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Il concetto di differenziazione nelle lingue antiche

PARTE I. TEORIA GENERALE DEI SISTEMI: CONCETTI PRINCIPAL

2.5 Il concetto di differenziazione nelle lingue antiche

La linguistica (seppur non presa in considerazione da Luhmann) aiuta nella comprensione del concetto di indicazione tramite distinzione. In particolare si può far riferimento agli studi del glottologo Karl Abel riferiti all‟antica lingua egizia. Egli osserva che «nella lingua egizia, reliquia unica

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di un mondo primitivo, si trova un considerevole numero di parole con due significati, uno dei quali indica esattamente l‟opposto dell‟altro»21. E aggiunge: «Di tutte le eccentricità del lessico egizio, la più straordinaria è forse che, oltre alle parole che riuniscono in sé significati opposti, esso comprende altre parole composte, nelle quali due vocaboli di significato opposto vengono riuniti in un complesso il quale ha il significato di uno solo dei due elementi che lo costituiscono. Esistono dunque in questa lingua straordinaria non soltanto parole che significano sia “forte” che “debole”, sia “comandare” che “obbedire”; vi sono anche parole composte come “vecchiogiovane”, “lontanogiovane” (…) le quali, nonostante congiungano gli estremi opposti, vogliono dire, la prima soltanto “giovane”, la seconda soltanto”vicino”(…)».22

Queste peculiarità riguarda in realtà molte lingue antiche e non solo l‟egizio, giusto per fare qualche esempio, in latino altus significa sia alto che profondo, sacer sia sacro che maledetto; nel greco antico le parole con un significato antinomico sono numerose, basti pensare a farmakon che significa sia veleno sia farmaco.

Questo paradosso linguistico viene risolto da Abel con un ragionamento, basato sull‟evoluzione della lingua, che appare sovrapponibile all‟argomentazione di Spencer Brown e di Luhmann sulle forme a due lati, la differenziazione, l‟indicazione. In pratica, secondo Abel, i nostri concetti si formano per comparazione: «Se fosse sempre chiaro, non potremmo distinguere fra chiaro e scuro, e di conseguenza non potremmo avere né il concetto né la parola del chiarore…». «E‟ notorio che tutto su questo pianeta è relativo, e ha esistenza indipendentemente in quanto viene distinto da altra cose e nei suoi rapporti con esse…». «Poiché ogni concetto è in tal modo il gemello del suo contrario, come poté essere pensato la prima volta, come poté essere comunicato ad altri che tentavano di pensarlo, se non

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K.Abel citato da S.Freud (1969), Saggi sull‟arte, la letteratura e il linguaggio, Torino: Bollati Boringhieri:65.

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paragonandolo al suo contrario?...».23 «Poiché non era possibile concepire il concetto della forza se non in contrapposizione alla debolezza, la parola che significava „forte‟ conteneva un simultaneo ricordo di „debole‟, e solo in questo modo poté giungere all‟esistenza. Questa parola non designava in verità né „forte‟ né „debole‟, bensì il rapporto fra entrambi e la differenza di entrambi, che creò di pari modo l‟uno e l‟altro…». «L‟uomo infatti non ha potuto acquisire i suoi concetti più antichi e più semplici se non in contrapposizione al loro contrario, e ha imparato soltanto gradualmente a separare le due parti dell‟antitesi e a pensare l‟una senza commisurarla consapevolmente all‟altra». «Se tutto quello che possiamo sapere è visto come una transizione da qualcos‟altro, ogni esperienza deve avere due facciate e, o ogni nome deve avere un doppio significato, oppure per ogni significato vi devono essere due nomi.»

