• Non ci sono risultati.

IL COMMISSARIAMENTO DEL 2008

3. STORIA DELL’AUTONOMIA MUSEALE IN ITALIA

3.4 IL COMMISSARIAMENTO DEL 2008

Nel 2007, l’allora Ministro per i Beni e le Attività Culturali Rutelli, appartenente al governo di centro-sinistra, abolì la posizione di city manager (direttore amministrativo) nella Soprintendenza archeologica di Pompei.

Un anno più tardi, il 4 luglio del 2008, il Presidente del consiglio dei Ministri dichiarava lo stato di emergenza (Ferri - Zan, 2012) all’interno dell’area archeologica di Pompei, Bondi. Con la successiva ordinanza n. 3692 dell’11 luglio 2008 venivano imposti “Interventi urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare la grave situazione di pericolo in atto nell'area archeologica di Pompei" (Fioritto, 2009), consistenti nella diretta nomina di un commissario scelto dallo stesso Presidente del consiglio.

Di fatti, all’art. 1 comma 1 afferma che “Il Prefetto Renato Profili è nominato Commissario delegato per la realizzazione degli interventi urgenti necessari per il superamento della situazione di grave pericolo in atto nell'area archeologica di Pompei.”

La figura del Commissario, come del resto il linguaggio utilizzato per la stesura dell’ordinanza, denotano un certo grado di urgenza, solitamente riservato a gravi catastrofi naturali che hanno danneggiato ingentemente intere porzioni di territorio (basti pensare all’alluvione di Firenze o al terremoto nel territorio de L’Aquila).

Nel caso di Pompei però, il ricorso al commissariamento si rese necessario, secondo gli allora responsabili della cultura italiana, per un manifesto degrado certificato dalla stampa nazionale e internazionale.

Il carattere fatiscente sottolineato dalla carta stampata non si doveva a nessuna catastrofe naturale (come fu nel 1980 per il terremoto che colpì la stessa zona e che determinò, sostanzialmente, la necessità di istituire una Soprintendenza che si occupasse esclusivamente, o quasi, del territorio dell’area di scavo) bensì, secondo quanto riportato dall’ordinanza, da una “paralisi delle attività finalizzate alla tutela dell'ingente patrimonio storico-artistico presente sull'area archeologica di Pompei”.

Sul come si fosse arrivati a questa paralisi, e se essa fosse effettivamente una così grave mancanza da parte della sfera amministrativa della Soprintendenza autonoma, si è a

lungo dibattuto e si è riscontrato un concorso di colpa tra le lacune di una riforma “zoppa”, manchevole in alcuni fondamentali attributi di un’amministrazione decentrata ed efficace, e alcune operazioni del Ministero che hanno ulteriormente indebolito la situazione finanziaria, e la forza istituzionale, della Soprintendenza.

Nel 2003, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 240 del 29 maggio, fu emanato un “Regolamento concernente il funzionamento amministrativo-contabile e la disciplina del servizio di cassa delle soprintendenze dotate di autonomia gestionale”. Con questo decreto, attuato dal 2006, veniva disposto un prelievo da parte del Ministero del 30% rispetto al reddito prodotto dalle più importanti istituzioni culturali italiane, in modo tale da ridistribuire questo “gettito” alle istituzioni che non sono in grado di autosostentarsi.

Questa misura di legge determinò, sostanzialmente, quello che Guzzo (2003) definì “l'abbonamento" annuale al bancomat della soprintendenza”. A partire dal 2006 il Ministero prelevò dal fondo della Soprintendenza istituito presso la Compagnia di San Paolo prima 7 milioni di euro (2006), poi 5,7 (2007) e 4 (2008) milioni di euro.

TABELLA 1 – BILANCI SOPRINTENDENZA POMPEI 1998-2008 (FONTE: FERR-ZAN 2012)

In concomitanza con il primo prelievo del 2006, l’allora Ministro Buttiglione prelevò, in via del tutto straordinaria, 30 milioni di euro dal conto della Soprintendenza per finanziare progetti esterni rispetto a quelli operanti all’interno dell’area archeologica. A partire dal 2006, quindi, la Soprintendenza fu periodicamente soggetta a prelievo di denaro dalle proprie casse da parte del Ministro di turno. Tale modus operandi del

Ministero non era incluso nella riforma iniziale del 1997; si può ben capire, dunque, come esso abbia rappresentato un elemento fortemente destabilizzate per gli equilibri economici e gestionali della Soprintendenza.

Perdendo queste somme di denaro essa perdeva capacità di spesa per le primarie attività di tutela e valorizzazione, con queste ultime in sensibile aumento nel periodo compreso tra il 2004 e il 2008 denotando un rinnovato dinamismo dell’attività della Soprintendenza.

TABELLA 2 – BANDI DI GARA ASSEGNATI 1999-2007 (FONTE: ZAN – FERRI 2012)

Quella incapacità di spesa, che era stato uno degli elementi individuati come possibili conseguenze negative del testo della riforma del 1997, si era realizzata con 10 anni di ritardo; consapevolmente perpetrata e ottenuta dal Ministero. La Soprintendenza di Pompei viveva un dietrofront politico, non insolito per la verità, che partiva da una situazione centralizzata prima del 1997, procedeva per un decentramento sperimentale dal 1997 e si concludeva nel 2006, sebbene poi si sia protratto sino al 2008 con costanti perdite d’azione da parte dei principali attori del sistema autonomo di Pompei, con un grado di centralizzazione ancor più forte rispetto alla situazione pre-riforma.

