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La crisi coreana e l‘inizio della guerra sino-giapponese

Nel documento Cina e Giappone dal 1895 al 1945 (pagine 35-46)

La prima guerra sino-giapponese (1894-1895)

II.1. La crisi coreana e l‘inizio della guerra sino-giapponese

Durante gli allarmi provocati dalla crisi dell'Ili e dai combattimenti nel Tonchino, Li Hungchang aveva tenuto gli occhi aperti sul pericolo più immediato per la Cina del Nord, la crescente potenza giapponese, specialmente in Corea. A partire dagli anni ‗70, l'influenza del Giappone in questa zona cominciò a competere con quella della Cina, sgretolando le

fondamenta del sistema del tributo71. L'apertura della Corea, che avvenne in

questo periodo, pose la diplomazia Qing di fronte a tutta una serie di crisi e produsse mutamenti rivoluzionari per lo Stato e la popolazione coreana. Il "regno eremita" non soltanto fu il primo tra i tributari di Pechino, ma fu anche l'ultimo degli antichi regni dell'Asia orientale a essere aperto al contatto occidentale. Il commercio giapponese continuò a Pusan su basi ridotte, più o meno come il traffico olandese a Nagasaki. Per il resto, la chiusura della Corea fino alla metà del XIX secolo fu più rigida di quella

71 La Corea, le isole Liuqiu, l'Annam, il Laos, la Tailandia, la Birmania e altri stati periferici, prendevano parte a ciò che era descritto come sistema tributario, un accordo reciproco che offriva sicuri benefici agli stati tributari, i quali in cambio confermavano la posizione di preminenza della Cina. La Corea mandava un omaggio annuale, il Liuquie e l'Annam lo facevano ogni due anni, mentre soltanto la Birmania e il Laos ogni dieci anni. La prassi relativa all'invio di una missione tributaria può essere illustrata facendo riferimento alla Corea, il "tributario modello". La spedizione di una di esse costituiva un'impresa importante, dal momento che era composta da circa 30 membri e un gran numero di servitori, in tutto dalle 200 alle 300 persone. Il viaggio prendeva dai 40 ai 60 giorni e il gruppo restava a Pechino fino a due mesi. La missione portava con sé un tributo essenzialmente sotto forma di carta e prodotti tessili valutati ben al di sopra di 100.000 tael di rame. Esso era formalmente presentato all'imperatore in una cerimonia durante la quale gli inviati dovevano eseguire il kotow, le tre genuflessioni e le nove battiture del capo rituali. In risposta alla missione erano offerti doni e ai mercanti che l'avevano accompagnata era permesso esercitare il commercio. Ciò nondimeno, lo scambio lasciava alla Corea con una netta perdita economica. J. A. G. op. cit., p. 312.

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del Giappone, dato che la Corea si appoggiava all‘Impero di Mezzo, come

un fratello minore al maggiore72, per qualsiasi rapporto con l'estero, anche

se poi il confine sino-coreano veniva mantenuto ermeticamente chiuso. Il rituale tributo annuo, offerto a Pechino al ministero dei riti, fu fino agli anni ‗70 del XIX secolo il solo contatto legittimo della Corea con l'estero, eccezione fatta per occasionali missioni diplomatiche presso lo shogun a Edo. Nel 1875, una pattuglia giapponese, sbarcata dalle navi da guerra che pattugliavano la costa coreana, fu attaccata. Il governo di Tokio era ancora contrario a un‘invasione della Corea, ma si decise a sfruttare l'incidente usandolo come pretesto per emulare il commodoro Perry e «aprire» la Corea pacificamente con moderate richieste commerciali accompagnate da una dimostrazione di superiorità militare. Lo Tsungli Yamen e Li Hungchang, avvicinati dall'inviato giapponese, insistettero sulla vecchia concezione sinocentrica della signoria morale ma inattiva su uno stato tributario: «Sebbene la Corea sia uno Stato dipendente, essa non è un possedimento territoriale della Cina; quindi, nella sua politica interna e

esterna è autonoma»73. Alla fine, i coreani consigliarono alla Cina di

negoziare con il Giappone. Le navi da guerra e da trasporto giapponesi che gettarono l‘ancora al largo di Inchon al Nord di Seul, ottennero nel febbraio 1876 un trattato ineguale modellato sui trattati degli occidentali con la Cina

e il Giappone74. Esso apriva tre porti al commercio giapponese, Pusan,

Inchon, e Wonsan, e dichiarava la Corea ―Stato indipendente‖. Questa rivoluzione nei rapporti, tradizionalmente limitati, tra Corea e Giappone sollevò un problema concreto: quando e come la Corea sarebbe stata aperta

