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3. Elementi di criticità della legge 20 luglio 2004, n 215

3.2 Il regime di incompatibilità alla prova dei fatti

3.2.1 I limiti processuali del conflitto di interessi per incompatibilità

Per quanto attiene l’operatività della norma che disciplina il conflitto di interessi per incompatibilità possiamo notare che l’autorità di controllo si è costantemente limitata a dichiarare l’accertata incompatibilità, senza disporre alcunché in ordine alla sussistenza del conseguente conflitto, né tanto meno ha ritenuto di dover intervenire in un momento successivo, nell’ipotesi in cui il titolare abbia omesso di rimuovere l’incompatibilità malgrado gli esiti del procedimento istruttorio. Pare in sostanza che l’Au- torità reputi (implicitamente) che la pronuncia formulata in sede interlo- cutoria non sia idonea a concretizzare, in capo al titolare, un obbligo di rimozione direttamente sanzionabile ai sensi della legge16; nei provvedi- menti dell’Agcm difatti, si constata, che a fronte di una cessazione tardiva (sopraggiunta ben oltre la data in cui è stato espresso il giudizio interlo- cutorio di incompatibilità) l’autorità si è limitata a dichiarare la chiusura del procedimento «per intercorsa cessazione dell’incompatibilità» e non

16 C. Marchetta, La legislazione italiana sul conflitto di interessi, la legge 20 luglio 2004, n.

attivando, pertanto, alcun meccanismo sanzionatorio, di rimozione e di responsabilità politica previsti dall’art. 6, c. 9, della legge.

In altri termini, i provvedimenti dell’autorità paiono ispirati alla regola per cui il titolare è legittimato a conservare il proprio incarico incom- patibile durante tutta la fase delle valutazioni preliminari e istruttorie e sino alla chiusura della procedura di accertamento. In sostanza, nel- le pronunce dell’Autorità, quando venga comunque meno la situazione di incompatibilità, si fa sempre ricorso alla declaratoria di chiusura del procedimento per intercorsa cessazione dell’incompatibilità pendente, riservando la dichiarazione di incompatibilità esclusivamente ai casi nei quali il titolare di carica mantenga i propri incarichi incompatibili fino al momento del provvedimento conclusivo della procedura di accertamen- to; qualora invece si dimetta immediatamente prima che il procedimento giunga a conclusione, non è ritenuto passibile di alcuna violazione di legge né dichiarato in conflitto per incompatibilità ben oltre la pronuncia interlocutoria dell’Agcm. Tale orientamento potrebbe per certi aspetti essere motivato se si riconoscesse alla pronuncia dell’Autorità carattere costitutivo, ma ciò non è, perché, come espressamente affermato anche dalla giurisprudenza, le decisioni dell’Autorità in materia di incompatibi- lità hanno carattere meramente ricognitivo17.

Siffatto criterio, a nostro avviso, non può essere condiviso in quanto l’Agcom, laddove procede all’archiviazione «per intercorsa cessazione dell’incompatibilità pendente» della posizione del titolare che si dimette immediatamente prima che il procedimento giunga a conclusione, senza alcuna pronuncia in tema di conflitto di interessi per incompatibilità e senza attivare le procedure di rimozione e i meccanismi di responsabilità politica che possono conseguire alla comunicazione motivata al parla- mento ex art. 6, c. 9 della legge, nega ogni possibile spazio applicativo

per tale forma di conflitto di interessi e ammette, nella sostanza, che il conflitto di interessi per incompatibilità sia una fattispecie assorbita dalla

stessa dichiarazione istruttoria di incompatibilità.

Passando all’esame dei poteri di rimozione, alcune problematiche ap- plicative si registrano con riferimento alle cariche assunte in società non assoggettate alla vigilanza pubblica, per le quali va evidenziata l’assenza nella legge di norme che garantiscono la possibilità di ricorso a misure autoritative per la rimozione delle corrispondenti situazioni di incompa- tibilità.