A questi prelievi si è poi aggiunto il maxi prelievo avvenuto nel 2008, in concomitanza con la dichiarazione di commissariamento della Soprintendenza, per l’ammontare di 40 milioni di euro. In altre circostanze le procedure di commissariamento sono state accompagnate da ingenti dotazioni di fondi, cosa che non è accaduta nel caso campano. Nello stesso anno, il Ministero decise per l’accorpamento della Soprintendenza di Pompei con quella di Napoli. Quest’ultima era in straordinaria difficoltà economica, con il risultato che Pompei divenne anche sportello di prelievo per quest’ulteriore istituto (Bonini Baraldi – Santagati - Zan, 2018).

Il degrado attestato dalla stampa era sicuramente reale: i servizi per i visitatori risultavano ancora lacunosi e le aree di scavo erano soggette a restauri che sembravano essere infiniti. Eppure, la Soprintendenza autonoma si era mossa nel rispetto delle linee

guida individuate dal Piano per Pompei del 1997: i progetti che non erano stati terminati erano stati lanciati o, per lo meno, approvati.

Un esempio dei risultati riportati dall’autonomia conferita alla Soprintendenza è stata l’apertura di un terzo accesso all’area degli scavi, al fine di redistribuire in maniera meno dannosa i flussi di visitatori. Un altro successo si era ottenuto dal punto di vista dell’estensione della parte visitabile: nel 1997 era percorribile il 14% dell’area scavata mentre nel 2008 si poteva visitare il 31% dell’area archeologica (Ferri - Zan, 2012), questo nonostante si era deciso di rallentare l’attività frenetica di scavo per favorire una concentrazione delle risorse sulle attività di manutenzione: risorse evidentemente ben spese visti i risultati ottenuti.

I problemi che determinavano il degrado che portò alla decisione del commissariamento erano problemi endemici, ben radicati già dal periodo antecedente al conferimento dell’autonomia, e forse anche antecedente alla creazione della Soprintendenza stessa. Il patrimonio di Pompei, per sua stessa natura, sarà sempre esposto all’aria aperta e ai conseguenti agenti di degrado (e guai se così non fosse); lavori di restauro si rendono continuamente necessari e, quasi per natura, costantemente insufficienti: pretendere di giudicare lavori che riguardano un’area così estesa e così duratura nell’arco di un decennio risulta, a chi scrive, una forzatura alla luce della necessità di fornire risultati che non potrebbero mai rappresentare, se non in una minima parte, la realtà dei fatti. L’abusivismo che regnava sovrano all’interno dell’area archeologica sarebbe, di per sé, un elemento estirpabile: come farlo, però, senza poter mettere mano alla struttura organizzativa del personale, in modo tale da integrarlo con conoscenze ben superiori rispetto a quelle possedute dagli abusivi, resta una questione che desta non poche perplessità.

In ultimo si segnala come si sia voluto porre rimedio a una situazione di poca trasparenza, in riferimento alla selezione dei city manager, ricorrendo a uno strumento che, per sua natura, non contempla la necessità di maggior chiarezza: il commissario è scelto dal Presidente del consiglio, o dal Ministro quando delegato a farlo, in maniera libera. Se destava perplessità la successione delle figure, e delle competenze, che si erano avvicendate alla carica di direttore amministrativo della Soprintendenza Archeologica di Pompei, non si può essere neanche convinti dell’elenco di

professionalità che si sono succedute come commissari, con 3 figure diverse che si sono rapidamente succedute sino a quando la Corte dei Conti, nel 2010, non ha giudicato come illecita l’intera procedura di commissariamento.

La figura del commissario ha l’obiettivo di risolvere, o contenere, una situazione di emergenza. Nel caso specifico di Pompei, discorso allargabile a tutta la sfera del patrimonio archeologico, una soluzione al problema non può prescindere da un attento studio delle cause del degrado: individuare le cause e agire sugli agenti scatenanti è alla base del successo dell’operazione di ripristino delle migliori condizioni. Le persone che sono state nominate a commissario avevano le competenze necessarie per affrontare i problemi di Pompei? Questi problemi erano imputabili più alla natura e alla specificità del caso preso in esame o a una cattiva gestione? Nel caso di una cattiva gestione, essa è imputabile alla Soprintendenza autonoma o a un’incerta azione del Ministero che non ha permesso una totale libertà d’azione alla Soprintendenza autonoma di Pompei?

Parere di chi scrive è che alcuni segnali di miglioramento della situazione fossero ravvisabili nella realtà di Pompei nel 2006. Segnali che sono stati frettolosamente ritenuti insufficienti, senza troppo discutere sulle cause di una tale insufficienza e sulla loro reale origine, e che hanno portato a decisioni illegittime costituzionalmente e improntate a una visione ancora conservatrice dell’apparato centrale del Ministero. La situazione d’autonomia verrà ripristinata, e implementata, nel 2014, con indubbi vantaggi per la situazione di Pompei.

4. LA RIFORMA DEL 2014