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Il concetto di intelligenza applicata alle città

CITTÀ INTELLIGENTE ED ENERGIA

3.3 Il concetto di intelligenza applicata alle città

L’intelligenza delle strutture urbane è una diretta conseguenza del fatto che la città è un sistema olistico (Cheli, 2010) ad elevato contenuto sociale; più in generale, i sistemi sociali non sono una semplice collezione di individui ma presentano caratteri relazionali superiori alla somma delle parti, tali da rendere più complesso l’organismo che si forma (Dubeski, 2001). Applicando questa affermazione di Durkheim ai sistemi urbani si può sostenere che il carattere denominato “intelligenza” sia uno dei fattori che eccedono la semplice sommatoria di funzioni ed attività presenti all’interno di una città. A questo organismo il livello organizzativo assunto dal capitale sociale come definito da Putnam aggiunge ulteriore peso e ulteriori significati (Trigilia, 1999). I sistemi urbani, quindi, sono più significativi della somma degli elementi che lo compongono. La città romana era intelligente per la sua epoca anche perché costruita da un popolo dotato di grande concretezza e determinazione. La città rinascimentale italiana era un esempio di grande intelligenza anche perché, pur non facendo parte di uno stato forte ed autorevole, era riuscita a

concentrare al suo interno un potere, esteso a tutta l’Europa, basato sulla forza della cultura espressa dai suoi artisti e dalla ricchezza della nuova classe dei banchieri. Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento Londra e Parigi inventarono una intelligenza moderna quando seppero dotarsi di infrastrutture come acquedotti, fognature, metropolitane, fondando anche su tali operazioni il loro ruolo di città internazionali.

Ne deriva che ogni città è intelligente, anzi è diversamente intelligente, in rapporto al periodo storico che si analizza.

Se si considerano le diverse fasi dell’evoluzione di una città senza che ci si pone in una prospettiva storica tutte le città del passato sembrano scarsamente intelligenti; questo modo di vedere, però, è sbagliato e porta al rilevante errore logico di considerare l’evoluzione urbana come un processo casuale di aggregazione e non come il risultato di forze economiche, sociali e politiche che agiscono con continuità su di essa e creano comunità che in un determinato momento rappresentano la forma più elevata del sistema delle relazioni socio-economiche. La città, inoltre, dimostra la propria intelligenza favorendo o penalizzando le singole iniziative messe in campo dai soggetti: non tutte le azioni possibili sono anche realizzabili e non tutte quelle intraprese sono portate a termine perché, in quel momento, o non sono fattibili o non sono necessarie.

Le azioni, infine, hanno necessità di essere contestualizzate; anche se esse possono essere categorizzate e tipizzate non è detto che le modalità con le quali vengono portate avanti e gli esiti conseguenti siano uguali in luoghi diversi.

Nei paesi occidentali, ad esempio, si agisce su ambiti urbani con azioni che hanno lo scopo di riequilibrare le disfunzioni presenti e di indirizzare le città su binari di sostenibilità complessiva. In questa prospettiva consumare nuovo suolo è considerato un fattore negativo, mentre agire sulla città costruita rappresenta una modalità di azione che, fatta nel giusto modo, incrementa la resilienza delle città riducendone i carichi ambientali (Moccia, 2013). Nei paesi di recente sviluppo, invece, la situazione è completamente diversa. In essi, infatti, mentre si mettono in campo costose iniziative il cui obiettivo è la realizzazione di progetti-vetrina relativi a nuovi sistemi urbani sostenibili, continua l’espansione e la trasformazione incontrollata della città esistente, con una attenzione ai caratteri di sostenibilità che è scarsa se non assente.