all'Occidente75. Dal 1880 le relazioni della Cina con la Corea cessarono di

72 J. -K. Fairbank, E. –O. Reischauer, A. –M. Craig, op. cit., pp. 441-442. 73 Ivi, p. 443.

74 W. G. Beasley, op. cit., p. 200. 75

Il trattato rese possibile l‘inizio della stabilizzazione dell‘influenza Giapponese in Corea, in parte incoraggiata da una fazione pro-giapponese a Seul e dall‘altra parte inviando degli giovani coreani in Giappone per ricevere una educazione e formazione moderna. W. G. Beasley, Japanese Imperialism 1894 – 1945, Great Britain, Oxford University Press, 1987, pp. 43-44.

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essere di competenza del ministero dei riti, che aveva tradizionalmente regolato i rapporti tributari, e furono affidate a Li Hungchang, che con consiglieri britannici e cinesi stava elaborando una linea politica attiva e generale. Anzitutto, egli sperava di proteggere la Corea dall'assorbimento giapponese o russo, inserendola nel sistema dei trattati riconosciuto da tutte le potenze mercantili, la cui attività commerciale avrebbe portato alla costituzione di interessi favorevoli all'indipendenza del paese. In secondo luogo, Li sperava, mediante l'intervento cinese negli affari interni della

Corea, di favorire un programma di riforme e di «auto rafforzamento»76

parallelo allo sviluppo della potenza navale e militare della Cina. Questa politica riconosceva che l'isolamento della Corea era terminato e che la modernizzazione doveva essere attuata, ma sperava di vedere la Corea modernizzarsi sotto la tutela della Cina, in modo da respingere ogni dominazione straniera. La nuova politica fu applicata quando un ufficiale della marina degli Stati Uniti, seguendo ancora una volta la tradizione di Perry, tentò di negoziare un trattato, prima tramite il Giappone senza riuscirvi, poi, questa volta con successo, mediante Li Hungchang a Tientsin nel 188177. Li negoziò per conto della Corea, ma non riuscì a far inserire nel trattato una clausola che la definisse «stato dipendente dall'impero cinese». Il trattato riconobbe, al contrario l'indipendenza della Corea78. Anche gli accordi sottoscritti, nel 1883-1886, con le altre potenze occidentali, riconobbero l'indipendenza coreana, sebbene soltanto gli Stati Uniti e il Giappone aprissero legazioni a Seul non dipendenti dalle loro ambasciate in Cina79. In realtà, il diritto internazionale occidentale, che prevedeva trattati tra Stati sovrani, non si accordava con il tradizionale tipo di signoria cinese nel quadro del sistema del tributo. L'unica alternativa

76 J. -K. Fairbank, E. –O. Reischauer, A. –M. Craig, op. cit., p. 444. 77

Lawrence H. Battistini, The Korean Problem in the Nineteenth Century, Monumenta Nipponica, Vol. 8, No. 1/2 (1952), pp. 51-53.

78 Ibidem. 79 Ivi, pp. 58-59.

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della Cina era un intervento attivo oppure l'abbandono della Corea al suo destino, magari lasciando che alla fine essa fosse occupata dal Giappone o dalla Russia. All'inizio degli anni ‗80 la più grave minaccia agli interessi della Cina e della Corea sembrò venire dalla Russia, che era anche la potenza più temuta dall'Inghilterra. Ma col passare del tempo la rivalità principale per il dominio della Corea fu quella tra Cina e Giappone. Sulle prime la Cina, con l'incoraggiamento degli inglesi, sembrò avere la meglio nella competizione. Ma, avviata la modernizzazione in Corea, i riformatori più radicali videro la possibilità di progresso nell'orbita giapponese, poiché il Giappone si stava sviluppando molto più radicalmente della Cina. Le lotte interne coreane tra conservatori e riformatori furono influenzate dai progressi della modernizzazione presso i due grandi vicini. L'intervento della Cina negli affari interni della Corea fu accelerato da una insurrezione conservatrice antistraniera, scoppiata a Seul nell'estate 1882, durante la quale la folla attaccò la legazione giapponese. Inviarono truppe sia il Giappone che la Cina, ma quest'ultima impegnò un maggior numero di

uomini80. Il Giappone fu placato da una indennità coreana, esso cercò allora

di sviluppare rapporti commerciali preferenziali tra Cina e Corea, nominò consiglieri e dominò il governo e la politica coreana. Tuttavia, il contatto straniero, come la missione coreana negli Stati Uniti nel 1883, incoraggiò inevitabilmente le riforme e quindi i riformatori filo-giapponesi. Nel 1884, Kim Okyun, Pak Yong-hyo e altri organizzarono un colpo di Stato, assassinarono i conservatori filo-cinesi più in vista e sequestrarono il re81. Ma un energico giovane comandante cinese, Yuan Shikai, batté le guardie della legazione giapponese e liberò il re. Kim e Pak fuggirono chiedendo asilo al Giappone. La crisi fu ricomposta nel 1885 quando Li e Ito Hirobumi negoziarono a Tientsin la convenzione Li-Ito, un accordo di mutua astensione col quale i due paesi si impegnavano a ritirare le truppe e

