IL DIRITTO ALLA RISERVATEZZA NELL'USO DEL DATO GENETICO IN AMBITO CURATIVO
3. Il problema dei test genetici predittivi: diritto a sapere, diritto a non sapere Caso o determinismo biologico? Gli unpatients
Conoscere è potere.
Lo sviluppo della genetica in campo umano ha consentito di acquisire un patrimonio vastissimo di informazioni per la conoscenza della struttura biologica dell'uomo e ha anche fatto emergere problemi nuovi e tecniche diverse da quelle all’inizio disponibili.
La tendenza della scienza medica negli ultimi tempi è quella di concentrare la ricerca principalmente verso la conoscenza delle cause genetiche delle malattie per poter agire in via
122 Si pensi, ad esempio, alla recente decisione di alcune società americane (fra cui Apple e Facebook) di sostenere economicamente la scelta, da parte delle proprie dipendenti, di congelare gli ovociti. Il concetto della cd. genitorialità rimandata può essere letto da diverse prospettive: «c'è la dimensione etica, che guarda ai profili morali della possibilità di procreare in età non più fertile, o rimandare una maternità al futuro, a fronte di una fertilità che va scemando, per malattia o semplicemente per l'età che avanza. C'è la dimensione sociologica che guarda all'impatto di queste possibilità sulla popolazione, sul concetto di famiglia o, come nell'esempio proposto, sulle scelte lavorative delle donne. C'è poi la dimensione economica, relativa all'impatto di queste decisioni: su chi graveranno realmente i costi di queste nuove politiche aziendali? Per quanto il trattamento venga offerto dall'azienda della quale la donna è dipendente, bisogna rammentare che, al momento in cui la donna deciderà che è giunto il tempo di dedicarsi alla maternità, la sua situazione (anche lavorativa) potrebbe essere cambiata [...]» (così Lucia Busatta e Cinzia Piciocchi, Congelo gli ovociti, paga il capo, articolo del 30 ottobre 2014, reperibile sul sito http://www.ingenere.it)
123 «Uno studio interessante, anche se un po' datato, è la ricerca […] sintetizzata nell'articolo “Genetic counseling: the psychological impact of meeting patients' expectations”, del 1997. Sulla base dell'analisi delle trascrizioni di 131 consulenze genetiche, essi valutavano la direttività come la misura dell'informazione, della valutazione […] e del sostegno […] Da tale ricerca è emerso che tutte le consulenze risultano direttive, e minore è lo stato di istruzione e di ricchezza dei pazienti /utenti maggiore è la direttività della consulenza. Non a caso, taluni parlano, in termini piuttosto provocatori ma non del tutto astratti, di era “post-non-direttiva”» (Michele Farisco, Informazione e consulenza genetica, in Gen-Ius. La consulenza fra genetica e diritto, op. cit., a pag. 170)
preventiva contro di esse, piuttosto che trovare rimedi terapeutici. La realizzazione dello Human Genome Project, finalizzato alla mappatura dell'intero patrimonio genetico umano, ha permesso un notevole sviluppo della medicina predittiva124, intesa come quella nuova branca della scienza in grado di definire le probabilità di manifestazione di una determinata patologia, ha proprio la peculiarità fondamentale di poter predire l'insorgenza di una malattia, prima che questa si manifesti, attraverso l'esame delle caratteristiche genetiche (attraverso il ricorso a
specifici test genetici).125 Dopo il completamento della mappatura dell'intero Genoma Umano,
l'analisi del genoma ha acquisito un ruolo rilevante per il progresso della medicina e dell'assistenza sanitaria: la genomica126 e la genetica molecolare si sono sviluppate rapidamente e, di conseguenza, si è assistito, nell'ultimo decennio, ad una crescente ed incontrollata disponibilità di test genetici per patologie non solo monogeniche, ma anche complesse.127128 Una parte della comunità scientifica è scettica sull'eventualità che i test genetici di suscettibilità alle patologie complesse possano migliorare la qualità dell'assistenza sanitaria e della salute del
124 Leonardo Lenzi, Medicina predittiva: un approccio antropologico, in Carlo Bresciani (a cura di), Genetica e medicina predittiva: verso un nuovo modello di medicina? Giuffrè ed. (Milano), 2000, scrive: «Jacques Ruffié distingue la medicina preventiva dalla medicina predittiva. Egli fonda questa sua distinzione terminologica ripercorrendo la storia del rapporto fra l'uomo ed il suo desiderio di di conoscere il futuro. A suo giudizio la categoria della predizione è applicabile ove, a partire da certi dati di fatto, si stabilisca che qualcosa possa accadere quando si realizzi la congiunzione di certi fattori aleatori. La predizione sarebbe quindi relativa al dominio del possibile e del probabile, ma non del certo. Alla luce di questa premessa Ruffié definisce preventiva quella medicina che si occupa di diagnosticare la malattia prima della comparsa dei segni clinici tradizionali […] La medicina predittiva, invece, non avrebbe come scopo quello di riscontrare una patologia attuale, ma quello di osservare la dialettica ereditarietà – fattori ambientali che, in certi casi, può dare luogo a malattie più o meno gravi. [...]» (alle pagg. 81 - 82)
125 Nel 2007 l'Istituto di Igiene dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma ha fondato una task force nazionale poi chiamata Network Italiano di Genomica in Sanità Pubblica (GENISAP) allo scopo di generare conoscenze, monitorare la situazione delle diverse regioni italiane circa l'utilizzo di test genetici predittivi, valutare la loro appropriatezza, eseguire un'analisi costo – efficacia ed elaborare delle linee guida.
