4. LA RIFORMA DEL 2014
4.2 LE ELABORAZIONI DELLA COMMISSIONE D’ALBERTI
Alcune delle istanze sopra richiamate trovavano risposta nelle osservazioni finali della Commissione; osservazione che, come vedremo, risulteranno prodromiche per i lavori del successivo governo Franceschini.
In continuità con le parole utilizzate all’interno delle misure di spending review, la Commissione proponeva come primo punto una forte “razionalizzazione della struttura centrale del Ministero”. Ad esso dovevano essere affidati compiti di direzione, programmazione, indirizzo e coordinamento.
Funzioni cosiddette “strumentali e orizzontali” trovavano particolare rilievo all’interno del testo. La formazione continua del personale veniva individuato come un settore che doveva essere nettamente implementato rispetto allo stato delle cose. Ancora una volta, nonostante il settore giuridico non avesse riconosciuto a più riprese la centralità delle risorse umane se non in una dimensione puramente retorica, il comparto storico- artistico, con il prezioso ausilio di grandi direttori italiani, sottolineava l’importanza strategica della competenza delle persone chiamate a gestire, conservare, esporre e tutelare il nostro patrimonio culturale. Un sistema incentrato su competenze orizzontali è un sistema che si prefigura come agile, incline al cambiamento e in grado di adottare azioni strategiche foriere di vantaggi per l’organizzazione come unità e per il sistema Italia in toto. Triste sarà vedere come, ancora una volta, queste importante istanze di cambiamento si fermeranno sulla carta stampata o in alcune discussioni parlamentari, ma su questo si dirà in seguito.
Altre funzioni a carattere strumentale sono quelle di innovazione, intesa non solo in chiave digitale. Un dibattito fortemente incentrato sulla preponderanza della tutela non
avrebbe potuto mai favorire un sistema rivolto all’incentivazione della creatività, intesa come fattore di innovazione e di conseguente progresso sociale.
Ancora, il ruolo dell’organizzazione intesa anche come importanza della reciprocità delle relazioni. In un Paese ormai fortemente decentrato, più o meno realmente, l’interscambio tra le istituzioni di diversa dimensione e tra le stesse e il settore privato, oltre che con la generalità della popolazione, non può non essere incentivato.
In ultimo, è necessario rafforzare la dimensione di controllo. Una corretta attività di indirizzo, coadiuvata a posteriori da un’efficace attività di controllo dei risultati e della comunicazione degli stessi, senza mai perdere di vista la legittimità e il grado di obsolescenza dei processi necessari al loro raggiungimento, rappresentano conditio sine qua non per l’ottimizzazione delle risorse culturali di qualsiasi sistema nazionale. In diretta prosecuzione di quanto appena affermato, la Commissione auspicava la “creazione di un’apposita Unità preposta al controllo e alla pianificazione amministrativa, al cui interno includere specifiche professionalità di competenza legislativa civile e commerciale”. Alle altre competenze necessarie per una corretta attività di controllo e pianificazione non viene fatto alcun cenno.
“l) Con riferimento agli Istituti culturali operanti sul territorio, è emersa con forza l’idea di conferire ad essi un’ampia autonomia tecnico-scientifica e gestionale, prendendo spunto anche dall’assetto delle strutture periferiche dell’amministrazione francese che si occupano di beni culturali: ciò nella convinzione che le strutture operanti sul territorio siano i migliori presidi della tutela e della conservazione del patrimonio culturale e che vadano salvaguardate al massimo le capacità dei corpi tecnici, spesso sacrificate nelle amministrazioni pubbliche italiane. Con particolare riferimento ai Musei, è auspicabile che la loro autonomia si estenda, quanto più possibile, anche alla definizione degli orari di apertura e dei prezzi dei biglietti. Ovviamente, la maggiore autonomia deve essere affiancata da una maggiore trasparenza: ad esempio, tutti i Musei dovrebbero realizzare un report annuale che dia una panoramica delle attività svolte e mostri come le risorse siano state impiegate, rendendo anche disponibili gli elenchi delle acquisizioni, l’illustrazione delle mostre, delle attività educative, didattiche e di ricerca.” (Commissione D’Alberti, 2013).
Alcune particolari osservazioni sono necessarie alla luce di quanto appena riportato. Con questo punto, l’intento modernizzante della Commissione diviene palese. Gli Istituti centrali richiamati non vengono elencati e non viene neanche fatto cenno ad alcuni criteri che potrebbero servire per l’individuazione delle istituzioni che potrebbero ricevere l’autonomia in questione.