80 Lawrence H. Battistini. op. cit., pp. 54-55. 81 J. A. G. op. cit., p. 387.

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i consiglieri militari dalla Corea e, in caso di disordini, ad avvertire l'altra parte prima di inviare nuovamente reparti armati82. Dopo il 1885 sembrò che la posizione cinese in Corea, con Yuan Shikai, stesse in generale migliorando, ma a posteriori è evidente che non fu così. Per tutti gli anni ‗80 del 1800 l'efficienza delle forze armate giapponesi era molto aumentata ed erano stati individuati nuovi obiettivi strategici. Nel 1891 la Russia, che per 30 anni era stata inerte riguardo ai suoi interessi asiatici, cominciò a costruire la ferrovia Transiberiana83. Allo stesso tempo l'importanza della Corea come mercato per i prodotti tessili giapponesi incominciò ad aumentare notevolmente.

Lo scoppio della ribellione interna in Corea fornì l'occasione, nel 189484, per l'intervento giapponese, che provocò le ostilità tra Cina e Giappone. Nella successione degli eventi l'opinione giapponese fu particolarmente impressionata dallo spettacolare assassinio di Kim Okyon, uno dei capi coreani filo-giapponesi che avevano diretto il colpo di stato del 1884. Egli

fu attirato a Shangai all'inizio del 1894 e ucciso da un coreano filo-cinese85.

Il suo corpo fu trasportato su una nave da guerra cinese a Seul e qui

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Il trattato di Tientsin fu firmato nello stesso anno in cui si concluse la conferenza di Berlino. La sistemazione dell‘Africa sanzionata dalla conferenza liberò un insieme di energie imperialiste, che cominciarono a convergere sulla Corea. Questo paese diventò non soltanto il centro della rivalità sino-giapponese, ma anche un‘area importante della rivalità anglo-russa. La Corea fu anche il primo territorio asiatico nel quale si manifestò una spinta espansiva americana. J. Halliday, op. cit., pp. 133-134.

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J. A. G. op. cit., p. 387. 84

Negli anni ‗60 lo Stato coreano dovette affrontare una sfida su due fronti, interno e estero, come già era accaduto alla Cina e al Vietnam pochi anni prima. Sul fronte interno, una ribellione su vasta scala, a base contadina e guidata da una setta religiosa, scoppiò nella Corea sudorientale nel 1862 - 1863; fu la rivolta più grave nell'arco di parecchi secoli. Sebbene fosse anzitutto una protesta contro la povertà e il malgoverno degli yangban, questa insurrezione fu anche ispirata dalle sconvolgenti notizie della ribellione dei Taiping e dell'invasione straniera in Cina. L'obiettivo delle riforme era di rimettere adeguatamente in funzione i tradizionali "tre sistemi" coreani dell'imposta fondiaria, dei sussidi di cereali e del servizio militare, ormai completamente corrotti. Paradossalmente, durante il periodo dell'influenza cinese a Seul, dal 1882 al 1894, fu principalmente il contatto con il Giappone a familiarizzare i sempre più numerosi patrioti con le idee occidentali del nazionalismo e della riforma. Liberali giapponesi, come Fukuzawa Yukichi, che fu consigliere dei giovani riformatori Kim Okyon e Pak Yonghyo all'inizio degli anni ‗80, pensavano che il Giappone potesse inaugurare un'epoca nuova in Corea, svolgendo una funzione simile a quella che gli Stati Uniti avevano avuto in Giappone. Comunque, una cosa era eliminare l'influenza cinese e dichiarare la Corea indipendente un'altra mettere il governo coreano sulla via di una modernizzazione di tipo giapponese. J. -K. Fairbank, E. –O. Reischauer, A. –M. Craig,

op. cit., pp.544-549.

