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Le risorse agricole come paradigma

IL PESO DEI SISTEMI URBAN

1.3 Le risorse agricole come paradigma

La sopravvivenza dell’uomo e la vita delle città si lega strettamente alla questione delle risorse. Un aspetto particolare è quello delle risorse agricole e della necessità di assicurare approvvigionamenti costanti e riserve consistenti. Esistono aspetti diversi che, a livello internazionale, rendono strategico questo problema. Si fa riferimento, in particolare, alla irregolare distribuzione della popolazione e delle terre utilizzabili per l’agricoltura, ma anche al mutamento degli stili di vita che porta con sé esigenze nuove e crescenti.

In Cina, ad esempio, vive il 20% della popolazione mondiale, anche se il paese possiede solo dell’8% delle terre coltivabili. Per questo motivo esso ha messo in atto una aggressiva politica di ricerca ed acquisizione di suoli agricoli in altri continenti, soprattutto in Africa, che ha condotto alla realizzazione delle cosiddette “fattorie dell’amicizia” che producono per il mercato interno cinese. È evidente che tali politiche, di stampo neocolonialista, vanno a vantaggio solo del paese acquirente senza migliorare minimamente le condizioni del paese ospitante.

Tali metodi non riguardano solo la Cina. Altri paesi, in particolare gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, agiscono allo stesso modo, spesso con la stessa aggressività.

Seaquist et al. (2014) riportano una serie di dati di grande interesse secondo i quali molti paesi sono coinvolti nella compravendita internazionale di suolo agricolo. Nel 2012, ciò è successo per 126 dei 195 Paesi riconosciuti dalle Nazioni Unite.

Il commercio globale di suolo può essere considerato uno specchio significativo delle relazioni di potere tra paesi ricchi e paesi poveri, normalmente caratterizzate da grandi disparità. Sono, infatti, compratori di terreno i paesi più sviluppati del Nord America e dell’Europa e le economie emergenti dell’Asia; sono, invece, venditori le nazioni più povere dell’Africa, del Sud America, del Sudest asiatico e dell’Europa dell’Est.

La Figura 1.6 mostra le aree maggiormente interessate da questo processo, evidenziando i Paesi impegnati nelle acquisizioni (segnati in grigio o nelle tonalità del giallo) e quelli che vendono (segnati nelle tonalità del rosso). Più grande è la dimensione del cerchio, maggiore è la quantità di acquisizioni o di vendite che interessa un dato paese.

Figura 1.6 Relazioni di compravendita di terreni agricoli a livello mondiale. Fonte: Seaquist et al. 2014.

La Figura 1.7 elenca i Paesi che si collocano nelle prime 20 posizioni del sistema di commercio globale delle terre, ordinati per numero di accordi commerciali e per tipologia di scambio. Le barre grigie indicano le “importazioni”, ovvero le acquisizioni di terre in altri Paesi, mentre le barre rosse indicano le “esportazioni”, ovvero le cessioni di terre ad altri Paesi.

Figura 1.7 I primi 20 paesi mondiali per numero di acquisizioni o di vendite. Fonte: Seaquist et al. 2014.

La Cina si presenta a livello mondiale come il paese più attivo nel commercio delle terre (acquisizioni in 33 paesi e cessioni verso 3). Gli Stati Uniti sono molto vicini, con acquisizioni da 28 paesi e cessioni in 3, seguiti dalla Gran Bretagna che ha acquisito terre da 30 paesi. Seguono Brasile, Australia ed Etiopia, che sono venditori netti di suolo, così come Argentina, Filippine, Sudan, Madagascar, Mozambico, Tanzania e Russia. Singapore e Olanda, paesi densamente popolati con limitate estensioni di terre agricole, sono compratori netti, come la Germania, l’India, l’Arabia Saudita, la Malaysia e il Sud Africa.

