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Il contrasto sino-giapponese in Manciuria

Nel documento Cina e Giappone dal 1895 al 1945 (pagine 95-104)

La Seconda guerra sino-giapponese

IV.1. Il contrasto sino-giapponese in Manciuria

Il Manciukuò, fondato dagli ufficiali della dinastia Qing con l‘aiuto dei nipponici, occupava un‘area che corrispondeva all‘attuale Manciuria e parte della Mongolia interna. Il governo nominale fu affidato all‘ultimo imperatore cinese Qing Pu Yi, mentre per l‘amministrazione si ricorse all‘aiuto dei giapponesi. La popolazione era eterogenea, composta prevalentemente dai cinesi Han, mentre le zone occidentali erano occupate dai mongoli (e questo comportava un tipo di amministrazione diversa rispetto al resto dell‘Impero), e a dispetto del nome (Mănzhōuguó, in cinese, significa "Paese dei Manchu") l‘etnia mancese era rappresentata da

una minoranza, accanto a quelle giapponese e cinese190.

La conquista mancese della Cina e il passaggio dinastico dai Ming ai Qing nel XVII secolo, comportarono difficoltà di integrazione tra i nuovi dominatori e gli abitanti del paese, sia a livello etnico che legale. Queste difficoltà si protrassero per tutto l‘800, fino al declino della dinastia Qing, cui seguirono numerose perdite territoriali, sia in seguito a moti indipendentisti che a conquiste dirette dei Paesi vicini. Infatti nel 1858 la Russia, come conseguenza della Seconda guerra dell‘oppio, si appropriò di

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un ampio tratto della Manciuria e successivamente della restante parte. Inoltre nel 1890 la Russia costruì la ferrovia orientale cinese, che collegava Harbin a Vladivostok, a dimostrazione dell‘influenza russa in Manciuria. I trattati russo-giapponesi del 5 settembre 1905 e del 25 maggio 1915 avevano sancito il riconoscimento di speciali interessi del Giappone in Manciuria, che andavano dall‘affitto della penisola di Liaotung al controllo della ferrovia trans-manciuriana, a speciali diritti minerari e ai privilegi riconosciuti ai sudditi giapponesi nello svolgimento di attività agricole, industriali e commerciali191.

Il governo cinese aveva più volte cercato di invalidare i trattati del 25 maggio 1915 adducendo diverse motivazioni. Essi sostenevano che questi erano stati estorti dal Giappone sotto la minaccia della forza, e che le concessioni cinesi non avevano alcuna contropartita da parte giapponese. Inoltre i Cinesi ritenevano che questi fossero in contrasto con i trattati vigenti tra la Cina e le altre potenze, e fossero incompatibili con i principi stabiliti dalla conferenza di Washington e che infine costituissero una fonte di continuo attrito fra la Cina e il Giappone. A Versailles, i delegati cinesi avevano urtato contro l'ostilità o l'indifferenza delle potenze. Alla conferenza di Washington, oltre al ritorno dello Shantung, oggetto di un accordo a parte, avevano ottenuto, per quanto riguardava le domande del secondo gruppo, la rinuncia da parte del Giappone alle opzioni sui prestiti

191 La realtà degli interessi giapponesi in Manciuria fu riconosciuta dal rapporto della commissione d'inchiesta nominata sotto la presidenza di Lord Lytton dalla Società delle Nazioni nei termini seguenti. Durante un quarto di secolo, fino al settembre 1931, i legami che univano la Manciuria al resto della Cina si erano rafforzati; ma nello stesso tempo erano cresciuti continuamente gli interessi giapponesi in Manciuria. La Manciuria era senza dubbio in questo periodo parte della Cina, ma il Giappone vi aveva acquisito o rivendicava diritti così eccezionali e limitanti a tal punto l'esercizio della sovranità cinese che era inevitabile un conflitto. Sentimento patriottico, necessità essenziali della difesa militare e questi diritti eccezionali acquisiti attraverso i trattati, tutto concorreva a spiegare le rivendicazioni nipponiche per una situazione speciale in Manciuria. La concezione giapponese di questa situazione speciale non si limitava tuttavia a quanto era giuridicamente definito nei trattati e accordi conclusi con la Cina e gli altri Stati. I sentimenti ed i legami storici, eredità della guerra russo giapponese, l'orgoglio dei successi ottenuti dall'iniziativa giapponese in Manciuria durante l'ultimo quarto di secolo costituivano un elemento indefinibile, ma reale, della situazione speciale rivendicata dai giapponesi. È dunque naturale che l'uso che i giapponesi facevano di questa espressione apparisse nel linguaggio diplomatico alquanto oscura e che altri Stati avessero ritenuto difficile, se non impossibile, riconoscere con strumenti internazionali tali situazioni. G. Borsa, L’Estremo Oriente tra due Mondi, Bari, Editori Laterza, 1961. p. 323.

