• Non ci sono risultati.

2. Il conflitto di interessi in Italia dalle elezioni legislative del 1994 alla legge

2.3 Gli strumenti preventivi di risoluzione dei conflitti di interessi

2.3.4 Il conflitto di interessi per incidenza patrimoniale

Rispetto alla nozione di conflitto “da interessi economici” generalmente accolta a livello internazionale dove il disvalore etico e giuridico dell’isti- tuto è individuato nella sua attitudine potenziale ad incidere sul corret- to esercizio di una pubblica funzione tanto da motivare una risoluzione di tipo preventivo42, il legislatore italiano invece persegue il conflitto di natura economica solo in via successiva, secondo le modalità previste dall’articolato in esame.

La seconda ipotesi di conflitto di interessi prevista ex art. 3, seconda

parte, della legge 215 del 2004, prescinde dall’esistenza di una situazio- ne di incompatibilità (come precisato dall’articolo 5, comma 1 del rego- lamento43) e riguarda l’adozione o la partecipazione all’adozione di atti attraverso i quali il titolare di una carica di governo favorisca se stesso, il coniuge o i suoi parenti entro il secondo grado, arrecando al contempo un danno all’interesse pubblico.

Gli elementi costitutivi di tale fattispecie sono particolarmente strin- genti e consistono in: 1) la partecipazione all’atto da parte del titolare di carica, anche formulando una semplice proposta ovvero attraverso una condotta di tipo omissivo 2) una incidenza specifica e preferenziale sulla sfera patrimoniale dei soggetti di cui all’articolo 3 della legge; 3) la produ-

42 Per un’analisi più approfondita sul tema v. A. Pertici, Il conflitto di interessi, cit.; K.C. Mmunigal, Distinguisching risk from arm in conflict of interest, Business and society review, nn. 100/101, 1998, pp. 91-93.

43 Delibera Agcm 16 novembre 2004, Regolamento sul conflitto di interessi Criteri di ac-

certamento e procedure istruttorie relativi all’applicazione della legge 20 luglio 2004, n. 215 recante norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi.

zione di un danno per l’interesse pubblico.

Per quanto attiene al secondo requisito, il legislatore ha specificato che l’incidenza patrimoniale dell’atto o dell’omissione deve essere non solo specifica ma anche “preferenziale”: tale aggettivo sembra richiedere un diverso (e migliore) effetto patrimoniale nei confronti del titolare (o dei parenti), rispetto alla generalità dei soggetti in atto o potenzialmente de- stinatari dell’atto o dell’omissione. A tale riguardo l’Autorità ha qualifica- to l’incidenza “specifica e preferenziale” come qualsiasi vantaggio econo- micamente apprezzabile nel patrimonio del titolare o dei suoi congiunti (art. 5, c. 2 del regolamento), a sua volta definito in maniera ampia come il complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi, suscettibili di valuta- zione economica, facenti capo a una persona fisica o giuridica (art. 5, c. 3 del regolamento44). Inoltre, è altresì precisato che è sufficiente che tale incidenza sia anche solo potenziale, assumendo rilievo la mera idoneità dell’atto o dell’omissione a generare un beneficio sul patrimonio dei sog- getti individuati dalla legge, come appare indicare la formulazione lette- rale dell’articolo 6, comma 3 della legge che fa esplicito riferimento all’e- ventualità dell’incidenza: in altri termini, il conflitto è rilevabile, oltre che nelle ipotesi in cui il beneficio realmente si produca e sia concretamente accertato, tutte le volte che l’incremento patrimoniale non si sia verificato ma, secondo una valutazione ex ante degli effetti dell’atto, possa essere ac-

quisita la ragionevole convinzione circa la sua idoneità a generare indebiti benefici patrimoniali, secondo un criterio di normale adeguatezza delle conseguenza dell’atto rispetto ai contenuti45.

Il vantaggio patrimoniale deve ulteriormente essere “particolare, an- corché non esclusivo”: con l’aggettivo “non esclusivo” l’Autorità ha in-

44 A tale riguardo, la delibera del 16 novembre 2004 dell’Autorità garante della concor- renza e del mercato, applicativa della legge, precisa (art. 5, c. 2) che «nell’accertamento dell’incidenza specifica e preferenziale l’Autorità prende in considerazione qualsiasi van- taggio che in modo particolare, ancorché non esclusivo, si può determinare nel patrimo- nio dei soggetti di cui all’art. 3 della legge, anche se l’azione di governo è formalmente destinata alla generalità o ad intere categorie di soggetti».