Infine un ultimo cenno merita il richiamato meccanismo di responsa- bilità politica, ex art. 6 c. 9 della legge, il quale non sembra operare nei

confronti degli ex-titolari di carica: la decisione dell’Autorità produce in realtà effetti alquanto limitati nei loro confronti, dato che al termine del mandato di governo si estingue anche quel rapporto fiduciario che moti- va l’obbligo di comunicare l’avvenuta violazione ai Presidenti di camera e Senato18. Un’interpretazione estensiva del comma di legge permette- rebbe in realtà di superare l’attuale impasse rendendo la comunicazione ai Presidenti di Camera e Senato obbligatoria in via generale per tutte le violazioni di cui alla legge n. 215 del 2004, stante anche il tenore letterale della norma che, nel definire le modalità attraverso le quali l’Autorità esercita il previsto obbligo di riferire al Parlamento, elenca gli accerta- menti oggetto della comunicazione (quelli di cui ai commi 1, 3 e 5 dello stesso articolo) senza prevedere eccezioni.

3.3 Le difficoltà applicative in relazione ai “conflitti di inte- ressi per incidenza sul patrimonio”

L’impostazione della legge n. 215 del 2004, a parte lo sbarramento del- le incompatibilità, disciplina l’ipotesi di conflitto di interessi che ricorre, secondo l’articolo 3 della legge, quando l’atto (o l’omissione di un atto dovuto) imputabile al titolare di carica di Governo abbia una «incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio» dello stesso titolare, di un suo congiunto (coniuge o parenti entro il secondo grado) o dell’impresa con-

trollata, con il concorso, peraltro, dell’ulteriore requisito di un «danno per l’interesse pubblico». Il legislatore ha scelto il criterio del conflitto reale e non potenziale, di modo che le ipotesi di conflitto concretamente ac- certabili finiscono, invero, per essere «registrate» solo ex post ed in modo,

oltre tutto, sostanzialmente passivo: quando si verifica il danno difatti l’illecito si è già completamente realizzato e intervengono a quel punto altri presidi, anche penali, a tutela dell’interesse pubblico, ma il conflitto di interessi dovrebbe, invece, scattare già nel momento in cui si profila il pericolo che si verifichi la situazione che si mira ad evitare19.

La legge n. 215 del 2004 concepisce dunque l’istituto del conflitto di interessi non come fenomeno in sé quanto piuttosto nelle sue manife- stazioni e conseguenze negative legate al verificarsi di un “evento dan- no”. Non è pertanto consentito all’Autorità intervenire in via preventiva a fronte di situazioni in cui la produzione di un vantaggio economico o patrimoniale sia solo una conseguenza potenziale deducibile dalla coesi- stenza in capo allo stesso titolare di cariche governative di interessi pub- blici e privati eventualmente contrastanti20.

In concreto, con questa scelta il legislatore ha declinato l’idea della se- parazione preventiva degli interessi, pensando l’istituto come “evento di danno”, e fissando per di più una serie di condizioni e di requisiti che non solo inducono forti dubbi circa l’effettiva capacità di un sistema così configurato a perseguire gli obbiettivi per i quali è stato introdotto21 ma, nell’ipotesi in cui il conflitto venga ciononostante accertato, non deter- minano conseguenze sanzionatorie personali nei confronti del soggetto colto in conflitto di interessi: allorché ciò avvenga, infatti, non viene san- zionato il titolare della carica ma unicamente l’impresa che abbia tratto vantaggio dall’atto emesso in conflitto di interessi, cui viene applicata una

19 C. Calabrò, Audizione presso Prima Commissione Affari Costituzionali della Camera dei

Deputati, 19 settembre 2006.

