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5. I RISULTATI DELL’AUTONOMIA E IL SISTEMA MUSEALE NAZIONALE

5.1 I NUMERI

Il lungo processo di implementazione di accountability sui risultati avviato dall’amministrazione, centrale e periferica, del settore culturale trova riscontro costante nella pubblicazione di dati numerici propedeutici alla valutazione delle performance delle singole realtà museali autonomi e del sistema museale statale in toto.

Con particolare riferimento agli istituti dotati di autonomia speciale, si presentano alcuni dati desunti dalle pubblicazioni annuali dei rapporti FederCultura unitamente alle pubblicazioni della sezione statistica della Direzione Generale Bilancio.

I dati ministeriali, in particolare, si fermano al 2018; con tutta probabilità la presentazione dei dati relativi al 2019 ha subìto una battuta d’arresto in seguito all’emergenza COVID-19.

Si può concordare con Mauro Felicori quando afferma che la riforma Franceschini ha vinto. Il numero dei visitatori negli istituti autonomi presenta un trend di costante crescita, con valori percentuali anche sorprendenti con riguardo alla situazione pre- riforma.

In una prima presentazione dei dati della riforma, tenutasi all’Aula ottagona delle Terme di Diocleziano il 13 novembre del 2017, sono stati stilati i numeri analizzando il periodo di tempo compreso tra il 2013 e il 2016 e l’andamento dei 30 istituti autonomi operanti in quel periodo.

TABELLA 2 – (FONTE: UFFICIO STATISTICA MIBACT – ANNO 2017)

In alcuni casi i dati riportati sono impressionanti, si veda in particolare il caso del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria che ha visto crescere i propri visitatori con un valore percentuale superiore ai 1000 punti. Questo dato invita a riflettere anche alla luce del contesto territoriale in cui si trova a operare il museo. Così come gli altri musei del Mezzogiorno, i valori sono in crescita anche nei periodi successivi, come vedremo, e questo fa ben sperare anche alla luce di un’autonomia di ripartenza da parte della cultura di questi territori.

Una crescita percentuale media di poco inferiore ai 20 punti sottolinea un primo aspetto vincente della riforma; i musei hanno attirato più visitatori.

Alcune prime indicazioni, corroborate successivamente con altri dati statistici, sono individuabili.

I dati numerici vanno analizzati alla luce di un contesto più ampio, dove un trend di crescita del numero dei visitatori non deve solo essere interpretato, anche se sicuramente ne rappresenta una componente non trascurabile, come possibilità di incrementare i ricavi economici delle varie istituzioni. Vedremo come essi sono effettivamente in crescita, giovando all’attività quotidiana, annuale e pluriennale di pianificazione e realizzazione delle attività scientifiche del museo.

Aumentare il numero dei visitatori, però, significa soprattutto aumentare la possibilità che, tra essi, qualcuno torni a casa arricchito dall’esperienza di fruizione museale. È questa la prima finalità di riforme come questa e, più in generale, della costante attività del sistema museale: arricchire la società.

I numeri, in questo senso, sono importanti perché permettono di applicare ragionamenti logico-deduttivi e rappresentano un benchmarking cronologico cui i musei possono rivolgersi per analizzare l’andamento della propria attività all’interno del loro contesto sociale.

Visionare numeri in crescita non significa certamente che tutti i visitatori, o tutti i nuovi visitatori, siano arricchiti dall’esperienza museale, e sentano la voglia di tornare per ripetere l’esperienza (che è poi la logica alla base del turismo e del turismo culturale in particolare).

Vuol dire, però, potersi permettere una certa dose di ottimismo, nella misura in cui effettivamente la società e il movimento del turismo sembrano meglio accogliere l’attività di un’istituzione ora più agile e in grado di recepirne le istanze.

In senso strettamente logico, permette di ragionare in una logica di probabilità matematica, supponendo che con il crescere del numero dei visitatori cresca il numero delle persone arricchite.

