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Il consenso prestato dal migrante irregolare

TRAFFICO DI MIGRANTI PER VIA MARITTIMA

3. Il Protocollo alla Convenzione contro il crimine transnazionale organizzato relativo al traffico di migranti (smuggling of migrants) per

3.2 L’elaborazione di una definizione di traffico (smuggling)

3.2.3. Il consenso prestato dal migrante irregolare

Infine, è necessario esaminare quello che è considerato l’elemento che caratterizza in modo peculiare la fattispecie di “smuggling”, vale a dire il consenso prestato dal migrante irregolare143.

Innanzi tutto, è opportuno evidenziare che, sebbene la definizione di traffico di migranti contenuta all’art. 3, lett. a, del relativo Protocollo taccia in merito a tale aspetto, esso può essere considerato un elemento intrinseco alla fattispecie: i migranti costituiscono, infatti, i soggetti attivi del traffico, posto che essi agiscono volontariamente per ottenere lo specifico risultato dell’ingresso illegale144.

Il consenso costituisce un criterio di rilievo soprattutto ai fini della distinzione tra la fattispecie di traffico di migranti irregolari e quella di tratta di persone145.

Nelle Legislative Guides for the Implementation of the United Nations Convention against Transnational Organized Crime and the Protocols

143 Il consenso costituisce l’elemento centrale della nozione di “smuggling” elaborata dall’IOM nel

1994: a tal proposito, si veda IOM, Seminar Report: International Response to Trafficking in

Migrants and the Safeguards of Migrant Rights, Eleventh IOM Seminar on Migration, Geneva,

26-28 ottobre 1994, riprodotto in International Migration, 1994, p. 593.

144 In tal senso si vedano, tra gli altri, TREVISANUT, Immigrazione cit., pp. 194-195; OBOKATA,

Smuggling of Human Beings from a Human Rights Perspective: Obligations of Non-State and State Actors under International Human Rights Law, in IJRL, 2005, p. 397. Di particolare rilievo risulta

quanto affermato al riguardo da HECKMANN, Report: Transatlantic Workshop on Human

Smuggling, in Georgetown ILJ, 2000, p. 170: “it is not smugglers who recruit their potential clients,

but it is the migrant who seeks a smuggler in his community and enters a contract based on mutual trust”.

145 Per un’approfondita analisi circa il ruolo del consenso nella tratta di persone si veda l’issue paper stilato dall’UNODC, The Role of ‘Consent’ in the Trafficking in Persons Protocol, Wien, 2014, disponibile al sito www.unodc.org/documents/human-trafficking/2014/UNODC_2014_Issue_Paper_Consent.pdf (consultato, da ultimo, il 22 febbraio 2017). In dottrina si rinvia a ELLIOTT, The Role of Consent in Human Trafficking, Abingdon-New York, 2015.

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Thereto (in seguito: Legislative Guides)146 – linee guida elaborate dall’UNODC prive di valore vincolante, aventi quale obbiettivo quello di facilitare l’interpretazione e l’applicazione del sistema convenzionale di Palermo a opera degli Stati parte – si afferma, infatti, che la prima fattispecie implica la sussistenza del consenso del migrante, che partecipa in modo volontario al traffico, mentre la seconda ne presuppone l’assenza per il solo fatto che i trafficanti abbiano posto in essere un comportamento coercitivo, un abuso di potere, abbiano fatto ricorso a un mezzo fraudolento, o in ragione della situazione di vulnerabilità in cui versa la vittima147.

Un approccio di questo genere ha trovato considerevole supporto anche in dottrina148. Tuttavia, mentre sul piano teorico le due fattispecie delittuose del traffico di esseri umani e del traffico di migranti appaiono facilmente distinguibili, spesso nella pratica questa distinzione appare ardua149, posto che il consenso non sempre è prestato in modo inequivoco o, seppur prestato inizialmente, può essere ritirato in un momento successivo150. Varie sono, infatti, le criticità che l’interprete deve affrontare,

146 UNODC, Legislative Guides for the Implementation of the United Nations Convention against

Transnational Organized Crime and the Protocols Thereto, New York, 2004, disponibili al sito

www.unodc.org/pdf/crime/legislative_guides/Legislative%20guides_Full%20version.pdf (consultato, da ultimo, il 22 febbraio 2017).

