• Non ci sono risultati.

L‘invasione giapponese dal 1937-

Nel documento Cina e Giappone dal 1895 al 1945 (pagine 114-123)

La Seconda guerra sino-giapponese

IV.3. L‘invasione giapponese dal 1937-

L‘invasione giapponese del 7 luglio 1937 mise la Repubblica cinese in grave pericolo. Alla fine prevalse la Repubblica, ma la Cina fu devastata. La guerra, inoltre, rese possibile una rivoluzione comunista che distrusse la società tradizionale. Nel 1945 anche il Giappone era demolito. Perse il suo impero e la sua struttura politica fu rinnovata dagli americani. Il paese sarebbe poi entrato in un nuovo periodo di pacifico sviluppo economico. Entrambe le nazioni furono profondamente trasformate dal conflitto. La guerra sino-giapponese, il catalizzatore di queste modifiche, fu senza dubbio l‘evento più importante nella storia dell‘Asia orientale del ventesimo secolo.

La guerra iniziò nel 1937. Tuttavia gli eventi che portarono ad essa erano iniziati quasi venti anni prima, come viene descritto da tanti autori come

Marius Jansen e William Kieby211. Fino alla fine della Prima guerra

mondiale nel 1918, il Giappone partecipò con altre nazioni alla divisione della Cina sotto varie sfere di influenze. Fino al 1945 i giapponesi non abbandonarono la loro convinzione che la Cina fosse una collezione disunita di province che potevano essere manipolate una contro l‘altra, ed alla fine conquistata pezzo per pezzo. A differenza delle potenze occidentali, il Giappone aveva motivo di cambiare le sue relazioni con la Cina. L'ascesa dei signori della guerra nelle province dopo il 1916 dimostrò la mancanza di unità fondamentale nel paese. Il Giappone non era stato indebolito, come la Gran Bretagna e la Francia, dalla Prima guerra mondiale perché non aveva combattuto una guerra come le altre due potenze. Inoltre i giapponesi non furono influenzati sensibilmente dagli

211David M. Gordon, op. cit., p. 137.

117

ideali wilsoniani riguardo all‘autodeterminazione delle nazioni212

. Essi dunque non avevano nessuna ragione a fare marcia indietro a favore dell‘esigenze del Kuomintang di Chiang Kai-shek per la revisione del trattato nel 1920. Quando gli inglesi, insieme agli americani, improvvisamente adottarono un atteggiamento più conciliante alla fine del 1926, l‘ostinazione dei giapponesi lasciò il paese isolato diplomaticamente. I leader giapponesi si sentivano doppiamente traditi: in primo luogo, dai loro partner ex imperialisti occidentali che avevano in precedenza presentato un fronte unito contro il nazionalismo cinese, e, in secondo luogo, dai leader stessi del KMT, che rifiutarono di rispettare i trattati imposti alla Cina prima del 1912. I leader politici e militari giapponesi non superarono mai il loro smarrimento e la loro rabbia, che seguì la diplomazia giapponese e le operazioni militari fino alla fine della Seconda guerra mondiale213.

Ora facciamo un passo indietro, tornando all‘inizio della guerra sino- giapponese. Molti autori sostengono che la guerra ebbe inizio con l‘incidente di Mukden, ma il primo vero scontro tra le due potenze avvenne con l‘incidente del ponte di Marco Polo.

La Cina si trovò in guerra contro il Giappone nel luglio 1937 con un esercito quasi senza carri armati e con una Marina e una Aeronautica insignificanti. L'unica tattica militare possibile era quindi per i cinesi quella ritardatrice, mirante a cedere spazio per guadagnare tempo, in attesa degli aiuti richiesti agli alleati. Dal già noto incidente presso il ponte di Marco Polo del 7 luglio 1937, all'inizio delle vere ostilità sino-giapponesi trascorsero venti giorni, durante i quali la Cina, dopo aver inviato al governo di Tokio una formale protesta per l'accaduto, trasmise alle rappresentanze delle Nazioni interessate all'Estremo Oriente una nota in cui

