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L‘insurrezione dei Boxer

Nel documento Cina e Giappone dal 1895 al 1945 (pagine 65-76)

Le rivolte popolari e la nascita della Repubblica Cinese

III.2. L‘insurrezione dei Boxer

Le riforme radicali del 1898 erano state il frutto dello sforzo immenso, compiuto da parte di intellettuali cinesi al vertice della classe dominante, per tenere a bada e rispondere alla minaccia straniera con la modernizzazione dell‘intero governo Qing. Dopo il fallimento di tale iniziativa la palla passò all‘ala opposta della classe dominante, formata da principi manciù ultraconservatori che ritenevano ingenuamente di poter salvare la dinastia cacciando gli stranieri dalla Cina. Il movimento dei Boxer ebbe la sua origine nella provincia di Shandong. Questa società segreta, chiamata I-ho ch’uan era una derivazione della ribelle Società degli Otto Trigrammi (Pa-Kua chiao) della fine del XVIII secolo, vagamente affiliata all‘antidinastica Società del Loto Bianco, nella Cina del Nord137. Il movimento dei Boxer discendeva dall‘antica tradizione della ribellione popolare contro la dinastia Qing. A questo obiettivo anti dinastico si aggiunse l‘esterofobia, e l‘origine dello slogan, all‘inizio del 1899, «Rovesciare i Qing; distruggere lo straniero»138. Nell‘autunno del 1899, tuttavia, il motivo anti dinastico si trasformò in motivo filo dinastico

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Decreti imperiali l‘avevano scoperta e ne avevano ordinato la soppressione all'inizio del 19º secolo, ma essa era sopravvissuta clandestinamente nello Shandong e Zhili. Il nome I-ho ch'uan, rozzamente tradotto dagli occidentali con l'espressione «Pugni virtuosi e armoniosi», o più semplicemente con «Boxer», indicava che la società, sotto il nome di rettitudine e armonia (I-ho), praticava, in una sua forma particolare, il cosiddetto pugilato cinese (Ch'uan). Esso derivava dall'antica arte militare (wu- shu) callistenica, che attraverso una serie di posizioni e esercizi, mirava ad armonizzare la mente e i muscoli in preparazione del combattimento. Il boxeur sviluppò un'arte magica utilizzando la stregoneria taoista e un rituale prescritto; i membri recitavano tre volte un incantesimo, respiravano a denti serrati e, con la bava alla bocca, erano posseduti dagli spiriti. Questo dava loro poteri soprannaturali grazie all'aiuto di divinità buddiste e taoiste che li rendevano felicemente invulnerabili alle pallottole straniere. Come altre società segrete tradizionali, i boxer si richiamavano quindi all'idea di un intervento soprannaturale nelle cose umane. Essi trovarono il loro eroe nello stesso folclore cinese che aveva ispirato il teatro e i romanzi. Le loro divinità erano semi-immaginarie, semistoriche, personaggi letterari che figuravano in romanzi quali Shui hu chuan, Tutti gli uomini sono fratelli, o come il cosiddetto «dio della guerra» dal romanzo dei tre regni. J. -K. Fairbank, E. –O. Reischauer, A. –M. Craig, op. cit., p. 465.

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e la frase cambiò: «Appoggiare i Qing; distruggere lo straniero» (fu-Qing