Il successivo richiamo alle attività di tutela e conservazione farebbe pensare alle Soprintendenze come maggiori indiziati per la proposta in questione. Ancora una volta, nonostante il termine autonomia possa tradire una spinta riformistica, gli entusiasmi vanno contenuti in quanto viene fatta sola menzione delle attività di tutela e conservazione, come da tradizione italiana.
Pur senza nominarlo direttamente, è evidente un’ottica sussidiaria nella realizzazione di questi propositi ed, in particolare, essa è in nuce “nella convinzione che le strutture operanti sul territorio siano i migliori presidi della tutela e della conservazione del patrimonio culturale”. La priorità spetta, dunque, alle attività e alle risorse da destinare agli enti operanti nel contesto strettamente territoriale, in pieno contatto con la realtà considerata.
Le risorse umane, ancora, trovano menzione. Oltre la questione della formazione, affrontata già in precedenza, si reclama una tutela maggiore per le professionalità di specifico carattere tecnico, spesso male assortite e poco valorizzate all’interno degli organici pubblici.
La seconda parte del dettato si concentra in particolare sulle istituzioni museali. Viene quindi scongiurato il pericolo poc’anzi richiamato; musei e soprintendenze hanno la stessa dignità all’interno dei lavori della Commissione.
L’autonomia tecnico-scientifica e gestionale, già prevista per gli istituti di tutela, nel caso dei Musei, dovrebbe estendersi ad azioni più legate alla contingenza e alla quotidianità. Dal punto di vista economico, in capo alla direzione del museo dovrebbero essere rimesse scelte riguardanti il prezzo del biglietto d’ingresso e gli orari di apertura della sede museale.
Oltre a considerazioni di carattere economico, ivi si afferma la potestà decisionale che la dirigenza, di qualsiasi natura, dovrebbe poter avere su attività legate a dinamiche di accessibilità della sede museale.
Delineare i prezzi dei biglietti e gli orari di apertura può essere una leva importante per implementare l’offerta culturale della sede, favorendo l’ottimizzazione delle risorse, nominalmente le opere presenti in sede e le professionalità a disposizione. Se il museo deve essere un’istituzione dinamica al centro della società in cui vive, e del territorio in cui si radica, decisioni di questa importanza non possono non essere cruciali all’interno delle politiche gestionali di ciascun museo. Come si vedrà in seguito, queste leve verranno utilizzate efficacemente all’interno di azioni di corretta gestione implementate a seguito della Riforma Franceschini del 2014.
“n) Quanto al personale, oltre al problema centrale della formazione, emerge la necessità di una migliore dislocazione territoriale e di valutazioni dei risultati che siano legate soprattutto alla realizzazione di specifici programmi di attività.” (Commissione D’Alberti, 2013).
Viene ribadita la necessità di mappare il personale a disposizione del Ministero. La dislocazione territoriale dello stesso, anche alla luce degli esempi citati in altri passaggi di questo testo, è un elemento cruciale per la corretta gestione delle risorse umane e per la conseguente valorizzazione ottimale delle risorse culturali.
In ultimo, ulteriore corroborazione trova la dialettica ministeriale più recente, legata alla volontà di spostare l’accento del discorso di accountability da un piano meramente processuale a un piano legato ai risultati di gestione e alla loro corretta comunicazione favorendo, come già richiamato al punto l), una maggiore trasparenza istituzionale. Autonomia d’azione e di gestione si lega a una comunicazione più trasparente e, soprattutto, date le esperienze passate, a una comunicazione più costante e strutturata (non poche volte le parole bilancio o report sono state inserite in testi legislativi, senza un effettivo riscontro dal punto di vista documentario da parte delle istituzioni). La Commissione, a tal riguardo, indica sia i contenuti (attività, anche didattiche e di ricerca, e risorse) che dovrebbero comporre il testo del report sia la frequenza con cui esso dovrebbe essere redatto, quasi fosse un bilancio di esercizio di una impresa del settore privato.
Con riferimento alle soluzioni dettate dalle politiche di spending review, la Commissione individuava la coerenza di tagli della spesa concentrati sugli apparati centrali, vista la volontà della stessa di proporre una maggiore autonomia per gli organi periferici del Ministero, oltre che in formale continuità con le politiche di decentramento intraprese dallo stesso.
Queste istanze verranno riprese, nonostante l’avvicendamento politico alla guida del Paese, dal ministero Franceschini, nominato all’interno del governo di centro-sinistra.