212 Ibidem.

118

veniva denunciato il comportamento provocatorio del Giappone. Il 25 luglio 1937, dopo un'altra scaramuccia presso la stazione ferroviaria di Langfang, l'esercito nipponico inviò un ultimatum al generale Sung Che Yuen, chiedendo l'evacuazione delle truppe da Pechino e dintorni. Il generale Sung oppose resistenza, e il 27 luglio i giapponesi attaccarono sull'asse Pechino-Tiensin. Dopo una resistenza non del tutto soddisfacente la 29ª armata cinese abbandonò Pechino dove l'8 agosto fece il suo ingresso trionfale un reggimento nipponico214. La facile conquista di Pechino non suscitò tra i responsabili giapponesi un eccessivo entusiasmo, in quanto negli ambienti militari di Tokio si prendeva costantemente a sottovalutare ancor più del lecito le capacità belliche cinesi215. Il 21 agosto la Cina strinse con l'Unione Sovietica il patto quinquennale di non aggressione, registrato presso la Società delle Nazioni il 9 settembre successivo, accordo che rappresentò per Chiang Kai-shek un decisivo successo soprattutto per le conseguenti e note forniture militari sovietiche.

Le operazioni belliche dopo la caduta di Pechino si evolvevano intanto a favore dei giapponesi, che il 13 agosto invasero con 10.000 uomini la regione di Shanghai. La resistenza cinese, che si imperniava su tre divisioni, fu però più energica del previsto ed anche nei cieli della città, in una serie di duelli aerei, i bombardieri nipponici privi di scorta subirono

pesanti perdite216. All'inizio di ottobre i giapponesi, nuovamente rinforzati,

avevano disposto attorno a Shanghai circa 200.000 uomini; ciò nonostante

214 Ibidem.

215 A riprova di ciò ricordiamo che il governo Konoye, che aveva dato il benestare all'apertura delle ostilità, era dominato dalla convinzione di poter piegare Chiang Kai-shek entro l'autunno dello stesso 1937 e di poter conseguire per quell'epoca un controllo completo della Cina nord orientale. A. Santoni, Storia generale della guerra in Asia e nel

Pacifico, Il Giappone all’attacco, Pisa, Libreria di Lungarno, 1994, p. 83.

216 La sera del 22 agosto i giapponesi dopo un violento bombardamento navale, sbarcarono la 3ª e l'11ª divisione di fanteria e una brigata del 8ª divisione presso Chwansha, Paoshan e Shihtzelin. Due giorni dopo fu lanciato nella zona un contrattacco cinese, che però non impedì al nemico di rimpossessarsi di Lotien il 29 agosto, nonché di Woosung e di Paoshan alla foce dello Yangtze tra il primo e il sette settembre. A metà di settembre giapponesi concentrarono la 1ª, la 3ª e l'11ª divisione oltre ad aliquote della 6ª, 8ª e 16ª divisione per un totale di 100.000 uomini, attorno alla zona Woosung-Shanghai. Il 30 del mese, dopo una ventina di giorni di guerra di posizione, i cinesi furono costretti ad evacuare la linea Liuhang-Lotien e a ripiegare sull'asse Kwangfu-Lihuo. Ivi, p. 84.

119

il 19 di ottobre i cinesi lanciarono un contrattacco proprio mentre aveva inizio un‘ ennesima offensiva nemica. Lo scontro sanguinosissimo si protrasse fino al 23 ottobre, allorquando le truppe di Chiang Kai-shek dovettero indietreggiare ed evacuare Tachang, conquistata dal nemico due giorni dopo217. Il 5 novembre i giapponesi sbarcarono elementi della 6ª e 18ª divisione a Chuankungting e a Chingshantsu e conquistarono Sungkiang il 9 novembre. Il 12 del mese i difensori ricevettero l'ordine di evacuare tutta la zona di Shanghai che venne così completamente occupata dal nemico. In quella prima dura battaglia della campagna in Cina, combattuta per il possesso di Shanghai, emerse costante superiorità giapponese.

Mentre era in corso la battaglia di Shanghai altri avvenimenti si svolsero in diversi settori dell'immenso territorio cinese. Il 27 agosto le truppe di Chiang Kai-shek evacuarono Kalgan, capitale del Chahar e il 5 settembre la 2ª e 3ª flotta giapponese iniziarono il blocco delle coste della Cina da Chingwangtao a Pakhoi, con l'esclusione però delle acque prospicienti Tsing-tao e le concessioni di terze potenze. Il 14 ottobre cadde Kweisui, capitale del Suiyuan e tre giorni dopo fu conquistata dai giapponesi Paotow, importante nodo ferroviario sulla linea Pechino-Suiyuan.

