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Il consenso al trattamento dei dati genetic

IL DIRITTO ALLA RISERVATEZZA NELL'USO DEL DATO GENETICO IN AMBITO CURATIVO

2. Informativa e consulenza genetica

2.1 Il consenso al trattamento dei dati genetic

Il bioeticista George Annas aveva immaginato che la decodificazione del genoma umano avrebbe identificato la molecola di DNA come una sorta di cartella clinica; aveva anche anticipato che sarebbe stato quindi necessario rispondere a delle domande fondamentali quali: chi è autorizzato a creare il CD che contiene l'informazione genetica? Chi lo conserva? Chi ne controlla l'uso?61

Il consenso informato all'atto medico costituisce il presupposto per qualsiasi prestazione sanitaria, ed è quindi elemento essenziale per la realizzazione di un'alleanza terapeutica fra medico e paziente62: ciascun individuo, adulto e capace di intendere e di volere, ha il diritto di decidere liberamente se e a quali trattamenti sanitari sottoporsi (l’anglosassone right to himself), di salvaguardare (o di non salvaguardare) l’integrità fisica e psichica e la salute della propria

61 Comitato Nazionale per la Bioetica, Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita, Test genetici di suscettibilità e medicina personalizzata, 15 luglio 2010, reperibile sul sito www.governo.it/bioetica/pareri.html

62 Il requisito dell'essenzialità del consenso al trattamento sanitario emerge già dall'art. 32 della Costituzione: «Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».

L'art. 33 del Nuovo Codice di Deontologia Medica, approvato nel 2014, recita: «Il medico garantisce alla persona assistita o al suo rappresentante legale un'informazione comprensibile ed esaustiva sulla prevenzione, sul percorso diagnostico, sulla prognosi, sulla terapia e sulle eventuali alternative terapeutiche, sui prevedibili rischi e complicanze. […] Il medico adegua la comunicazione alla capacità di comprensione della persona assistita o del suo rappresentante legale, corrispondendo ad ogni richiesta di chiarimento [..]»

Art. 35, Consenso e dissenso informato della persona assistita: «Il medico non intraprende né prosegue in attività diagnostico – terapeutica senza la preliminare acquisizione del consenso informato o in presenza del dissenso informato della persona capace [...]» (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Codice di Deontologia Medica, 18 maggio 2014)

L'essenzialità del consenso informato nel rapporto medico – paziente è sancita anche nella Convenzione per la protezione dei diritti dell'uomo e della dignità dell'essere umano riguardo all'applicazione della biologia e della medicina (approvata ad Oviedo nel 1997 e ratificata in Italia con Legge 28 marzo 2001, n. 145. L'art. 5 comma II della Legge stabilisce che «la persona interessata riceve preventivamente un'informazione adeguata in merito allo scopo e alla natura dell'intervento nonché alle sue conseguenze ed ai suoi rischi»; l'art. 10 comma II sottolinea che «ogni persona ha il diritto di conoscere tutte le informazioni relative alla propria salute e […] la volontà di una persona di non essere informata deve essere rispettata»

persona.63

Esso si trova al centro di una serie di documenti di rilievo internazionale: la Convenzione di Oviedo (che negli artt. 5 e ss. ne precisa i requisiti di validità)64; la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea lo ha inserito tra i principi cardine in materia di protezione del diritto all'integrità fisica e psichica (art. 3, II comma)65.

Ampio spazio al consenso informato viene dato anche a livello nazionale.

In Italia, a livello giurisprudenziale, se ne è occupata la Corte Costituzionale, definendolo come «espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico» ed attribuendogli la natura di «vero e proprio diritto della persona, che trova fondamento nei principi espressi nell'art. 2 […] e negli artt. 13 e 32 della Costituzione»66. Infatti, principi costituzionali e norme deontologiche legittimano il ruolo cardine del consenso informato nel rapporto medico-paziente: 1) l'inviolabilità della persona umana (art. 13 Cost.); 2) la libertà di autodeterminazione in ordine al proprio corpo (art. 32 Cost.).67 La stessa deontologia medica, nell'ultimo codice del 2014, riflette il significativo mutamento che da alcuni anni ha scosso la tradizionale concezione paternalistica della relazione di cura: l’attenta e puntuale disciplina del dovere di informazione e comunicazione e dell'acquisizione del consenso prima di ogni attività terapeutica e/o diagnostica (art. 33), e del dovere di rispettare la volontà di curarsi liberamente manifestata dal paziente (art. 35), è chiara espressione di un modo profondamente nuovo di intendere il rapporto medico-paziente, paritario e fondato sull’assoluto rispetto della persona

63 Viceversa, la possibilità che altri decidano al suo posto è assolutamente eccezionale, in quanto costituisce una violazione della sua libertà personale: essa può essere giustificata solamente in presenza di circostanze particolari previste dalla legge (TSO) e può avvenire solo con garanzie rigorose.