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per la costruzione di ferrovie nella Manciuria del sud e nella Mongolia Interna orientale e ai prestiti da garantirsi sulle tasse di dette regioni, nonché la rinuncia ai diritti preferenziali concernenti l'assunzione di consiglieri o di istruttori in materia politiche finanziarie militari o di polizia nella Manciuria meridionale.

Nel marzo del 1923 fu fatto un tentativo per l'abrogazione dei trattati del

1915192. Non essendo riusciti ad ottenere il consenso giapponese

all‘abrogazione, i governi cinesi e le autorità locali in Manciuria si adoperarono, dopo il 1923, per rendere operative, in sede di concreta attuazione, le clausole superstiti del trattato del 1915 o per ottenerne la revisione.

I punti principali di tali clausole riguardavano:193

1) l'affitto e l'acquisto di terre da parte dei sudditi giapponesi nella Manciuria meridionale;

2) la libertà di circolazione, di residenza, e di svolgere attività economiche per i sudditi giapponesi nella Manciuria meridionale;

3) un regime giuridico speciale per i coloni giapponesi;

192 La nota cinese del 10 marzo 1923 con cui si chiedeva la revisione dei trattati del 1915, concludeva così; «così questi trattati e queste note sono stati fin dal principio pienamente avversati dall'opinione pubblica di questo paese. Guidato da tale unanime sentimento del popolo dell'intero paese, il governo cinese ha sollevato tali questioni sia alla conferenza della pace di Parigi, sia alla conferenza di Washington ed ha chiesto l'abrogazione di questi accordi. Più recentemente il Parlamento cinese della sua sessione tenuta nel gennaio del 1923 approvò una decisione che dichiarava i trattati e le note sino-giapponesi del 25 maggio 1915 nulle e prive di valore, ed il Senato, in un messaggio formale, chiese al governo di prendere debito atto e di agire in conformità. Vi è pertanto un' indiscutibile prova che l'opinione pubblica in questo paese è saldamente unita su questo punto. In considerazione del fatto che l'affitto di Port Arthur e di Dalny è sul punto di cadere, e il governo cinese considera questo come il momento appropriato per migliorare le relazioni sino giapponesi mediante il rinnovo di una dichiarazione formale al governo giapponese in base alla quale con riferimento ai trattati conclusi ed alle note scambiate il 25 maggio 1900, l'intero complesso di questi accordi debba essere considerato abrogato essendo interessò che quelle parti dei suddetti trattati che notte concernenti questioni successivamente regolate e le richieste ulteriormente abbandonate o le riserve in seguito ritirate dal Giappone, sono già state covo rimangono abrogate. Con la presente si chiede al governo giapponese di indicare un giorno per discutere con il governo cinese le questioni relative alla retrocessione di Port Arthur e di Danly unitamente a tutti i problemi derivanti dall'abrogazione dei suddetti trattati che notte del 1915. Il governo cinese è fermamente convinto che il governo giapponese ed il popolo nipponico, riconoscendo pienamente l'importanza dell'amicizia sino giapponese, accederanno alla volontà univoca del popolo cinese ed elimineranno interamente quelli ostacoli enti impedimenti che hanno intaccato le cordiali relazioni dei due paesi durante gli ultimi anni, di modo che la genuina cordialità esistente tra i due popoli possa essere sviluppata nella pace dell'estremo oriente essere resa sicura, il che non è solo nell'interesse dei due paesi, ma anche per il benessere del mondo». G. Borsa, op. cit., p. 323.