Nello stesso periodo di osservazione, l’intero sistema museale italiano e le realtà dei parchi archeologici e dei monumenti conserva lo stesso trend di crescita con percentuali medie simili a quelle degli istituti dotati di autonomia speciale.

In difficoltà, purtroppo, altri settori che anche in fasi successive hanno lamentato la mancanza di attenzione istituzionale e l’esiguità degli strumenti destinati in loro favore.

FIGURA 3 – (FONTE: RAPPORTO FEDERCULTURE – ANNO 2017)

Nel periodo compreso tra l’inizio della riforma e il 2016, l’incidenza dei musei autonomi sul totale dei visitatori del sistema museale italiano si è mantenuta attorno al 17-18%, con una produzione di introiti lordi per un quarto del totale.

Ciascun istituto reso autonomo incrementa i propri introiti sensibilmente, come riportato nei dati seguenti.

TABELLA 3 – (FONTE: UFFICIO STATISTICA MIBACT – ANNO 2017)

I dati di crescita previsti anche per l’anno 2017 nella precedente tabella sono confermati dalle pubblicazioni successive(virgola) con l’ufficio statistica della Direzione Generale Bilancio che attesta un numero totale di visitatori superiore ai 26 milioni di unità.

Tra i dati elaborati, particolare attenzione merita l’analisi fatta da Federculture riguardo la capacità di autofinanziamento degli istituti dotati di autonomia speciale. Nello specifico questa indagine viene condotta attraverso l’analisi dei bilanci di un campione rappresentativo dei più grandi musei italiani.

TABELLA 4 – (FONTE: RAPPORTO FEDERCULTURE – ANNO 2018)

In media, le prestazioni delle istituzioni considerate, e le entrate direttamente derivanti da esse, hanno un’incidenza del 75 % sul totale delle entrate delle stesse. Un dato percentuale sicuramente interessante, reso possibile dall’azione congiunta del Ministero, in sede legislativa, con il conferimento della possibilità di trattenere le entrate proprie e dall’azione virtuosa dei direttori tramite l’utilizzo della leva del prezzo dei biglietti d’entrata.

Questa analisi va, in un certo senso, smitizzata nella misura in cui è lecito sospettare che questa indagine sia stata condotta prendendo in considerazione le più grandi istituzioni italiane, probabilmente anche le più profittevoli.

Da questo punto di vista, una delle critiche mosse alla riforma è stata quella di aver separato il comparto museale, creando una distanza tra i musei cosiddetti di “serie a” e il resto dei musei. Questo criterio residuale è stato spesso imputato anche alla scelta di creare i Poli Museali Regionali e alle logiche circa l’individuazione dei musei che vi avrebbero trovato ospitalità. I musei autonomi sarebbero stati resi tali anche perché “super musei”, in grado di autofinanziarsi grazie alla propria immagine e alla propria storia. Queste critiche sono state in parte sconfessate dalle scelte d’inclusione di istituti meno profittevoli in una seconda fase della riforma, includendo parchi archeologici meno noti al grande pubblico.

I notevoli risultati sul versante del numero delle visite continua anche negli anni successivi. Nel 2018 il totale dei visitatori dei musei autonomi supera la soglia dei 30 milioni di unità (30.557.496 visitatori).

Alla costante crescita del numero dei visitatori si affianca la crescita degli introiti al lordo delle spese di concessione dei servizi di biglietteria, laddove concessi a soggetti esterni.

Durante quest’anno, in particolare, il numero dei visitatori dei musei autonomi supera la metà del totale dei visitatori dei musei statali italiani, registrando una crescita percentuale media nel numero dei fruitori del 14,8%, contro una crescita media del sistema museale statale del 10%.

In sintesi, i dati relativi alla fruizione dei musei statali, e i conseguenti introiti derivanti dalle performance, sono in crescita costante sin dall’avvio della riforma.

Tra i musei statali, i musei dotati di autonomia speciale fungono da locomotiva di crescita con tassi sempre superiori rispetto alla media degli altri musei statali.