64 Convenzione sui Diritti dell'Uomo e la Biomedicina (Convenzione di Oviedo), all'art. 5 prevede che: «un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero ed informato. Questa persona riceve innanzitutto un'informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell'intervento e sulle sue conseguenze ed i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso»

Non occorre sottolineare che il principio del consenso al trattamento medico venne introdotto in seguito al processo di Norimberga

65 La Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea (2000/C 364/01), reperibile sul sito http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf, inserisce il principio del consenso informato nel diritto all'integrità della persona, sancendo che debba essere rispettato nell'ambito della medicina e della biologia (insieme ad altri tre principi quali il divieto di pratiche eugenetiche, il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti una fonte di lucro ed il divieto di clonazione riproduttiva di esseri umani)

66 Corte Cost., sent. n. 438/2008, in Foro It. 2009, 5, I, pagg. 1328 ss.

67 Erica Palmerini, Informazione genetica e tutela della persona, op. cit., descrive una panoramica delle principali leggi italiane che prevedono e tutelano il consenso informato: la legge n. 135/1990 che all'art. 5 vieta di sottoporre chiunque ad indagini tendenti ad accertare la sieropositività al virus HIV senza consenso, se non per motivi clinici e nel suo interesse; l'obbligo di informazione da parte del medico fa la sua prima comparsa nella legge sull'interruzione volontaria di gravidanza n. 194/1978 (artt. 5 e 14); ancora, la legge n. 107/1990, che disciplina le attività trasfusionali di sangue e di emoderivati, prevede il consenso informato del donatore

del paziente.68 L’informazione deve concernere gli elementi essenziali in cui si articola la relazione di cura: in sintesi la diagnosi, la prognosi, le possibili complicanze ed i rischi del trattamento terapeutico. Non si tratta, com’è ovvio, di colmare il divario del sapere scientifico tra medico e paziente, bensì di coinvolgere attivamente il paziente nella scelta terapeutica affinché la stessa sia “decisione consapevole” dell'assistito.69

L' istituto del consenso deve rispondere ai seguenti requisiti generali, ovvero essere:70

a) informato: deve trasmettere una corretta informazione che sia personale (adeguata alla situazione di salute e psicologica del paziente, nonché alla sua età ed alle sue capacità mentali, comprensibile, veritiera, esaustiva e non imposta;

b) consapevole: il soggetto deve essere capace di intendere e di volere;

c) personale: solo il paziente ha diritto ad esprimere il proprio consenso, per i minorenni, gli interdetti e le persone sottoposte ad un'amministrazione di sostegno, il consenso viene espresso dal legale rappresentante. L'informazione a terzi familiari è ammessa solo previo consenso dell'interessato stesso;

d) manifesto: il paziente deve acconsentire o dissentire all'esecuzione delle prestazioni che gli vengono proposte;

e) specifico: riferito al singolo atto ed alle singole prestazioni proposte;

68 Si ritiene interessante far notare che il requisito del consenso era previsto, dal Codice di Deontologia medica, sin dal lontano 1903. Fra le varie versioni che si sono poi succedute (la seguente sintesi è tratta da una narrazione più ampia di Marta Tomasi, La tutela dei dati genetici: fra dimensione comunitaria e livello nazionale, tesi di dottorato, Università di Trento) in quella del 1987 si legge che «il medico non deve intraprendere alcun atto medico che comporti un rischio per il paziente senza il consenso valido del malato o delle persone da cui questo è rappresentato se minorenne o incapace, salvo lo stato di necessità e sempre che il paziente non sia in grado di dare un valido consenso» (art. 9); in quello del 1989: «il medico non può intraprendere alcuna attività diagnostico terapeutica senza il valido consenso del paziente, che se sostanzialmente implicito nel rapporto di fiducia, deve invece essere consapevole ed esplicito, allorché l'atto medico comporta rischio o permanente riduzione dell'integrità fisica» (art. 40). Nel 1995 il primo vero riconoscimento: «il medico non deve intraprendere attività diagnostica e terapeutica senza il consenso del paziente validamente informato» (art. 31). Nel 1998 si ha piena valorizzazione dell'autonomia e dell'informazione: il paziente deve infatti essere soddisfatto in ogni sua richiesta di informazione, e soprattutto deve essere coinvolto dal medico al fine di poter aderire alle proposte diagnostiche e / o terapeutiche