20 Agcm, Relazione semestrale sul conflitto di interessi, dicembre 2010, p. 6.

21 F. Sciola, La disciplina del conflitto di interessi dei membri del Governo, in Nuova rassegna

pena pecuniaria. Nei confronti del componente del governo è previsto invece, ex art. 6, c. 9, che l’Autorità incaricata del relativo accertamento

e alla conseguente sanzione invii motivata comunicazione al Parlamento e che le due Autorità coinvolte nell’attività di vigilanza e controllo sulle situazioni di conflitto riferiscano, sempre al Parlamento, i risultati del loro operato e dell’applicazione alle imprese interessate delle sanzioni previste dalla legge. Con ciò si affida all’ordinario operare dei meccanismi della re- sponsabilità politica (sostanzialmente al momento elettorale) l’eventuale sanzione dei titolari di cariche governative22.

Pare, dunque, che il menzionato articolo 3, così come formulato, riper- corra lo schema del praeceptum legis delle fattispecie sanzionatorie penali,

presentando tuttavia, rispetto a queste ultime, il limite di non essere ac- compagnato da una adeguata sanctio legis23.

In questo senso è stato rilevato anche dal presidente dell’Agcm, Gio- vanni Pitruzzella, in una recente audizione sullo stato delle attività di con- trollo e vigilanza in materia di conflitti di interesse24, dove si evidenzia come, relativamente alla fattispecie di conflitto di interessi per incidenza patrimoniale, la disciplina nazionale fa propria «una visione del conflitto di interessi in termini concreti (l’atto che incide sulla sfera patrimonia- le dell’interessato) e rigetta, invece, l’idea che debba essere considerata giuridicamente rilevante la mera situazione di pericolo derivante dalla commistione tra l’incarico di governo detenuto e gli interessi economici e finanziari del titolare. In questo modo, il sistema italiano si discosta da quello statunitense ed esclude la rilevanza del semplice pericolo (clear and present danger) ritenuto di per sé rilevante e meritevole di tutela in tale

ordinamento».

Per quanto attiene infine i requisiti previsti dalla legge per integrare la

22 P. Caretti, Gli strumenti a garanzia di un’effettiva etica pubblica; Aspetti problematici: Il caso

della disciplina del conflitto di interessi nell’esperienza italiana, in Revista Brasileira de Direito Constitucional – RBDC n. 8 – jul./dez. 2006, p. 363.

23 C. Marchetta, La legislazione italiana sul conflitto di interessi, la legge 20 luglio 2004, n.

215 - Orientamenti applicativi, criticità e prospettive di riforma, cit., p. 177.

fattispecie di conflitto rilevante (l’adozione di un atto di Governo, il van- taggio patrimoniale preferenziale e il danno all’interesse pubblico, non- ché il collegamento funzionale tra questi elementi e il titolare di carica), in sede attuativa numerosi sono stati i rilievi critici, già segnalati dalla dottrina ed emersi durante il dibattito che ha preceduto l’esame e l’ap- provazione della legge: spesso valutati di non facile verifica, troppo rigidi nella loro formalità tanto da dar luogo, tecnicamente, ad una specie di di- sciplina ad excludendum, che fa uscire dal campo di applicazione della legge

situazioni alle quali il conflitto di interessi non appare per nulla estraneo. La stessa Agcm non ha potuto fare a meno di manifestare alla luce dell’esperienza applicativa della legge l’opinione che sarebbe preferibile aderire ad una ricostruzione più appropriata e “astratta” del concetto di conflitto di interessi, svincolandone l’accertamento almeno dalla ricerca di un procurato “danno all’interesse pubblico” come elemento diverso e ulteriore rispetto all’esigenza che le funzioni di governo non siano in- fluenzate o distorte dagli interessi economici privati del titolare di carica, e recuperando in tal modo ulteriori spazi di intervento. In concreto, se- condo il parere espresso in proposito dal Presidente Antonio Catricalà, si suggerisce «l’elisione del richiamo al danno restituirebbe il concetto di conflitto di interessi nel suo alveo naturale di situazione di pericolo che è già di per sé un danno per il pubblico interesse quando i cittadini sono indotti a pensare che i loro Governanti esercitino il potere democratica- mente conferito anche a favore del proprio esclusivo interesse privato»25.

