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LE DIREZIONI GENERALI

4. LA RIFORMA DEL 2014

4.3 IL CONTENUTO DELLA RIFORMA

4.3.1. LE DIREZIONI GENERALI

Essa aveva sancito il successo del modello delle Direzioni Generali; su questa falsa riga il decreto determina la conferma delle Direzioni preesistenti e la creazione di nuovi uffici centrali. Tra queste nuove realtà, particolare menzione merita la Direzione Generale Musei.

“[…] cura il coordinamento con le Regioni e con gli altri enti pubblici e privati interessati ed offre il necessario sostegno tecnico-amministrativo per l'elaborazione dei criteri di gestione, anche integrata, delle attività di valorizzazione, ai sensi degli articoli 112 e 115 del Codice; elabora linee guida, in conformità con i più elevati standard internazionali, per la individuazione delle forme di gestione delle attività di valorizzazione, ai sensi dell'articolo 115 del Codice; [..]”

Essa nasce con il precipuo obiettivo di coordinare il sistemi delle istituzioni museali statali, esercitandovi poteri di direzione, controllo, indirizzo e coordinamento. La sola composizione linguistica del testo permette di sottolineare come questa Direzione vada a rilevare i compiti prima direttamente in capo al Ministro. Avviene, quindi, un’ulteriore devoluzione da parte dell’organo ministeriale verso altri organi più periferici, sebbene sempre annoverati tra gli organi centrali.

Di particolare importanza, inoltre, è la diretta menzione degli standard internazionali. Oltre a rappresentare un documento di capitale importanza per l’intera attività di gestione museale, la loro comparsa all’interno di un documento ministeriale rappresenta una svolta non solo lessicale. Se, in tempi precedenti, l’ambito internazionale rappresentava un contesto retorico all’interno del quale affermare la primarietà e la forza del patrimonio culturale italiano, ora lo stesso contesto assume un’importanza diversa, meno marginale e più legata all’importazione di buone pratiche, secondo una logica di benchmarking tra le istituzioni museali italiane e le realtà estere.

Alla luce di quanto appena affermato, all’articolo 20 co. 2 lett. h) si statuisce che la Direzioni deve provvedere costantemente al monitoraggio e all’aggiornamento dei “livelli minimi uniformi di qualità delle attività di valorizzazione […]”. Tutti i compiti assegnati a questo nuovo organo sottendono un carattere dinamico, legato a una gestione dinamica calata all’interno di una società sempre più fluida, con il precipuo intento di considerare il museo sempre meno come un contenitore e sempre più come un sistema d’offerta culturale integrato con le richieste del territorio, della società e del contesto museale tutto.

Una Direzione completamente dedicata alla realtà museale, sebbene solo concentrata sui musei statali (tralasciando le entità museali appartenenti ad altri enti pubblici, la maggior parte di quelli presenti su territorio italiano), sancisce un ulteriore passo in avanti all’interno di quel processo di “istituzionalizzazione” del museo che, venendo slegato dalla Soprintendenza, assume dignità propria e perde la qualifica di mero ufficio del Ministero.

Con la separazione tra gli enti museali, di qualsiasi natura, e le Soprintendenze, si scinde ulteriormente, da un punto di vista formale, la competenza tra materie di valorizzazione e materie di tutela. In questo caso, una divisione del genere sembra opportuna nella speranza di scongiurare ulteriori fenomeni di sovrapposizioni di competenze e di conseguenti indicazioni divergenti provenienti da più voci. Dividere per uniformare, per permettere una dialettica più agile, sembra essere l’intento della riforma; dialettica più agile sia all’interno dell’intero comparto museale sia tra questo e il resto della realtà culturale italiana.

Altre importanti istanze raccolte dal testo della Commissione D’Alberti, già sottolineate in precedenza, riguardano le attività “orizzontali”. In tal senso, trovano istituzioni Direzioni Generali di importanza strategica quali quella denominata “Direzione Generale Organizzazione” e quella dedicata alle attività di educazione e ricerca.

La prima assume compiti importanti riguardanti il trattamento del personale, dalle relazioni sindacali sino ai processi di reclutamento, assunzioni e valutazioni dello stesso. Se questo istituto appaia una importante innovazione, vedremo come in realtà sembra rappresentare un grosso freno al completamento della riforma, almeno per il punto di

vista che si assume durante la scrittura di questo testo: l’ottica dei musei dotati di autonomia speciale.