126 Definita come l'insieme delle conoscenze derivate dallo studio dell'intero genoma e delle sue funzioni (Stefania Boccia, Benedetto Simone, Maria Rosaria Gualano, Antonella Agodi, Doemnico Coviello, Francesca Dagna Bricarelli, Bruno Dallapiccola, Emilio Di Maria, Maurizio Genuardi, Walter Ricciardi (a cura di), La Genomica in Sanità Pubblica. Sintesi delle evidenze e delle conoscenze disponibili sull'utilizzo della genomica a fini di prevenzione, in GENISAP Network, http://www.istituti.unicatt.it/igiene_1820.html), a pag. 7
127 Carla G van El, Martina C Cornel, Genetic testing and common disorders in a public health framework. Reccomendations of the European Society of Human Genetics, in European Journal of Human Genetics (2011), 19, pagg. 377 - 381
128 Stefania Boccia, Benedetto Simone, Maria Rosaria Gualano, Antonella Agodi, Doemnico Coviello, Francesca Dagna Bricarelli, Bruno Dallapiccola, Emilio Di Maria, Maurizio Genuardi, Walter Ricciardi (a cura di), La Genomica in Sanità Pubblica, op.cit. specificano: «Le malattie complesse sono patologie comuni causate dall'interazione fra fattori genetici e ambientali. La principale differenza tra le malattie complesse e quelle monogeniche (mendeliane) consiste nel fatto che nelle malattie mendeliane l'alterazione di un gene è prerequisito essenziale e di solito sufficiente per sviluppare la patologia, anche se l'effetto della mutazione può essere modulato dalla variabilità di altri geni o da fattori ambientali e stili di vita. Nelle malattie complesse, invece, il rischio di malattia non è riconducibile alla mutazione di un singolo gene ma a più geni e / o a numerose e polimorfe variazioni nella sequenza del genoma, le quali, interagendo fra loro e con fattori ambientali, aumentano il rischio di sviluppare la malattia.» (a pag. 6)
paziente;129
tuttavia la genomica predittiva, come si analizzerà anche in seguito, è già largamente applicata in molti contesti.130
A livello nazionale131 si ritiene che l'integrazione della genomica
129 Si pensi, ad esempio, allo scandalo che ha sucitato la decisione dell’American College of Medical Genetics and Genomics (ACMG). Nel maggio 2012, l'organizzazione ha pubblicato un documento in cui si legge che “è cruciale che le norme su cosa sia riferibile e cosa no permettano di evitare di appesantire il sistema sanitario e i pazienti con quello che potrebbe rivelarsi un gran numero di falsi positivi”. Per superare questa difficoltà, l'ACMG ha reclutato una commissione, formata da studiosi di genetica e di medicina statunitensi, a cui è stato affidato il compito di stilare delle linee guida per i medici. Le indicazioni del gruppo sono state presentate nel 2013, ma il documento, avvertono Megan Allyse e Marsha Michie, due bioeticiste del Center for Biomedical Ethics di Stanford, descrive uno scenario allarmante. Se, da un lato, i medici sono diffidati dal condurre analisi inutili per il paziente, dall'altro lato la lista di quelle considerate utili è lunghissima. Stando a queste regole, chiunque richiedesse un'analisi del DNA per un certo motivo si troverebbe sottoposto a test per mille altre ragioni. Non si tratta di norme vincolanti, ma è chiaro che le direttive avranno il loro peso. Il nuovo documento sancisce esplicitamente che per "scoperta accidentale" ora si intendono "i risultati di una deliberata ricerca di alterazioni patogene o potenzialmente tali in geni che non sono apparentemente in relazione con le indicazioni diagnostiche per cui il test è stato prescritto”. Dopo una "ricerca deliberata" si può davvero parlare di scoperte accidentali? Perché allora, ribattono provocatoriamente le due bioeticiste, non sottoporre a screening l'intera popolazione? Un'altra raccomandazione della commissione designata dall'ACMG è quella di non sottostare alle preferenze espresse dal paziente. "Il personale clinico ha il dovere di prevenire eventuali danni avvertendo pazienti e familiari, e questo principio vince sugli scrupoli che riguardano la loro autonomia." Questo suggerimento vale anche per i genitori dei bambini sottoposti a test, circostanza che ha particolarmente allarmato Allyse e Michie. L'indicazione sembra inoltre ignorare completamente gli studi che dimostrano come alcuni gruppi etnici non desiderino affatto avere informazioni genetiche sul proprio conto. Il tema non pone solo problemi etici. Effettuare test genetici così approfonditi, approfonditi su pazienti apparentemente non a rischio ha un costo molto elevato. Gli stessi firmatari delle linee guida ammettono che non conoscono le conseguenze che potrebbero avere questi costi aggiuntivi sui rimborsi sanitario. D'altra parte, difficile che siano i laboratori a farsi carico delle spese, osservano Allyse e Michie, secondo le quali è necessario intavolare un dibattito più ampio, che affronti tutte le sfaccettature della questione (da un articolo de LeScienze.it, Test genetici e risultati collaterali, meglio non sapere? 9 maggio 2013)