147Ibidem, par. 30.

148 Sul punto la dottrina è piuttosto ampia e corposa. Si vedano, tra gli altri, SCHLOENHARDT,DALE,

Twelve Years On: Revisiting the UN Protocol against the Smuggling of Migrants by Land, Sea and Air, in JPL, 2012, p. 153; LIEMPT, Navigating Borderscit., p.40;CARACCIOLO, Dalla tratta cit., p. 166; FITZPATRICK, Trafficking as a Human Rights Violation: The Complex Intersection of Legal

Frameworks for Conceptualizing and Combating Trafficking, in Michigan JIL, 2003, p. 1149;

COOPER, A New Approach to Protection and Law Enforcement under the Victims of Trafficking and

Violence Protection Act, in Emory Law Journal, 2002, p. 1047.

149 BHABHA,ZARD, Smuggled or Trafficked?, in FMR, 2006, p. 6.

150 HOLMES, The Issue of Human Trafficking, in HOLMES (a cura di), Trafficking and Human Rights,

European and AsiaPacific Perspectives, Cheltenham, 2010, p. 3; HAQUE, Ambiguities and

Confusions in the Migration-Trafficking Nexus: A Development Challenge, in BEEKS,AMIR (a cura di), Trafficking and the Global Sex Industry, Lanham, 2006, p. 6; GALLAGHER, Human Rights cit., p. 1001.

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tra le quali vale la pena evidenziare quelle connesse alla distinzione tra consenso e coercizione e quelle relative all’individuazione del momento in cui il consenso deve essere manifestato ai fini della corretta qualificazione della condotta151.

Per quanto concerne il primo aspetto, esso consiste nel verificare se il consenso prestato dal migrante sia stato reso spontaneamente o sotto coercizione, elemento che funge da discrimine tra le due fattispecie e, in quanto tale, espressamente previsto nella definizione di tratta contenuta all’art. 3, lett. a, del relativo Protocollo152. La distinzione sul piano pratico si rivela, infatti, di notevole complessità. Non è del tutto chiaro, ad esempio, se pressioni di carattere economico siano da considerarsi quali elemento di coercizione, soprattutto se valutate alla luce della posizione di particolare vulnerabilità della persona considerata153. Un’indicazione sul punto è rinvenibile nei lavori preparatori al Protocollo relativo alla tratta, ove si legge che “the reference to the abuse of a position of vulnerability is understood to refer to any situation in which the person involved has no real and acceptable alternative but to submit to the abuse involved”154. Alla luce di tale circostanza, sembra, dunque, possibile affermare che la sussistenza di una condizione di estrema povertà potrebbe, almeno potenzialmente, porre il migrante in una situazione di vulnerabilità tale da renderlo oggetto di tratta e non di traffico155.

151 BHABHA, Trafficking, Smuggling, and Human Rights, in Migration Information Source, 2005, disponibile al sito www.childtrafficking.com/Docs/migration_funda_1007.pdf (consultato, da ultimo, il 22 febbraio 2017).

152 V. supra, nota 117.

153 GALLAGHER,DAVID,The International cit, p. 49.

154 UNODC, Travaux Preparatoires cit., p. 347.

155 JONES, Human Trafficking Victim Identification: Should Consent Matter?, in Indiana LR, 2012, p. 510.

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Per quanto concerne, invece, il secondo profilo, relativo all’individuazione del momento rilevante ai fini della manifestazione del consenso, non vi è uniformità sul punto. L’esame della prassi degli Stati rivela, infatti, come essi tendano a far coincidere tale momento con quello della partenza finalizzata all’ingresso irregolare in uno Stato straniero; diversamente, sul fronte delle organizzazioni non governative a tutela dei diritti dei migranti, si sostiene, invece, che le reali intenzioni debbano essere rilevate al momento dell’arrivo nello Stato di destinazione o del soggiorno156.