Alla seconda, invece, vengono assegnati compiti di formazione continua del personale. In particolare, secondo l’art. 13 co. 2 lett. d) “promuove e organizza periodici corsi di formazione per il personale del Ministero; cura, d'intesa con le direzioni generali competenti, la formazione e l'aggiornamento professionale del personale del Ministero, e a tale fine: coordina le attività di formazione; definisce i piani di formazione, sulla base dei dati forniti dalle strutture centrali e periferiche del Ministero tramite appositi prospetti informativi; pianifica, progetta e gestisce i corsi di formazione e valuta l'efficacia degli interventi formativi; cura i rapporti con le università e con enti e organismi di formazione; gestisce la banca dati della formazione; […]”. Anche in questo caso, a un primo sguardo l’importanza sembra sostanziale. Eppure, non si può non sospettare che la formazione continua assuma, ancora una volta, una valenza retorica ben superiore rispetto all’eventuale traduzione pratica. Alcune osservazioni, che verranno meglio strutturate in seguito, si rendono necessarie.

Un’attività così strategica come quella di formazione del personale può essere condotta in maniera organica e uniforme all’interno dell’intero panorama nazionale? Secondo un’ottica top-down sicuramente sì. Il personale afferente al Ministero deve rispettare gli stessi limiti giuridici nel corso di svolgimento di qualsiasi professione esso sia chiamato a espletare. Conservando la rigidità del linguaggio giuridico, l’attività di formazione deve sicuramente rispettare alcuni canoni uniformi in tutto il territorio nazionale, anche al fine di una comparazione dell’operato dei professionisti del comparto culturale. Se si provasse a rovesciare il punto di visione , però, si potrebbe criticare fortemente questa visione. Immaginiamo la posizione di un direttore di un museo dotato di autonomia speciale, di cui si parlerà nelle prossime pagine. Secondo una visione intrecciata tra istanze di sussidiarietà e logiche di attività manageriale, un direttore davvero “autonomo” non dovrebbe essere in grado di determinare le reali necessità, siano esse dettate da vere e proprie lacune o siano esse l’opportunità per occupare una forte posizione all’interno del contesto sociale, formative del personale che egli sarebbe chiamato a gestire (come si vedrà, il condizionale è d’obbligo)? Secondo quest’ottica, un’attività fortemente centralizzata di formazione di un personale la cui gestione rimane

in capo ad organi centrali del Ministero rappresenta un ostacolo e rischia di essere poco conscia delle reali necessità formative delle diverse realtà territoriali presidiate.

Alle rinnovate esigenze di trasparenza della gestione, unitamente alle istanze di razionalizzazione della spesa, rispondono i compiti assegnati alla Direzione Generale Bilancio. Essa, tra le attività previste all’art. 24 co. 2, “g) provvede al censimento delle attività delle strutture centrali e periferiche del Ministero, con riguardo al numero di procedimenti e di atti, alla dotazione di personale e alle risorse, nonché a indicatori di impatto relativi all'efficacia, all'efficienza e all'economicità delle funzioni di tutela e di valorizzazione del patrimonio culturale; a tal fine riceve dalle strutture centrali e periferiche, per via telematica e sulla base di appositi standard, gli atti adottati e ogni altra informazione richiesta;[…]”. Con particolare riferimento ai musei dotati di autonomia speciale, individuati all’art. 30 dello stesso decreto, la Direzione Generale Bilancio “t) cura gli adempimenti relativi al riequilibrio finanziario”. La dialettica relativa alla comunicazione dei risultati e, in questo caso, all’approvazione da parte del Ministero degli stessi, trova un’ulteriore istituzionalizzazione all’interno delle mansioni assegnate a questo ufficio centrale.

Torna di competenza del Ministero della Cultura la questione del Turismo, e difficilmente si potrebbe un’assegnazione diversa della competenza (anche se altre compagini politiche avranno idee divergenti a riguardo). Oltre alla “T” aggiunta nella propria nomenclatura, il Ministero si dota di una Direzione Generale specificatamente dedicata alla programmazione e al coordinamento dell’offerta turistica nazionale. Si tenga a mente la questione turistica, anche in diretto collegamento con gli istituti dotati di autonomia che si elencheranno subito di seguito, senza decontestualizzare queste istituzioni rispetto al territorio ove sono ubicate.