45 C. Marchetta, La legislazione italiana sul conflitto di interessi, la legge 20 luglio 2004, n.

teso fornire un’interpretazione di “incidenza specifica e preferenziale” tale da non limitare il possibile intervento alle sole ipotesi di atti che avvantaggiano esclusivamente i soggetti di cui all’articolo 3 della legge. L’Agcom ha peraltro evidenziato che è sufficiente la sussistenza di un vantaggio particolare, ovvero di un esito di favore nella sfera patrimonia- le del titolare, anche se di tale vantaggio beneficiano al contempo soggetti diversi dal titolare della carica di governo e dai suoi più stretti congiunti. In tal senso, l’atto di governo assume rilievo anche quando diretto “alla generalità o ad intere categorie di soggetti”. In altri termini, anche un atto con efficacia giuridica erga omnes può di fatto tradursi in un esito di favore

particolare a vantaggio del titolare della carica di governo o dei suoi con- giunti. Inoltre, l’incidenza dell’atto o dell’omissione può riguardare non solo il patrimonio (personale) del titolare, coniuge o dei parenti entro il secondo grado, ma anche quello delle imprese o società da essi controlla- te ai sensi dell’art. 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 28746.

Anche se non specificatamente codificato, infine, l’Agcm ha ritenuto che il vantaggio debba essere economicamente apprezzabile, nel senso che debba essere, almeno in astratto, riconoscibile come idoneo a pro- durre accrescimenti economici di un rilievo non trascurabile per il sog- getto o la società interessata dagli effetti dell’atto.

Il terzo presupposto per la sussistenza della fattispecie del conflitto di interessi per incidenza sul patrimonio è rappresentato dalla produzione di un “danno per l’interesse pubblico”. Al riguardo, la scelta del legislato-

46 Ai sensi dell’art. 7 citato si ha controllo: a) nei casi contemplati dall’art. 2359 c.c., il quale considera controllate le società in cui un’altra società: i) dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria; ii) dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria; iii) esercita un’influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali; b) in presenza di diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono, da soli o congiuntamente, e tenuto conto delle circostanze di fatto e di diritto, la possibilità di esercitare un’influenza determinante sulle attività di un’impresa, anche attraverso: - diritti di proprietà o di godimento sulla totalità o su parti del patrimonio; - diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono un’influenza determinante sulla composizione, sulle deliberazioni o sulle decisioni degli organi. Il con- trollo è acquisito dal soggetto che sia titolare o beneficiario dei rapporti giuridici sud- detti ovvero che, pur non essendo titolare o beneficiario, abbia il potere di esercitare i diritti che ne derivano.

re di attribuire all’Autorità la competenza nella materia del conflitto di in- teressi è stata ispirata non solo dalla natura dell’istituzione quale autorità amministrativa indipendente, ma anche dal tipo di funzioni esercitate in quanto organo competente a dare applicazione alla normativa antitrust. In questa prospettiva, il regolamento dell’Agcm dà, all’articolo 5, comma 4, una interpretazione in chiave innanzitutto concorrenziale di tale pre- giudizio all’interesse pubblico, rinvenendolo in tutti i casi in cui l’atto o l’omissione del titolare della carica di governo siano idonei ad alterare il corretto funzionamento del mercato. Il comma successivo prevede un criterio “residuale” che dovrebbe comprendere tutti i casi di conflitto di interessi che non danno luogo direttamente a problemi di concor- renza o che non riguardano affatto il mercato. In tal caso, il danno per l’interesse pubblico sussiste quando l’incidenza sul patrimonio sia frutto di una scelta manifestamente ingiustificata in relazione ai fini istituzio- nali cui l’azione di governo è preordinata (art. 5, c. 5 del regolamento). Tale definizione configura un controllo da parte dell’Autorità consistente nell’apprezzare se il vantaggio conseguito dal titolare, dal suo coniuge o dai suoi parenti entro il secondo grado, sia palesemente estraneo e non giustificato dal fine istituzionale cui l’azione del titolare dovrebbe essere preordinata. In altri termini, si tratta di una patologia dell’azione di gover- no che richiama la figura dello sviamento di potere. In questa prospettiva si può escludere la sussistenza della fattispecie qualora il vantaggio sia la conseguenza meramente occasionale di un atto adottato nell’ottica dell’e- sclusivo perseguimento del fine istituzionale e della tutela dell’interesse pubblico47.

Nonostante i tentativi fatti dall’Autorità di controllo per precisare e rendere più concreta la nozione di “danno per l’interesse pubblico” ai fini dell’accertamento della sussistenza di eventuali situazioni di conflitto di interessi, l’effettiva individuazione di tale elemento si è rivelata molto problematica perché comporta in capo all’Agcm un onere probatorio

estremamente arduo e complesso, legato innanzitutto all’indeterminatez- za degli interessi pubblici astrattamente considerabili e le inevitabili diffi- coltà di comparazione fra interessi potenzialmente contrastanti.