Il 29 ottobre Tokio costituì nello Shansi settentrionale un governo fantoccio

mongolo, denominato « governo autonomo della Mongolia interna»218.

Nella zona, precisamente sui monti al confine tra lo Shansi e il Chahar, combattevano validamente le unità di Mao Zedong inquadrate nell'8ª armata, in cui cominciava a farsi notare il generale Lin Piao. Nonostante però l'apporto comunista, del resto più efficace sul piano della guerriglia che in campo aperto, le truppe di Chiang Kai-shek dovettero evacuare il 9

217 La caduta di tale importante posizione strategica mise in crisi il fianco dello schieramento cinese nei sobborghi di Shanghai, che fu costretto ad arretrare lungo il corso meridionale del fiume Soochow, coperto alle spalle da un solo battaglione dell'88ª divisione che tenne la sua posizione a Chapei per cinque giorni finché non riuscì a sganciarsi e a riparare nella zona della concessione internazionale della città. Ivi, p. 85.

120

novembre Tayuan, capitale dello Shansi, dopo aver duramente combattuto nei pressi di Sinkow. Frattanto nella zona di Shanghai, dopo l'occupazione di questa città, i giapponesi non davano tregua al nemico e per sfruttare al massimo il successo si spinsero subito ad occidente in direzione della capitale Nanchino, non molto distante.

Con l'approssimarsi dell'offensiva giapponese contro Nanchino, il governo di Chiang Kai-shek evacuò il 20 novembre la capitale, trasferendo il quartiere generale in un primo momento ad Hankow, successivamente a Wuchang, e la sede politica a Chungking nella lontana ed interna provincia del Szechwan. L'attacco alla capitale cinese ebbe inizio il 4 dicembre 1937 ed i giapponesi raggiunsero le difese esterne della città il 12 del mese. Nello stesso giorno velivoli nipponici decollati dalla portaerei Kaga bombardarono e mitragliarono sullo Yangtze la cannoniera americana

Panay presso Hohsien, mentre in quei giorni le piccole unità inglesi Ladybird e Bee furono cannoneggiate presso Wuhu219. Il 13 dicembre Nanchino fu conquistata dagli invasori che tagliarono tutte le comunicazioni tra la città ed il mondo e la saccheggiarono brutalmente per sei settimane. Durante tale periodo i soldati del generale Matsui, comandante in capo delle forze nipponiche nella Cina centrale, incendiarono circa un terzo della città, trucidarono tra i 200.000 e 300.000 civili e militari, rendendosi colpevoli del più orrendo delitto di guerra dei tempi moderni e facendo esclamare perfino ai nazisti tedeschi che l'esercito

giapponese fosse una macchina bestiale220.

Questo eccidio non fu purtroppo che il primo di una lunga serie di misfatti compiuti dall'esercito e dalla polizia militare nipponica in tutti gli scacchieri bellici. Nelle ultime settimane dell'anno i giapponesi dettero vita

219 La cannoniera americana fu affondata insieme a tre cisterne ed in tale occasione soltanto la buona volontà del governo di Washington, che accettò le scuse ufficiali nipponiche e un equo indennizzo, evitò l'allargamento del conflitto. A. Santoni, op. cit., p. 85.

220 I. Chang, Lo stupro di Nanchino : l'olocausto dimenticato della seconda guerra mondiale, Milano, Corbaccio, 2000, pp. 36-82.

121

ad altri due governi fantocci: uno cosiddetto "autonomo" nell'Honan settentrionale, costituito il 27 novembre in quella provincia che pure era in gran parte ancora sotto il controllo cinese, l'altro formato a Pechino il 14 dicembre sotto la denominazione di "governo provvisorio della Repubblica cinese". Quest‘ ultima istituzione venne seguita, il 28 marzo 1938, dal cosiddetto "governo riformato della Repubblica cinese" costituitosi a