69 Per un breve excursus: «Sotto il profilo strettamente giuridico, la validità del contratto di cura si fonda necessariamente su una informazione completa e veritiera: se così non è, l'accordo perde significato ed il contratto si dice affetto da errore (vizio del consenso) e come tale è annullabile ai sensi degli artt. 1427 e ss. del codice civile. Il consenso informato è altresì fonte di responsabilità per il medico che non ha fornito le informazioni necessarie all'altra parte per prestare un valido consenso, in quanto violazione del dovere di comportarsi secondo correttezza e buona fede (art. 1337 c.c.): l'obbligo risarcitorio scaturisce se il paziente dimostri di avere subìto un danno a causa dell'omessa informazione» (Ordine dei Medici Chirurghi ed odontoiatri della provincia di Gorizia, Legislazione e correlazione fra consenso, bioetica e privacy: aspetti tecnici, pratici ed amministrativi, Monfalcone, 28 ottobre 2006)

70 Sui requisiti del consenso si vedano Bilancetti Francesco, Bilancetti Mauro, La responsabilità civile e penale del medico, Cedam ed. (Padova) 2001, pagg. 336 e ss.

f) revocabile.

Con riferimento alla funzione del consenso, esso nasce quindi per garantire al soggetto la possibilità di scegliere e decidere autonomamente, e rendersi attivamente partecipe all'interno della relazione terapeutica e prendere eventualmente parte ad un progetto di ricerca scientifica. In particolare, nell'ambito della ricerca, tuttavia, la dimensione “informazionale” dell'autodeterminazione diventa prevalente, ed il consenso diventa un mezzo necessario per superare il proprio diritto alla riservatezza, soprattutto a causa di alcune caratteristiche proprie dei dati (e quindi delle informazioni) genetici.

Il processo di assunzione delle decisioni da parte del paziente, basato su un'informazione adeguata e compatibile con le sue capacità di comprensione,71 risulta perciò problematico quando l'oggetto dell'informazione sono i dati genetici, sia nel caso in cui le finalità siano terapeutico – diagnostiche, sia nel caso in cui ci si trovi nell'ambito della ricerca scientifica (e qui sono addirittura previsti diversi tipi di consenso, che verranno approfonditi in un capitolo successivo ed espressamente dedicato, di questo lavoro).

In ambito genetico, nel decision making, si incontrano parecchie difficoltà, che derivano da diversi fattori: la complessità e l'incertezza dei meccanismi delle malattie genetiche; la natura delle informazioni (soprattutto quando il test non ha finalità diagnostiche ma predittive); il coinvolgimento di soggetti diversi da colui che si è sottoposto al test; il complicato processo decisionale che segue dopo la conoscenza dei risultati (ad esempio, implicazioni sulla pianificazione familiare, prosecuzione o interruzione di una gravidanza, diagnosi prenatale, etc.); le variabili sui rischi di trasmissione ereditaria; si pensi infine alle possibili applicazioni sociali dei risultati dei test72. Da tutto questo si può facilmente comprendere come il soggetto che intende sottoporsi ad un test genetico si trovi in una situazione particolare: a fronte di un rischio fisico praticamente inesistente, nei test genetici abbiamo invece un “rischio informativo”73 molto elevato. Vi sono pertanto dei casi eccezionali in cui il dovere di segretezza

71 Il Comitato Nazionale per la Bioetica, in un documento del 1992 (CNB, Informazione e consenso all'atto medico, 20 giugno 1992), ha individuato tre diverse tipologie di approccio informativo al paziente: a) lo “standard professionale”, basato sulle attuali conoscenze scientifiche, con il vantaggio della correttezza scientifica ma con il rischio di incomprensibilità dell'informazione da parte del paziente; b) lo “standard medio”, riferito a quanto una persona vorrebbe sapere, con la difficoltà di qualificare e quantificare il “medio”; c)lo “standard soggettivo”, con riferimento al singolo paziente, con il rischio tuttavia di una “deformazione paternalistica”