mieh-yang)139. La dinastia non fu più il loro bersaglio, ma il nuovo ordine in Cina era contro lo straniero, a cominciare dai missionari occidentali e particolarmente dai cristiani cinesi che essi avevano convertito. I Boxer diffusero nei villaggi della Cina del Nord il fondamento anti cristiano che era evidente nei loro proclami. L'improvviso sviluppo del movimento dei Boxer fu agevolato dalle condizioni economiche e politiche esistenti. Inondazioni del Fiume Giallo avevano provocato diffuse carestie nello Shandong nel 1898. La Cina del Nord in generale era colpita dalla siccità. Molti vagavano mendicando nelle campagne. L'importazione di petrolio e di articoli di cotone stranieri produsse una certa depressione nelle industrie locali, mentre i progetti di nuove costruzioni ferroviarie sembravano minacciare l‘esistenza dei carrettieri e dei battellieri dei canali. La crescente minaccia straniera si era concretizzata con l'occupazione tedesca, nel 1897, di una zona dello Shandong. In tutto l'impero, il succedersi delle intrusioni straniere in territorio cinese aveva diffuso la paura dello «Smembramento della Cina»140. La fine degli anni ‗90 vide infatti disordini, tumulti, banditismo e insurrezioni locali in tutte le diciotto province. L'insurrezione dei Boxer fu una risposta, nella forma di un'azione diretta, all‘ approfondirsi della crisi che influenzava l'esistenza di tutto il popolo cinese. Gli stessi Boxer venivano dalla classe contadina, ma i loro capi locali appartenevano presumibilmente a quel gruppo intermedio di coloro ai quali erano stati espropriati i terreni e di delusi, che comprendevano monaci, piccoli mercanti, indovini, vagabondi di ogni genere, che avevano di solito capeggiato le cause ribelli. Comunque sia la maggior parte dei membri era costituito in gran parte da adolescenti. Verso la fine del 1898 e gli inizi del 1899 i Boxer vennero appoggiati dai funzionari della dinastia sia a livello

139Ivi, pp. 118-119.

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locale che al vertice141. L'alleanza tra i funzionari anti stranieri e i Boxer filo dinastici cominciò a delinearsi precisamente nell'autunno 1898, dopo che le truppe governative ebbero sconfitto e catturato alcuni dei ribelli Boxer anti dinastici nello Shandong. Il governatore, un manciù di nome Yuhsien nominato nel marzo 1899, li perdonò e incoraggiò i loro attacchi contro gli stranieri, arruolando bande di Boxer nelle milizie locali142. La pressione e le richieste minacciose dei diplomatici stranieri sulle vicende che stavano succedendo e le richieste per spingere il governo a fermare i Boxer furono interpretati dai conservatori come un‘ulteriore aggressione verso la Cina. Nondimeno, queste pressioni ebbero per effetto la rimozione di Yuhsien dalla carica di governatore dello Shandong nel dicembre 1899. Venne sostituito da Yuan Shikai, che intraprese un‘azione generale contro i

Boxer con mezzi tradizionali143. Yuan era preparato per queste insurrezioni

perché aveva combattuto quella contro i Tonghak in Corea. Egli pose fuori legge il movimento dei Boxer è stabilì una catena di responsabilità che andava dai funzionari cinesi locali, attraverso i capi dei villaggi, ai vicini, ai padri, ai primogeniti; tutti dovevano riferire sull'attività dei Boxer e opporsi a essa nelle loro reciproche sfere, oppure subire le più severe punizioni. Inoltre, egli ordinò ai missionari stranieri di non uscire per le strade e di non raccogliere provocazioni. Oltre a impiegare questi metodi, egli disse alle truppe governative di reagire con molta energia, infatti esse ebbero l'ordine di sparare a vista sui Boxer. Yuan riuscì a frenare il movimento nello Shandong, dimostrando che il suo sviluppo dipendeva in gran parte dalla tolleranza, se non dalla protezione, dei funzionari.

141141D. Twitchett, J. –K. Fairbank, op. cit., pp. 116-117.

142 I capi della società abbandonarono gradualmente la tradizione antidinastica. Le loro unità di base, nei villaggi, usarono sempre più il termine «milizia» (t’uan) e cosi gli I-ho ch’uan furono ben presto chiamati anche I-ho t’uan «milizia retta e armoniosa», nome che aveva un suono semi ufficiale. Tutto ciò spinse alcuni osservatori in seguito a credere che l'organizzazione dei boxer fosse essenzialmente un corpo di milizie regolari costituite dal governo. J. -K. Fairbank, E. –O. Reischauer, A. –M. Craig, op. cit., p. 469.