La quantità di suolo comprato e venduto a livello internazionale sembra essere, a prima vista, complessivamente limitata, anche se non insignificante. Secondo Rulli et al. (2013), infatti, gli scambi internazionali interessano una percentuale tra lo 0,75 e l’1,75 delle terre agricole mondiali, anche se le previsioni relative alle acquisizioni nei prossimi anni sono in crescita, in parallelo con la crescita della popolazione, degli standard complessivi di vita e dei vincoli che i Paesi più avanzati pongono in maniera crescente sulle proprie risorse naturali.

Tre sono gli aspetti da collegare al processo di compravendita di suoli agricoli. Il primo è quello che rientra nel concetto di commercio virtuale, il secondo è connesso al processo di finanziarizzazione del sistema agricolo, il terzo ha che fare con l’applicazione alla produzione agricola di processi spinti di standardizzazione produttiva.

Comprare e vendere terre rientra nella categoria del “commercio virtuale”, in quanto un paese può importare beni non commerciabili, come acqua, terra o anche inquinamento, attraverso l’insieme dei beni e dei servizi commerciali che compra e vende in giro per il mondo. Così un paese che possiede scarse risorse idriche può “importarle” comprando materie alimentari e beni trasformati, il cui ciclo produttivo necessita di molta acqua, come nel caso della carne o della carta.

Il commercio virtuale ha aspetti positivi e negativi. Esso permette ai paesi di specializzarsi nella produzione di alcuni tipi di beni nel caso in cui possiedano le risorse necessarie per farlo, per cui paesi con rilevanti estensioni di terreno agricolo, come il Brasile, gli Stati Uniti e l’Australia, possono aiutare a sfamare il mondo ed essere “ricompensati” per questo. Esso, però, può condurre ad un impoverimento delle risorse domestiche. Tra i casi più recenti si ricordano le esportazioni di prodotti ad alto contenuto di acqua (mandorle e pistacchi) da parte dei produttori agricoli della California verso la Cina, pur in presenza di una delle peggiori siccità che abbia mai colpito lo stato americano.

Il commercio virtuale incrementa anche il rischio che i paesi ricchi si approprino di risorse direttamente necessarie allo sviluppo dei paesi più poveri anche perché, data la popolazione in crescita e la sfida incombente dei cambiamenti climatici, non è difficile immaginare che la competizione per le terre coltivabili possa aumentare nel futuro e che i paesi ospitanti siano costretti a pagare costi rilevanti in termini di perdita di biodiversità, di incremento delle emissioni di anidride carbonica e di uso di maggiori quantità di acqua.

Il secondo aspetto ha a che fare con la tendenza crescente del sistema agricolo mondiale a dipendere da flussi finanziari volatili che trovano nell’investimento in agricoltura un possibile sbocco a breve termine. Nella trattazione classica dei processi economici l’agricoltura è un settore a carattere anticiclico in quanto, per sue specifiche peculiarità, soffre meno degli sbalzi connessi a cicli di sviluppo e di recessione. Se però ad essa si associa una crescente finanziarizzazione, si incrementano le possibilità che il settore diventi ciclico e, quindi, abbia a soffrire in caso di forti o lunghe recessioni, con gli evidenti impatti che tale evento può creare. Il terzo aspetto è strettamente connesso con la crescente automazione dei processi di produzione agricola. Per rendere possibile raccolti sicuri e di grande resa è necessario aumentare la dimensione media degli appezzamenti, adoperare in modo massiccio macchinari, utilizzare

maggiori quantità di prodotti chimici, diminuire le specie coltivate selezionando tra di esse quelle più resistenti, anche con l’uso delle biotecnologie e l’apporto di organismi geneticamente modificati. Insomma esattamente il contrario di quello che serve per tutelare la biodiversità e per favorire le produzioni agricole a chilometro zero.

E ancora una volta il ragionamento economico sembra basarsi su un orizzonte di corto/medio periodo e non sembra tener conto delle implicazioni che tali processi hanno sui suoli e sulle produzioni.