72 E qui si configura nuovamente il problema delle discriminazioni genetiche in ambito lavorativo e / o assicurativo

73 Così definito da Marina Casini, Claudio Sartea, La consulenza genetica in Italia: problemi, regole di consenso informato, trattamento dei dati genetici e privacy, in Med. e Mor., n. 6/ 2009, pagg. 1121 ss.: «[...] tale rischio

ed il vincolo di confidenzialità devono essere violati, per necessarie ragioni di interesse pubblico o salvaguardia della salute dell'interessato o di terzi.74

Al punto n. 7.2 delle Linee Guida per le Attività di Genetica Medica viene dedicato ampio spazio al consenso informato e vi si dichiara che «[...] Il consenso informato relativo ad un test genetico è il risultato di un processo che deve aiutare il soggetto a decidere se sottoporsi o meno a quella indagine. È necessario che il consenso informato includa un dialogo nel quale la persona riceve informazioni complete ed accurate su tutte le possibili implicazioni dei risultati. […] Il consenso informato ai test genetici implica la capacità di assumersi la responsabilità della decisione e perciò richiede, da parte della persona, maturità e consapevolezza decisionale. La persona che necessita del test, o i suoi familiari, non devono essere influenzati o forzati, in alcuno modo, a prendere una specifica decisione. Il rispetto dell'autonomia del soggetto deve essere assoluto. [...]»75. Ad ulteriore salvaguardia della libertà e dell'autonomia del soggetto si prevede altresì che il suo consenso sia in ogni momento revocabile; è infine prevista un'ampia gamma di informazioni obbligatorie da fornire al soggetto a seconda del tipo di test cui ha deciso di sottoporsi: potenzialità e limiti della predizione genetica (per quanto riguarda i test di suscettibilità), diritto a sapere e a non sapere i risultati, aspetti tecnici e tempistiche, vantaggi e svantaggi.

La disciplina del trattamento dei dati personali ha confermato, anche nell'ambito dei dati genetici, il principio del consenso informato da parte dell'interessato,76 delineandone delle caratteristiche ulteriore a quelle indicate all'art. 23 del Codice privacy77: il Garante ha quindi,

informativo è dipendente dal danno psicologico che i risultati possono produrre nell'individuo sottoposto al test, dal danno che può derivargli da una circolazione inopportuna di tali risultati, da eventuali stigmatizzazioni che ne possono conseguire per il gruppo familiare o etnico di appartenenza» (pag. 1126)

74 La violazione del segreto professionale è consentita anche dal nostro Codice di Deontologia Medica dove si prevede, all'art. 10, che «La rivelazione è ammessa esclusivamente se motivata da una giusta causa prevista dall'ordinamento vigente o di un obbligo di legge» (Codice di Deontologia Medica, 2014), vi sono stati dei casi in cui anche il Garante ha dato Autorizzazione al trattamento dati senza il consenso dell'interessato (si vedano le Autorizzazioni al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale di tutti gli anni, il documento Privacy e dati sanitari per indagini genetiche – 24 maggio 1999 – doc. web n. 48209 ed il Provvedimento Dati genetici – Dati inerenti lo stato di salute – 22 maggio 1999 – doc. web n. 39188)

75 Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, Linee Guida per le Attività di Genetica Medica, 15 luglio 2004, reperibile sul sito http://www.governo.it/backoffice/allegati/22925-2077.pdf, punto n. 7.2

76 A livello internazionale non può essere dimenticata la Racc. 3/1992 del Consiglio d'Europa, che prevede che i servizi genetici siano basati sul principio dell'autodeterminazione della persona (alla quale si riferiscono), così che «ogni test genetico deve essere subordinato al consenso espresso, libero ed informato» (Consiglio d'Europa, Raccomandazione n. (92)3 relativa ai test genetici ed allo screening genetico per scopi di natura sanitaria, reperibile sul sito http://194.242.234.211/documents/10160/10704/1798819)

77 Garante per la Protezione dei Dati Personali, Codice in materia di protezione dei dati personali, D.lgs. n. 196/2003, disponibile sul sito http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-

nella recente Autorizzazione AG/1478 (descritta nei paragrafi precedenti), attuato le norme internazionali e fondato la legittimità del trattamento dei dati genetici sul consenso informato dell'interessato.