Nanchino221. Negli ultimi giorni del 1937, i giapponesi, sempre seguendo la

tattica di "guerra lampo"222, si impadronirono di numerose posizioni strategiche cinesi. Il 24 dicembre cadde Hangchow, capitale del Cekiang e, tre giorni dopo, Tsian, capitale dello Shantung. Infine, il 31 dicembre, anche Tsingtao, importante porto di quest'ultima provincia, fu evacuato dal presidio cinese ed in esso, il 10 gennaio 1938, sbarcarono truppe della fanteria di marina nipponica.Le ostilità in Cina si protrassero per oltre sei mesi senza una formale dichiarazione di guerra e senza neppure che gli ambasciatori dei due paesi belligeranti avessero abbandonato le rispettive rappresentanze. La formale dichiarazione di guerra tra i due paesi avvenne, infatti, soltanto il 9 dicembre 1941. Sul piano militare l'inizio del nuovo anno segnò un'accresciuta attività cinese ed ebbe ampia risonanza, a tal proposito, l'incursione aerea effettuata il 23 febbraio su Formosa, che fu così il primo lembo di territorio ―giapponese‖ ad essere colpito dal nemico. Nello stesso giorno, il comando delle forze nipponiche nella Cina orientale passò dal generale Matsui al generale Hata. Anche sul fronte terrestre crebbe in quel periodo l'aggressività cinese con alcune controffensive nello Shantung e nello Cekiang. L'avanzata nipponica nel settore Nord-orientale fu alla fine bloccata a partire dal 23 marzo a Taierchcwang nel Nord del Kiangsu e a Koulichi e a Lini, dove i cinesi poterono avvalersi per la prima volta di un nutrito appoggio di artiglieria pesante, basata su obici da 150

221 Ivi, p. 86.

122

mm223.Fu questo il periodo in cui l'Unione Sovietica fu preoccupata per la

progressiva spinta al Nord dell‘armata giapponese e per questo motivo dette inizio ad un massiccio invio in Cina, oltre che di consistenti attrezzature belliche, anche di moderni velivoli con i rispettivi equipaggi russi addestrati, così da costituire un'intera squadra aerea composta da sei stormi. Furono proprio i piloti sovietici a causare, con il loro Pilikarpov I-

16, la più cocente sconfitta nipponica sui cieli della Cina224.

Nel maggio 1938 i giapponesi poterono sferrare una nuova offensiva proprio sui confini tra le tre province dello Shantung, dell'Honan, e del Kiangsu, con l'obiettivo di congiungere le armate nipponiche che avevano occupato l'Hopeh con Pechino e Tiensin, alle truppe stanziate nella parte meridionale del Kiangsu che si erano impadronite di Shanghai e di Nanchino. In attesa di riorganizzare le proprie forze nella Cina centro orientale, i giapponesi eseguirono alcune operazioni preliminari lungo il basso corso dello Yangtze, occupando il 12 giugno Anking nell'Anhwei e il 5 luglio Hokow nel Kiangsi settentrionale. Con tempestività la Francia approfittò delle circostanze sfavorevoli a Chiang Kai-shek per impadronirsi il 3 luglio dell'arcipelago cinese Paracel, situato a sud est dell'isola di Hainan225.

A metà luglio ebbe inizio la lunga battaglia per il possesso di Wuchang e della vicina Hankow, città di estrema importanza strategica situata sullo Yangtze nel sud della provincia dell'Hupeh e sede degli organi politico- militare del governo cinese. L'offensiva nipponica fu affidata a quattro colonne, marcianti su altrettante direttrici, composte ciascuna da tre divisioni. Operazioni anfibie furono pertanto condotte dai nipponici a Kiukiang il 23 luglio, nonché a Kangkow e a Sintze il 22 agosto. La

223

A. Santoni, op. cit., p. 87. 224

Questa avvenne sopra la città di Hankow, nel Hupeh, il 29 aprile 1938, allorquando 40 caccia russi di I-16 piombarono su 13 bombardieri bimotori Mitsubishi Ki 21, abbattendo 10 bombardieri e tutti i velivoli di scorta, al prezzo di soli due dei loro. A. Santoni, Il Giappone all’attacco, op. cit., p. 88.