130 Ad esempio nei test prenatali. Da un articolo de Le Scienze.it, Rischi e opportunità dello screening genomico fetale, 28 gennaio 2014. «Le attuali tecnologie genetiche non sono ancora una sfera di cristallo con cui guardare nel futuro di un bambino, ma i medici sono più che mai vicini a intravedere la mappa completa dei geni di un feto pochi mesi dopo che lo spermatozoo ha incontrato la cellula uovo. Questa ricostruzione genomica potrebbe rivelare rischi futuri di malattia e tratti genetici già dal primo trimestre di gravidanza. Lo screening fetale potrebbe in teoria rilevare nel genoma di un feto ogni indizio di mutazione associata a qualche malattia o di una condizione che può portare a una malattia, a volte perfino anticipando la capacità dei genetisti di interpretare quelle informazioni. E potrebbe anche rivelare marcatori privi di interesse clinico, come il colore degli occhi o la prestanza atletica. I progressi nella ricerca sulle cellule fetali, uniti alla continua diminuzione del costo del sequenziamento dell'intero genoma, fanno presagire la possibilità di rendere queste analisi una pratica corrente. Due anni fa, alcuni ricercatori hanno ideato due test che potrebbero rivelare il profilo genetico completo di un feto. Gruppi di ricerca indipendenti hanno sequenziato genomi fetali completi dopo aver raccolto le tracce di DNA fetale in un campione di sangue da una donna incinta, o prelevando quel sangue insieme a una goccia di saliva dal padre. Questi screening sostanzialmente non invasivi potrebbero essere effettuati all'inizio della gravidanza, senza i rischi di aborto spontaneo, piccoli ma comunque presenti, del prelievo di tessuto placentare o di liquido amniotico effettuato quando si va a caccia di una condizione cromosomica come la sindrome di Down. “C'è già la tecnologia per farlo”, dice Lisa Soleymani Lehmann, direttore del Centro di bioetica del Brigham and Women Hospital, affiliato alla Harvard Medical School. “Il problema è costituito in parte dal costo e in parte dalle controversie etiche, che stanno limitando l'accettazione di questa soluzione perché non si sa come affrontare l'incertezza legata a queste informazioni o come interpretare una quantità così massiccia di dati”. Infatti, il sequenziamento dell'intero genoma potrebbe fornire ai genitori una valanga di dati inaspettati e forse confusi. Invece di test mirati a poche decine di geni, le future tecniche di sequenziamento potrebbero fornire ai genitori tre miliardi di paia di basi di dati. Le questioni chiave legate a qualsiasi sequenziamento del genoma riguarderebbero anche il sequenziamento del feto: non esiste alcuna certezza che le mutazioni genetiche portino effettivamente a una specifica malattia. Gestire informazioni che suggeriscono che in età adulta potrebbero presentarsi alcune condizioni, o studiare mutazioni di significato poco chiaro, può essere un compito pieno di rischi e di sfide, influendo sulla propensione dei
nella sanità pubblica può offrire numerosi benefici al Sistema Sanitario (ammesso che si stabiliscano delle priorità, si istruiscano e si motivino dei professionisti esperti e si sviluppino appropriate tecnologie di comunicazione). La ricerca genomica è infatti di vitale importanza per capire non solo le varianti genetiche nello sviluppo di una malattia, ma anche i meccanismi di interazione fra geni e ambiente, consentendo di identificare “nuovi bersagli” per i farmaci, nonché i soggetti che, in base alle loro caratteristiche genetiche, saranno più o meno sensibili alle terapie cui verranno sottoposti. È quindi facile immaginare che, in un futuro (molto vicino), sarà possibile disporre di piani di trattamento programmati per ogni singolo paziente, pianificati ad hoc a seconda delle caratteristiche genetiche degli individui, modificando anche stili di vita, alimentazione, ed altro, la medicina cd. digitale è quasi realtà 132.