Requisito fondamentale del consenso è l'informazione da fornirsi all'interessato prima del conferimento dei dati: tali informazioni, infatti, sono una delle modalità utilizzate dal legislatore per garantire il diritto all'autodeterminazione informativa (inteso come dominio sulle proprie informazioni personali e controllo sulla loro circolazione).

Si rimarca che l'informativa deve presentare tutti i requisiti previsti dagli artt. 13, 7779 e 7880 del

display/docweb/1311248, Art. 23 Consenso « 1. Il trattamento di dati personali da parte di privati o di enti pubblici economici è ammesso solo con il consenso espresso dell'interessato. 2. Il consenso può riguardare l'intero trattamento ovvero una o più operazioni dello stesso. 3. Il consenso è validamente prestato solo se è espresso liberamente e specificamente in riferimento ad un trattamento chiaramente individuato, se è documentato per iscritto, e se sono state rese all'interessato le informazioni di cui all'articolo 13. 4. Il consenso è manifestato in forma scritta quando il trattamento riguarda dati sensibili. » Art. 24. Casi nei quali può essere effettuato il trattamento senza consenso: «1. Il consenso non è richiesto, oltre che nei casi previsti nella Parte II, quando il trattamento: a) è necessario per adempiere ad un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria; b) è necessario per eseguire obblighi derivanti da un contratto del quale è parte l'interessato o per adempiere, prima della conclusione del contratto, a specifiche richieste dell'interessato; c) riguarda dati provenienti da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque, fermi restando i limiti e le modalità che le leggi, i regolamenti o la normativa comunitaria stabiliscono per la conoscibilità e pubblicità dei dati; […]; e) è necessario per la salvaguardia della vita o dell'incolumità fisica di un terzo. Se la medesima finalità riguarda l'interessato e quest'ultimo non può prestare il proprio consenso per impossibilità fisica, per incapacità di agire o per incapacità di intendere o di volere, il consenso è manifestato da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l'interessato. Si applica la disposizione di cui all'articolo 82, comma 2; f) con esclusione della diffusione, è necessario ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento, nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale; g) con esclusione della diffusione, è necessario, nei casi individuati dal Garante sulla base dei princìpi sanciti dalla legge, per perseguire un legittimo interesse del titolare o di un terzo destinatario dei dati, qualora non prevalgano i diritti e le libertà fondamentali, la dignità o un legittimo interesse dell'interessato; h) con esclusione della comunicazione all'esterno e della diffusione, è effettuato da associazioni, enti od organismi senza scopo di lucro, anche non riconosciuti, in riferimento a soggetti che hanno con essi contatti regolari o ad aderenti, per il perseguimento di scopi determinati e legittimi individuati dall'atto costitutivo, dallo statuto o dal contratto collettivo, e con modalità di utilizzo previste espressamente con determinazione resa nota agli interessati all'atto dell'informativa ai sensi dell'articolo 13; [...]»

78 Garante per la Protezione dei Dati Personali, Autorizzazione al trattamento dei dati genetici, n. 8/2014, op.cit. 79 Garante per la Protezione dei Dati Personali, Codice in materia di protezione dei dati personali, D.lgs. n.

196/2003, op.cit., art. 77 Casi di semplificazione:«1. Il presente capo individua modalità semplificate utilizzabili dai soggetti di cui al comma 2: a) per informare l'interessato relativamente ai dati personali raccolti presso il medesimo interessato o presso terzi, ai sensi dell'articolo 13, commi 1 e 4; b) per manifestare il consenso al trattamento dei dati personali nei casi in cui ciò è richiesto ai sensi dell'articolo 76; c) per il trattamento dei dati personali. 2. Le modalità semplificate di cui al comma 1 sono applicabili: a) dagli organismi sanitari pubblici; b) dagli altri organismi privati e dagli esercenti le professioni sanitarie; [...]»

80 Garante per la Protezione dei Dati Personali, Codice in materia di protezione dei dati personali, D.lgs. n. 196/2003, op.cit., art. 78 Informativa del medico di medicina generale o del pediatra: «1. Il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta informano l'interessato relativamente al trattamento dei dati

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