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squartato ed esposto in diverse parti del regno. Quando il re coreano chiese l'aiuto cinese contro i ribelli, la Cina rispose con l'invio di una piccola forza. Il Giappone, rifiutando di riconoscere le pretese di signoria della Cina, invocò allora la convenzione Li-Ito del 1885 e inviò numerose truppe in Corea. L'opinione cinese fu a sua volta impressionata dall'affondamento da parte dei giapponesi del piroscafo inglese Kowshing, che trasportava rinforzi cinesi. Quando il Giappone chiese ampie riforme in Corea sotto la sovrintendenza sino-giapponese, il che avrebbe portato a una dominazione giapponese, la Cina rifiutò. I giapponesi esercitarono allora pressioni sulla corte conservatrice coreana, ma senza risultati, e alla fine riuscirono a controllarla e a far dichiarare guerra alla Cina con l‘aiuto del reggente coreano. Yuan Shikai, il residente cinese, fuggì. La Cina e il Giappone si

dichiararono guerra il 1 agosto 189486. L'Inghilterra, non essendo riuscita a

provocare un intervento delle grandi potenze per impedire il conflitto, si accordò per mantenere Shanghai e l'area dello Yangtze neutrale sotto la protezione navale britannica. Le ostilità che seguirono furono il primo vero banco di prova dei tentativi di occidentalizzazione militare che la Cina e il Giappone avevano compiuto nel corso di una intera generazione. Tutti pensavano che l‘Impero cinese avrebbe vinto facilmente grazie alla sua vastità. Sulla carta l‘Impero Qing, che contava circa sessantacinque navi da guerra divise tra le sue quattro flotte, sembrava più forte del Giappone, che aveva una flotta di solo trentadue grandi navi. La differenza cruciale tuttavia, stava nella qualità, poiché la flotta giapponese era meglio addestrata di quella cinese, moderna ed aveva imparato tanto dall‘addestramento degli inglesi. Il Giappone entrò in guerra con l'obiettivo di dichiarare la Corea "indipendente" dalla Cina, ma senza la totale convinzione che la Cina sarebbe stata sconfitta. In meno di due mesi, però, lo scetticismo sulla vittoria finale di Tokyo era dissipato del tutto. Quando

86 J. A. G. op. cit., p. 388.

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l'esercito giapponese occupò Pyongyang il 16 settembre e iniziò la sua ascesa verso il fiume Yalu all'inseguimento delle truppe cinesi che erano crollate, si realizzò che il Giappone fosse più forte di quello che si

pensasse87. Anche la Marina segnò una vittoria impressionante, nella

battaglia del Mar Giallo il 17 settembre, infliggendo gravi danni ai cinesi e alla flotta Peiyang88. Il governo giapponese euforico per la vittoria, non considerava più "l'indipendenza della Corea", come una condizione sufficiente per la pace, ma decise di espandere la guerra con lo scopo di conquistare alcuni territori cinesi. Il primo segnale di interesse giapponese in Cina si osservò all'inizio di ottobre. L'8 dello stesso mese, il Ministro degli Esteri Mutsu ricevette una proposta da Le Poer Trench , Ministro britannico a Tokyo, chiedendo se il governo giapponese avesse accettato come condizioni della pace l'indipendenza della Corea che veniva garantita dalle potenze e un'indennità dal Giappone per le spese della guerra. Anche se Mutsu non prese in considerazione l'offerta, trasmise questa proposta al premier Ito, che allora si trovava a Hiroshima. Mutsu dichiarò che era ancora presto per parlare di colloqui di pace perché considerava che i tempi non fossero ancora maturi per i colloqui di pace, il governo doveva trovare ed avere un piano preciso per le condizioni di pace. Egli suggerì tre proposte alternative per porre fine alla guerra.

La prima proposta consisteva:89

1) i cinesi dovevano riconoscere l'indipendenza della Corea, e la cessione della Penisola di Liaotung;

2) un indennizzo di un importo non specificato;

87 Edward I-te Chen, Japan's Decision to Annex Taiwan: A Study of Ito-Mutsu Diplomacy, 1894-95, The Journal of Asian Studies, Vol. 37, No. 1 (Nov., 1977), pp. 61-72.

88 Disposta su due colonne, essa circondò le corazzate della flotta del Peiyang, che procedevano come la cavalleria, affiancate; dopo una azione di quattro ore, quattro vascelli cinesi furono affondati, quattro presero il largo e quattro rimasero sul teatro dello scontro. La flotta giapponese si ritirò intatta e dominatrice delle acque cinesi. J. -K. Fairbank, E. –O. Reischauer, A. –M. Craig, op. cit., p. 451.

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3) un trattato commerciale basato sugli stessi principi che la Cina aveva concluso con le potenze europee.

La seconda proposta:90

1) una garanzia internazionale per il riconoscimento dell'indipendenza Coreana;

2) la cessione di Taiwan;

3) tutte le altre condizioni incluse nella prima proposta.