Vale, inoltre, la pena rilevare che, del tutto inaspettatamente, la questione relativa alla distinzione tra “smuggling” e “trafficking” non è stata affrontata nemmeno dal Comitato ad hoc, sebbene, nel corso dell’ottava sessione, una richiesta in tal senso fosse stata espressamente rivolta dall’UNHCR, dall’UNICEF e dall’IOM:

“[w]hile work has been done on identifying common provisions [between the twoprotocols], little or no discussion has taken place on the potential for conflict between them. The distinction that has been made between trafficked persons and smuggled migrants is evidently a useful one. However, the Office [of the High Commissioner for Human Rights], UNICEF, [UNHCR] and IOM are aware that such distinctions are less clear on the ground, where there is considerable movement and overlapping between the two categories. [It has been] determined that trafficked persons are to be granted protections additional to those accorded to smuggled migrants. However, there is little guidance in

156 OBEROI, Irregular Migration, Migrant Smuggling and Human Rights: Towards Coherence, International Council on Human Rights Policy Paper, 2010, p. 83, disponibile al sito http://lastradainternational.org/lsidocs/irregular%20migration%20smuggling%20hr_towards%20c oherence.pdf (consultato, da ultimo, il 22 febbraio 2017). Il contrasto tra le due differenti posizioni ha trovato applicazione concreta nel caso, verificatosi il 9 dicembre 2008, di centoventuno migranti birmani, entrati irregolarmente in Thailandia nascondendosi nella cella frigorifera di un autoarticolato. Per ulteriori approfondimenti sul caso si rinvia a GJERDINGEN, Suffocation inside a

Cold Storage truck and Other Problems with Trafficking as “Exploitation” and Smuggling as “Choice” Along the Thai-Burmese Border, in Arizona JICL, 2009, p. 702.

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either instrument regarding how the identification process is to be made and by whom. The [Ad-Hoc Committee] may wish to consider the implications of the fact that (…) identifying an individual as a trafficked person carries different responsibilities for the State Party concerned than in the case when that same person is identified as a smuggled migrant. The [Ad-Hoc Committee] may also wish to consider the possible consequences of a State ratifying one but not both instruments”157.

La mancata discussione di tale aspetto in seno al Comitato ad hoc rivela l’assenza di volontà, da parte degli Stati, di rinunciare alle proprie prerogative nell’ambito del processo di identificazione dei migranti, che consente loro di disporre di un certo margine di discrezionalità158. Le autorità statali risultano, infatti, maggiormente propense a qualificare i migranti quali vittime di “smuggling” piuttosto che di “trafficking”, posto che il Protocollo sulla tratta di persone garantisce alle vittime una protezione più ampia rispetto a quella accordata dal Protocollo relativo al traffico di migranti, imponendo, inoltre, agli Stati maggiori oneri di carattere economico e amministrativo159.

Il Protocollo sulla tratta di persone rappresenta, infatti, uno strumento più sensibile alle istanze di protezione delle vittime, posto che tale fattispecie si caratterizza per il fatto che gli individui coinvolti, non avendo manifestato alcun consenso o avendo manifestato un consenso viziato, sono in tutto e per tutto vittime del reato. Per tali motivi, la parte II del Protocollo

157Assemblea generale delle Nazioni Unite, Note by the United Nations High Commissioner for

Human Rights, the United Nations Children’s Fund, the United Nations High Commissioner for Refugees, and the International Organization for Migration on the Draft Protocols Concerning Migrant Smuggling and Trafficking in Persons, Doc. A/AC.254/27, 8 febbraio 2000, par. 2,

disponibile al sito

http://daccess-ods.un.org/access.nsf/Get?OpenAgent&DS=A/AC.254/27&Lang=E (consultato, da ultimo, il 22 febbraio 2017).