genitori a decidere di interrompere una gravidanza o sul tipo di educazione del bambino. Nonostante le ambiguità, sostengono Lehmann e gli altri coautori in un articolo pubblicato il 16 gennaio sul The New England Journal of Medicine, dopo aver ricevuto una consulenza genetica, i genitori dovrebbero poter ottenere le informazioni relative al genoma fetale. Quelle informazioni potrebbero rendere più consapevoli i genitori in attesa e migliorare la loro capacità di pianificare il futuro del bambino. Nel caso di un bambino a elevato rischio di diabete, per esempio, i genitori potrebbero porre maggiore attenzione alla dieta e all'esercizio fisico.
Mentre gli attuali test prenatali sono diagnostici, cioè avvertono i genitori della presenza di una malattia, il sequenziamento prenatale dell'intero genoma rivelerebbe la suscettibilità genetica a malattie come quelle cardiache, il diabete o l'obesità. Questo potrebbe alterare drasticamente le cure prenatali e il processo decisionale. In altre parole, il profilo genomico completo, rivelato molto prima che il feto sia nato, mostrerebbe varianti genetiche utili più a una previsione che a una diagnosi. Lehmann e colleghi non sono gli unici a guardare ai progressi nello screening prenatale con cautela ma anche con speranza. “Credo che la maggior parte di noi pensi che sia un po' prematuro e che ci sia da aspettare prima di una sua chiara adozione come una opzione fra i test prenatali”, dice Sandra Darilek, consulente genetico e portavoce della National Society of Genetic Counselors. Nel 2012 un gruppo di bioeticisti dei National Institutes of Health ha effettuato un'analisi in cui prevedeva un futuro con questi sequenziamenti, formulando ulteriori raccomandazioni su quali dati dovrebbero chiedere i genitori, e suggerendo che i bambini dovrebbero avere il diritto a essere informati solo da adulti, e non durante l'infanzia, sulle loro possibili malattie in età matura. Due anni dopo, dalle società di genetica non è stata ancora pubblicata alcuna raccomandazione formale che indichi quali malattie dovrebbero essere rivelate ai futuri genitori, né ci sono risposte chiare su dove finisce il diritto del bambino a essere protetto da questi dati e dove inizia la prerogativa del genitore di ottenerli e magari di agire sulla loro base. Mentre gli adulti possono scegliere di sequenziare il proprio genoma, un bambino non ancora nato non può consentire lo screening dei propri geni. Ciò nonostante, dice la Lehmann, questo tipo di preoccupazione non dovrebbe impedire ai genitori di ottenere i dati che vogliono: “I genitori hanno diritto a queste informazioni, e ci possono essere vantaggi significativi per il figlio di un genitore che ne è in possesso”. Certo, prosegue Lehmann, saranno necessari più consulenti genetici e maggiori risorse educative per aiutare chi aspetta un figlio nelle decisioni relative al sequenziamento. L'entusiasmo per la possibilità di attrezzare i genitori con questi vasti profili genetici ha alimentato in alcuni la preoccupazione che gli screening possano stimolare la richiesta di “bambini perfetti”, privi di anomalie genetiche o dotati di tratti desiderabili di bellezza, intelligenza e prestanza. Ma Lehmann e colleghi affermano che molti genitori rinuncerebbero al sequenziamento dell'intero genoma, e aggiungono che queste preoccupazioni non dovrebbero giustificare il rifiuto di informazioni su marcatori genetici per future malattie. “Non è una cosa che dovrebbero decidere i medici", dice Lehmann. “Se i genitori vogliono avere questo tipo di informazioni, la loro voce deve essere ascoltata”.»