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Dopo la repressione feroce ed efficace della campagna di Yuan nello Shandong, il movimento dei Boxer si spostò verso la provincia di Zhili. In questa provincia, nel corso dei primi cinque mesi del 1900, bande di centinaia e anche di migliaia di Boxer dilagarono nelle campagne incendiando le missioni e massacrando cristiani cinesi, con l'evidente tacito consenso della corte. A partire dall'aprile 1899, i più eminenti principi manciù sembrarono aver gradualmente convinto l'imperatrice vedova della effettiva invulnerabilità magica dei boxer e quindi vi era, ora, la possibilità che il flagello straniero dal Regno del Centro venisse eliminato una volta per tutte. Il corpo diplomatico, confidando nella superiorità occidentale, capì lentamente che l'Imperatrice vedova, dopo aver fatto rispettare per decenni i privilegi stranieri stabiliti dai trattati ineguali, si stava infine preparando a dare mano libera al movimento popolare permettendo di sfidare l'Occidente con la forza. Nel marzo del 1900, Yuhsien ritornò al lavoro e fu nominato governatore dello Shansi. Alla fine di maggio bande di Boxer sparsero il terrore nelle campagne intorno a Pechino, ma l'esplosione finale fu accelerata da ambo le parti. Allarmati dai missionari presi dal panico, avendo visto assassinare i loro convertiti, i diplomatici conclusero che i Boxer dovevano essere affrontati con la forza. Concentrarono quindi 17 vascelli al largo di Tientsin e, il 3

giugno inviarono un contingente di 426 uomini alle legazioni di Pechino144.

I Boxer attaccarono le truppe imperiali lungo la ferrovia e la corte biasimò il generale che comandava per aver ordinato il fuoco contro di essi, e la ferrovia per Tientsin venne completamente distrutta. Il 10 luglio, una spedizione internazionale di soccorso, formata da duemilacentoventinove soldati e ufficiali delle otto potenze partirono dalla stazione di Tientsin per

proteggere le legazioni di Pechino145. Al comando della spedizione c'era Sir

Edward Seymour, ammiraglio di Sua Maestà Britannica. Seymour aveva

144 A. Màdaro, La Rivolta dei Boxer: Pechino 1900, Quinto di Treviso, Europrint, 2001, p. 114. 145 Ivi, p. 116.

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servito con il grado di guardia marina nelle forze alleate anglo-francesi che quarant'anni prima avevano occupato i forti di Taku e avevano marciato su

Pechino, dunque era un veterano della Cina146. Nello stesso giorno il

principe Tuan, favorevole ai Boxer, fu nominato capo dello Tsungli

Yamen147. Il 13 giugno, le forze dei Boxer entrarono a Pechino,

massacrarono i cristiani cinesi e incendiarono gli stabilimenti stranieri situati al di fuori della legazione.148

Il 14 giugno, i Boxer irruppero a Tientsin e assediarono gli stabilimenti stranieri, nello stesso giorno la Legazione ricevette notizie dall'ammiraglio Seymour. La colonna era ferma a Langfan e il treno non poteva proseguire

perché i Boxer avevano danneggiato il ponte di ferro di Yangtsun149.

L'argomentazione dell'imperatrice vedova per quello che stava succedendo fu: «La Cina è debole. L'unica cosa sulla quale possiamo fare affidamento é il cuore del popolo. Se lo perdiamo come potremo salvare il nostro paese?»150. In questa situazione critica, il 17 giugno i manciù della corte favorevoli ai Boxer riferirono all'imperatrice vedova che le potenze straniere avevano chiesto il suo ritiro per il ritorno dell'imperatore. Questo stratagemma spinse Cixi a passare definitivamente dalla parte degli estremisti e ad aver fiducia in loro. L'imperatrice invitò allora i ministri stranieri a lasciare Pechino nelle ventiquattro ore successive, garantendo

146

Ivi, p. 117. 147

Ivi, p. 128.