123

pressione giapponese contro Hankow e Wuchang, che erano obiettivi della grande offensiva estiva nipponica, si intensificò negli ultimi giorni di settembre. Lungo lo Yangtze la 6 divisione giapponese avanzò da Anking, nell'Anhwei, fino a Susung e Hwangmei, mentre fallì in quei giorni una controffensiva cinese presso Taihu ai confini con l'Hupeh.Il 27 ottobre, quindi, le truppe nipponiche facevano il loro ingresso ad Hankow e Wuchang e tutte le branche del governo di Chiang Kai-shek si trasferirono definitivamente a Chungking sullo Yangtze, nella provincia del Szechwan. La caduta di Canton il 21 ottobre rappresentò una grave minaccia per gli interessi anglo-franco-americani. La Gran Bretagna infatti registrò l'isolamento del suo possedimento di Hong Kong, mentre la Francia vedeva traboccare l'espansione nipponica fin presso i confini dell'Indocina. Per gli Stati Uniti infine si chiudeva un'altra porta verso la libertà di traffico con la Cina.

Dall‘insieme delle operazioni militari lanciate dai giapponesi nel 1938, risultava evidente che il Quartier Generale Imperiale, di fronte all'enorme estensione della Cina e alla sua inesorabile riserva di uomini, puntava non all'occupazione totale del territorio, ma bensì al controllo dei soli centri maggiori e delle linee di comunicazione, perché l'esercito di Chiang Kai- shek, infatti, aveva bisogno di essere alimentato dai rifornimenti bellici degli alleati. Oltre alle azioni anfibie, i giapponesi provvidero ad eseguire, all'inizio del 1939, un'ardita operazione avente anche scopi politici. Si trattò dell'occupazione dell'isola di Hainan, situata proprio davanti alle spiagge settentrionali dell'Indocina francese. Questo era un gesto ricattatorio da parte di Tokio, con il quale chiedeva a Parigi di interrompere l'invio dei rifornimenti a Chiang Kai-shek attraverso l'Indocina o di rischiare un'invasione della stessa colonia. L'operazione ebbe inizio il 10 febbraio 1939 con lo sbarco di una divisione di fanteria ed i reparti della Marina imperiale in due zone della baia di Tsingmai, nella parte settentrionale di

124

Hainan. Nei tre giorni successivi i giapponesi espressero il loro controllo su tutta la parte nord orientale dell'isola, rastrellando altri 1.000 soldati nemici. Il 14 febbraio venne occupata, nel tardo pomeriggio, anche Aichow, ma tre mesi più tardi, il 12 maggio, le truppe cinesi, completamente accerchiate nei pressi di Tungpeh, anziché sbandarsi, iniziarono un vigoroso contrattacco, spalleggiate da una colonna proveniente da Nanyang. Il successo questa volta arrise ai soldati di Chiang Kai-shek, che conquistarono Sinyeh e Tangho il 13 e il 14 maggio e Tsaoyang il 17 del mese226.

Nel 1939, tuttavia, e per qualche anno ancora, furono i velivoli nipponici a seminare la distruzione sulle città nemiche. In particolare tre bombardamenti aerei di estrema durezza colpirono il 3, il 4 e il 12 maggio la città di Chungking, capitale d'emergenza del governo di Chiang Kai-

shek, causando più di 10.000 vittime227. Il 17 settembre i giapponesi dettero

inizio ad una nuova offensiva, questa volta contro Changsha, capitale dell'Hunan. L'Hunan era allora una provincia particolare, ricca di risorse naturali, con buone vie di comunicazione sia stradali che fluviali e, grazie alla sua posizione, rappresentava strategicamente il fulcro difensivo dell'intera Cina sud orientale. Il 29 settembre avanguardie nipponiche raggiunsero la periferia di Changsha, ma, dal 2 ottobre, violenti contrattacchi cinesi respinsero nuovamente il nemico. Durissimi combattimenti si svolsero per il possesso di Kunlunkwan, di Kiutang e di Takaofengau, riconquistate dai cinesi il 18 e il 19 dicembre e perdute nuovamente il 20 dicembre. Un‘ulteriore controffensiva rese però possibile, per le truppe di Chiang Kai-shek, di impadronirsi un'altra volta delle due

città, il 31 dicembre 1939 e il 4 gennaio 1940228.

226 A. Santoni, op. cit., p. 91. 227 Ivi, p. 93.

125

Nel documento Cina e Giappone dal 1895 al 1945 (pagine 114-123)