131 Si veda la relazione La Genomica in Sanità Pubblica. Sintesi delle evidenze e delle conoscenze disponibili sull'utilizzo della genomica a fini di prevenzione, op. cit.
132 La Food and Drug Administration (Fda) agenzia americana per i farmaci e gli alimentari ha dato il via libera alla sperimentazione, prima nel suo genere, di un farmaco digitale. Prodotto dalle case farmaceutiche Otsuka e
Attualmente, i test genetici in uso riguardano prevalentemente le malattie ereditarie rare. Il problema è costituito dai geni di basso valore predittivo, che costituiscono un'elevata percentuale fra le varie patologie conosciute,133 senza contare che mancano delle infrastrutture in grado di raccogliere, valutare e diffondere le evidenze scientifiche: per questo oggi risulta difficile identificare correttamente i soggetti per i quali preparare, eventualmente, delle terapie personalizzate. Basti solo pensare, ad esempio, che nel 2015, sulla rivista Genome Biology, è stato pubblicato uno studio del King's College of London,134 i cui studiosi hanno messo a punto un test in grado di differenziare l'età biologica di una persona da quella cronologica in base alle variazioni di ben 150 marcatori genetici usati come campione: sarà sufficiente un semplice esame del sangue per stabilire quanto velocemente una persona invecchi e l'età biologica degli organi destinati ai trapianti, così da valutarne i possibili rischi durante l'intervento. Tale test
Proteus Digital Health la pillola hi-tech sarebbe in grado di misurare le reazioni del paziente alle cure a cui è sottoposto; il tutto grazie ad un particolare sensore di cui è dotata, il sensore Protesus, che sarà collegato ad un tablet. La pastiglia iper tecnologica sarà inoltre capace di dialogare con tablet e smartphone ad essa collegati tramite un patch indossato dal paziente e con un software proprietario. Le terapie potranno essere quindi molto più mirate e customizzate rispetto alle esigenze delle singole persone, i medici avranno decine di informazioni e parametri in più per adeguare dosaggi e farmaci somministrati.
Inoltre, controllando l’effettiva assunzione dei medicinali, i dottori sapranno sempre con assoluta certezza se i propri pazienti sono o meno disciplinati; si stima infatti che oltre il 50% dei malati cronici non segue correttamente le prescrizioni (soprattutto per quanto riguarda le malattie mentali: depressioni, schizzofrenia, bipolarismo, disturbi maniacali, ecc.).
133 Allo stato attuale, solo una piccola parte di varianti genetiche è nota e valutabile (nel 2011 sono stati indicati poco più di 1.300 polimorfismi di suscettibilità), si veda la relazione La Genomica in Sanità Pubblica, op. cit., si aggiunge anche che «è tuttavia necessario distinguere i test basati su varianti geniche ad alta e bassa penetranza. Alcune mutazioni geniche, infatti, correlano strettamente con la comparsa della malattia e comportano un rischio molto elevato di sviluppare il quadro patologico (in pratica, il rischio è molte volte più alto in coloro che hanno la mutazione rispetto a coloro che non ce l'hanno). Di solito queste mutazioni patogenetiche, ad alta penetranza, sono responsabili di patologie mendeliane poco comuni nella popolazione. Altre varianti geniche, che hanno individualmente un minore impatto sul rischio malattia, sono importanti per la sanità pubblica, in quanto hanno un'elevata frequenza nella popolazione. Quando la frequenza allelica è superiore all' 1 %, sono definite polimorfismi. I polimorfismi genetici con effetto modulante sul rischio di malattia hanno di regola una bassa penetranza. In generale, ciascuno di essi può aumentare il rischio di sviluppare malattia di un fattore inferiore a 2; in pratica, coloro che esprimono la variante polimorfica sfavorevole hanno un rischio di malattia che è meno di due volte elevato rispetto al rischio della popolazione generale, e ciò è dovuto al fatto che il loro effetto si realizza in un contesto poligenico e ambientale non favorevole» (a pag. 9)
134 Sanjana Sanjana Sood, Iain J. Gallagher, Katie Lunnon, Eric Rullman, Aoife Keohane, Hannah Crossland, Bethan E. Phillips, Tommy Cederholm, Thomas Jensen, Luc JC van Loon, Lars Lannfelt, William E. Kraus,