148 Circa 2.000 boxer tentano di circondare, nei pressi di Lanfang, una pattuglia di 16 inglesi comandati dal maggiore Johnston, la quale precedeva di due miglia il convoglio con le truppe internazionali. La pattuglia abilmente retrocesse e portò i Boxer all'arresto della truppa: ne nacque un conflitto a fuoco. Caddero 60 boxer, nessun morto tra gli europei. Intanto sulla via delle legazioni apparve in carne e ossa un vero boxeur seduto su una carretta. Ostentava un coltello che affilava sullo stivale di cuoio. Il ministro tedesco von Ketteler lo raggiunse e lo picchiò con il suo bastone da passeggio, questi scappò ma nella carretta restò un ragazzo di forse 13 o 14 anni, anch'egli Boxeur. Von Ketteler lo percosse selvaggiamente e lo trascinò sanguinante nella legazione tedesca, tenendolo prigioniero. Il fatto suscitò grande clamore e un'ondata di Boxer irruppe nella Città Tartara attraverso Ha Ta Men bastonando e pugnalando la gente e saccheggiando case e negozi. Durante la notte i fuochi degli incendi illuminarono buona parte di Pechino, venne incendiata la grande cattedrale dell'est, Tung Tang, e il parroco francese vi morì tra le fiamme insieme a moltissimi cristiani. Questi ricordi vengono trasmessi nel libro di Adriano Màdaro da parte dei funzionari italiani nella legazione di Pechino. Ibidem.

149 Ivi, pp. 132-133.

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loro la sicurezza fino a Tientsin. Lo stesso 17 giugno, gli ammiragli stranieri attaccarono e conquistarono i forti di Taku lungo la costa, per rendere nuovamente possibile l'accesso a Tientsin dal mare, una distanza di

35 miglia su strada o ferrovia151. Il giorno dopo, la colonna di soccorso di

Seymour, ostacolata da bande di Boxer fu frenata dalla demolizione della ferrovia, fu attaccata per la prima volta da truppe imperiali dotate di armi

moderne; ma alla fine riuscì ad aprirsi un varco ritirandosi su Tientsin152. A

Pechino, il ministro tedesco, von Ketteler, che il 20 giugno cercava di raggiungere lo Tsungli Yamen, fu colpito a morte per la strada. L'indomani 21 giugno, con un editto di Cixi venne dichiarata la guerra contro le potenze straniere153.

Per due mesi, a Pechino le undici legazioni straniere furono assediate all'interno di una superficie di circa tre quarti di miglio quadrato. All'interno erano rifugiati circa 475 civili stranieri, 450 guardie di otto nazioni, circa tremila cinesi cristiani, che si rivelarono, come forza lavoro, indispensabili, e circa 150 cavalli da corsa, che fornirono agli assediati carne fresca154. Nel frattempo, la cattedrale settentrionale cattolica (Pei-

tang), isolata, era sottoposta a una prova ancor più severa. In questa

fortezza ecclesiastica, il vescovo Faveir e 43 marinai francesi e italiani difesero 3400 persone, comprese 850 studentesse cinesi, durante le settimane di fame crescente. Fuori dalla capitale, tra la fine di giugno e luglio, furono uccisi circa 250 stranieri, la maggior parte dei quali missionari, soprattutto nello Shansi, dove il governatore Yuhsien presiedette personalmente a 46 esecuzioni. Il maggior numero di vittime si ebbe tra i cristiani cinesi, anche se molte comunità riuscirono a difendersi.

151 D. Twitchett, J. –K. Fairbank, op. cit., pp. 120-121. 152

http://www.jhuapl.edu/ourwork/nsa/papers/China%20ReliefSm.pdf

153 T. Chester, The Boxer Catastrophe, New York, Octagon Books, 1983, pp. 101-103.

154 La comunità fortificata fu organizzata in diverse unità da combattimento, divise per nazionalità, con i comitati di emergenza formati in gran parte da missionari. J. -K. Fairbank, E. –O. Reischauer, A. –M. Craig, op. cit., p. 472.