La terza proposta consisteva sul: sapere i termini cinesi prima e poi

scoprire l'intenzione giapponese91. Secondo il ministro degli Esteri

giapponese, la cessione della Penisola di Liaotung era necessaria solo nel momento in cui il Giappone avesse richiesto alla Cina il riconoscimento dell'indipendenza della Corea. In questo caso il controllo della penisola sarebbe servita a garantire la non-ingerenza della Cina negli affari della Corea. Se, d'altra parte, il Giappone avesse ricevuto una garanzia internazionale dell‘indipendenza coreana, la cessione non era né necessaria né giustificabile. Mutsu affermò che la cessione di Taiwan avrebbe dovuto invece essere richiesta. Oltre ad essere la prima prova dell‘interesse giapponese in territorio cinese, le proposte di cui sopra erano significative per altri due motivi. Per prima cosa, nella prima fase della guerra, il concetto di ottenere sia Liaotung che Taiwan non entrava nelle considerazioni del governo giapponese. In secondo luogo, tra i due territori in questione, Liaotung era evidentemente considerato più importante di Taiwan per la sua vicinanza alla Corea. Il Premier Ito riferì come sua favorita la prima proposta, ma istruì Mutsu a non divulgare le condizioni di pace fino al momento più opportuno. Nel frattempo, la guerra procedeva in

90 Edward I-te Chen, op. cit., pp. 63-64. 91 Ivi, pp. 61-72.

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netto vantaggio per le forze giapponesi. Alla fine di ottobre, l'esercito giapponese aveva portato le truppe cinesi fuori dai confini coreani e aveva cominciato a conquistare una serie di città importanti in Cina al di là del fiume Yalu. Il 21 novembre, la Seconda armata, comandata da Oyama Iwao, si impossessò di Port Arthur, assicurando così un approccio vitale

nelle acque della provincia di Zhili. Nel dicembre del 1894 Ito ordinò

all‘esercito di fermare la sua marcia verso Pechino e iniziare la

preparazione per un attacco a Weihaiwei e Taiwan92.

La nuova strategia di Ito avrebbe portato l‘esercito sul fronte, ma doveva essere attuata prima che la Cina chiedesse la pace. Egli ebbe già delle indicazioni che il governo cinese stava cercando di proporre i negoziati di pace, per questo anticipò l‘attacco alle isole Penghu iniziato a meta febbraio, dando tempo all‘Esercito e alla Marina di organizzare un convoglio. L‘invasione delle isole Penghu non sarebbe stata lanciata prima dell‘ occupazione di Waihaiwei. Pechino tramite i suoi buoni rapporti con gli uffici degli Stati Uniti a Tokio informò il Giappone che a fine dicembre avrebbe mandato due rappresentanti Chang Yin-heng e Shao Yu-lien a

Hiroshima per negoziare la pace93. Ito decise di tenere a bada i negoziati di

pace e dall‘altra parte incaricò Mutsu di redigere un trattato di pace, che successivamente fu approvato dalla conferenza imperiale il 21 gennaio 1895. Quando i rappresentati cinesi arrivarono a Hiroshima il 31 gennaio 1895, Ito ricorse a tattiche dilatorie. Prima chiese di vedere le credenziali dei rappresentati cinesi poi non trovando nulla di scritto nei documenti cinesi, respinse le credenziali come non valide sospettando che i cinesi fossero interessati a verificare le condizioni di pace giapponesi e poi trasmetterle a Pechino. Ito chiese ai cinesi di lasciare il Giappone subito e chiedendo al governo cinese di mandare un uomo di posizione elevata, pari al suo incarico, con piena autorizzazione di cedere dei territori. In queste

92 Ivi, p. 64.

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condizioni sarebbe stato felice di negoziare un trattato di pace. Guadagnato il tempo, Ito stimolò l‘Esercito e la Marina a compiere velocemente la ―Strategia del Sud‖. Quando il nuovo Negoziatore di pace cinese, Li Hung- chang arrivò a Shimonoseki il 19 marzo, il Giappone aveva già occupato Weihaiwei e una flotta giapponese che trasportava 6.000 soldati aveva raggiunto le vicinanze delle isole Penghu, aspettando l‘ordine di attaccare. L‘occupazione delle Penghu fu completata il 26 marzo 1895, mentre le trattative per la pace erano in corso94.

Ito decise di mantenere la pressione militare sulla Cina fino al momento in cui Li fu pronto a firmare il trattato di pace. Questo significava che i negoziati di pace avrebbero dovuto essere condotti senza una tregua. Come previsto da Ito, comunque, Li chiese un immediato cessate il fuoco al loro

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