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4) lo sfruttamento di concessioni minerarie nella Manciuria meridionale; 5) la concessione dell'esercizio di linee ferroviarie nella Manciuria meridionale.

In seguito all‘applicazione di queste clausole si diede origine ad infinite controversie sia per gli ostacoli frapposti dai cinesi alla loro attuazione, sia per i tentativi giapponesi di darne un'interpretazione estensiva al punto da rivendicare diritti senza fondamento dei trattati. I cinesi tentarono, a proposito dei punti 1) e 4), di ottenere una regolamentazione più favorevole in sede locale e, non essendovi riusciti, ne sabotarono l'applicazione, soprattutto premendo sui sudditi cinesi perché rifiutassero di avere rapporti con il Giappone. Così, per esempio, furono comminate pene gravissime per i cinesi che avessero aderito ad affittare o ad alienare terre agli stranieri, e per i coolies che avessero lavorato nelle miniere nipponiche o accettato impieghi nei trasporti gestiti dai nipponici, o ancora per le fabbriche cinesi che avessero usato carbone prodotto nelle miniere giapponesi.

Successivamente l'obiettivo dei giapponesi venne identificato nel governatore della Manciuria Zhang Zuolin, il quale fra il 1924 e il 1928 mise in atto una politica filo-giapponese. I governatori regionali cinesi, infatti, per poter mantenere l'esercito su cui fondavano il loro potere, avevano bisogno essenzialmente di armi, per cui il mercato di queste era la leva su cui facevano forza i giapponesi. Questo accadeva, in particolare, nei confronti di Zhang Zuolin a cui i giapponesi fornivano le armi per mantenere il possesso dei suoi territori. Egli quindi veniva ad essere legato ai giapponesi e ad essere, in pratica, una loro pedina. Nel 1927, però, in Cina si verificò un cambiamento politico di estrema importanza: il movimento nazionalista del Kuomintang prese l'iniziativa per creare un esercito nazionale cinese ed effettuare una spedizione militare per l'unificazione della Cina e per instaurare un governo unitario e indipendente, dotato soprattutto di forza politica internazionale, con una

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Cina non più sottoposta al potere dei grandi governatori regionali. Ai progressi compiuti dall'esercito del governo nazionale cinese molti governatori provinciali dettero la loro adesione e si schierarono sotto le sue bandiere. Questa era l'operazione politica alla quale sembrava che desse il suo appoggio anche Zhang Zuolin, per cui il governo giapponese e le sue spie in Manciuria si resero conto che egli, nel 1928, stava per lasciare la parte giapponese per schierarsi con il Kuomintang. Mentre Zhang Zuolin si recava a Pechino per partecipare a delle trattative, la vettura ferroviaria su

cui viaggiava venne fatta saltare e Zhang Zuolin perse la vita194. Venuto a

mancare l'alleato in Manciuria, per favorire ancora l‘espansione del Giappone in quella regione bisognava trovare altre soluzioni.

Subito dopo l'attentato a Zhang Zuolin si verificò la crisi economica mondiale del ‗29-30. La Grande Depressione e la crisi economica e diplomatica contribuirono all‘aggressione giapponese. Le esportazioni giapponesi erano state colpite duramente dalla Depressione. I leader giapponesi cominciarono a sentirsi circondati dalle potenze ostili occidentali. Un nuovo senso di pericolo nazionale interessò sia la vita politica che la pianificazione militare. La Cina sembrava uno dei pochi mercati esteri ancora disponibili. Per conquistarlo, i Giapponesi andarono in guerra195.

Il Giappone, per uscire dalla crisi, doveva dare uno sviluppo alle proprie industrie con nuovi mercati, trovando manodopera e materie prime a basso prezzo. La Manciuria era la zona dove i giapponesi avevano le loro basi economiche e industriali e così si rendeva essa sempre più necessaria per la soluzione della crisi economica giapponese.