Secondo Abel, è nelle “radici più antiche” che si osserva il fenomeno del duplice significato antitetico. Nell‟ulteriore decorso dell‟evoluzione linguistica questa ambiguità scomparve e, perlomeno nell‟antico egizio, è possibile seguire tutti i passaggi sino all‟univocità del patrimonio lessicale moderno. «Le parole originariamente ambigue si scompongono nella lingua successiva in due parole univoche, mentre ciascuno dei due significati opposti occupa per sé solo una „riduzione‟ (modificazione) fonica della stessa radice».24 «Così per esempio già nei gereoglifici lo stesso ken “forte- debole” si scende in ken “forte” e kan “debole”. In altri termini, i concetti che si erano potuti scoprire per via d‟antitesi vengono nel corso del tempo sufficientemente assimilati dall‟intelletto umano, al punto da assicurare a ciascuna delle due parti una esistenza autonoma, e procura loro con ciò un rappresentante fonetico separato.» Potremmo dunque affermare che nelle lingue, in un certo senso, si verifica il processo si differenziazione e autonomizzazione. 23 Ivi:15 24 Ivi:67

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Capitolo 3.

3.1 La teoria generale di Niklas Luhmann

La pluralità di riferimenti “interdisciplinari” provenienti dalla cibernetica, dalla biologia e dalla teoria sociale costituisce la base teorica per la rifondazione della sociologia e della gnoseologia: operazione necessaria per confrontarsi efficacemente con la complessità del mondo contemporaneo. Tali motivazioni spingono Luhmann a rivendicare l‟universalità della sua teoria, che intende operare uno scardinamento di presupposti e finalità della conoscenza su cui la sociologia ha costruito il proprio sapere.25 La conseguenza di questa pretesa teorica è l‟introduzione di nuove categorie logico-concettuali che permettano una potenza conoscitiva maggiore.

Luhmann, pur ammettendo che i fenomeni sociali vanno studiati in rapporto alla funzione che svolgono per il mantenimento del sistema, critica le teorie funzionaliste, e Parsons in particolare, perché non sono riuscite a distinguere il concetto di causa da quello di funzione: alla stessa esigenza nell‟ambito di un sistema possono essere collegate diverse soluzioni, per cui il rapporto tra la presenza di una determinata esigenza e il suo soddisfacimento non è un rapporto causale. Si tratta dunque di una critica in termini di “equivalenze funzionali”.

Nell‟ambito della vastissima produzione scientifica di Luhmann, le opere cui si fa riferimento per illustrare il pensiero e i cardini concettuali del cosiddetto “primo Luhmann” sono Illuminismo sociologico del 1970 (Illuminismo sociologico, Milano, Il Saggiatore, 1983) e Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale del 1984 (Soziale Systeme, 1984).

In queste opere Luhmann considera il sistema non tanto con riferimento alle forze interne che ne garantiscono la continuità, quanto alla capacità di

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Si veda R. Massari, “Trasversalità della causa: oltre l‟Illuminismo sociologico di Luhmann”, Rivista della Scuola Superiore dell'economia e delle finanze, 2006, 3: 257.

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contrapporsi all‟ambiente cui appartiene e che ne minaccia la stabilità. In tal senso assumono rilevanza anche i concetti di “mondo” e “ambiente”. Il “mondo” è l‟infinita molteplicità e complessità del reale; l‟“ambiente” è la delimitazione delle possibilità concretizzabili date in una particolare situazione; il “sistema” è l‟effettiva selezione e realizzazione di determinate possibilità offerte dall‟ambiente (se l‟individuo è il sistema, l‟ambiente è dato dal suo contesto sociale; se il sistema è la società, l‟individuo è il suo ambiente).

Poiché il mondo è infinita complessità, risulta impossibile orientarsi in essa senza una riduzione di complessità. Questo concetto fondamentale della teoria di Luhman ci riporta alla weberiana idea di cultura come sezione finita tratta dall‟infinità priva di senso del mondo. Il problema della riduzione della complessità non è solo un problema teorico ma anche un problema pratico perché l‟uomo è costretto a ridurre la complessità per sopravvivere.

Oltre a quello della riduzione della complessità, c‟è il problema della contingenza, poiché nel processo di riduzione della complessità esiste sempre una possibilità di scelta tra le diverse possibilità offerte dal sistema. Inoltre, aggiunge Luhmann, non solo c‟è il rischio che si attuino possibilità diverse dalle proprie aspettative ma, quando le azioni di un soggetto sono dirette a un altro soggetto, occorre che il primo tenga presente che ha a che fare non solo con le proprie aspettative ma anche con le aspettative dell‟altro (doppia contingenza). Il rischio di fallimento della propria azione dipende anche dal fatto che alter scelga a sua volta e può anche scegliere in modo diverso da ego.

