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Il Consiglio Notturno e la ragione divina

Il conflitto psichico nelle Legg

I. Razionalità e irrazionalità nella Repubblica e nelle Leggi: enkrateia e akrasia

4. Il Consiglio Notturno e la ragione divina

L’obiettivo delle leggi è quello di instaurare nello stato una condizione virtuosa

attraverso un’azione duplice: educativa, rispetto ai bambini e ai ragazzi, che predisponga i loro animi al rispetto della legislazione da adulti; coercitiva, rispetto a coloro la cui anima è ormai formata. Questo in vista della fondazione di una condizione di stabilità ed equilibrio tra le classi sociali, eliminando tra di esse il conflitto, causa prima di mutamento e degenerazione della polis. Spetterà a un gruppo di uomini saggi, il consiglio notturno, il compito di vigilare affinché la legge sia applicata e rispettata da tutti i cittadini.

La figura del Consiglio Notturno viene delineata nell’ultimo libro dell’opera, il dodicesimo, che si apre con il proseguimento dell’esposizione del corpus normativo di Magnesia: si trattano i casi di furto dei beni pubblici (941a-942a), si espongono le norme sulla disciplina militare soffermandosi in particolare sui casi di diserzione e sulle assegnazioni di premi di valore, sulle norme di abbandono delle armi e i casi di abbandono delle armi non punibili (942a-945b). Viene poi delineata anche la figura del

collegio giudicante i magistrati, specificandone i criteri di elezione e le competenze (945b-946e), gli onori dovuti ai suoi membri sia in vita che alla morte, e le pene per coloro che si dimostrano indegni del ruolo (946e-948b). Si prosegue poi con la legge riguardante il divieto di giuramento negli atti di accusa da parte di ciascuno dei contendenti, sostituito dalla consegna ai magistrati delle accuse riportate per scritto105, le leggi riguardanti altri reati minori (948b-949e), e quelle sui rapporti interstatali (949e- 950d). E ancora: le norme sull’espatrio, delineando la figura dell’ispettore presso gli stati stranieri, le leggi sull’accoglienza degli stranieri, indicando per essi quattro tipologie (949e-953e); le norme inoltre sulla malleveria, sulle rivendicazioni di beni e sulle perquisizioni (953e-954e), sui casi in cui a un testimone o un concorrente viene impedito di svolgere il suo compito con la violenza e quelle sui casi di ricettazione e di ospitalità a criminali (954e-955b). Infine, si considerano i casi di pace e guerra tra privati, il dovere di rendere servizio alla patria, le tasse e le offerte agli dèi (955b-956b), le norme sui processi per questioni sia private che pubbliche e le leggi funerarie (955b- 960c).

A questo punto viene introdotta l’istituzione del Consiglio Notturno: il cui compito è la conservazione delle leggi, compiuta assumendo la funzione di mente dello stato. Bisogna far in modo che la costituzione fin qui delineata sia salda e immutabile, ossia poggi su una base che possa salvarla dalla corruzione: a tale scopo servirà appunto il Consiglio, il quale si riunirà solo di prima mattina quando ognuno dei suoi membri sarà libero da occupazioni private e pubbliche, e rappresenterà un’ancora per la città

105 Questo perché, spiega l'ateniese, al contrario di quanto accadeva in passato quando gli uomini credevano nell'esistenza degli dèi, oggi la maggior parte dei cittadini non ci crede più, o crede che non si curi di loro, oppure fanno sacrifici per ottenere in cambio ricchezze o per essere liberati dalle loro pene. La metà dei cittadini è spergiura: molte volte chi accusa e chi nega sotto giuramento lo fa per trarne profitto, perciò è necessario procedere con i processi senza giuramento (948b-949a).

(960d-961c). In che modo potrà svolgere questo ruolo di salvatore della polis? Quali sono le competenze che gli permetteranno di assolvere questa fondamentale funzione? Assumendo un tono polemico nei confronti di coloro che in passato, praticando l’astronomia, hanno dato al movimento dei corpi celesti un’interpretazione materialistica, negando in essi la presenza di intelletto e anima, nonché l’esistenza di un intelletto divino, l’ateniese indica due tipi di conoscenza che i membri del Consiglio, per esser ritenuti capaci di svolgere la loro funzione, devono possedere:

Ateniese: (...) coloro che saranno veramente custodi delle leggi davvero devono conoscere la verità che le riguarda, ed essere capaci di spiegarla a parole (...). Non è forse una delle più belle cose la scienza degli dèi, che abbiamo esposto (...) dicendo che esistono e di quanto potere appaiono dotati, e che un uomo deve saperne per quanto è possibile saperne, e che si deve perdonare alla maggior parte dei cittadini di seguire solo la lettera delle leggi, e non si deve affidare questo compito neppure a coloro che prenderanno parte alla custodia della città, se uno di loro non si darà da fare per ottenere ogni tipo di prova sull’esistenza degli dèi? E il rifiuto di affidare loro il compito consiste nel non scegliere mai tra i custodi delle leggi chi non sia divino e non si sia affaticato sulle questioni divine (...)? Sappiamo dunque che due sono le cose che

conducono alla credenza negli dèi106 (...). Una è quella che dicevamo sull’anima107, cioè che è la

più vecchia e la più divina di tutte le cose, il cui movimento, dopo aver ricevuto la sua origine, fornì un’essenza eterna; un’altra è quella relativa al moto, in quanto segue un ordine, degli astri e di tutti gli altri corpi di cui è padrona la mente che ordina il tutto. Infatti, nessuno degli uomini che guarda queste cose in modo non superficiale né inesperto, mai fu per natura così senza dio che non abbia subito il contrario di ciò che si aspettano i più. Infatti essi pensano che coloro che praticano questi studi tramite l’astronomia (...) divengano atei, avendo osservato che per quanto è possibile le cose avvengono per necessità ma non per pensieri di un volere teso alla realizzazione del bene. (...) Ora è tutto il contrario di quando coloro che concepivano questi corpi li concepivano senz’anima. (...) Non è possibile che diventi mai saldamente timorato di dio qualcuno degli uomini mortali, che non colga questi due principi ora detti, cioè che l’anima è il più anziano di tutti gli esseri che hanno partecipato alla nascita, è immortale, guida tutti i corpi, e oltre a ciò, come ora si è detto spesso, non colga l’intelletto degli enti che si è detto trovarsi negli astri (...). Chi non è capace di ottenere queste conoscenze oltre alle virtù civili, per così dire non potrà mai diventare un magistrato competente per l’intera città (...).

106 Cfr. X 892b sgg. 107 Cfr. X 896e sgg.

(Libro XII, 966c-968a)

I custodi delle leggi dovranno dunque credere nell’esistenza degli dèi e conoscere il loro potere, ossia il modo in cui operano nel cosmo. Questo perché, al contrario degli altri cittadini cui sarà permesso seguire alla lettera le leggi senza comprenderne la verità, il ruolo di custodi del corpus normativo implica la comprensione di esso in quanto espressione di una ragione divina, una mente che ordina il tutto, un principio supremo di razionalità. Si tratta di un ente che, dotato di intelletto e anima, muove l’intero cosmo a partire dagli astri: conferendo loro anima e intelletto, li dota di un moto ordinato non necessario e meccanico finalizzato al bene; e tramite questi, muove ogni cosa presente sulla terra, rendendola a sua volta animata e dotata di intelletto.

Credere all’esistenza degli dèi implica perciò credere in un’anima cosmica come ente più antico, divino e immortale, che in quanto puro intelletto muove ogni cosa presente nel cosmo in vista del bene e conformarsi alle leggi significa conformarsi a questa mente divina, fondamento della nostra stessa ragione, che è ciò che nella nostra anima è divino, puro ed eterno. Tuttavia, al contrario che nell’essere umano, il principio supremo della razionalità concepito come un dio e le divinità degli astri sono capaci di possedere quello stato di uniforme serenità (792d) dato dal non essere mai neanche affetti da piaceri e dolori: è infatti assente in essi il conflitto psicologico caratteristico dell’uomo, il quale però può superare la sua condizione di debolezza sviluppando la sua razionalità e rendendosi sempre più affine alla condizione divina108. Ciò implica che non vi è spazio, nelle Leggi, per la gestione virtuosa degli elementi inferiori dell’anima configurata nella Repubblica, perché la perfezione umana si ottiene solo nella transizione dalla condizione umana a quella divina. Il ruolo della legislazione non è quello di mediare tra emozioni e ragione, come lo thymoeides della Repubblica, ma di

controllare, addomesticare fino a neutralizzare, la sfera irrazionale dell’individuo, che lo rende tanto imperfetto quanto umano, assimilandolo all’immortale, sopraindividuale, divina razionalità109.

109 Perciò risulta difficile parlare di immortalità personale, come sottolinea M. M. Sassi in The Self.. cit., p. 147.

Bibliografia

Fonti

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