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Mentre la follia di mezza estate lasciò il mondo intero senza parole, senza fornire per circa un mese notizie dalla legazione e dai diplomatici.

Mentre i manciù tentavano la via dello sterminio, i funzionari regionali cinesi, che conoscevano i problemi internazionali, ricorsero alla diplomazia per mitigare la catastrofe. Li Hung Chang, al momento governatore generale a Canton, telegrafò agli inviati cinese all'estero dicendo che i combattimenti di Taku del 17 giugno non erano stati ordinati dal trono ma dai conservatori, e che dovevano impegnarsi per ottenere dai governi stranieri una tregua per la Cina. D'accordo con Li, anche Liu Kuni a Nanchino, Chang Chihtung a Wuhane, Yuan Shikai nello Shandong decisero di ignorare la dichiarazione di guerra pronunciata dalla dinastia il 21 giugno. Con un'azione concreta i capi regionali riuscirono a far accettare la conveniente finzione secondo la quale l'insurrezione dei Boxer era di fatto una ribellione, e non un atto della dinastia. Questo era un modo per uscire dalla crisi che si adattava sia agli stranieri sia ai cinesi, perché nessuno dei due voleva la guerra per gli interessi economici e strategici. Quindi, la guerra dei Boxer anche se fu la quarta e la più grande che la Cina dovette combattere contro una o più potenze occidentali, rimase localizzata alla Cina del Nord. Tuttavia, per quanto riguarda i combattimenti terribili e il completo isolamento dal mondo esterno le condizioni igieniche deplorevoli e la penuria di viveri e la fine delle munizioni, gli assediati di Pechino vennero in un certo senso risparmiati, perché Ronglu, che aveva il comando supremo di tutte le forze armate della Cina settentrionale ed era convinto che la politica della corte portasse alla rovina, rifiutò l'uso delle armi moderne, in particolare l'artiglieria, la quale avrebbe polverizzato ogni resistenza. Le truppe internazionali che liberarono dall'assedio le concessioni di Tientsin, il 14 luglio, andarono gradualmente costituendo una forza di ventimila uomini, dei quali circa la metà, ed i migliori reparti,

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provenivano dal vicino Giappone155. Le forze inglesi nella Cina del Nord comprendevano un reggimento di milleduecento cinesi reclutati a Weihaiwei. Un governo provvisorio internazionale resse la città di Tientsin, dove per iniziativa della Russia si aggiunsero altre quattro aree alle concessioni già esistenti. Le forze dei Boxer si disintegrarono sotto l'attacco. Le truppe imperiali, modernamente addestrate, combatterono ma furono sconfitte. Le colonne russa, inglese, americana e giapponese fecero a gara nel tentativo di penetrare per prime entro le mura di Pechino. Le truppe indiane degli inglesi ebbero la meglio, raggiungendo le Legazioni attraverso la porta d'acqua sotto le mura della città il 14 agosto. Nell'assedio persero la vita 67 stranieri tra soldati, civili e religiosi, e qualche centinaio di cristiani cinesi; le perdite furono ben più gravi per gli assedianti: circa tremila Boxer. Ma nelle province del Nord Est vennero sterminati dai Boxer, in modo spesso atroce, più di duecento missionari cattolici e protestanti e 32.000 cristiani cinesi156.

Non appena gli invasori occidentali, con l'abituale collaborazione locale, cominciarono a saccheggiare la città, che i Boxer avevano già devastato, l'imperatrice vedova e l'imperatore abbandonarono Pechino il 15 agosto, dirigendosi, sopra un carro e travestiti, verso nordovest, attraverso la campagna. Dirigendosi poi al sud, attraverso lo Shansi, la corte raggiunse Sian alla fine di ottobre, sempre accompagnata dagli estremisti xenofobi manciù. Per salvare la situazione si ricorse a Li Hung Chang, che aveva compiuto settantasette anni in quel momento. Egli propose che Ronglu entrasse nel grande consiglio per controbilanciare gli estremisti, e temporeggiò abilmente con gli occidentali che accettarono la finzione che egli proponeva.