Luhman afferma che i sistemi biologici hanno dei confini fisici e temporali (nascita e morte), i sistemi sociali, invece, si definiscono solamente in base al senso e ciò che li costituisce è l‟azione: essi sono complessi di azioni intrecciate che creano una certa stabilità in seguito all‟instaurarsi di reciproche aspettative. Contrariamente a quanto sostenuto

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da Weber e da coloro che si rifanno a lui, il senso non trova il suo fondamento nell‟intenzionalità del soggetto, ma la stessa individuazione del soggetto implica di per sé il senso perché si può parlare di soggetto solo in base a un precostituito concetto di senso.

Il concetto di senso è strettamente legato a quello di selezione necessaria per ridurre la complessità: per costruire il senso è necessario effettuare una selezione delle infinite possibilità offerte dal mondo, e attuare queste specifiche possibilità selezionate. Ma tale attuazione non è mai definitiva, in quanto implica sempre il porsi di nuove possibilità da cui selezionare.

L‟ordine sociale, dunque, secondo Luhmann è possibile mediante il senso, cioè mediante la formazione di sistemi sociali che possono temporaneamente mantenersi entro confini definiti nei confronti di un ambiente sovracomplesso.

Luhmann si serve del concetto di riduzione di complessità anche per spiegare l‟evoluzione storico-sociale e i tratti caratteristici delle attuali società, le quali hanno un grado di complessità superiore alle precedenti: è la società nella sua totalità a diventare, con l‟evoluzione, più complessa (crescono cioè le quantità e le specie dell‟agire e dell‟esperire vivente possibili) e proprio questa maggiore complessità implica la formazione di sistemi differenziati al suo interno (ad esempio, nelle società di oggi il diritto, la morale, la religione costituiscono sistemi autonomi nell‟ambito della stessa società, mentre nelle società arcaiche era impossibile distinguere i diversi aspetti della società stessa).

La differenziazione comporta non solo il formarsi di sottosistemi nell‟ambito del sistema generale, ma anche il riflettersi di tali sottosistemi in se stessi: ogni sottosistema, cioè, diventa l‟oggetto di se stesso (parlare di parole, decidere su decisioni, ecc.).

La scienza, ad esempio, ha il compito di individuare la verità, ma non si tratta di una verità empirica a se stante, quanto piuttosto dell‟elaborazione

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di criteri per fornire una lettura della realtà fra le molte possibili. La scienza è autoreferenziale nel senso che essa stessa costituisce uno dei suoi oggetti.

L‟autoreferenzialità è definita come auto-osservazione. Ciò che si definisce viene definito in quanto diverso rispetto a qualcos‟altro, senza specificare quali siano le differenze nell‟ambito di questa diversità. La società moderna è costituita da sistemi differenziati che si rapportano alla differenza, all‟altro da sé (ovvero all‟ambiente). La stessa distinzione sistema/ambiente e la definizione del sistema rispetto all‟altro da sé, vanno inquadrate nel problema dell‟autoriferimento. In particolare Luhmann distingue le seguenti proprietà del sistema:

a) l‟autoriferimento di base: si tratta di un elemento essenziale al sistema, senza il quale quest‟ultimo non potrebbe sussistere (ad esempio la comunicazione non è un sistema sociale ma senza di essa il sistema non può esistere);

b) la riflessività: si ha quando si riflette sulla propria specificità;

c) la riflessione: è una conseguenza della differenza tra sistema e ambiente.

Luhmann afferma inoltre che i sistemi sociali non sono riducibili a interazione: la società mondiale ha alla base l‟interazione, ma la società trascende l‟interazione e diventa qualcosa di autonomo rispetto ad essa. Il sistema sociale non è necessariamente legato al soggetto, le funzioni compiute dal sistema sono funzioni latenti e, in quanto tali, non hanno bisogno del momento della coscienza. Si ha dunque la de-soggettivazione della società. La razionalità coincide con la funzionalità del sistema e non sarebbe altro che la riflessione dei sistemi su se stessi.