Particolare attenzione inoltre merita anche la circostanza per cui ai sen- si dell’articolo 3, ai fini dell’accertamento del conflitto di interessi, è ne- cessario, fra l’altro, che sussista un collegamento formale e funzionale tra l’atto, le funzioni attribuite al titolare che lo ha adottato e il patrimonio che ne trae vantaggio, risultando difatti esclusi dall’ambito applicativo della legge «tutti quei comportamenti dei titolari della carica che, pur

25 Audizione del Presidente Antonio Catricalà sulla proposta di legge presentata alla Camera

dei Deputati (A.C. n. 1318) in materia di incompatibilità e di conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo, 19 settembre 2006.

potenzialmente rilevanti ai fini di un conflitto di interessi, non sfociano nell’adozione di un formale atto di governo»26.

In sostanza l’obbiettivo che rimane fuori dalla portata della legge ita- liana è proprio la capacità di incidere efficacemente sulle situazioni in cui il titolare di carica di governo sia portatore di interessi economici che lo pongano nell’astratta possibilità di favorire i suoi interessi privati attra- verso l’uso dei poteri che la carica gli conferisce27, tanto da legittimare paradossalmente la situazione per cui il soggetto in concomitanza con l’esercizio delle funzioni (e addirittura anche dopo che una situazione di conflitto sia stata accertata e abbia dato luogo all’applicazione di sanzio- ni) conservi la carica governativa rivestita e la proprietà di beni personali che, nella fattispecie sanzionata, hanno causato il conflitto di interessi.

Conclusivamente in ordine al sistema sanzionatorio alcuni rilievi critici sono stati sollevati in fase applicativa da parte di Autorità e dottrina. Più in particolare, relativamente all’applicazione delle sanzioni di cui all’ar- ticolo 6, comma 8, della legge dove si presuppone che l’Autorità, prima di procedere alla diffida, debba verificare che l’adozione di comporta- menti volti ad approfittare di una situazione di conflitto di interessi siano sorretti da uno stato di consapevolezza in capo al soggetto agente circa la sussistenza della predetta situazione di conflitto, implica un accerta- mento alquanto problematico, nonostante l’ausilio apportato ex comma

2 dell’articolo 6 del Regolamento dove è stabilito che, ai fini della rife- ribilità della condotta all’impresa, non rilevano la qualifica formale delle persone che hanno agito o il ruolo da esse ricoperto all’interno dell’orga- nizzazione aziendale.

Oltre a ciò il limite per cui in caso di accertata violazione della legge, la sanzione pecuniaria a carico del delle imprese responsabili può interveni-

26 M. Argentati, La disciplina italiana del conflitto di interessi in una prospettiva di diritto

comparato, in Diritto pubblico, 3/2009, p. 957.

27 A. Sciortino, Conflitto di interessi e cariche di governo: profili evolutivi delle ineleggibilità e

delle incompatibilità, cit., p. 46; E. Prato, Il conflitto d’interessi tra esercizio d’impresa, elettorato passivo e assunzione di cariche di Governo, cit. p. 73.

re solo a seguito della mancata ottemperanza al provvedimento di diffida entro il termine assegnato dall’Autorità di controllo. Infine, la sanzione correlata alla gravità del comportamento, può essere al massimo commi- surata al vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito dall’impresa28, derivandone dunque che l’impresa che intenda trarre vantaggio da una situazione di conflitto di interessi ha in ogni caso la certezza che, nella peggiore delle ipotesi e pur quando l’Autorità riesca a raccogliere la prova della sua condotta contra legem, potrà evitare qualunque provvedimento

sanzionatorio semplicemente ponendo termine alla violazione o adottan- do le misure correttive prescritte dall’Autorità.

A parere dell’Autorità, e come da più parti rilevato, un regime sanziona- torio così congegnato risulta chiaramente inadeguato a scoraggiare l’ado- zione delle condotte vietate, i cui effetti negativi, peraltro, possono risul- tare assai più rilevanti e consistenti del semplice vantaggio patrimoniale effettivamente ed illegittimamente conseguito dall’impresa29, auspicando difatti un rafforzamento del regime sanzionatorio in esame30.