Sebbene la Germania avesse perso solo il suo ministro in Cina, von Ketteler, il Kaiser chiese il diritto di nominare von Waldersee comandante

155 http://www.jhuapl.edu/ourwork/nsa/papers/China%20ReliefSm.pdf 156 A. Màdaro, op. cit., pp. 312-313.

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in capo delle forze alleate. Il Kaiser, nell‘incoraggiare le truppe prima della partenza per la Cina, disse: «Pechino dovrà essere rasa al suolo; è la battaglia dell'Asia contro l'Europa intera (…) Nessuna grazia! Nessun prigioniero! mille anni fa, gli unni di re Attila si sono fatti un nome che è entrato nella storia e nella leggenda. Allo stesso modo voi dovete imporre in Cina, per mille anni, il nome (tedesco), di maniera che mai più in

avvenire un cinese osi guardare di traverso un tedesco»157. Waldersee

raggiunse Pechino soltanto il 17 ottobre e si dedicò soprattutto a spedizioni punitive, che si protrassero per altri sei mesi, in dozzine di città della Cina del Nord. Alla fine del Novecento, circa quarantacinquemila soldati stranieri erano nella Cina del Nord, e la Russia aveva già occupato la Manciuria. Le sedute per la discussione della pace iniziano il 26 ottobre 1900. Accanto a Li Hung Chang c‘era anche il Principe Ching, che durante l‘assedio fu un grande mediatore nel Consiglio Imperiale e nel Tsung-li Yamen e svolse un ruolo moderato. I negoziati ebbero luogo nella Legazione Spagnola, essendo de Cologan decano del corpo diplomatico. I negoziati furono lunghi ed estenuati. In dicembre, la corte accettò i punti principali di un accordo, ma la rivalità nei negoziati internazionali tra le potenze fece perdere altri nove mesi per arrivare all‘accordo finale. Il protocollo finale venne firmato solo il 17 settembre 1901.

Per gli occidentali i rappresentanti erano: i plenipotenziari di Germania, d‘Austria-Ungheria, Belgio, Spagna, Stati Uniti d‘America, Francia, Gran Bretagna, Italia, Giappone, Paesi Bassi, e della Russia. Per rappresentare la Cina c‘era S.A. Yi Kuang, Principe del 1° Grado, Ching, Presidente del

Ministero degli Affari Esteri, S. E. Li Hung Chang, Conte del 1° Grado, Su-Y, tutore dell’Erede Presuntivo, Gran Segretario dei Wen-hua-tien, Ministro del Commercio, Sopraintendente dei Porti del Nord, Governatore Generale del Zhili. Si riunirono per constatare che la Cina avesse

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confermato, con soddisfazione delle potenze, le condizioni enumerate nella Nota del 22 dicembre 1900, e che fossero state accettate interamente da S.

M. l‘Imperatore della Cina, con un decreto in data 27 dicembre 1900158

. Il trattato stabiliva: la condanna a morte di dieci funzionari, tra cui Yuhsien, e la punizione di altri cento; la presentazione di scuse formali da parte del governo cinese; la sospensione degli esami in quarantacinque città per cinque anni, metà delle quali nello Shansi, per punire la classe dei notabili; l'ampliamento del quartiere delle Legazioni, che doveva essere fortificato e presidiato in permanenza e venne vietato ai residenti cinesi; la distruzione di circa 25 forti cinesi e l'occupazione di una dozzina di ponti ferroviari per assicurare l'accesso degli stranieri a Pechino dal mare; l'aumento dei diritti di importazione al 5 percento effettivo; una impressionante indennità di 450 milioni di tael, che doveva essere pagata in oro, con le entrate del monopolio del sale e delle varie dogane, in 40 anni e a tassi di interesse che

Nel documento Cina e Giappone dal 1895 al 1945 (pagine 65-76)