158 GALLAGHER, Human Rights cit., p. 1001.

159 GALLAGHER, Trafficking, Smuggling and Human Rights: Tricks and Treaties, in FMR, 2002, p. 27.

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è dedicata a questa specifica esigenza, attraverso la previsione di dettagliate misure che vanno dalla tutela della privacy delle vittime160, all’assistenza e informativa sugli strumenti di tutela dei propri diritti161, all’assistenza psicologica, medica e sociale, materiale, volta anche all’inserimento nel mondo lavorativo162, alla protezione fisica163 e alla possibilità di ottenere il risarcimento per i danni subiti164, per culminare nella possibilità di ottenere un permesso di soggiorno temporaneo o permanente165. Proprio alla luce del suo status di vittima, il rimpatrio del soggetto coinvolto nel traffico illecito di esseri umani, le cui modalità sono indicate nell’art. 8166, appare esente da

160 Art. 6, par. 1, del Protocollo contro la tratta di persone: “In appropriate cases and to the extent possible under its domestic law, each State Party shall protect the privacy and identity of victims of trafficking in persons, including, inter alia, by making legal proceedings relating to such trafficking confidential”.

161 Art. 6, par. 2, del Protocollo contro la tratta di persone: “ Each State Party shall ensure that its domestic legal or administrative system contains measures that provide to victims of trafficking in persons, in appropriate cases: (a) Information on relevant court and administrative proceedings; (b) Assistance to enable their views and concerns to be presented and considered at appropriate stages of criminal proceedings against offenders, in a manner not prejudicial to the rights of the defence”.

162 Art. 6, par. 3, del Protocollo contro la tratta di persone: “Each State Party shall consider implementing measures to provide for the physical, psychological and social recovery of victims of trafficking in persons, including, in appropriate cases, in cooperation with non-governmental organizations, other relevant organizations and other elements of civil society, and, in particular, the provision of: (a) Appropriate housing; (b) Counselling and information, in particular as regards their legal rights, in a language that the victims of trafficking in persons can understand; (c) Medical, psychological and material assistance; and (d) Employment, educational and training opportunities”.

163 Art. 6, par. 5, del Protocollo contro la tratta di persone: “Each State Party shall endeavour to provide for the physical safety of victims of trafficking in persons while they are within its territory”.

164 Art. 6, par. 6, del Protocollo contro la tratta di persone: “Each State Party shall ensure that its domestic legal system contains measures that offer victims of trafficking in persons the possibility of obtaining compensation for damage suffered”.

165 Art. 7, par. 1, del Protocollo contro la tratta di persone: “In addition to taking measures pursuant to article 6 of this Protocol, each State Party shall consider adopting legislative or other appropriate measures that permit victims of trafficking in persons to remain in its territory, temporarily or permanently, in appropriate cases”.

166 Art. 8 del Protocollo contro la tratta di persone: “The State Party of which a victim of trafficking in persons is a national or in which the person had the right of permanent residence at the time of entry into the territory of the receiving State Party shall facilitate and accept, with due regard for the safety of that person, the return of that person without undue or unreasonable delay. When a State Party returns a victim of trafficking in persons to a State Party of which that person is a national or in which he or she had, at the time of entry into the territory of the receiving State Party, the right of

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connotazioni “sanzionatorie”, ma costituisce, piuttosto, espressione del ritorno al proprio ambiente di origine167.

Dopo avere esaminato quelli che sono gli elementi costitutivi della nozione di smuggling, è ora possibile procedere all’analisi del contenuto del Protocollo di Palermo sul traffico di migranti, con particolare riferimento, per quanto di rilievo in questa sede, al traffico per via marittima.

3.3 Il dispositivo del Protocollo di Palermo relativo al traffico di

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