194 La responsabilità di questo attentato non fu mai appurata, anche perché l'indagine fu condotta proprio dalla ferrovia sud-manciuriana che era in mano ai giapponesi. P. Corradini, op. cit., pp. 354-356.

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David M. Gordon, The China-Japan War, 1931-1945, The Journal of Military History, Vol. 70, No. 1 (Jan., 2006), pp.139-141.

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Il Nord Est della Cina costituiva una grande e nuova zona di frontiera a sud della Grande Muraglia, con una superficie di 300.000 miglia quadrate, circa un quarto dell‘estensione della Cina. I suoi abitanti, aumentati dai circa undici milioni nel 1900 ai trentaquattro milioni nel 1930, in parte per l‘immigrazione dalla Cina del Nord, erano cinesi per il 95 percento. La compagnia ferroviaria della Manciuria meridionale aveva sviluppato nei pressi di Mukden l‘enorme miniera di carbone di Fushan nelle fabbriche di acciaio di Anshan. Il governatore civile del Kwantung amministrava i territori ceduti in affitto, tra i quali il porto di Dairen che aveva una attività commerciale seconda soltanto a quella di Shanghai. Il commercio della Manciuria ammontava a un quinto del commercio totale della Cina e le sue esportazioni di carbone, ferro, soia e altri prodotti la inserivano sempre più nell'economia giapponese. Gli ufficiali dell‘Armata del Kwantung, responsabili verso l'esercito giapponese e non verso il governo civile, erano dominati dal senso della loro missione imperiale. La scelta del governo nazionale, le sue tentazioni patriottiche sulla Manciuria, come tecnicamente, storicamente e giuridicamente parte della Cina, cozzarono quindi contro l'esplosivo militarismo della Armata del Kwantung. Giovani ufficiali dell‘Armata del Kwantung cominciarono ad assumere l'iniziativa, esercitando pressioni sui superiori affinché si piegassero ai loro progetti di espansione. Riuscirono così a escludere l'influenza politica di Nanchino e a mantenere la Manciuria indipendente sotto la tutela del Giappone ed alcuni ufficiali cospirarono per costituire con la forza un regime fantoccio.

Altre due cause principali di attrito e di tensione tra Giapponesi e Cinesi furono tuttavia lo sviluppo delle costruzioni ferroviarie da parte dei cinesi e lo status dei sudditi coreani ivi immigrati. Verso la fine del 1931 i cinesi avevano costruito in Manciuria circa un migliaio di km di linee ferroviarie, alcune delle quali concorrenti rispetto alla sud-manciuriana. Essi ritenevano di avere diritto a farlo in base all'art. 4 del trattato di Portsmouth con cui i

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russi ed i giapponesi si erano impegnati a non ostacolare lo sviluppo economico e commerciale della Manciuria da parte dei cinesi. I giapponesi invece invocavano un protocollo aggiuntivo segreto del 22 dicembre 1905, con cui il governo cinese si era impegnato a non costruire linee ferroviarie concorrenti alla sud-manciuriana196. Inoltre, nel 1929, l‘occupazione da parte dei nazionalisti cinesi della ferrovia cinese orientale, sottoposta ad amministrazione sino-sovietica, provocò una rottura delle relazioni diplomatiche e un‘aspra ostilità fra Cina e Unione Sovietica nella Manciuria settentrionale.

La questione coreana, invece, riguardava 800.000 immigrati infiltratisi in Manciuria attraverso il confine coreano. Costoro, in un primo tempo, erano stati benevolmente accolti dai cinesi, ma dopo il 1927 venivano guardati con crescente sospetto, perché considerati l'avanguardia di una penetrazione giapponese. Il governo cinese non riconobbe mai agli emigrati coreani lo statuto privilegiato garantito dai trattati ai sudditi giapponesi, mentre i giapponesi sostenevano che in quanto sudditi di un protettorato giapponese, costoro avevano diversi diritti, tra gli altri la giurisdizione consolare e la protezione della polizia giapponese.