3.3.1 Intelligenza e smartness

La necessità di costruire sistemi urbani ad elevata sostenibilità e a crescente resilienza ha come conseguenza non secondaria la diffusione di una particolare accezione dell’idea di intelligenza. Tale accezione aggiunge all’intelligenza intrinseca delle città un significato più materiale: un universo di sensori e macchinette capace di gestire ed ottimizzare ogni attività in cui l’uomo è impegnato, ma anche capace di rendere possibile un controllo potenzialmente totale sui cittadini e sulla loro libertà di azione (Longo, 2013). Una dimensione critica delle città è l’erogazione sempre più ampia di servizi basati su tecnologie avanzate ed intelligenti con l’obiettivo di «integrare intelligenza nell’infrastruttura della città in modo da estendere l’efficacia dei servizi a un costo inferiore» (Berthon et al., 2011, 2). Ciò porta alla creazione di una “infrastruttura intelligente”, capace di gestire elevate quantità di dati, analizzarne l’andamento ed agire di conseguenza modificando l’erogazione del servizio.Un ulteriore livello di intelligenza è quella che supera l’autonomia del singolo sistema infrastrutturale pervenendo alla gestione coordinata di più sistemi (energia, acqua, dati, telefonia, …) in un ambiente possibilmente aperto.

Sulla base di questa accezione del termine intelligenza, accezione prettamente tecnica se non addirittura commerciale, la città assume il carattere di un oggetto su cui applicare modelli

economici validi per un qualsiasi prodotto immesso sul mercato. Tra questi si può citare l’Hype Cycle Model (Fenn et al., 2008). Applicato nella valutazione dell’evoluzione del mercato tecnologico, questo modello suppone che l’affermarsi di ogni nuovo prodotto segue delle fasi ricorrenti: la prima fase è quella della formazione di forti attese in termini di innovazione delle attività e di successo del prodotto; la seconda è una fase di disillusione in cui il prodotto entra in crisi per un effetto di rigetto dovuto all’eccesso di novità; la terza fase, detta della “illuminazione”, è quella nella quale la tecnologia mostra il suo reale potenziale e conquista il suo ruolo definitivo (Figura 3.2).

Figura 3.2 Andamento del processo di adattamento di una nuova tecnologia secondo l’Hype

Cycle Model.

Questo andamento si può applicare anche ai sistemi urbani ad “elevata intelligenza”, sistemi normalmente definiti nella letteratura come “smart city” (Papa et al., 2013).

Il neologismo “smart city” è stato usato in un primo momento per etichettare ambiziosi progetti di nuove città completamente sostenibili ed informatizzate. La diffusione iniziale della denominazione è paragonabile alla fase delle grandi attese nella quale il contenuto innovativo dell’idea di successo viene incrementata da grandi aspettative in termini di ricadute positive. La fase successiva è stata caratterizzata da una certa disillusione in quanto alle parole sono seguiti eventi non sempre positivi, anche per i costi rilevanti di questi progetti. Tutto ciò ha portato a lente o brusche frenate nella realizzazione dell’idea, se non addirittura ad una sensazione di fallimento, ma ha preparato il terreno alla terza fase delle smart cities, quella attuale, basata su un approccio che vede le città sviluppare progetti settoriali che creano un diverso modo di accedere ai servizi e li indirizzano verso una complessiva sostenibilità del sistema urbano e verso una forte sinergia tra i soggetti coinvolti.

Questa ultima fase vede le città come protagoniste del cambiamento anche perché capaci di modificare la loro azione, come, del resto, hanno sempre fatto nel passato. «Tutto questo suggerisce che le smart cities del futuro non saranno quelle create in un processo dall’alto, bensì quelle che saranno cresciute organicamente in modo più intelligente. Le città non sembreranno molto diverse da come lo sono oggi, ma esse opereranno in modo più efficiente grazie alla quantità di dati che generano» (Siegele, 2012, sp).

Da questa affermazione deriva una conseguenza: come nel passato anche nel futuro ogni città si evolverà con proprie caratteristiche, mantenendo e riproponendo le proprie specificità, in quanto «ogni luogo è diverso. Ogni città, centro urbano o strada trafficata è diversa da ogni altra, spesso in molti, importanti e significativi modi. Non è possibile solo ritagliare progetti o soluzioni programmatiche di successo da un luogo, incollarli in un altro ed aspettarsi semplicemente che esse lavorino come in un sogno. Così non si può. Ciò che è possibile fare, invece, è esaminare le condizioni che hanno creato il successo in un luogo e cercare di sviluppare le condizioni e le modalità per poterle replicare in un altro luogo» (Dales, 2013, sp).

Queste considerazioni valgono anche, e soprattutto, nel caso dell’evoluzione dei sistemi energetici che innervano le città