, Pitts, Zanin, Bardy (2014) il controllo di gestione deve investire maggiori risorse nel capitale umano, in quanto esso rappresenta il fulcro delle aziende ad alta intensità di conoscenza.

Questo studio lascia in eredità proprio l’evidenziazione di quanto sia importante ottemperare a questa carenza, in quanto un gap di questo tipo risulta essere più dannoso per una knowledge-intensive firm piuttosto che per un’altra azienda (in virtù dell’importanza che si da al capitale umano in queste aziende). L’utilità di questo studio è quella di mettere in guardia le knowledge-intensive firms da questi rischi e l’obiettivo è quello di imprimere una svolta verso la costituzione di strumenti di controllo di gestione sempre più avanzati che garantiscano un pieno controllo dell’intero comparto aziendale.