I rapporti sino - giapponesi in Manciuria, resi difficili da questo groviglio di interessi e di pretese contrastanti, si erano particolarmente inaspriti dopo che il governo nazionalista era subentrato al governo di Pechino nella difesa delle posizioni cinesi e dopo che Zhang Xueliang, decisamente anti- giapponese, era succeduto nel governo della Manciuria al padre Zhang Zuolin. Il governo nazionalista cinese e il governo manciuriano fecero ben

196 L‘art. 4 del trattato di Portsmouth recitava: «Il Giappone e la Russia s‘impegnano reciprocamente a non creare alcun impedimento a qualsiasi misura generale comune a tutti paesi, che la Cina possa prendere per lo sviluppo commerciale e industriale della Manciuria».

Il testo del protocollo segreto del 22 dicembre 1905 era il seguente: «Il governo Cinese si impegna, in vista della protezione degli interessi della ferrovia sud-manciuriana a non costruire prima di essere tornato in possesso dei diritti su detta ferrovia, alcuna linea principale nelle vicinanze e parallelamente a questa linea o alcuna linea secondaria che possa recare pregiudizio agli interessi della linea suddetta». G. Borsa, op. cit., p. 324.

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poco per incoraggiare la politica distensiva di Shidehara197, contribuendo così al rafforzamento delle correnti militariste ed imperialiste che avevano sempre sostenuto la necessità di ricorrere alla forza per tutelare gli interessi giapponesi in Manciuria.

A favore dei fautori di una politica di azione diretta in Cina, contribuì anche l'aggravarsi della crisi economica internazionale, che assorbiva l'attenzione dei governi europei e americano nei problemi interni. Il governo Minseito, costituito il 2 luglio 1929 sotto la presidenza di Hamaguchi, si era poi logorato in una serie di contrasti con i centri tradizionali di potere giapponesi, nel tentativo di imporre il suo programma, che era basato sul disarmo e sulla intesa con la Cina, sul risanamento della vita pubblica e sull'adozione di una politica economica e finanziaria di austerità. La riduzione del 10% sui salari dei funzionari di grado elevato determinò un altro conflitto fra il governo e la burocrazia, mentre la politica distensiva di Shidehara in Cina e l'adesione del Giappone agli accordi di Londra per il disarmo misero in aspro urto il governo con l'Esercito, con la Marina e con il Consiglio Privato, dominato dai militaristi. Ad un certo momento il contrasto assunse il carattere più vasto di una questione di principio: se cioè il potere civile dovesse prelevare su quello militare nella elaborazione della politica nazionale. Il tentativo di Hamaguachi di affermare questo principio gli fu fatale. Nel novembre 1930 egli fu oggetto di un attentato da parte di un fanatico nazionalista. Gravemente ferito, fu sostituito temporaneamente nella carica di primo ministro da Shidehara. Nel marzo 1931, ancora sofferente, tentò di

197 Shidehara, Kijuro, 1872-1951, fu un statista giapponese. Diplomatico di carriera, fu ambasciatore in Olanda (1914- 15), vice ministro degli esteri (1915), e ambasciatore negli Stati Uniti (1919-1922). Servi (1924-27, 1929-31) come ministro degli esteri, perseguendo una politica conciliante verso la Cina e l'Unione Sovietica in contrasto con i desideri dei militaristi. Dopo la seconda guerra mondiale divenne capo del partito progressista fu primo ministro da ottobre 1945 a maggio 1946, le sue politiche economiche conservatrici e legami familiari agli interessi della Mitsubishi lo resero impopolare con il movimento di sinistra. Divenne presidente della camera bassa della Dieta nel 1949 e servito come tale fino alla sua morte. http://sydney.edu.au/arts/peace_conflict/publications/review_Schlichtmann_book.pdf

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riprendere il suo posto, ma dopo un mese dovette di nuovo ritirarsi e morì in conseguenza delle ferite riportate. Gli successe a capo del governo e del partito, Minseito Wakatsuki (che aveva rappresentato il Giappone alla conferenza di Londra) con Shidehara al Ministero degli Affari Esteri. Fu sotto questo governo, diretto da una personalità assai meno influente del precedente, che scoppiò il primo incidente mancese.

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